Terzani, Tiziano - Lettere contro la guerra

lillo

Remember
Ho appena finito di leggere questo libro ed ho sentito la necessità di condividere le impressioni che ne ho ricevuto.
Si tratta di una serie di lettere che l’autore scrive nel periodo successivo all’ 11 settembre.
In queste lettere Terzani ci mostra il punto di vista dell’altro, del cosiddetto nemico, esplorando le ragioni storiche, sociali, politiche, etiche e religiose che hanno portato a quella data. La lotta che da più parti si alza contro il tentativo di diffondere in tutto il mondo i modi di vivere dell’Occidente soprattutto dell’America.
Si ritrova la lettera che Terzani scrive alla Fallaci: “nelle tue parole sembra morire il meglio della testa umana, la ragione; il meglio del cuore la compassione”.
Molto bella l’ultima delle sette lettere, scritta dal suo rifugio nell’Himalaya indiano, in cui l’autore tenta di delineare un modo diverso di vivere in Occidente; non più la corsa al solo benessere materiale, al successo nella società “rimpiazzare la logica della competitività con l’etica della coesistenza”, e la necessità (ormai non più procrastinabile) di imparare a guardarci dentro a “riprendere il controllo di quello straordinario strumento che è la mente che … dovrebbe rivolgersi anche all’esplorazione del mondo interno, alla conoscenza di se”.
Una piccola luce per chi non accetta la non informazione e la disinformazione dei mass-media su quanto è accaduto dopo l’11 settembre.
 

elena

aunt member
Veramente belle e toccanti queste lettere. Terzani si conferma non solo come grande scrittore di viaggi ma anche come uomo con una capacità di analisi molto equilibrata della storia contemporanea e, in particolare, dell'Afghanistan dopo l'11 settembre. Il suo è un grande messaggio di pace e speranza che, senza avere alcun scopo "educativo", aiuta comunque a riflettere sugli errori e le colpe che hanno contribuito a creare un clima di odio e vendetta.

Incredibile pensare che quest'uomo, ormai sessantreenne e "pensionato", abbia voluto essere testimone in prima persona delle conseguenze dell'attacco alle Torri Gemelle.........a ottobre 2001 si trovava già in territorio afghano ad intervistare il "nemico".
Ho sempre ammirato gli inviati, reporter, corrispondenti di guerra che credono profondamente nell'importanza del loro lavoro.......da non esitare a rischiare in prima persona. In linea teorica.........la loro attività è emozionante e interessante.........ma concretamente non so quante persone sono realmente in grado di mettersi in gioco fino a questo punto.
Ancora di più ammiro Tiziano Terzani che ha perseverato nella sua missione.........anche quando non rivestiva più il ruolo di inviato e non aveva certo bisogno di uno scoop sensazionale per confermare la sua grandezza.
 

Dory

Reef Member
Sto leggendo pian piano queste meravigliose lettere e non riesco a fare a meno di commuovermi. Mi commuovo per l'incredibile elasticità e lucidità di pensiero di quest'uomo, per la sua incredibile volontà di CAPIRE le cose dal di dentro, e della sua capacità di essere NELLE COSE per poi ragionare su di esse e non farsi un opinione a priori sulla base del "sentito dire".
I talebani attaccano le Torri Gemelle, lui che fa? Va in Afghanistan a vedere come vive la gente e cosa pensa la gente.
Sono talmente tante le riflessioni che mi suscitano queste sue lettere che non sono riuscita ancora a finire il libro perché ogni volta mi devo fermare a pensare. Vorrei riuscire a scriverle tutte qui queste riflesioni, ma non ci riesco perché sono troppe e ancora non riesco a scinderle. Perciò mi sono proposta di metterle qui una ad una mano a mano che mi vengono fuori.
 

Dory

Reef Member
Lettera da Firenze, 4 ottobre 2001 (risposta all'articolo della Fallaci)
"Dubitare è una funzione essenziale del pensiero; il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come voler togliere l'aria dai nostri polmoni. Io non pretendo affatto di avere risposte chiare e precise ai problemi del mondo (per questo non faccio il politico), ma penso sia utile che mi si lasci dubitare delle risposte altrui emi si lasci porre delle oneste domande."

Il dubbio che sia giusto rispondere alla violenza con altra violenza, il dubbio che le "ragioni buone e giuste" per attuarla siano da una parte sola e non dall'altra. Non c'è mai una "buona" ragione per uccidere migliaia di civili inermi, né, a mio avviso, per indignarsi e soffrire per le migliaia di morti nelle Torri Gemelle e restare indifferenti davanti alle migliaia di morti sotto le bombe americane in afghanistan. Perché noi che dovremmo essere il mondo occidentale cosiddetto "civilizzato" dovremmo tollerare una carneficina simile?
Se fossimo afghani, cosa dovremmo pensare delle persone che ci passano sulla testa e ci devastano un paese già povero e ridotto a brandelli? Che ce lo meritiamo? Che fanno bene a ucciderci tutti? E cosa può fare un bambino che riceve come unica educazione imparare il Corano a memoria e ad usare il fucile, se per di più si vede morire i suoi cari sotto gli occhi? Ha fame, non ha una casa, né prospettive o altre alternative?
 

Dory

Reef Member
Terzani dice: per questo non faccio il politico!

Mi chiedo: chi è che fa il politico? Quale persona con un po' di senno e un modo di pensare "giusto" e "sano" decide di fare il politico? Nessuna.
Io mi chiedo il perché. Quelle poche persone che a mio avviso abbiano delle buone idee per far funzionare le cose non vogliono far politica, la disdegnano e se ne tengono ben alla larga.
E allora come si fa? Sono i politici che decidono, ma da dove vengono questi politici? Non so se quello che sto dicendo sia sufficientemente chiaro.
Chi sceglie di fare il politico? Perché? E' il sistema che corrompe anche chi parte con buone intenzioni? Oppure quelli che scelgono di entrare in politica sono solo quelli che hanno intreressi personali?
 
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Dory

Reef Member
Ecco, io faccio esattamente quello che dice Terzani. Mi pongo delle oneste domande... chissà se troverò mai una risposta, che non mi aspetto esauriente, ma che almeno mi aiuti a capire questo complesso sistema del mondo degli uomini, di cui faccio fatica a sentirmi parte (e il mio avatar lo dimostra!), ma al quale ogni tanto vengo richiamata quando leggo e scopro che forse qualche bella persona esiste, come Terzani, per esempio, e come molti di voi del forum al quale mi sono affezionata, e grazie ai quali ho ripreso un po' di fiducia nel genere umano. Un paio di voi a volte me la fanno passare di nuovo questa fiducia :)mrgreen:)... ma questa è un'altra storia... :)mrgreen:)...
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Lettere contro la guerra. Un titolo che mi attirava da un po', specialmente perché scritto da un autore che stimo e con cui spesso concordo. E' diventato per me imprescindibile leggere questo libro dopo la lettura di La rabbia e l'orgoglio di Oriana Fallaci... Nella mia recensione a quel libro scrivevo, fra le altre cose, che di solito diffido dalle verità assolute e che non mi piacciono le generalizzazioni. Ecco, qui, nel libro di Terzani, non ci sono verità assolute, non ci sono neppure riflessioni personali spacciate per verità assolute, non ci sono neppure giudizi né incitamenti all'"armiamoci e partite!". Ci sono invece, com'è consuetudine per questo grande conoscitore del mondo, riflessioni personali trasportate come tali e come tali consegnate al lettore per invitarlo a riflettere. C'è, soprattutto, la volontà di conoscere e capire l'altro, intenderne le ragioni, andare al di là dei fatti fino alla radice delle cose. C'è, in queste lettere scritte subito dopo l'11 settembre, una riflessione su cosa possa aver portato i musulmani ad attaccare l'America e, attenzione, Terzani non li giustifica, non li assolve per nulla, ma si pone con l'atteggiamento che gli è tipico e che lo ha condotto per decenni al cospetto di poveri e potenti: l'ascolto, il dialogo, la comprensione, il discernimento, la piena libertà di pensiero e giudizio. E quest'atteggiamento non può che essere dettato dalla volontà di convivere con chi la pensa diversamente, che è poi, in estrema sintesi, un profondo desiderio di pace e pacificazione. Ecco perché Terzani, in questa come in ogni altra sua opera, ci ricorda che non esiste una guerra che possa porre fine alle altre guerre, che non c'è una guerra giusta e che non c'è mai un vincitore e un vinto, che i torti sono sempre difficili da individuare e le ragioni mai davvero definitive. E ci ricorda, una volta di più, che a noi spetta decidere quale atteggiamento usare verso il nostro futuro: a noi spetta decidere se porci in contrasto con l'altro o se volerlo conoscere con spirito di parità. Un altro libro importante, da tenere a monito per i momenti in cui l'ira sembra debordare ed accecarci. L'odio non genera altro che odio… ricordiamocelo sempre.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
C'è poco da fare: leggere Terzani, per me, è come leggere all’interno della mia anima. Anzi, della mia coscienza. E la voce della coscienza non sempre è rassicurante, non ci dice necessariamente quello che vorremmo sentirci dire. Lettere contro la guerra è stato per me da una parte un “ritorno a casa”, la sensazione di leggere qualcosa che sento appartenermi nel profondo, dall’altra una voce scomoda, che ha messo in discussione le mie certezze: quelle che derivano dal mio modo di pensare, dalla mia cultura, dal mio mondo.
D’altra parte parlare dell’attacco alle Torri Gemelli dell’11 settembre come di una “buona occasione” non è una cosa che farebbe chiunque. Ma Tiziano Terzani non è uno qualunque e ha creduto davvero alla possibilità di trasformare il più grave attacco terroristico della storia nell’occasione per un ripensamento globale. Purtoppo, pochi giorni dopo, sulle pagine di un giornale ancor prima che sul campo di battaglia, Terzani si è dovuto ricredere dopo aver letto la lettera della Fallaci che, partendo da presupposti totalmente diversi dai suoi, giunge a conclusioni altrettanto lontane.
“Lessi i quattro paginoni e mi prese una gran tristezza. Ancora una volta mi ero sbagliato: altro che buona occasione, l’11 Settembre era stata l’occasione di svegliare e di aizzare il cane che è in ognuno di noi. Il punto centrale della risposta di Oriana era non solo di negare le ragioni del nemico, ma di negargli la sua umanità, il che è il segreto della disumanità di tutte le guerre.

Certo non è facile considerare “umani” i terroristi dell’ISIS, l’immaginario collettivo ce li ha mostrati fin dal principio come dei “mostri”. La demonizzazione del nemico è stata attuata più volte nella storia: in fin dei conti è la soluzione più facile, quella che mette una maggior distanza fra i due fronti, fra il Bene (noi) e il Male (gli altri). E bisogna ammettere che non è facile accettare, anche solo per il tempo di una lettura, di vedere nei terroristi nient'altro che dei demoni, appunto perchè lo sforzo della comprensione, del “mettersi nei panni dell’altro” è da sempre la via più difficile. Eppure è questo che dobbiamo provare a fare per capire le ragioni profonde di ciò che sta accadendo. Comprendere non significa condividere, e nemmeno tollerare. Comprendere non significa renderci deboli di fronte ai terroristi, ma scoprire il modo per poterli attaccare più efficacemente e definitivamente. E non necessariamente con l'uso delle armi.
Io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali”, “le ragioni che spingono tanta gente, soprattutto fra i giovani, nelle file della Jihad.

Stiamo combattendo un Frankeinstein che ci incute un giustificato terrore, ma chi ha dato vita a questo “mostro”? Chi o cosa gli ha permesso non solo di sopravvivere, ma anche di accrescere le proprie forze fino a diventare un nemico pericolosissimo? Siamo sicuri che il terrorismo non abbia nulla a che fare con noi? “Il problema del come sopravvivere al confronto con l’Occidente mantenendo una propria identità si è posto ovviamente nel corso del secolo scorso anche per i musulmani e anche per loro le risposte hanno oscillato fra il rifugio nel tradizionale (...) e varie forme di occidentalizzazione.
La Storia del secolo scorso ha fatto sì che alla fine dei giochi si imponesse un solo potere e un solo punto di vista: quello occidentale, incarnato dal modello americano ma ormai talmente globalizzato da non lasciare spazio nemmeno alla concezione di una possibile alternativa. E fin quando non ci entrerà in testa che non siamo noi i possessori della Verità assoluta, non andremo da nessuna parte. “Il problema è che fino a quando penseremo di avere il monopolio del bene, fino a quando parleremo della nostra come della ‘civiltà’, ignorando le altre, non saremo sulla buona strada.

È questa la grande sfida che ci lancia Terzani, è questa la grande occasione invocata: imparare a vedere il mondo nel suo insieme e non solo dal nostro punto di vista.
E poi siamo davvero così sicuri che il nostro sia il miglior modello possibile? Siamo davvero così sicuri che i nostri valori siano i più elevati e di avere perciò il diritto di imporli con la forza?
Anni di sfrenato materialismo hanno ridotto e marginalizzato il ruolo della morale nella vita della gente. Facendo di valori come il denaro, il successo, il tornaconto personale il solo metro di giudizio, senza tempo di fermarsi a riflettere, preso sempre più nell’ingranaggio di una vita altamente competitiva che lascia sempre meno spazio al privato, l’uomo del benessere e dei consumi ha come perso la sua capacità di commuoversi e di indignarsi. È tutto concentrato su di sè, non ha occhi nè cuore per quel che gli succede attorno. È questo nuovo tipo di uomo occidentale cinico e insensibile, egoista e politicamente corretto, qualunque sia la politica, prodotto della nostra società di sviluppo e ricchezza, che oggi mi fa paura quanto l’uomo col kalashnikov e l’aria da grande tagliagole che ora è ad ogni angolo di strada a Kabul.

Allora qual è l’interpretazione giusta? Noi i cattivi e loro i buoni? Ovviamente no. Lettere contro la guerra non vuole essere un’apologia al terrorismo, non un atto di debolezza o di sottomissione e nemmeno un esempio di buonismo. Al contrario questo libro è una spina al fianco della nostra autostima, della nostra rabbia e del nostro orgoglio. È l’occasione che ci viene data per un ripensamento che non può non partire che da noi stessi, dalla coscienza individuale di ognuno di noi. Un’occasione per dubitare di ciò che ci viene detto e di ciò che istintivamente saremmo portati a pensare e a provare.
Dubitare è una funzione essenziale del pensiero, il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come voler togliere l’aria ai nostri polmoni

Da leggere assolutamente.

Se noi davvero crediamo nella santità della vita, dobbiamo accettare la santità di tutte le vite.
 
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Gigi85

New member
Davvero un bel libro, lucido, ben scritto e ben argomentato nel suo prendere in considerazione il punto di vista degli altri.
 
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