Ortese, Anna Maria - Il mare non bagna Napoli

elena

aunt member
Una raccolta di racconti che penetra nel dramma della miseria e squallore di Napoli dopo la seconda guerra mondiale. La narrazione è molto cruda e la realtà è descritta senza apparente partecipazione emotiva, tanto che la Ortese, con la pubblicazione di questo romanzo nel 1953, è stata accusata di “antinapoletanità” e, nonostante avesse vissuto e lavorato in questa città, sentita quasi come “sua”, per anni (collaborò alla rivista “Sud” con vari intellettuali partenopei), non ha fatto più ritorno a Napoli. La stessa autrice ha sentito la necessità, con la ripubblicazione del libro nel 1994, di far meglio comprendere il significato della sua opera, sottolineando come la stessa rappresenti non una “misura” del reale, incomprensibile e allucinante, ma la sofferenza della sua anima e la “intollerabilità” di fronte al “male oscuro di vivere”, una sorta di “nevrosi” che riconosce appartenere a se stessa.
Il primo dei racconti, Un paio di occhiali, è quello che mi è piaciuto di più perché molto toccante e con un profondo valore simbolico: mettere gli occhiali significa vedere il vero aspetto delle cose, che a volte si presentano molto più angosciose di come immaginate e percepite attraverso il velo onirico di una grave miopia. Rimane impressa nella mente la figura di Eugenia, questa tenera bambina che vorrebbe rimanere estranea all’orrore della realtà e gettare i tanto desiderati occhiali per continuare a vivere nel suo mondo fatto di fantasia e sogni.
Altri racconti sono ben scritti ma veramente molto molto duri: in particolare mi ha molto colpito La città involontaria, giustamente paragonato ad una sorta di discesa agli Inferi, in cui l’autrice descrive, quasi come un reportage giornalistico, la “visita” ad un palazzone/città abitato da circa tremila persone in cui la vita raggiunge l’apice del degrado umano nei piani inferiori.
Il tanto contestato capitolo/romanzo, Il silenzio della ragione, descrive la quotidianità di alcuni intellettuali napoletani, o comunque presenti nella vita della città, che un tempo rappresentavano la voce della ribellione e della protesta del popolo, e che ora vengono dipinti come assorbiti nella realtà di Napoli, “soffocati dalle sue braccia smisurate”.
 

isola74

Lonely member
Io ho letto proprio l'edizione in cui la Ortese, in prefazione, "giustifica" il suo libro dalle accuse di antinapoletanità ed effettivamente va detto che non mi sembra che traspaia un sentimento negativo nei confronti della città, piuttosto una certa apatia, una freddezza che credo siano volontarie, come si capisce dalle ultime pagine in cui si fa ancora più vivo il distacco tra la "plebe" e la annoiata "borghesia".
Ho preferito la prima parte del libro, quella con i racconti brevi: alcune pagine sono crude ma molto descrittive (non bisogna dimenticare che parla della Napoli del dopoguerra, e che il dopoguerra in Italia è stato un po' così duro dappertutto); la seconda parte mi è sembrata lenta, a tratti con una prosa non troppo fluida.
Voto: sufficiente.
 

elisa

Motherator
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io Anna Maria Ortese l'ho amata in modo viscerale ed ho trovato questi racconti stupendi, soprattutto quello degli occhiali, così amaro da farti stringere il cuore
 

risus

New member
Se non fosse per l'ultimo racconto, questa raccolta sarebbe deliziosa...
l'ultima storia è invece un po' ostica da affrontare e in più
è lunga mezzo libro!!! :W:MM:OO:??
Risultato: se non vi addormentate prima, si fa molta fatica ad arrivare alla fine!
I primi quattro scorci di Napoli e della sua gente sono bellissimi quadretti di vita
quotidiana, scorci in cui le azioni di tutti i giorni si mischiano ai sentimenti più semplici, più puri,
più istintivi della gente comune.
Visto che gli altri sono stati più o meno citati, menzionerò il racconto "Interno familiare":
qui la Ortese ci fa conoscere Anastasia Finizio, donna che avrebbe dovuto essere già
maritata ma è ancora nubile e, pur mantenendo un comportamento "rispettabile" agli occhi
della società, vive dentro di sè un tumulto di sentimenti nella "speranza di ritornare giovane e donna".
Quattro storie che consiglio di leggere, peccato poi per la lunga appendice...
:wink::wink::wink:
 

Lollina

New member
Non ho letto il libro, ma mi è capitato di assistere allo spettacolo, surreale e suggestivo, che Paolo Poli ne ha tratto.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Non ho letto il libro, ma mi è capitato di assistere allo spettacolo, surreale e suggestivo, che Paolo Poli ne ha tratto.

anche io l'ho visto, un grande Paolo Poli, ma non ho trovato la "mia" Ortese, tanto che mi aveva lasciato perplessa, ma poi ho capito che questa era la lettura dell'artista, come è naturale che sia :)
 

estersable88

dreamer member
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Il mare non bagna Napoli è una raccolta di racconti intrisa di realismo, in cui con occhio disilluso, esperto e disincantato, Anna Maria Ortese descrive la sua città. Lo fa spogliandola da quel manto di magia e folclore che da sempre la contraddistingue, così da regalarcene un ritratto vero, senza fronzoli, in cui Napoli appare in tutta la sua dimessa, desolante bellezza. Bellezza, sì, perché nonostante la povertà, la grettezza, l'indigenza, questa città rimane sempre meravigliosa per la sua capacità di sperare anche laddove sembra sacrilego sperare; di arrabattarsi ed ingegnarsi anche laddove non ci sarebbe proprio niente per cui ingegnarsi. Questi racconti così veri e a tratti drammatici, costituiscono un puzzle che ci rende l'immagine di una città che ha toccato il fondo e che, per quanto disillusa, potrà solo rialzarsi.
Dal canto mio, non so spiegare perché quest'opera – che pure consiglio – non mi abbia del tutto soddisfatta: è molto ben scritta, l'autrice raggiunge a pieno lo scopo che si era prefissa ideando questa raccolta, però non riesco ad affermare con convinzione che Il mare non bagna Napoli mi sia piaciuto… è un'opera da leggere se ci si vuole fare un quadro sull'Italia del secondo Dopoguerra, offre uno spaccato realistico sulla situazione dei poveri in quegli anni, ma non riesco a trovare altro da dire per consigliare questo libro che ho letto con piacere, ma che non mi ha convinto sino in fondo. A me non ha appassionato, però se non l'avete ancora fatto, voi leggetelo: vale sempre e comunque la pena di leggere un'opera di vera letteratura.
 
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