Pavese, Cesare - Tutti i racconti

Ondine

Logopedista nei sogni
Di questa raccolta recensirò solamente il racconto “Suicidi”, l’unico che ho letto perché trovato online.
E’ un racconto molto breve ma che racchiude la personalità complessa dello scrittore che esprime una capacità di autoanalisi profonda, sincera, disarmante nella sua veridicità. Il protagonista e narratore della storia ci appare come un alter ego di Cesare (l’io idealizzato, l’uomo che Cesare vorrebbe essere), colui che vince, non il vinto. Nei confronti di Carlotta, la donna che lo ama, si mostra crudele. Jean invece è il vero Cesare, ipersensibile, colui che si spara per amore di una donna mentre il protagonista prova rimorso per non aver avuto il coraggio di compiere lo stesso gesto, si sente superiore e vigliacco insieme. Pavese sa esprimere in modo chiaro il conflitto interiore che è in lui, c’è un riflesso consapevole dei sentimenti opposti e confusi che prova nel suo animo. La misoginia che l'autore comunica in questo racconto e che riversa su Carlotta non è altro che la delusione per il suo amore sincero rifiutato in passato da un’altra donna, dall’unico amore della sua vita e che soprattutto lo aveva umiliato, quell’unica donna che dopo aver spinto Pavese a svelare la più gelosa intimità del suo animo, lo aveva lasciato inerme. Pavese a mio avviso non può essere compreso senza conoscere il suo vissuto, i suoi personaggi sono le sue più contraddittorie e dolorose sfaccettature. Credo che in questo racconto il tema dominante sia la difficoltà di comunicazione tra egli stesso e la donna.
Mi piace la sua scrittura essenziale.

P.S. Aggiungo adesso il racconto "Viaggio di nozze".
Anche in questo racconto il protagonista, Giorgio, presenta sentimenti ambivalenti e ripensando alla defunta moglie Cilia scrive:
Per esempio, non mi sono ancora chiarito in tutti questi anni, se le volessi davvero bene. Ma, quello che conta, le ho voluto davvero bene allora?
Ammette sentimenti di rimorso e di disprezzo e la rimpiange:
non passa giorno che non rifrughi dolorosamente nei miei ricordi, di quei due anni, e mi disprezzo di averla lasciata morire.
Ma la sua incertezza, il proprio senso di tristezza e di solitudine, il suo stato di fatica e di umiltà lavorativa, predominano nell'analizzare i suoi rapporti con la moglie: soffrendo più sulla mia solitudine che sulla sua giovinezza.
Di questo suo egocentrismo Giorgio/Cesare si rende conto quindi l'autore ha una consapevolezza di sé sempre presente.
La verità il protagonista la sapeva da sempre:
mi sono tanto compiaciuto in solitudine da atrofizzare ogni mio senso di umana relazione e incapacitarmi a tollerare e corrispondere qualunque tenerezza.
L'elemento che più mi ha colpito è questa rinuncia alla vita da parte di Giorgio che gli causa infelicità ma allo stesso tempo egli riconosce a se stesso che non vale la pena affaticarsi e soffrire per niente, non bastano neanche i sentimenti che Cilia prova per lui.
 
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