Szabó, Magda - Ditelo a Sofia

Jessamine

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TRAMA:
Budapest, estate 1957. Sofia ha undici anni e non riesce a capire il difficile mondo dei grandi intorno a lei. Timida e impacciata, studentessa mediocre e delusione continua per sua madre, Sofia aveva un buon rapporto solo con il padre, giovane medico stroncato da un infarto. «Ditelo a Sofia» sono le sue ultime parole, che diventano per la ragazzina un’ossessione. «Ditelo a Sofia»: ma cosa? Il desiderio spasmodico di conoscere l’ultimo messaggio del padre la spinge sulle tracce dell’unico testimone che era in ambulatorio in quel momento, il terribile signor Pongráz, l’anziano usciere della sua scuola. L’uomo nasconde, dietro la rabbia, un doloroso segreto, Sofia vede gli errori degli adulti, ma non giudica e cerca qualcuno che le voglia bene per quello che è. Insieme, l’anziano scontroso e la bambina troppo sensibile, cercheranno risposta alla loro silenziosa domanda d’amore.
Da una scrittrice che ha segnato la letteratura del Novecento, conosciuta dal grande pubblico per il suo capolavoro La Porta, un romanzo lieve e profondo, che parla una lingua senza tempo e dipinge i moti dell’animo nelle loro più sottili sfumature, rendendo straordinarie vite ordinarie.

COMMENTO:

Questo romanzo sicruamente non ha la stessa incisività di altri libri della Szabò: non è duro come "La porta", non ferisce quanto "La ballata di Iza", né ha la struttura sorprendente di "Via Katalin". Non è un libro che fa rumore, non ha una storia travolgente, non ha dei passaggi tanto affilati da sembrare rasoi a fil di pelle.
Eppure, la prosa della Szabò è sempre un sussurro ammaliante, un canto lieve ed elegantissimo, capace di avvolgere pian piano il lettore senza lasciarlo più andare. "Ditelo a Sofia" è un romanzo che parla con una voce sottile, con la stessa voce timidissima di Sofia, una voce che, a un ascoltatore distratto, potrebbe sfuggire. Eppure, se si ha la pazienza di ascoltare, questa voce inconfondibile arriverà forte e chiara: la voce di un'autrice capace di rappresentare luci e ombre dell'animo umano con una lucidità rarissima.
Ciò che ho amato maggiormente, di questo romanzo, è stata proprio la voce di Sofia: la sua timidezza, i suoi timori a volte ingiustificati, il suo esitare e ammutolirsi davanti alle domande degli adulti e quei suoi pensieri così sconclusionati li ho sentiti talmente vicini che, per un attimo, ho dimenticato di trovarmi davanti a un romanzo, e mi è parso di trovarmi davanti la me stessa bambina.
L'incomunicabilità che divide i personaggi, che li fa agire e fraintendere e confondere, è qualcosa dipinto con una delicatezza unica, ma anche con tanta sincerità da fare quasi male. Credo che il tutto si esprima al meglio nel rapporto fra Sofia e sua madre: Judit è una pedagogista esperta, scrive in continuazione saggi per aiutare gli altri a comprendere i bambini, ma è la prima a non riuscire a capire niente, ma proprio niente di Sofia. Ed è un meccanismo così umano da stringere davvero il cuore.
Ho trovato interessantissimi i vari cambiamenti di prospettiva, quelle scene in cui, quasi in un flusso di coscienza collettivo, tutto passa dalla mente di un personaggio all'altro, evidenziando perfettamente quanto sia difficile comprendere il mondo nello stesso modo in cui lo comprende chi ci sta di fronte, anche quando chiunque è armato delle migliori intenzioni.
Su tutto questo, si scorge come sempre un interessantissimo spaccato sulla società e sulla vita in Ungheria nel tardo dopoguerra, qualcosa che mi affascina sempre moltissimo.

Forse questo non è il romanzo più memorabile della Szabò, ma quest'autrice si riconferma una delle voci più interessanti e struggenti che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare
 

bouvard

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Resto sempre colpita quando un autore riesce a cambiare completamente il timbro dei suoi libri, a maggior ragione lo resto quando, questi libri così diversi fra loro, li leggo a distanza di poco tempo l’uno dall’altro. Un mesetto fa avevo letto La notte dell’uccisione del maiale (libro che vi straconsiglio, se non l’ho già fatto nel commento che feci all’epoca), un libro cupo, in cui i personaggi cattivi sono così cattivi che, seppure in numero minore rispetto “ai buoni”, sembra che siano solo loro ad occupare tutto il libro. Com’è diverso questo Ditelo a Sofia! Un libro che io definirei dolce, delicato. Un libro sul dolore della morte, sui diversi modi di viverlo e gestirlo, con una netta diversità tra adulti e bambini, ma anche un libro sull’amicizia e sulla fiducia. Un libro che spesso fa sorridere per il modo in cui ogni personaggio coglie gli altri personaggi, quante volte anche a noi è capitato di pensare di qualcuno: “...ma vedi tu quanto è stupido quello! Andare a impelagarsi così in quel pasticcio!” e magari l’altro in quello stesso momento di noi sta pensando: “...ma guarda tu quanto è stupida questa! Non si rende neppure conto della necessità di fare questa cosa!”. Ecco questo libro è fatto così. In giro su internet ho letto anche qualche commento negativo, me ne dispiace perché invece a me è piaciuto molto. Certo, è inutile cercarci il pathos e la forza dell’uccisione del maiale, ma a volte la dolcezza riesce altrettanto bene a lasciarci dentro un grande messaggio.

Consigliato

P.S. Leggetevi il commento sopra il mio, spiega benissimo quello che io non ho saputo dire in modo altrettanto felice​
 
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