Dessì, Giuseppe - Paese d'ombre

malafi

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Non avendo trovato su internet una 'quarta di copertina', inserisco questa che travalica un po' nella recensione

Paese d’ombre, premio Strega nel 1972, è prima di tutto un romanzo storico, ricco di testimonianze sulla Sardegna di fine Ottocento. Giuseppe Dessì sceglie di ambientare il suo romanzo nell’immaginario paese di Norbio, che si rivela essere poi il paese in cui è nato e per il quale ha provato per tutta la sua vita un grande affetto e una grande nostalgia: Villacidro. Gli oliveti, la piazza, la costruzione del Lavatoio grazie alla lungimiranza del protagonista del romanzo, che poi diventa un sindaco attento alle necessità della popolazione, hanno tutti dei riferimenti reali e ancora oggi si possono visitare i percorsi del romanzo perché pur avendo modificato il suo volto, a Villacidro rimangono saldi i punti di riferimento architettonici e naturalistici descritti da Dessì. Oltre alle tradizioni e alla vita quotidiana nella Sardegna dell’Ottocento, l’autore fa attraversare ai personaggi momenti cruciali della storia, come la vicenda dell’Eccidio di Buggerru del 1904, la protesta contro l’aumento delle ore di lavoro nelle miniere che venne repressa nel sangue dall’esercito che sparò sulla folla uccidendo quattro persone e che diede vita al primo sciopero generale dei lavoratori in Italia. Il fascino del romanzo è ‒ oltre allo stile di scrittura pacato, che si sofferma sui dettagli e riesce a far visualizzare al lettore perfino i profumi dei boschi di lecci e delle olive appena macinate ‒ il suo farsi reportage di vite e moti d’animo che appena un secolo fa costituivano la base della società in Sardegna. Attraverso la vita di Angelo Uras il lettore viene accompagnato indietro nel tempo, in una società contadina e legata alla terra e alla tradizione: un modo di vivere che però comincia ad essere scardinato proprio dal carattere rivoluzionario di Angelo, che si fa emanazione della modernità e dell’avanzare del progresso, pur nel rispetto per la natura: gli scorci della campagna sono fra i passaggi più sinceri e interessanti del libro. Giuseppe Dessì ha riversato sempre nei suoi romanzi i principi che hanno guidato il suo attivismo politico e artistico: l’antimilitarismo, il progressismo e l’importanza dei diritti civili. Undici anni dopo la scomparsa di Dessì, avvenuta il 6 luglio del 1977, è stato instituito a Villacidro l’omonimo Premio Letterario, prestigioso riconoscimento nazionale per volumi di narrativa e poesia editi.

Altro caso in cui mi sono stupito di non avere trovato il libro già recensito.
Non tanto perchè è un Premio Strega, quanto perchè è un libro che credevo molto letto. E perchè assai bello.
Nel leggerlo ho ritrovato le atmosfere di Silone e di tutto quel filone di narrativa ambientata nel Meridione (anche se qui siamo in Sardegna) che armonizzando paesaggi, disagi sociali, sentimento contro gli italiani invasori ci proietta in un '800 intriso di significati e ben lontano da quello che studiamo sui libri di storia.
SE a questo aggiungiamo che la prosa di Dessì è, in questo romanzo (altri non ne ho letti), di grande livello - asciutta, essenziale ma fortemente espressiva - ne esce un romanzo che mi permetto di consigliare, prima di leggere autori stranieri dai nomi impronunciabili. :mrgreen:
 

Grantenca

Well-known member
Paese d’ombre

L’autore è Giuseppe Dessì, sinceramente a me, colpevolmente, del tutto sconosciuto. Questo libro si è aggiudicato il premio “Strega” 1972 e, per quanto il mio parere non possa certamente che essere valutato al di là di una semplice impressione, ritengo il premio meritato.

Siamo nella Sardegna interna nei primi anni dell’unità d’Italia, e il romanzo segue il percorso di vita del piccolo Angelo, rimasto orfano di padre in età giovanissima, fino allo scoppio della prima guerra mondiale.

La prima cosa che mi ha colpito in questo libro è la descrizione dei paesaggi sardi, con le sue montagne e le sue foreste, i suoi fiori, la sua selvaggina, ma soprattutto le usanze di vita dei suoi abitanti, soprattutto delle classi più povere, pastori, agricoltori, piccoli artigiani, e commercianti. Una miseria palpabile ma affrontata con una dignità assoluta.

In questo contesto il nuovo stato italiano, anziché cercare di aumentare il benessere, cerca esclusivamente di arricchirsi e depredare, imponendo nuove tasse e distruggendo, con l’abbattimento delle foreste per adibire il legno a combustibile per le fonderie, l’eco ambiente, che pur nella miseria tangibile riusciva comunque a garantire la sopravvivenza, direi ancora una volta dignitosa, anche delle classi più fragili della popolazione.

Quello che progressivamente accade in questo libro può anche spiegare certi fatti accaduti molto tempo dopo, e soprattutto la concezione dello stato che, da molte parti, ancor oggi sopravvive.

Il libro è scritto molto bene e traspare evidente da ogni pagina, l’amore dell’autore per questa terra.

Anche i fatti e le vicissitudini sono molto interessanti e non posso fare altro che consigliare, a tutti, la lettura di questo testo.
 
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