261° MG - Notturno cileno di Roberto Bolano

Ondine

Logopedista nei sogni
Il titolo originale di questo romanzo è "Nocturno de Chile" e la lettura condivisa comincerà domani.

I partecipanti sono (in ordine alfabetico):

ayuthaya
Dallolio
Ondine
qweedy

Non anticipo la trama ma posto l'incipit che ho trovato parecchio impattante (conoscendo anche il dramma personale dell'autore che scrisse questo suo ultimo romanzo mentre attendeva invano un trapianto di fegato):

Ora muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma all'improvviso le cose sono emerse. La colpa è di quel giovane invecchiato. Io ero in pace. Ora non sono più in pace. Bisogna chiarire certi punti. Quindi mi appoggerò su un gomito e solleverò la testa, la mia nobile testa tremante, e cercherò nell'angolo dei ricordi quelle azioni che mi giustificano e perciò smentiscono le infamie che il giovane invecchiato ha sparso in giro a mio discredito in una sola notte fulminea. A mio presunto discredito. Bisogna essere responsabili. È tutta la vita che lo dico. Abbiamo l’obbligo di essere responsabili delle nostre azioni e anche delle nostre parole e perfino dei nostri silenzi, sì, dei nostri silenzi, perché anche i silenzi salgono al cielo e Dio li sente e solo Dio li comprende e giudica, per cui molta attenzione ai silenzi.

Qualcun altro vuole unirsi?
 

Dallolio

New member
Buonasera,
non conosco l'autore e la sfida mi piace... anche voi avete l'edizione Adelphi con sulla copertina una scala?
 

Ondine

Logopedista nei sogni
C'è un sovversivo nel gruppo!
Va bene te lo concedo, ma non recensire tutto il libro!
(Mi sa che tu domani lo finisci!)
:mrgreen:
 

Dallolio

New member
pag.15

Ok, silenzio assenso :mrgreen:

Il Romanzo inizia con "Ora muoio" e questo comporta che siamo di fronte al delirio o all'autoconfessione di un uomo che si è lasciato la vita alla spalle e che è pronto a richiamarla alla memoria; questo richiamo però non è cronologico ma immaginifico, specialmente per il padre che, pur essendo immagine dell'autorità, è associato dall'autore all'ombra di un'anguilla e per la madre che, chiamandolo "Padre" mostra quanto il rapporto tra loro sia cambiato e quindi anch'ella diventa immagine.
Mi hanno ricordato, queste prime pagine, l'incipit de La palude definitiva di Giorgio Manganelli, con la sua narrazione onirica e con il quadro confuso del passato dell'Io Narrante... bella infine la breve scena di desolazione di Querquen.
 

Dallolio

New member
C'è un sovversivo nel gruppo!
Va bene te lo concedo, ma non recensire tutto il libro!
(Mi sa che tu domani lo finisci!)
:mrgreen:

No, mi fermo alla pagine 15 per stasera, ma ci sono parti successive che ho già divorato, per poi restare avviluppato in un capitolo di preti e falchi -__-
 

qweedy

Well-known member
Buonasera,
non conosco l'autore e la sfida mi piace... anche voi avete l'edizione Adelphi con sulla copertina una scala?

Sì, una scala che sale verso la luce. La mia è l'edizione digitale Adelphi, traduzione Ilide Carmignani.
Se ho capito bene è l'ultimo grande romanzo pubblicato in vita.
 

Dallolio

New member
pag. 26

Ieri non ho menzionato il giovane invecchiato, questo personaggio (onirico, allucinatorio?) che lo accusa costringendolo a fare l'esame di coscienza della sua vita; già in questa primissima parte Urrutia racconta dell'episodico che lo ha probabilmente più segnato nella vita e cioè quando l'anfitrione Farewell lo introduce nei più eletti circoli culturali cileni spingendosi però a tentare di sedurlo; se qualcosa accada o no tra i due non l'ho compreso con certezza, di sicuro c'è solo che la frase dietro cui si nasconde il tentativo del critico riguarda Sordello e Urrutia, nonostante la sua grande cultura, fa finta di non comprendere ("Quale Sordello?").
 

qweedy

Well-known member
circa 20% "Sordello, quale Sordello?"

"Si tolga la parrucca"
Chesterton

Chesterton fa dire questa frase a Padre Brown, in uno dei suoi racconti. Credo che Bolaño abbia voluto iniziare Notturno cileno con questa citazione per indicare che intende svelarsi completamente, confessarsi con sincerità sentendosi alla fine della vita. Come se lasciasse un testamento, istigato da quel "giovane invecchiato" che lo critica e lo spinge a fare un bilancio della sua vita.
Molto intenso l'incipit, lui era in pace, muto e in pace, ora non lo è più, perché per colpa del giovane invecchiato (la sua coscienza?) si trova a dover giustificare le proprie azioni e i propri comportamenti.

Mi è piaciuta l'immagine di "un pezzo di ghiaccio in un paesaggio in fiamme" (cito a memoria) in cui racconta che cerca di controllare anche i propri sogni, ma è quasi impossibile, l'inconscio è un paesaggio infuocato e la sua ragione tenta di raffreddarlo.

Sordello da Goito, citato da Dante Alighieri nel Purgatorio («io son Sordello della tua terra» quando abbraccia Virgilio) è un poeta e trovatore italiano.

Curioso che il nome Farewell significhi in inglese addio, congedo, come se Bolaño volesse ancora di più sottolineare il suo senso della fine.

Come sempre con Bolaño, mi rendo conto che molte citazioni mi sfuggono, per la mia non conoscenza di nomi e riferimenti. Per un riferimento che colgo e posso approfondire, mille mi sfuggono.


P.S. Ho recuperato la citazione sui sogni: "Non ci misi molto a scoprire che era la mia stessa voce, la voce del mio Super-io che guidava il sogno come un pilota dai nervi d'acciaio, era il Super-io che guidava un camion frigorifero in mezzo a una strada in fiamme."
 
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Ondine

Logopedista nei sogni
Mi sono imposta di non leggere più di venti pagine al giorno (il mio testo ha 98 pagine).
L’incipit con quel “Ora muoio” mi fa percepire l’urgenza del momento, raccontare tutto e subito, e infatti il racconto non ha capitoli ma è un fiume in piena, con momenti ripetitivi come sotto effetto di allucinazioni.
Quel “giovane invecchiato” che tormenta il narratore mi sembra frutto di una coscienza che vuole emergere prepotentemente nonostante le resistenze di Sebastian, che si divincola tra momenti di ricordi lucidi e vividi e momenti di visioni e percezioni. La descrizione di Farewell ce la presenta in modo ambiguo, fa intendere qualcosa ma rimane nella non chiarezza, ho avuto la sensazione di essere dentro una nuvola, si vedono ombre ma non volti, si sentono voci e mani. Sebastian è fermo nella sua fede e nel suo volere essere un critico letterario ma nello stesso tempo avverto confusione, smarrimento, come quando ti ritrovi inconsapevolmente nella tana del lupo e cerchi una via d’uscita.
Il riferimento dell’incipit a fare attenzione ai silenzi secondo me è un punto importante e predittivo.
Ragazzi io non metto i thanks perché mi sembrano scontati all'interno di un gruppo di lettura (è una cosa a cui pensavo ultimamente).
 

Dallolio

New member
pag. 52

Stupenda la storia del calzolaio e dalla Montagna degli eroi, un misto di apologo, leggenda e realtà; tutta la narrazione ha una nota onirica bassa ad accompagnare gli eventi, e il calzolaio brucia se stesso in questa opera magnificente, degna dell'impero austroungarico proprio perché le stelle splendono maggiormente prima di spegnersi definitivamente e lo spegnimento dell'ultimo impero multinazionale della Storia fu il termine anche della sua originalissima cultura, nata nel crogiolo di etnie, sistemi politico - sociali diversi.
Più enigmatica la conversazione tra il Filosofo Junger e il pittore Guatemalteco... quale ruolo ha quest'uomo nell'economia generale del Romanzo? Ipotizzo che la sua mancanza di reazione agli stimoli esterni e la sua "fissità artistica", cifra del proprio fallimento, siano l'immagine più riuscita della sconfitta e tedio che attraversa gran parte del romanzo e che sembrano trascinare Urrutia fino al letto di morte.
 
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ayuthaya

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Allora, non so dirvi a che pagina sono ma il narratore sta riportando l'episodio che gli stato riferito riguardo allo scrittore Ernst Junger.
Devo dire che, forse anche grazie all'indiscutibile bravura del lettore Fabrizio Gibuni (che interpreta senza però arrivare a "recitare", che è una cosa che negli audiolibri non mi piace), questo libro mi sta piacendo di più di Amuleto, che fin dall'inizio ho trovato abbastanza ostico. L'incipit è molto bello e mi è piaciuto il racconto dell'esperienza del protagonista presso la casa del critico Farewell, però preferisco le parti meno "oniriche"... per questo temo che in linea di massima Bolano non sia un autore nelle mie corde. Comunque sto correndo troppo, sono ancora all'inizio e non voglio dare giudizi affrettati.
Non mi disturba in sè l'atmosfera irreale e quasi allucinatoria: è evidente, con tutti quei "non ricordo" "forse, ma potrebbe anche essere in un altro modo" che il narratore ci voglia mettere in guardia della veridicità autobiografica di ciò che racconta. Anche quando riporta fatti realmente avvenuti e non sogni, la componente del "sogno", del ricordo deformato dalla coscienza, è sempre presente. Forse questo aspetto psicologico è ciò che mi sta aiutando ad apprezzarlo, nonostante come dicevo preferisca le parti meno oniriche.
Non mi aiutano nemmeno tutti quei riferimenti a scrittori e poeti cileni (in Amuleto era ancora di più) perchè purtroppo la mia ignoranza in materia non aiuta (ma credo siano in pochi a conoscere tutti questi artisti) perciò il tutto si riduce a un mero elenco di nomi...
Comunque vado avanti fiduciosa!
 

Dallolio

New member
pag. 81

Ci sono due eventi che mi hanno colpito: il primo è il dialogo tra Farewell e Urrutia al ristorante, dove il primo è ubriaco e la conversazione diventa quasi demenziale... Farewell interroga Urrutia chiedendogli di personaggi storici della Chiesa e Urrutia gli fornisce le informazioni su di essi senza che ci sia un collegamento tra le vite dei personaggi; emerge in Farewell la paura della Morte e il personaggio assume in generale quasi un aspetto grottesco (mi spiace a questo proposito che l'autore o il traduttore abbiano utilizzato in questa conversazione un'espressione volgare, che io non apprezzo mai nei romanzi),
Dopo di ciò Urrutia attraversa una crisi di tristezza, delineata in modo magistrale, tanto da ricordarmi il miglior Pessoa e dopo di ciò l'evento per me più indecifrabile di tutto il romanzo: Urrutia viene spinto da due personaggi ambigui, Aurap e Oido, a una strana missione: prevenire la decadenza delle chiese cilene informandosi sui metodi di conservazione delle chiese europee... fin da subito mi è sembrato un modo per allontanarlo dal Cile.
Premetto che la questione del Falco utilizzato per cacciare i piccioni mi sembrava surreale e metaforica e invece era invalso l'uso nel dopoguerra (e in alcune piccole chiese ancora oggi) di utilizzare il Falcone per spaventare i volatili in questione... gli incontri con i sacerdoti sono raccontati con vivacità e brio, ma tra questi uno emerge chiaramente nella sua specificità: la morte di Don Anselmo.
Ho riletto più volte il passo per capirne il significato ma riesco a fare solo delle ipotesi: Anselmo rappresenta un sacerdote talmente puro da essere addolorato anche per la morte dei piccioni, ben lontano quindi dalla personalità di Urrutia, inserito nelle cose del mondo con un certo cinismo di fondo (vedi scena iniziale della casa dei contadini)... devo comprendere invece quale significato ha la scelta (consapevole?) di liberare Rodrigo.
Mi è piaciuto particolarmente il finale di questa lunga sezione, in cui per calmare la propria anima dai molteplici avvenimenti vissuti (e per distrarla da quelli che stanno accadendo in Cile) Urrutia riprende lo studio dei greci... anch'io quando sono in un momento particolare riprendo la lettura dei Greci per trarre conforto dalla loro sapienza.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
E’ molto forte un senso di malinconia in questa parte del racconto, il delirio febbrile si insinua e non si comprende se i contadini incontrati siano reali o meno, il senso di nausea di Sebastian sembra una costante.
La storia della collina raccontata da Farewell, questo recinto della memoria storica cilena in cui riporre le statue degli eroi nazionali, è un progetto che alla fine fallisce e il calzolaio finisce per soccombere in esso.
Fare il critico letterario per Sebastian è come la montagna degli eroi per il calzolaio, la considera una missione in grado di civilizzare il popolo e tenerlo lontano dalle barbarie ma il racconto di Farewell sembra volerlo disilludere, sembra voler fargli presente che la memoria è costantemente minacciata dall'oblio e che la letteratura fatica a mantenerla viva.
I personaggi che vengono menzionati non li conosco, tranne Neruda, ma queste presenze letterarie e artistiche sono per me interessanti e la struttura di “Notturno cileno” mi ricorda moltissimo “Amuleto”, che ho adorato.
La malinconia torna nella figura del pittore guatemalteco che da una finestra continua a fissare Parigi.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Sono andata un pò avanti.....
Dallolio sei sicuro che si chiami Aurap il tizio insieme a Oido e non invece Aruap?
Te lo chiedo perché nel mio testo spagnolo i nomi sono Odeim e Oido, e Odeim è l'anagramma di Miedo che in spagnolo significa appunto Paura.
Lo sterminio dei piccioni per opera dei falchi non potrebbe essere visto come una metafora della lotta interna della Chiesa cattolica tra conservatori (falchi) e progressisti (piccioni)?
Io vedo metafore e simbolismi ovunque.
 

qweedy

Well-known member
Sono andata un pò avanti.....
Dallolio sei sicuro che si chiami Aurap il tizio insieme a Oido e non invece Aruap?
Te lo chiedo perché nel mio testo spagnolo i nomi sono Odeim e Oido, e Odeim è l'anagramma di Miedo che in spagnolo significa appunto Paura.
Lo sterminio dei piccioni per opera dei falchi non potrebbe essere visto come una metafora della lotta interna della Chiesa cattolica tra conservatori (falchi) e progressisti (piccioni)?
Io vedo metafore e simbolismi ovunque.

Scusa Ondine, mi è scappato il like, presa dall'entusiasmo per la tua interpretazione di falchi e piccioni come metafora delle lotte interne della Chiesa! Quanto è attuale poi!
 

Dallolio

New member
pag.84.

Sono andata un pò avanti.....
Dallolio sei sicuro che si chiami Aurap il tizio insieme a Oido e non invece Aruap?
Te lo chiedo perché nel mio testo spagnolo i nomi sono Odeim e Oido, e Odeim è l'anagramma di Miedo che in spagnolo significa appunto Paura.
Lo sterminio dei piccioni per opera dei falchi non potrebbe essere visto come una metafora della lotta interna della Chiesa cattolica tra conservatori (falchi) e progressisti (piccioni)?
Io vedo metafore e simbolismi ovunque.

Ho controllato: Aruap!
Poche ma dense pagine: tra le sue letture greche mi colpisce particolarmente il riferimento a Senofane, che sosteneva che la divinità non poteva avere sembianze umane e qualunque forma di antropomorfismo tradiva la vera essenza di Dio... infine mi ha coinvolto il secondo cambiamento della sua poesia, che diventa violenta e rabbiosa e tratteggia scene di violenza su inermi (che sono forse oggetto del suo desiderio? Molti elementi lo fanno pensare). Sulla salita al potere della dittatura mi è venuto in mente il nome dell'unico romanziere che conoscevo prima di questa lettura e cioè Antonio Skarmeta, che ne "Il postino di Neruda" delinea una delicata storia in cui però emerge nel fondo la salita al potere di Pinochet.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Ho controllato: Aruap!
Poche ma dense pagine: tra le sue letture greche mi colpisce particolarmente il riferimento a Senofane, che sosteneva che la divinità non poteva avere sembianze umane e qualunque forma di antropomorfismo tradiva la vera essenza di Dio... infine mi ha coinvolto il secondo cambiamento della sua poesia, che diventa violenta e rabbiosa e tratteggia scene di violenza su inermi (che sono forse oggetto del suo desiderio? Molti elementi lo fanno pensare). Sulla salita al potere della dittatura mi è venuto in mente il nome dell'unico romanziere che conoscevo prima di questa lettura e cioè Antonio Skarmeta, che ne "Il postino di Neruda" delinea una delicata storia in cui però emerge nel fondo la salita al potere di Pinochet.

Se davvero oggi hai letto così poche pagine allora mi sa che vi ho (quasi) raggiunto! Però Oido e Aruap non li ho ancora conosciuti...
Comunque devo tristemente ammettere a me stessa che faccio parecchia fatica... non so, questo saltare da un episodio all'altro, anzi da un'allucinazione all'altra mi spiazza... A me l'irrazionalità nei romanzi piace purchè essa stessa abbia un senso, magari nella psicologia del personaggio... Ma qui l'anima di Urrutia ci è negata nella sua profondità, perciò i brani restano "spezzoni" di qualcosa che non riesco a collegare, se non si tratta di veri e propri "deliri". Mi sa proprio che io e Bolano non siamo fatti l'uno per l'altra! :MM
 
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