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Ho apprezzato molte poesie di Michele Mari che fanno parte, come questa, di Cento poesie d'amore a Ladyhawke.
Mi piace la sua ironia, la semplicità minimalista, poche parole che tratteggiano un'immagine in cui è facile riconoscersi e rivedere sentimenti che molti hanno vissuto in un'amore iniziato sui banchi di scuola e non rivelato.
Con immediatezza, semplicità, ironia, arriva al cuore del lettore.
A me invece è venuta in mente una scena da "momenti perfetti del primo amore" con due adolescenti avvolti nel loro primo sogno, ingenui ma non troppo, capaci di giocare come due bimbi spensierati ma consapevoli della caducità della felicità .
E questa immagine mi delizia.
Però il dondolarsi insieme potrebbe anche riferirsi ad un perduto accordo di sentimenti e pensieri, ad un'intima consonanza fra due spiriti affini, che era troppo perfetta e fragile per poter durare per sempre.
E quest'altra immagine mi commuove.
Ma anchequel dondolare insieme tanto prezioso da volerlo "per sempre" potrebbe - e qui divento maliziosa - essere riferito a un dondolio più carnale, a un'estasi che si vorrebbe infinita.
Sia come sia, è bello che un testo sia anche un pre/testo per voli di fantasia.
Pathurnia
Tu non ricordi
ma in un tempo
così lontano che non sembra stato
ci siamo dondolati
su un’altalena sola
Che non finisse mai quel dondolio
fu l’unica preghiera in senso stretto
che in tutta la mia vita
io abbia levato al cielo
Michele Mari
All'inizio ho pensato al dondolio solo in senso metaforico, e se invece i due si conoscessero davvero dall'infanzia e avessero realmente dondolato sulla stessa altalena? L'oggetto del suo amore pare non se lo ricordi, quindi deve essere passato un bel po' di tempo. O forse non lo ricorda perché per lei il dondolio comune inteso come affinità di spiriti ha cessato di esistere anche nel cuore e nella mente, mentre per il poeta no. Mi piace anche l'idea che questa preghiera sia l'unica che il poeta ha levato al cielo.
Ecco la prossima poesia
La gioia avvenire
Potrebbe essere un fiume grandissimo
Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore
Una rabbia strappata uno stelo sbranato
Un urlo altissimo
Ma anche una minuscola erba per i ritorni
Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma
Una mano che sfiora al passaggio
O l’indecisione fissando senza vedere
Qualcosa comunque che non possiamo perdere
Anche se ogni altra cosa è perduta
E che perpetuamente celebreremo
Perché ogni cosa nasce da quella soltanto
Ma prima di giungervi
Prima la miseria profonda come la lebbra
E le maledizioni imbrogliate e la vera morte
Tu che credi dimenticare vanitoso
O mascherato di rivoluzione
La scuola della gioia è piena di pianto e sangue
Ma anche di eternità
E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.
Franco Fortini
(Dalla raccolta FOGLIO DI VIA E ALTRI VERSI
EINAUDI 1946-1967)
Amo molto questa poesia e appena torno mi piacerà commentarla, adesso sono in un brevissimo momento di iperattività....
a presto!
Pathurnia
Ultima modifica di Pathurnia; 12-05-2020 alle 04:30 PM.
E' bellissima, non la so commentare. Perfetta e accurata nelle scelte espressive, sottolinea la fatica che comporta la ricerca della felicità, ma non è una poesia pessimista.
E’ davvero una poesia molto complessa e commentarla non è facile.
Per questo parto dall’impatto che ha su di me e mi chiedo: cosa provo?
Inizialmente, leggendola, provo speranza, fiducia nel futuro, coraggio per lottare in nome di un mondo migliore, forza per credere che questo sia possibile. Però provo anche anche paura per tutto quello che potrebbe accadere in nome di questo cambiamento: la discordia, le sofferenze, la “miseria profonda come la lebbra”, cioè uno stato di abbrutimento totale. E non provo, invece, la scintillante certezza espressa dagli ultimi due versi
<<E dalle bocche sparite dei santi
Come le siepi del marzo brillano le verità.>>
Sicuramente Franco Fortini era sincero nel credere a questo finale trionfante, ma a me provoca un leggero fastidio, come se una tale profezia fosse enfatica e un po’ forzata.
Passo ora alla seconda domanda che mi sono posta: come mi appare lo stile di questa poesia?
C’è lo stile denso di immagini delle prime due quartine, così ricco e intenso, poi c’è la riflessione pacata della terza strofa (che è quella che preferisco), e poi c’è lo stile altisonante e profetico dell’ultima parte, che stacca completamente dal resto della poesia. Sembra quasi che Franco Fortini, (essendo un politico, uno studioso, un intellettuale rivoluzionario), si riprenda da un attimo di abbandono intimistico per rivolgere lo sguardo alla Storia e cercare le giustificazioni ideologiche del proprio sentimento.
Mi chiedo ora qual è il ritmo della poesia.
Nelle prime due strofe è fluido, musicale, avvolgente, con un tono quasi sognante. Mi piace moltissimo la contrapposizione fra le immagini potenti della prima e le visioni delicate della seconda.
Poi nella strofa di mezzo riscontro un ritmo più lento, meditativo, accorato, che mi parla di un immenso tesoro da custodire. Questa parte, direi quasi “femminile” dell’autore, mi parla dell’aver cura, del proteggere, del custodire il tesoro immenso della vita, ed è la parte che preferisco.
Invece nell’ultima strofa il ritmo diventa serrato ma anche dissonante, riuscendo però – proprio per questo - a rappresentare bene il conflitto e i contrasti che la storia imporrà agli uomini prima di trovare la gioia.
Infine i due versi che concludono la poesia mi sembrano più il frutto di una tensione utopica che di una reale convinzione.
L’ultima domanda che mi pongo è: a chi si rivolge il poeta?
Questo è l’aspetto di Fortini che mi entusiasma maggiormente, perché la sua poesia si rivolge all’umanità intera, è sempre un noi che rivela la grande tensione etica di questo artista.
Egli non è estraneo al mondo delle emozioni e della tenerezza (e mi sembra dolcissimo il verso della mano che sfiora al passaggio), ma esprime sempre sentimenti calati in un una dimensione sociale.
Ecco qual è per me la discriminante. Un Leopardi, un Fortini, esprimono aspirazioni universali anche se partono dal proprio sentire individuale, e la loro poesia fa vibrare corde che appartengono ad ognuno di noi.
Ciao
Pathurnia
Ultima modifica di Pathurnia; 12-09-2020 alle 02:35 PM.
Qui credo che abbiamo finito, passiamo al prossimoLascio aperto per eventuali commenti ritardatari
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