Jessamine
Well-known member
Trama:
Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l’orrore.
E seguite invece il cammino di due giovani, amici prima e poi amanti e infine anche compagni d’arme - due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna.
Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, a cui la dottrina non ha limitato o spento la fantasia creatrice, rievoca la storia d’amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell’epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i Greci antichi riconobbero e accettarono l’omosessualità.
Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo.
Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l’ormai usurata vicenda di Elena e Paride.
Commento:
Non riesco ad essere razionale: vorrei cercare di approcciarmi a questo libro in modo più distaccato, ma la verità è che, qualche volta, è bellissimo lasciarsi solo trasportare dalle sensazioni.
Negli ultimi anni il mio approccio alla lettura è molto cambiato, facendosi sempre più critico (nelle intenzioni, almeno, ché di capacità critiche proprio non ne ho): eppure, qualche rara volta mi capita di ritornare a riuscire a fruire di una storia soltanto a livello emozionale, mettendo da parte ogni possibile riflessione su una trama, sulla struttura di una storia, sul modo in cui i personaggi vengono gestiti e su tutto ciò che gira attorno a un romanzo. E forse si perde qualcosa, così, ma francamente oggi mi interessa poco.
Perché "La canzone di Achille" è arrivato in un momento molto particolare, ed ha saputo collocarsi esattamente in quel fiume di emozioni che sono l'unica cosa che mi sta facendo funzionare, ultimamente. Mi trovo ad essere particolarmente portata ad accogliere in maniera positiva queste storie fatte di amicizie lunghissime, di sentimenti che sfumano da una simpatia istintiva in un amore solidissimo, un amore di quelli che durano tutta la vita e anche oltre, perché non si tratta di una semplice relazione, ma di uno scoprirsi affini di anime capaci di mostrarsi senza maschere solo nel rapporto univoco che si instaura tra di loro.
Forse è folle, ma questi Patroclo e Achille si collocano in una scia di personaggi che ultimamente mi affollano la mente e il cuore in maniera assolutamente irrazionale, e quindi al diavolo gli approcci critici. "La canzone di Achille" ha saputo emozionarmi tantissimo, e questo, per oggi, mi basta. Mi basta, perché ho scelto di leggere questo romanzo in chiave molto "egoista": ho deciso di ascoltare quello che volevo ascoltare, ho deciso di piegare una narrazione che forse doveva arrivare da tutt'altra parte a scopi e panorami emotivi del tutto egoistici, e quindi questa canzone io l'ho ascoltata come se fosse un sussurro diretto proprio a me, e va bene così. Sarà paradossale, perché si tratta di romanzi che non ha nemmeno senso paragonare, ma questo romanzo l'ho letto come ho letto "La campana di vetro" di Sylvia Plath e "Le onde" di Virginia Woolf e "Undici solitudini" di Richard Yates. L'ho letto per leggere me stessa: e poco mi importa che sia una considerazione poco sensata.
A prescindere da queste considerazioni del tutto irrazionali, comunque, questo romanzo mi ha molto piacevolmente sorpresa: la narrazione segue con precisione gli eventi narrati nell'Iliade (e ciò che vi ha condotto), e, tenendo presente che non mi avvicino alla letteratura greca da circa dieci anni, e che le mie conoscenze si limitano al pastrocchio che hanno fatto cinque professori diversi in cinque anni di liceo, ho trovato il testo piuttosto coerente e approfondito.
Mi è piaciuta molto la prospettiva adottata dalla Miller, una prospettiva capace di dare grande umanità a nomi che ho sempre sentito un po' distanti.
Forse la storia d'amore fagocita un po' tutto il resto, che rimane a fare da sfondo (uno sfondo curato e piacevolissimo, sia chiaro), ma è una storia d'amore che non mi è mai parsa stucchevole, ma anzi, ha ripercorso dinamiche che ora come ora sento terribilmente care, quindi la cosa non mi ha per nulla infastidita. Mi rendo benissimo conto che, probabilmente, il mio giudizio sarebbe stato più severo, se avessi letto questo libro in un altro momento della mia vita.
Ma sono anche egoista, e sono felicissima di essere ancora capace di approcciarmi a un libro lasciando prevalere l'emotività.
Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l’orrore.
E seguite invece il cammino di due giovani, amici prima e poi amanti e infine anche compagni d’arme - due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna.
Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, a cui la dottrina non ha limitato o spento la fantasia creatrice, rievoca la storia d’amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell’epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i Greci antichi riconobbero e accettarono l’omosessualità.
Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo.
Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l’ormai usurata vicenda di Elena e Paride.
Commento:
Non riesco ad essere razionale: vorrei cercare di approcciarmi a questo libro in modo più distaccato, ma la verità è che, qualche volta, è bellissimo lasciarsi solo trasportare dalle sensazioni.
Negli ultimi anni il mio approccio alla lettura è molto cambiato, facendosi sempre più critico (nelle intenzioni, almeno, ché di capacità critiche proprio non ne ho): eppure, qualche rara volta mi capita di ritornare a riuscire a fruire di una storia soltanto a livello emozionale, mettendo da parte ogni possibile riflessione su una trama, sulla struttura di una storia, sul modo in cui i personaggi vengono gestiti e su tutto ciò che gira attorno a un romanzo. E forse si perde qualcosa, così, ma francamente oggi mi interessa poco.
Perché "La canzone di Achille" è arrivato in un momento molto particolare, ed ha saputo collocarsi esattamente in quel fiume di emozioni che sono l'unica cosa che mi sta facendo funzionare, ultimamente. Mi trovo ad essere particolarmente portata ad accogliere in maniera positiva queste storie fatte di amicizie lunghissime, di sentimenti che sfumano da una simpatia istintiva in un amore solidissimo, un amore di quelli che durano tutta la vita e anche oltre, perché non si tratta di una semplice relazione, ma di uno scoprirsi affini di anime capaci di mostrarsi senza maschere solo nel rapporto univoco che si instaura tra di loro.
Forse è folle, ma questi Patroclo e Achille si collocano in una scia di personaggi che ultimamente mi affollano la mente e il cuore in maniera assolutamente irrazionale, e quindi al diavolo gli approcci critici. "La canzone di Achille" ha saputo emozionarmi tantissimo, e questo, per oggi, mi basta. Mi basta, perché ho scelto di leggere questo romanzo in chiave molto "egoista": ho deciso di ascoltare quello che volevo ascoltare, ho deciso di piegare una narrazione che forse doveva arrivare da tutt'altra parte a scopi e panorami emotivi del tutto egoistici, e quindi questa canzone io l'ho ascoltata come se fosse un sussurro diretto proprio a me, e va bene così. Sarà paradossale, perché si tratta di romanzi che non ha nemmeno senso paragonare, ma questo romanzo l'ho letto come ho letto "La campana di vetro" di Sylvia Plath e "Le onde" di Virginia Woolf e "Undici solitudini" di Richard Yates. L'ho letto per leggere me stessa: e poco mi importa che sia una considerazione poco sensata.
A prescindere da queste considerazioni del tutto irrazionali, comunque, questo romanzo mi ha molto piacevolmente sorpresa: la narrazione segue con precisione gli eventi narrati nell'Iliade (e ciò che vi ha condotto), e, tenendo presente che non mi avvicino alla letteratura greca da circa dieci anni, e che le mie conoscenze si limitano al pastrocchio che hanno fatto cinque professori diversi in cinque anni di liceo, ho trovato il testo piuttosto coerente e approfondito.
Mi è piaciuta molto la prospettiva adottata dalla Miller, una prospettiva capace di dare grande umanità a nomi che ho sempre sentito un po' distanti.
Forse la storia d'amore fagocita un po' tutto il resto, che rimane a fare da sfondo (uno sfondo curato e piacevolissimo, sia chiaro), ma è una storia d'amore che non mi è mai parsa stucchevole, ma anzi, ha ripercorso dinamiche che ora come ora sento terribilmente care, quindi la cosa non mi ha per nulla infastidita. Mi rendo benissimo conto che, probabilmente, il mio giudizio sarebbe stato più severo, se avessi letto questo libro in un altro momento della mia vita.
Ma sono anche egoista, e sono felicissima di essere ancora capace di approcciarmi a un libro lasciando prevalere l'emotività.