Ahaha ale!
Conosco davvero molto poco la vita e le opere di Dalì per cui mi riesce difficile darne un'interpretazione, in generale mi sembrano molto complicate.
Questa in particolare però mi ha trasmesso curiosità appena l'ho vista, forse perché i visi mi interessano molto e questo viso è molto potente.
La fronte corrugata, la bocca e gli occhi spalancati esprimono nell'immediato disperazione, mi sembra come di sentire un urlo che riecheggia nel deserto.
Non riesco però a decifrare i singoli elementi, le piccole serpi che salgono sul viso, l'impronta di una mano, lo stesso viso che si ripropone all'interno della bocca e degli occhi e che a loro volta contengono lo stesso viso. Forse i teschi moltiplicati all'infinito rappresentano le innumerevoli vittime della guerra? E le serpi sono gli effetti della guerra che si espande come un veleno? E la mano potrebbe essere quella del pittore stesso, una mano bianca, che vorrebbe consolare questo viso sofferente, bruciato nel deserto? La solitudine e la sofferenza, psicologica e fisica, che l'opera emana sembrano voler uscire dalla tela e costringere lo spettatore a non abbassare lo sguardo.