Roper, Richard - Qualcosa per cui vivere

estersable88

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Per tutta la vita hai finto di avere una vita perfetta, e in questo sforzo ti sei dimenticato di vivere davvero. Poi è arrivata Peggy, e d'un tratto hai capito che non è mai troppo tardi per cominciare. Gli appartamenti delle persone morte senza nessuno accanto hanno un odore particolare, quello della solitudine. Andrew lo sa bene: è un funzionario del Comune di Londra incaricato di rintracciare i parenti delle persone che muoiono sole. Spesso è l'unico presente ai loro funerali. Ma almeno a casa ha una famiglia ad aspettarlo, o cosí credono i suoi colleghi. In realtà l'unica cosa che lo aspetta sono i suoi trenini elettrici. Al colloquio per l'assunzione Andrew ha mentito, e da allora è incastrato nella sua bugia, al punto che ci crede un po' anche lui. Ma a volte basta poco per mandare in crisi l'equilibrio di un'esistenza intera, come l'arrivo di una nuova collega. Di fronte al turbinio di allegria e libertà di Peggy, Andrew si ritrova spiazzato, con le spalle al muro. Di colpo si accorge che prendersi il rischio di vivere vale la pena.

Andrew ha più di quarant'anni, ma ha le insicurezze di un ventenne: la sua vita, le sue esperienze arrivano fino agli anni dell'università, non che prima di allora fosse un viveur, ma da quel momento non c'è più nulla di nuovo, stimolante, cambiato nella sua vita a parte il lavoro. Andrew lavora all'ufficio pratiche mortuarie del Comune di Londra, ha il compito di ispezionare le case delle persone morte senza nessuno accanto, alla ricerca di denaro per le spese del funerale e di contatti nascosti, familiari o amici, affinché il defunto non si ritrovi completamente solo al momento delle esequie. Ache se non è previsto dal contratto, oltre alla cura e al rispetto che mette nelle sue ispezioni, Andrew è solito assistere alle cerimonie funebri dei morti con cui viene a contatto per lavoro e spesso si ritrova l'unico partecipante a cerimonie sonnolente e altrimenti deserte. Ha un capo e due colleghi che non stima e da cui non è esattamente ben visto; ha una famiglia composta dalla moglie Diane e da due figli… o almeno, così ha detto al suo capo al momento del colloquio di lavoro. In quel momento questa bugia, quest'invenzione, gli aveva dato sollievo e un entusiasmo primordiale, un senso di avventura che dopo tanto tempo aveva risvegliato la sua immaginazione. Ben presto, però, la bugia è diventata troppo grossa e, pur non sapendo come fare, Andrew sente il bisogno di troncare quella farsa. Questo bisogno coincide con l'arrivo al lavoro di Peggy, la nuova collega che lo affianca nelle ispezioni. I due si trovano inaspettatamente molto bene insieme: Peggy è dinamica, assertiva, propositiva, solare, nonostante abbia anche lei le sue gatte da pelare. È la cosa più simile a un'amica che Andrew ha da tanto tempo… da quel giorno in cui… E mentre l'affiatamento cresce, a Andrew non basta più la sua bugia patetica, non basta più stare ad ascoltare Ella Fitzgerald costruendo i suoi trenini elettrici. Comincia ad uscire sempre di più dalla sua zona di sicurezza, ricomincia finalmente a vivere… e la bugia pesa sempre di più. Il bivio è dietro l'angolo: affrontare le conseguenze della menzogna oppure perdere tutto, anche la stima di se stesso. Una lettura gradevole, sobria, per riflettere e qualche volta sorridere. Consigliato.
 
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