Foenkinos, David - Charlotte

estersable88

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Per puro caso, David Foenkinos scopre l'opera di Charlotte Salomon. Una mattina qualunque, ad Amsterdam. Le sue tele sono una folgorazione. La sintonia è subito precisa, spontanea: la strana sensazione di conoscere già qualcuno che si sta scoprendo. È l'inizio di un'ossessione. Charlotte Salomon diventa la sua stessa scrittura, la sola storia che è necessario scrivere. Partendo dall'inizio, dall'infanzia a Berlino e dalle tragedie familiari che sembrano ripetersi come un ritornello malvagio e fatale nella vita della giovane pittrice, ma attraversando anche gli artisti e l'euforia portata nelle stanze di casa dal talento musicale della seconda, adorata moglie di suo padre. E poi di colpo, irresistibile, la scoperta della pittura, durante un viaggio in Italia sotto le prime ombre del nazismo. La nascita prorompente di una vocazione che non l'abbandonerà più, così grandiosa da farla ammettere, unica studentessa ebrea, all'Accademia delle Belle Arti, dove l'eccezionalità del suo talento sembra per un breve momento avere la meglio sulle leggi razziali. E poi l'amore, la passione assoluta per l'uomo che per primo sa vedere la straordinarietà della sua pittura e la incoraggia al punto tale da costringerla a lasciarlo, a fuggire in Francia per cercare la salvezza Charlotte deve vivere, deve creare. Devi dipingere, Charlotte. Dipingere per non impazzire. Ma è troppo tardi, la guerra incombe da tutte le parti.

Una lettura breve, ma intensissima, questo Charlotte dello scrittore francese David Foenkinos: un libro scritto con una prosa sciorinata in forma di poesia, ma incisiva, diretta, didascalica ed efficace. Con frasi che sembrano scorrere via come immagini in sequenza, Foenkinos racconta la vita della pittrice tedesca Charlotte Salomon, vissuta a Berlino, poi fuggita in Francia fino a morire per mano dei nazisti nel 1943, a ventisei anni, al quinto mese di gravidanza.
La vita di Charlotte non è stata facile: una madre morta suicida – come molti membri della sua famiglia – e un padre che, per sopportare il dolore, annega nel lavoro; una matrigna buona, attenta, ma a sua volta oppressa dall'impossibilità di esibirsi per le leggi razziali (era una celebre cantante), un amore acerbo che costituirà la sua nemesi fin quasi alla morte. Charlotte trova finalmente salvezza, sfogo, modo di esprimere ciò che ha dentro attraverso la pittura: è così brava che viene ammessa, unica ebrea in quegli anni, all'Accademia di pittura di Berlino. La pittura sarà la sua unica compagna anche nei momenti più bui, più difficili, quelli del distacco, della prigionia, dell'isolamento. Sarà con la pittura che Charlotte riuscirà a raccontare la sua vita. E tanti anni dopo, come è accaduto a tanti, lo scrittore David Foenkinos viene letteralmente folgorato dalle opere di Charlotte che non conosceva, ma di cui si innamora al punto che Charlotte diventa la sua ossessione. In questo libro, ispirato all'opera Vita o teatro della stessa pittrice, Foenkinos ci racconta la storia di questa ragazza fragile, eppure testardamente, pervicacemente attaccata alla vita mentre intorno a lei c'era solo morte.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Il modo di scrivere questa biografia è un modo originale.
L’autore scrive usando una sequenza di frasi brevi, scrive una frase e va a capo, come fossero pennellate.
E’ questa l’originalità, l’autore racconta la vita della pittrice Charlotte, usando solamente la scrittura, senza inserire neanche un dipinto, ma la scrittura si sostituisce alle immagini grazie alla sua incisività, queste brevi frasi si imprimono sui fogli come i pennelli sulla tela.
L’essenza delle parole, così nette e nello stesso tempo misurate (ho avuto l’impressione che l’autore volesse dosare ogni singola parola quasi per non usare inutili abbellimenti narrativi, lui vuole solamente raccontare Charlotte, non mostrare le proprie capacità di scrittore) è diretta, asciutta eppure emerge una silente poesia, per tutto il tempo della lettura oscillavo tra una sensazione di forte realtà e una sensazione di delicato incanto, in alcune parti ho sentito un ritmo di lettura che mi estraniava dalla storia, mi sembrava un sogno (soprattutto le parti in cui Charlotte è con Alfred).
Charlotte si sente esclusa da tutti e da tutto, ha paura dell’abbandono, si isola, parla poco.
La pittura nasce in lei nel tempo come un bisogno prepotente, necessario, perché il bisogno naturale di esprimersi, di dire che anche lei esiste, non lo si può trattenere dentro per troppo tempo, il rischio è la follia.
Charlotte dipinge dando mostra di avere tutto un mondo dentro di sé, un mondo dove c’è colore, dove ci sono le parole e dove c’è la musica, Charlotte è cresciuta tra artisti ma forse, mi piace pensare, la pittura sarebbe comunque arrivata nella sua vita in un modo o nell’altro, la pittura l’avrebbe attirata a sé anche se non avesse respirato arte fin da bambina.
Charlotte traduce il suo dolore in dipinti di chiara impronta espressionista (i suoi pittori preferiti sono Chagall, Van Gogh, Munch), non poteva essere diversamente per chi vede l’arte come espressione del proprio stato d’animo, e dipinge avendo come unica vista il mare, in totale solitudine.
Realizza un’opera meravigliosa: la sua vita raccontata con disegni, versi e sottofondo musicale.
Quando termina la sua opera la consegna al dottor Moridis, consapevole di star lasciando il suo “testamento”, non ha più aspettative ma la vita le regala l’ultima consolazione: l’incontro con Alexander, è l’incontro di due solitudini disperate, le ultime ore d’amore che danno un senso all’attesa che altrimenti sarebbe insopportabile, Alexander potrebbe salvarsi ma non lo fa, la vita senza Charlotte non avrebbe più senso.
Questo mi colpisce della storia di Charlotte, la sua disperata ricerca di dare un senso ad un destino che lei sente da subito suo nemico, questo destino lei lo combatte fino all’ultimo e questo lo si respira da queste pagine, i dipinti sono una conferma visiva di quello che già si percepisce.
Le sue opere sono state donate dal padre di Charlotte al Museo ebraico di Amsterdam, dove si era rifugiato, nel 1971 e ora la collezione è ancora lì, anche se non fa parte dell’esposizione permanente, non ne comprendo il motivo.
Vorrei che tutti conoscessero Charlotte.
 

Jessamine

Well-known member
Credo di avere due cose fondamentali da dire su questo libro.
La prima, è che mi è piaciuto moltissimo.
La seconda, è che non mi è piaciuto abbastanza.

Ciò che non mi ha convinto, lo dico subito così da potermi poi dedicare a ciò che invece mi ha straziato il cuore, è l’approccio dell’autore a questa biografia che non è del tutto una biografia, a questo romanzo che non è del tutto un romanzo, a questo memoir che non è nemmeno del tutto un memoir.
David Foenkinos conosce l’opera di Charlotte per caso, e ne resta folgorato: è un incontro di sensibilità, una scelta elettiva, una passione nata da un sentire comune, forse. Ne rimane folgorato al punto da lasciarsene ossessionare, da cominciare a scavare oltre i suoi dipinti, per arrivare alla sua vita: cammina per le strade dove lei stessa ha camminato, bussa alle porte che lei ha varcato, cerca di parlare con i figli di chi l’ha conosciuta. E scrive un libro, ma è uno scrivere dove il fiato non basta mai, e così questo libro si compone di frasi spezzate: una manciata di parole, punto e a capo. Quasi fosse una poesia, ma è una prosa che della poesia ha soltanto la forma, ma nei contenuti è estremamente concreta, quasi telegrafica. Questo stile funziona alla perfezione per dipingere istantanee brevi, pennellate rapide e ben costruite, ma per raccontare una vita intera, per duecento pagine, diventa estenuante. Io ho avuto l’impressione di leggere per tutto il tempo in apnea, senza mai avere una visione d’ampio respiro, senza avere la possibilità di approfondire nulla. Ho avuto la sensazione di essere sospesa, di vedere Charlotte, senza mai poterla incontrare.

D’altro canto, sono stata estremamente felice di leggere questo libro, perché, lo confesso, io Charlotte Salomon non l’avevo mai sentita nominare. Ed è un gran peccato. Non sono un’esperta d’arte, e i suoi dipinti, anche ora che conosco le circostanze in cui sono nati, non mi piacciono in maniera viscerale, ma credo che l’umanità abbia perso tanto, assieme a Charlotte.
La sua vita è straziante: c’è una tragicità intrinseca nel suo destino, che sembra davvero intrecciata ad ogni sua giornata. Charlotte impara a leggere il proprio nome sulla lapide della zia, morta suicida a diciotto anni. E solo da grande, in un momento sconvolgente, scoprirà che anche la madre, persa quando lei era solo una bambina, si è tolta la vita. Le due sorelle, però, sono solo le ultime due vite spezzate di una lunghissima, quasi infinita catena di suicidi, che costellano questa famiglia con un’insistenza che ha dell’incredibile.
È come se il disagio mentale, il dolore, l’immenso dolore distruttivo si sia ancorato strenuamente a questa famiglia, non lasciando scampo a nessuno.
Charlotte, però, questo disagio è costretta a viverlo in maniera diversa. Non ha il tempo di viverlo, forse, nonostante sostenga ogni sua giornata. Perché Charlotte è ebrea, e lo è nel Paese e nel momento storico peggiore per esserlo. E allora l’arte è tutto quello che le resta: un dipingere ossessivo, un riscrivere la sua intera esistenza attraverso la lente ossessiva e vivificante dell’arte, che si fa unica discriminante del reale: è reale, vissuto, concreto solo ciò che passa attraverso il suo pennello e la sua penna, tutto il resto è perduto.

Davvero un’artista eclettica, dotata di una sensibilità straordinaria e originalissima, che sono lieta di aver conosciuto, sebbene attraverso una voce che non mi ha affatto convinta.
 
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