Tuti, Ilaria - Fiore di roccia

estersable88

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Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini - diavoli bianchi, li chiamano - ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l'eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall'inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.» Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
I riflettori si accendono sulle donne che nelle guerre sono spesso dimenticate o almeno lo sono state per anni. Dopo Chiara Carminati ci pensa Ilaria Tuti, con Fiore di roccia, a farle tornare indiscusse protagoniste della storia. La scrittrice friulana diventata celebre per i suoi noir con protagonista Teresa Battaglia, abbandona, almeno temporaneamente, il celebre commissario per raccontare altre figure femminile che sono state dimenticate per decenni: le Portatrici. Pochi sanno infatti che durante la Prima guerra mondiale, bambine, donne, anziane scalavano le montagne per raggiungere i soldati al fronte, pronte a portare loro viveri, medicinali, munizioni e tutto ciò di cui potevano avere bisogno. Il viaggio di ritorno spesso era più triste perché le Portatrici erano costrette a portare barelle con i soldati feriti o, molte volte, da seppellire. La guerra inghiottì la vita di tante donne, totalmente votate al fronte, attente ai richiami di avviso, alle missioni da compiere in segreto. Questo compito spettava soprattutto a quelle bambine, ragazze o anziane che vivevano vicino alle vallate più battute dalla guerra e verso le cime il loro sguardo andava continuamente perché lì combattevano i loro uomini e lì sentivano di dover andare.

Che Ilaria Tuti fosse una bravissima scrittrice lo sapevo già, l'avevo già appurato con i suoi due romanzi precedenti, di tutt'altro genere rispetto a questo. Con Fiore di roccia, però, ho avuto modo di apprezzare ancora di più un aspetto presente anche negli altri romanzi, ma qui ancora più accentuato: la sua grande sensibilità e umanità. Fiore di roccia è un romanzo bellissimo che rende omaggio alle donne, alle portatrici carniche che durante la Prima guerra mondiale diedero un contributo fondamentale al sostentamento e alla sopravvivenza dei nostri uomini al fronte, alle comunicazioni con le loro famiglie e alla cura di chi non ce l'ha fatta; a tutte le donne che, al pari degli uomini, hanno combattuto e combattono per un mondo migliore, più libero, paritario e civile; alle donne che la guerra non la volevano, ma che l'hanno vissuta e combattuta lo stesso. Con la sua prosa poetica, ricca e ricercata, Ilaria Tuti dipinge un quadro vivido delle emozioni, dei sentimenti, dei paesaggi e degli scenari vissuti da Agata Primus e dalle sue compagne portatrici: ci racconta con incredibile vividezza la fatica di trasportare le gerle sulla schiena, il pericolo e la responsabilità che queste donne sentivano sulle spalle, il loro grande cuore, la tenacia, la forza, la dignità, la bontà; ci racconta il fronte, la paura, il rischio, la notte del paesaggio e del cuore; ci racconta le amicizie indimenticabili, gli amori, le ingiustizie e la morte. Un romanzo stupendo, da leggere assolutamente, che consacra una grande autrice italiana contemporanea.
 

Meri

Viôt di viodi
L'ho letto in tre giorni. Mi è entrato dentro, c'è stata molta empatia con le donne, le loro grandi fatiche e i dolori, l'autrice riesce a descrivere in modo molto accurato e preciso senza esagerare.
 
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