Witting, Amy - La lettrice testarda

estersable88

dreamer member
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Isobel ha nove anni e il suo compleanno si avvicina. Ma, come ogni volta, non ci saranno regali per lei. C’è solo una cosa che fa volare Isobel lontano dalle rigide regole che la famiglia le impone: leggere. Ma deve farlo di nascosto perché sua madre crede che non sia un’attività adatta a una bambina, che dovrebbe limitarsi a riordinare la casa e a preparare la cena. Isobel cresce alimentando la sua passione segreta di notte, alla luce di una flebile candela.
Finché, a sedici anni, la sua vita non cambia radicalmente, quando è costretta a lasciare tutto, cercarsi un lavoro e una nuova sistemazione. È la prima volta che Isobel si scontra con il mondo. Con un mondo che non è solo la sua famiglia e il suo quartiere. È convinta di non avere gli strumenti per relazionarsi con gli altri. Le sembra di dire la cosa sbagliata, si sente fuori luogo. In fondo sua madre l’ha fatta sempre sentire così. Tanto che, quando incontra un gruppo di ragazzi che amano i libri come lei e passano le serate a discuterne, Isobel all’inizio rimane in silenzio. Ora che finalmente è in un contesto in cui può essere sé stessa, in cui può parlare liberamente di letteratura, ha paura. Ma piano piano le parole di Byron, Auden e Dostoevskij fanno breccia nelle sue insicurezze e le insegnano il coraggio di dire quello che pensa. Di far valere la propria opinione senza nascondere la cultura che si è costruita negli anni con le sue letture. Di aprire il cassetto in cui riposa il suo sogno. Il sogno di prendere una penna in mano e liberare quel flusso di parole che ha trattenuto per troppo tempo. Perché anche per una donna tutto è possibile.

Nella sua vita, Isobel ha imparato presto che, oltre ai canonici dieci, esiste anche un undicesimo comandamento: Non essere diverso. Lei diversa lo è, o pensa di esserlo, perché da sempre l'hanno fatta sentire così, diversa, inadeguata, inferiore, sbagliata. La prima a perpetrarle questo torto imperdonabile è stata proprio sua madre, una madre che – sì, è possibilissimo – odiava profondamente sua figlia e non faceva niente per nascondere i suoi sentimenti. Una madre il cui odio luccicava ardente e vivo negli occhi lucidi e spietati; una madre che faceva di tutto per denigrare ed umiliare sua figlia preferendole, sempre e comunque, la sorella. Una figlia, Isobel, che della vita conosce poco o nulla, una bambina diventata grande in fretta, come infretta apprese la calma interiore, la "grazia divina"; una figlia con un'unica, insopprimibile passione: la lettura. Isobel leggeva ovunque, qualsiasi cosa, in modo compulsivo ma a suo modo metodico; era molto avanti nelle letture rispetto alla sua età. Una passione questa, che la giovane deve alimentare di nascosto, quasi fosse un reato, un qualcosa di cui vergognarsi. Non va meglio neanche quando Isobel cambia casa, trasferendosi in un pensionato e cominciando a lavorare. Ma un pomeriggio ecco la svolta: nel caffè in cui si è seduta a leggere Isobel, arriva un gruppo di giovani che discute di libri e poesia e lo fa apertamente, senza nascondersi. Allo shock iniziale Isobel reagisce dapprima con timida titubanza, poi si avvicina con una scusa e poi viene inglobata nel gruppo senza troppi giri di parole. Sarà questo cambiamento che le darà la forza e la spinta, molti anni dopo, di provare a perseguire il suo sogno, quello di scrivere, quello di mettere su carta la sua "fabbrica di parole".
La lettrice testarda è un libro scomodo, che non ha paura di affrontare in modo elegante tematiche spinose. È un libro di cui parlare, un libro su cui discutere, un libro su cui riflettere. Sono tanti gli spunti che Amy Witting ci fornisce con prosa intima e sicura, a cominciare dall'esitazione nell'accettare l'emancipazione femminile, ai rapporti non idilliaci tra genitori e figli, alla letteratura e alla sua importanza nel delineare la via della conoscenza e della comprensione della realtà. Un libro da leggere, assolutamente.
 
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qweedy

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Ho apprezzato molto la prima metà del libro, questo rapporto terribile tra madre e figlia, così ben costruito e approfondito psicologicamente. Una rappresentazione della maternità molto lontana dai soliti modelli genitoriali, la scrittrice australiana dice l'indicibile senza concedere sconti.
Mi ha ricordato il libro di Ema Stokholma, "Per il mio bene".

Mi ha disorientato un po' la seconda metà, quando si imbatte nel circolo di studenti intellettuali, parte che ho trovato piuttosto confusa nei vari passaggi. Mi ha disorientato il repentino cambio di tono e le digressioni slegate dal resto della storia.

Pubblicato per la prima volta in Australia nel 1989 col titolo di I for Isobel. Come sempre, titolo molto più azzeccato.

Romanzo molto interessante.

"Poi vide che la rabbia della madre era un animale vivo che la tormentava, e che lei, Isobel, rappresentava uno sfogo che le procurava sollievo."

"Eppure, più profondo del sollievo, c’era in lei un dolore paralizzante, non per la morte della madre ma per la propria incapacità di soffrirne. E quel dolore le sarebbe rimasto dentro."

«Leggere solo per il gusto di leggere è legittimo. E all’estremo opposto ci sono quelli che leggono i libri solo per scriverne. Sì, e quelli che scrivono i libri perché altri ci scrivano su delle tesi. Perché mi lamento, quando incontro un consumatore puro?». Consumatore era la parola. Isobel sentì la mascella irrigidirsi nuovamente. «Non è soltanto leggere, in particolare con Dostoevskij. È più come vivere dentro il libro».

"Inutile diventare cattivi, inutile diventare buoni. Sei quello che sei e qualsiasi cosa tu faccia non ti aiuterà a uscire dai guai."
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Nonostante non sia un romanzo lungo ci ho messo alcuni giorni a finirlo, leggendo a piccole dosi, e mi accorgo di essere un po' combattuto se penso alle mie impressioni dopo questa lettura.
È in parte un romanzo di formazione, in cui la protagonista, Isobel, cresce continuando a cercare (all'inizio in modo inconsapevole) il proprio posto nel mondo. La incontriamo nelle prime pagine ancora piccola, e scopriamo subito che la sua famiglia, e quindi la sua infanzia, non sono delle più normali. Forse oggi questo si può dire di molte famiglie (fino al punto a volte di abusarne, nessun genitore è perfetto), eppure non si può negare che Isobel, la protagonista, abbia avuto un'infanzia piuttosto difficile, che ha contribuito molto a formare il suo carattere e la sua visione del mondo.
La trama è un po' divisa, e in questo mi aspettavo qualcosa di meglio. Come ho detto si parte con l'infanzia, per poi ritrovare una Isobel più o meno adulta (non mi dilungo nei dettagli della trama). Secondo me questo salto è del tutto inatteso per il lettore e quindi spiazzante, bisogna riambientarsi come se si stesse cominciando un nuovo romanzo. Ed è spiacevole perché penso che sarebbe bastata qualche pagina in più per legare le due grandi "parti" della trama e rendere il romanzo più scorrevole. D'altra parte potrebbe essere un effetto voluto da parte dell'autrice, per accentuare l'effetto che l'infanzia di Isobel ha avuto sul suo futuro.
Comunque è sicuramente un libro molto interessante e che ha molto da dirci sia sull'amore/bisogno per i libri e la lettura, sia sui genitori, l'infanzia, e la crescita, oltre che temi come la violenza psicologica e le ferite emotive, sia su quello che può significare ritrovarsi adulti ma non ancora pronti ad esserlo.

Citazioni:
Rimpiangeva soprattutto di non capire mai in che cosa sbagliasse.

L'undicesimo comandamento diceva: Non essere diverso.

Potresti cambiare nome, farti cambiare la faccia, cambiare paese e lingua, ma alla fine risorgeresti sempre uguale.

Supponi che uno sia nato sbagliato - non per scelta - la mano del vasaio ha tremato, diciamo - perché non si può scegliere di essere diversi? Io pensavo di poterlo fare. Pensavo di poter vivere la mia vita in una stanza e di scegliere che cosa metterci dentro. Mi ero un po' montata la testa, vero?


Voto: 3,5 stelle su 5
 
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