Simenon, Georges - La finestra dei Rouet

estersable88

dreamer member
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Un lento, soffocante pomeriggio estivo. In un modesto appartamento di Faubourg Saint-Honoré, una donna sta ricucendo un vecchio vestito. Al di là della sottile parete che divide la sua stanza da quella attigua, due corpi giovani si stiracchiano voluttuosamente dopo aver fatto l’amore. La donna sente tutto, immagina ogni gesto, come se li vedesse: nudi, «carne contro carne, avvinghiati, con la pelle luccicante di sudore ... si crogiolano in quel colore, in quell’odore di bestia umana». Nel lungo specchio rettangolare dell’armadio, prima di provarsi il vestito, si guarda i seni, li prende in mano, li stringe: nessuno sa quanto siano belli, ancora adesso che sta per compiere quarant’anni, nessuno sa che il suo corpo – mai sfiorato dalla mano di un uomo – è lo stesso di quando ne aveva sedici. Poi, come fa sempre, si avvicina alla finestra. Dall’altra parte della strada vive la ricca famiglia dei Rouet, proprietari non solo del palazzo in cui abitano, ma di buona parte dei palazzi intorno. Per ore e ore, da dietro le persiane accostate, la donna spia la loro esistenza: quella dei vecchi, al piano di sopra, e quella del giovane Hubert e della sua bella, irrequieta moglie Antoinette, al piano di sotto. Sarà lei, in questo assolato pomeriggio di luglio, l’unica testimone di qualcosa che potrebbe anche essere un omicidio. E da ora in poi la donna comincerà a vivere per procura la vita di Antoinette: una vita «fervida, invadente, in tutta la sua spaventosa ferocia», una vita «proibita», che a poco a poco diventerà la sua. Con La finestra dei Rouet, storia di una torbida ossessione, Simenon ha scritto uno dei suoi romanzi più sottilmente perversi.

Estate, le tre di pomeriggio in una strada di Parigi. È la controra, l'ora del riposo, dei sospiri e delle persiane accostate, ma in Faubourg Saint-Honoré non tutti dormono: dietro alcune finestre la vita continua sommessamente. C'è chi fa l'amore, c'è chi sta di vedetta dalla sua torre o mansarda, c'è chi sta per avere il solito attacco che lo coglie ogni pomeriggio e dal quale si riprende con le gocce che sono sul comodino, c'è chi sta per rientrare a casa. Poi c'è Dominique che rammenda il suo vestito liso mentre ascolta i suoi giovani affittuari fare l'amore al ritmo di un tango nella camera attigua. Tra pochi minuti si alzerà e si accosterà alla finestra da dove guarderà la bella, sofisticata e vitale Antoinette Rouet rientrare in casa col suo tailleur bianco e dare le gocce al giovane marito Hubert, malato da tempo. Ma oggi qualcosa di impercettibile muterà la sequenza dei gesti: uno degli attori protagonisti della routine che osserva di solito farà in modo che qualcosa cambi irrimediabilmente. Da quel momento anche la vita di Dominique cambierà, diverrà sempre più ossessionata da Antoinette, la osserverà con più intenzione, entrerà di fatto nella sua vita scrivendole dei messaggi anonimi, comincerà a seguirla fino a farsi notare, fino a cercare quasi di ricalcarne le orme per vedere cosa si prova, per toccare con mano… lei che non ha vissuto, che non ha mai fatto niente. Dominique vive sola, confinata nella sua camera da letto, ingabbiata in una vita monotona, strozzata dall'indolenza e dalla sua solitudine. Perciò si abbevera, si disseta avidamente con i dettagli delle vite degli altri: osserva, studia, indovina, capisce, unisce i pezzi. E proprio quando un cambiamento inatteso rompe gli schemi, qualcosa di latente in lei si risveglia e la conduce ad un'ossessione morbosa e perversa. E Georges Simenon descrive, analizza, seziona maniacalmente questa ossessione in maniera magistrale. Impareggiabile nell'analisi dei comportamenti umani, l'autore si serve di un concetto quantomai comune, il cosiddetto "spiare dal buco della serratura" per mostrarci fin dove può arrivare la curiosità perversa unita ad un senso di vuoto, di muta solitudine, di abbandono, di fallimento. Così, proprio come accade a Dominique con la vita dei suoi vicini, Simenon ci incatena alle pagine in attesa di uno sviluppo, una svolta, un cambiamento. Arriveranno? Eh, per saperlo bisogna aspettare e stare a guardare.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Non conoscevo questo romanzo di Simenon, mi incuriosisce moltissimo, grazie!:)
 

qweedy

Well-known member
L'indagine psicologica che spesso caratterizza le opere di Simenon raggiunge in questo romanzo livelli freudiani, e stupisce che un uomo abbia potuto tradurre così bene le sensazioni di Dominique, la protagonista amara e triste, che cerca di sfuggire alla solitudine vivendo anzi spiando le vite degli altri.

Anticipando il film di Hitchcock “La finestra sul cortile”, Simenon costruisce una storia filtrata dagli spiragli, siano essi quelli di una persiana appena spalancata o di una finestra lasciata aperta per il caldo, il buco di una serratura o le soglie di qualche alberghetto.
 

Grantenca

Well-known member
Cresce sempre più l’ammirazione che ho per questo grande scrittore, un vero talento.

Questo è un libro molto diverso dagli altri che ho letto. E’ la vita (se si può chiamare vita) di una signorina sui quarant’anni di buona famiglia, che vive in un bell’appartamento ma è molto povera. Tanto povera che, per arrotondare le misere entrate, ha dovuto affittare una parte dell’appartamento a due giovani sposi.

Il padre , un militare di carriera, è stata la causa di questa miseria, della morte prematura della madre, e del suo stato attuale, dal momento che lei ha dovuto trascorrere tutta la sua giovinezza ad accudirlo, fino alla morte. Certo, molto ha contribuito anche il suo carattere eccessivamente remissivo, ma obbiettivamente, la vita non è stata molto generosa con lei, dal momento che quando ha vissuto una infatuazione amorosa adolescenziale, un tragico destino ha impedito che questa potesse prendere una qualsiasi forma. Vive quindi di ricordi e per passare le lunghissime giornate osserva dalla finestra la vita degli inquilini del palazzo di fronte, si immagina le loro relazioni e i loro discorsi e, man mano che il tempo trascorre, questa sembra essere la sua unica ragione di vita. E’ una spietata, lucidissima, analisi introspettiva che coinvolge anche, nel suo immaginario, i sentimenti degli “osservati” che diventano anch’essi protagonisti. E’ un libro, a mio avviso, magnifico, tra i migliori che ho letto di questo scrittore e questo dice molte cose.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Romanzo che d'impatto mi ha colpito moltissimo, molto sensoriale.
La solitudine di Dominique è lo specchio delle inquietudini di una Parigi che freme di vita, della irrequietezza della sua vicina che abita nel palazzo di fronte e che osserva immaginando una vita parallela alla sua, della spensieratezza dei suoi coinquilini di cui ascolta ogni rumore.
Dominique per rimanere in vita si nutre del desiderio di vivere altrui e, quello che inizialmente inizia come una distrazione per riempire la monotonia delle sue giornate, a poco a poco diventa un'ossessione al punto tale che non le importa di venire scoperta ma anzi vuole essere notata da Antoinette, vuole che Antoinette le rivolga una parola complice, e con le lettere che invia alla vedova Rouet spera proprio questo, spera di attirare la sua attenzione, la protagonista ha nei confronti della sua dirimpettaia un vero e proprio transfert.
Nel suo piccolo appartamento, dalla sua finestra, Dominique osserva e vuole avere una parte nella storia che osserva, ed è sua complice la città, una Parigi inquieta, che prende corpo dalle splendide descrizioni che ci rimanda l'autore, con colori intensi, i profumi, i rumori del traffico, i rintocchi delle campane e le voci nei bistrot, la pioggia battente, una malinconia di sottofondo.
Quanto più cresce la passione nel cuore di Dominique tanto più avverte il suo destino.
Un aspetto particolare di questo romanzo è la tecnica dello storytelling: Dominique osserva dalla finestra di fronte i Rouet, non sa cosa si dicono ma dalla descrizione minuziosa delle scene che si susseguono si intuiscono i pensieri e i dialoghi.
Un altro aspetto particolare è l'esperienza extrasensoriale della protagonista, un aspetto che mi ha catturato e che mi fa comprendere ancora di più la finezza di introspezione psicologica di Simenon, affascinante.
 
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ayuthaya

Moderator
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Mi sono inventata una massima: "con Simenon, come caschi caschi bene". Non c'è un solo libro suo che non mi sia piaciuto e sempre più imparo ad apprezzare questo fine conoscitore dell'animo umano e delle sue perversioni. La finestra dei Rouet, poi, mi ha letteralmente estasiato, l'ho divorato in due giorni, cosa che non mi succedeva da tempo.
Il romanzo si apre in un'atmosfera claustrofobica e malsana (non per niente gli "odori" sono un elemento che ricorre spesso, soprattutto in una valenza negativa). Dominique, una donna single non vecchia né priva di attrattive, ma che ha totalmente rinunciato a vivere una propria vita (così come ha rinunciato a qualsiasi altra relazione dopo la fine del suo unico amore fanciullesco e platonico), vive rinchiusa nell'angusto spazio della propria stanzetta "spiando" le esistenze altrui: da una parte una giovane coppia di sposini appassionati, a cui ha affittato una stanza del suo appartamento e di cui segue ogni movimento attraverso l'udito o talvolta dal buco della serratura, dall'altra una facoltosa famiglia composta da una coppia di una certa età, dal loro unico figlio, un essere insignificante che da alcune settimane è in preda a una grave malattia, e la sua esuberante moglie Antoinette, mal voluta dai suoceri; le due coppie abitano in due appartamenti sovrapposti di un palazzo interamente di proprietà dei vecchi Rouet, posto di fronte a quello in cui vive Dominique.
Osservare con curiosità morbosa le azioni dei propri vicini diventa quindi per la protagonista un surrogato della propria vita non vissuta.

Simenon anticipa il voyerismo de La finestra sul cortile, reso celebre dal genio di Hitchcock; il libro ha infatti una fortissima valenza cinematografica, ottenuta con un doppio gioco di rappresentazione: se di per sè le parole di un romanzo hanno il compito di farci ricostruire una storia, un vissuto, qui la parola scritta ha il compito di restituirci le impressioni che la protagonista, a sua volta, afferra per mezzo di ulteriori sensi: l'udito o la vista. E il risultato di questo rimbalzare dei sensi (leggo, ascolto, vedo, immagino) è davvero stupefacente: sembra di essere proprio lì, con Dominique, a percepire i gemiti e le risatine soffocate dei due sposini, a studiare le espressioni dei volti della dispotica Rouet e dell'indomabile Antoinette per poter ricostruire i loro muti dialoghi. Persino il bastone della vecchia, implacabile strumento di condanna, sembra dotato di vita propria e racconta una sua storia.

Rispetto al tema cinematografico del "guardare la finestra di fronte", in ogni caso, qui la situazione si complica a causa della fragilità psicologica della protagonista. All'inizio Dominique prova insieme invidia e disprezzo nei confronti di chi, a differenza sua, brama la vita con voluttà, fino alle estreme conseguenze; man mano che la vicenda si evolve, tuttavia, si sente sempre più coinvolta in quella che ormai è diventata una sorta di "vita per procura". In particolare nei confronti di Antoinette - donna fredda e determinata, ma anche sensuale e passionale, che non ha avuto remore di lasciar morire suo marito davanti ai suoi occhi, macchiandosi di fatto del delitto, per potersi liberare di lui e riappropriarsi della sua libertà - Dominique inizia ad assume un atteggiamento di dipendenza e identificazione, al punto tale da tentare un rapporto non più solo virtuale, ma reale, fisico.
Nel momento in cui si renderà conto che questo suo progetto non è realizzabile e che di fatto si è tagliata fuori da qualsiasi aspetto della realtà: la sua famiglia (i genitori defunti incombono su di lei quasi come degli spettri e sembrano inibire qualsiasi forma di indipendenza), i sui parenti più lontani (quelli ancora in vita sono persone con le quali non riesce a comunicare), i suoi vicini di casa (che lasciano la stanzetta in affitto per cercare una sistemazione migliore) e soprattutto Antoinette, ben determinata a vivere la sua vita, Dominique dovrà fare finalmente i conti con se stessa.

Piccolo capolavoro, assolutamente da non perdere.
 
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