Yates, Richard - Revolutionary Road

Teo82

New member
E’ uno dei libri piu’ intensi che abbia mai letto in vita mia. In sé, la trama è semplice, per nulla contorta, qualcuno oserebbe dire banale ma in realtà racchiude perfettamente tutto cio’ che è l’animo umano in quanto tale ma anche dal punto di vista delle relazioni che si instaurano tra le persone. La vita è un sottilissimo filo di spago che da un momento all’altro puo’ spezzarsi,e quando si spezza è pressoché irrimediale la sua ri-cucitura.
Il lieto fine, tanto per mettere le cose in chiaro, non ha residenza in questo libro. Lo scopo non è compiacere il lettore, non è regalare al lettore il tanto agognato finale da “meno male che è finito tutto bene”, non è negoziare col lettore la vicenda. La vicenda è questa: prendere o lasciare. Ed è molto drammatica. Una vita da coppia come tanti altri, ci si innamora (o meglio si crede di essere innamorati), si fanno dei figli che è il coronamento del sogno di una vita intera da passare insieme, si litiga…ma tra Frank e April qualcosa a un certo punto si spezza e sono inutili tutti i tentativi di rimettere in sesto un “giocattolo” ormai rotto e che non è piu’ in grado di regalarti cio’ che al momento del suo acquisto, prometteva. Le certezze via via diventano dubbi, incomprensioni, intolleranze, violenze (verbali). Un’alienazione sconfortante, sia nei confronti dell’amato ma soprattutto verso se stesso. E’ qui che si gioca tutto: cosa si è rotto improvvisamente? Già, è molto difficile venirne a capo. Il romanzo è dapprima molto evocativo con il quadretto idilliaco di una famiglia modello, per poi in un climax ascendente devastante, assume le sembianze di un ritratto della realtà bombardata da problemi, tensioni, incapacità di controllo,equilibrio inesistente. Le personalità fragili, i sogni che diventano bolle di sapone scoppiate, una disperazione senza fine conseguenza di un’indifferenza che spesso crea piu’ danni dell’odio. Libro splendido, che mi ha tenuto incollato alle pagine in maniera quasi possessiva.
Mi ha commosso.

Io lo straconsiglio. Ma non solo questo libro. Tutto Yates. In Italia son stati pubblicati finora solo questo, DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA e UNDICI SOLITUDINI
 

Debby

New member
Grazie mille, stavo proprio pensando di prendere questo libro ma ero un pò indecisa.
Ora mi hai convinta.
:)
 

El_tipo

Surrealistic member
romanzo che evoca numerose emozioni, purtroppo contrastanti. La vita dei coniugi wheeler è l'emblema della vita della ricca borghesia degli anni 50, dominata dal piattume emotivo, dall'inutile confronto con i propri vicini, e dalla ricerca di qualcosa che non si capisce bene cos'è. Gli affetti sono vissuti in maniera passiva, lontana, senza la minima percezione delle piccole grandi cose della vita (come può essere la nascita di un bambino oppure il tradimento della persona amata) e i sogni sono piuttosto dei miraggi, dei castelli costruiti in aria e dunque inarrivabili.
Io, personalmente, ho trovato questo libro molto stimolante, ma con esso sono in totale disaccordo. Soprattutto l'attualità della vicenda è sconcertante. Viviamo ancora oggi in una società che criminalizza la borghesia, mettendola agli antipodi del romanticismo, o peggio ancora, della realtà. La borghesia corrotta, la borghesia drogata, la borghesia marcia....nessuno mette in dubbio queste posizioni, però qualche dubbio sorgerebbe sulle opposizioni. Chi puo arrogarsi il diritto di stabilire quale sia il modo corretto di vivere, l'antitetica coppia dei Wheeler, ovvero degli amanti di campagna che spendono la loro vita nella semplicità e nell'amore per i figli e per la famiglia? e chi ha la dimostrazione che questo amore sia proprio la chiave per vivere bene e di conseguenza la sua assenza la condanna dei wheeler? Questo fantomatico amore, non è forse un momento di egoismo della nostra vita istintiva, che ci obbliga alla riproduzione, che ci fa chiudere in un guscio...
io sono sempre più convinto, relativamente alle dinamiche sociali, che qualcosa continua a sfuggirci
 

Mizar

Alfaheimr
romanzo che evoca numerose emozioni, purtroppo contrastanti. La vita dei coniugi wheeler è l'emblema della vita della ricca borghesia degli anni 50, dominata dal piattume emotivo, dall'inutile confronto con i propri vicini, e dalla ricerca di qualcosa che non si capisce bene cos'è. Gli affetti sono vissuti in maniera passiva, lontana, senza la minima percezione delle piccole grandi cose della vita (come può essere la nascita di un bambino oppure il tradimento della persona amata) e i sogni sono piuttosto dei miraggi, dei castelli costruiti in aria e dunque inarrivabili.
Io, personalmente, ho trovato questo libro molto stimolante, ma con esso sono in totale disaccordo. Soprattutto l'attualità della vicenda è sconcertante. Viviamo ancora oggi in una società che criminalizza la borghesia, mettendola agli antipodi del romanticismo, o peggio ancora, della realtà. La borghesia corrotta, la borghesia drogata, la borghesia marcia....nessuno mette in dubbio queste posizioni, però qualche dubbio sorgerebbe sulle opposizioni. Chi puo arrogarsi il diritto di stabilire quale sia il modo corretto di vivere, l'antitetica coppia dei Wheeler, ovvero degli amanti di campagna che spendono la loro vita nella semplicità e nell'amore per i figli e per la famiglia? e chi ha la dimostrazione che questo amore sia proprio la chiave per vivere bene e di conseguenza la sua assenza la condanna dei wheeler? Questo fantomatico amore, non è forse un momento di egoismo della nostra vita istintiva, che ci obbliga alla riproduzione, che ci fa chiudere in un guscio...
io sono sempre più convinto, relativamente alle dinamiche sociali, che qualcosa continua a sfuggirci
D'accordo con la sostanza del post e d'accordo in particolare con il sottolineato.
Quando si produce critica sociale si lavora su fili di lama serrati e bisogna fare attenzione. Forse bisogna essere mostruosi come lo furono i vari Petronio, Gadda, Pasolini, Apuleio, Wallace, Swift o Sterne, Proust o Musil, Mann; come lo sono un Pynchon, un Arbasino. Bisogna dimenticare categorie e schematizzazioni perché far letteratura sulla società in modo originale significa sempre ricreare.
Ti sembrerà strano, ma quando ho visto il film [:mrgreen:] ne ho tratto conclusioni simili.
 

Grantenca

Well-known member
E' stata una sorpresa per me la scoperta di questo libro. Non leggo molti autori moderni ma la vitale nazione americana produce ancora straordinari talenti. Al di là dalle vicende dei giovani coniugi che pur vivendo discretamente, come una famiglia tipica del periodo, con due figli e un lavoro, seppur non troppo gratificante ma che comunque permette una minima agiatezza vanno incontro progressivamente ad una crisi morale del loro rapporto, c'è una descrizione mirabile della società del tempo fatta anche con i comprimari, che poi non sono comprimari (la padrona di casa con il figlio instabile mentalmente, gli amici pieni di figli che però sono sempre a loro disposizione, ecc...). E' un libro bellissimo di cui consiglio a tutti la lettura. Leggerò senz'altro qualche altra opera di questo scrittore.
 

MadLuke

New member
Il romanzo si è fatto divorare in pochi giorni tanto è scorrevole nel delineare aspetti di pure non semplice descrivibilità come le ansie, fantasie e "mezzi pensieri" di ognuno dei personaggi.
Il merito di Yates a mio avviso è quello di spiegare a chiare lettere che il sentimento, l'attrazione sessuale, l'affinità intellettuale se pure importanti, magari pure indispensabili, all'interno di una coppia per poter continuare a rimanere uniti nel corso degli anni, questo non sia neanche lontanamente sufficiente. Quello che manca ai due protagonisti è il sincero e autentico desiderio di prendersi sul serio almeno per una sola volta in tutta la loro vita. Per questo discutono molto tra loro (meglio "tergiversano") di ogni evento si verifichi nella vita dei loro vicini così come della società, ma non fanno mai uno sforzo perché, pure appoggiandosi l'uno sull'altro, possano almeno cercare di elevarsi, di fare qualcosa che dia davvero fondo alle loro energie. Preferiscono invece continuare a rimanere nella loro mediocrità, seppure insoddisfatti e continuamente in preda a lamentele e litigi, comunque meno faticoso che impegnarsi davvero.
Yates mostra come anche un conseguimento oggettivamente prezioso come può essere la famiglia, i figli o una bella casetta non sono nulla se non contestualizzati in una ricerca a più ampio respiro, del senso della propria vita. La incontestabile mancanza di perseguimento di alcun ideale di bellezza da parte di ognuno, è la causa che porta al tragico epilogo.
Ultima osservazione, non che sia un difetto: alla banalità dei personaggi l'autore non propone alcuna alternativa, forse perché egli condannava l'intera classe borghese americana senza possibilità di appello, o forse perché vuole lasciare al lettore tale compito. Poco importa.
In ogni caso semplicemente eccezionale.
 

Jessamine

Well-known member
Il romanzo si apre con il sipario del teatro della scuola che si solleva sulle fatiche della Compagnia dell'Alloro, un pretenzioso gruppo di dilettanti che cerca in ogni modo di darsi delle arie da compagnia colta e pregna di impegno sociale, rilevanza culturale, superiorità morale e intellettuale rispetto a tutte le altre compagnie a lei simili; una compagnia composta da membri di famiglie per bene che lasciano i propri bei figli alla baby-sitter, lasciano le loro luminose case dai colori pastello per andare a prendere parte a spettacoli di dubbio gusto, mal recitati, diretti in maniera dilettantesca e rozza.
Al centro della scena una bella ragazza dai fianchi appena appesantiti da due gravidanze - una ragazza che prima diventare moglie e madre, padrona di casa e buona vicina, aveva frequentato l'accademia di recitazione - si sforza in tutti i modi di essere qualcosa di diverso da quello che è. Gli sforzi sono immensi, April Wheeler cerca con tutti i suoi mezzi di apparire bella e intelligente, una vera attrice, la protagonista di una vera compagnia che fa teatro veramente impegnato, e per un attimo la magia sembra anche funzionare.
Poi però qualcosa si spezza.
L'illusione crolla, i dialoghi ispirati e fluenti si trasformano in mossette e pose caricaturali, il sudore scorre sulle tempie, le battute scivolano false fuori da labbra incapaci di credere alla propria bugia. E la Compagnia dell'Alloro appare esattamente per quello che è, un insieme di persone che vivono in un bel quartiere fuori città, persone mediocri che si crogiolano nella speranza di apparire più colte e intelligenti di quanto non siano, diverse, migliori, ma che restano sempre e comunque ancorate alla propria pochezza.
Quest'immagine, un'attrice che ha fallito nel compito di convincere il pubblico a credere nella sua illusione, e che quindi se ne sta immobile, cercando disperatamente lei stessa un modo per credere ai suoi trucchi da quattro soldi, è emblematica di tutto il romanzo.
"Revolutionary Road" è il romanzo del disvelamento, dei trucchi scoperti, dell'acqua che la sera sbava e lava via il trucco dal viso. È il romanzo che mostra gli angoli nascosti, le prospettive celate, il disordine e il vuoto che resta fuori dal fascio di luce principale. Yates procede con una precisione quasi chirurgica, illuminando in maniera asettica e impietosa ogni cosa, quasi con una doppia prospettiva: vediamo la facciata, vediamo gli sforzi di autoconvincimento dei coniugi Wheeler, vediamo i trucchi e le illusioni; e poi Yates, con un solo giro di frase, ci scaraventa dalla parte opposta: ed ecco l'ombra, i fallimenti, le bugie, le illusioni che non funzionano più.
April e Frank Wheeler sono una coppia giovane e apparentemente affiatata, vivono in una bella casa nel tranquillo complesso di Revolutionary Hill grazie ad un lavoro che Frank reputa il più cretino che possa esistere, non hanno rapporti con la maggior parte dei vicini di casa - gente sciocca e conformista, vuota, totalmente inglobata da un sistema da cui loro vogliono fuggire in tutti i modi. April e Frank sanno di essere molto meglio di una coppia con un bel soggiorno illuminato da un'ampia finestra panoramica, ci credono, ci vogliono credere fino in fondo. Frank è un uomo intelligente che sicuramente potrebbe fare molte e grandi cose, eppure si trova incastrato nel labirinto subacqueo dell'ufficio per l'incremento delle vendite di una ditta newyorkese. April è bella, è sveglia, affascinante, eppure trascorre le sue giornate fra piatti da lavare e cocktail da servire ai Campbell, che pure non sono la compagnia più intelligente che potrebbero avere, ma comunque è quanto di meglio possa offrire Revolutionary Hill, e certo ormai possono essere considerati amici.
E qui, in un quadro apparentemente idilliaco, ci sono tensioni che crescono, c'è l'incapacità di comunicare in maniera sincera e pacifica, ci sono piani per tentare di manipolare l'altro fino all'estremo, alcool, confusione, tanto odio covato così nascosto da parer quasi invisibile. Yates in questo è un maestro burattinaio, regge una matassa di fili ingarbugliati senza mai permettere che qualcosa si incastri definitivamente, gioca a mostrare presente e passato, felicità e odio, silenzi ed urla.
L'idillio sembra a portata di mano solo attraverso un piano folle, un piano che diventa sempre meno concreto ma più presente nelle parole e nei gesti, come quel futuro lontano di si può fantasticare tanto da bambini. Non c'è alcuna sincerità fra April e Frank, ogni cosa è fatta in funzione dell'oggi, per allentare una tensione qui, spingere all'ira là, portare acqua al proprio mulino e cercare di rattoppare qualcosa di irrimediabilmente rotto. Ogni personaggio sembra vivere in una sua personale dimensione, una dimensione che preme gli angoli contro quella degli altri, sembra a volte addirittura combaciare come la tessera di un puzzle, ma quello che emerge prepotente è il totale isolamento di ognuno nel proprio mare di solitudine e insoddisfazione. April e Frank vivono insieme, fanno progetti insieme, litigano tra loro, fanno l'amore e si manipolano fino allo sfinimento, ma non riescono mai, mai a comunicare per davvero.
E nel frattempo si scavano strade lastricate di silenzi, dove l'insoddisfazione per una vita che non vogliono vivere si fa ad ogni passo più intensa.
L'illusione della possibilità di cambiamento sembra inizialmente acquisire forza e spessore, ma poi, come un castello di carta, crolla sotto il peso di eventi che né Frank né April sanno affrontare in maniera sincera e matura: crescono le nevrosi, cresce la tensione, e il romanzo diventa una specie tela bianca dove ogni personaggio cerca di dipingere la propria realtà, la realtà che vorrebbe, senza curarsi troppo dei disegni altrui. E le linee si intrecciano, i colori si mescolano, le forme cercano di coprirsi l'una con l'altra, fino a diventare, irrimediabilmente, una crosta dura e scura, dove nessuna luce - nemmeno quella squallida e fallace di un palcoscenico - riesce a penetrare.
 

ayuthaya

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Ho un debole per i romanzi che puntano il dito sulla disillusione da parte dell’uomo e della famiglia dal mito della perfezione. E spesso questi romanzi sono americani: sicuramente il Sogno americano si presta bene al racconto del suo infrangersi di fronte alla realtà: penso a capolavori come Pastorale americana del grande Roth o Le correzioni di Franzen, ad esempio. Ma è vero ciò che ho letto nella quarta copertina di Revolutionary Road (che nella mia edizione ha il titolo bruttissimo ma significativo I non conformisti): “Non ha, in fondo, troppa importanza il fatto che Frank e April Wheeler, il marito e la moglie protagonisti di questo amaro e sconcertante romanzo, siano americani. Un certo stile americano di vita è diventato ormai universale, funziona come paradigma, nel bene e nel male, per tutte le esistenze piccolo borghesi che si conducono nel nostro tempo, al di là e al di qua dell'Atlantico.
Nel caso di Frank e April Wheeler il Sogno americano si chiama “non conformismo” e chi di noi può dirsi di esserne al riparo? Guardiamoci attorno: la “normalità” è qualcosa di cui aver orrore, da cui rifuggire. Bisogna distinguersi dalla massa, bisogna essere “speciali”, originali a tutti i costi, perché la realtà che ci circonda è intrisa di banalità, di sentimentalismo, perché le casette color pastello, tutte graziosamente uguali, di Revolutionary Hill sono il prototipo del “pre-confezionato”... chi accetterebbe di essere omologato in questo contesto?
Tutta la mia adolescenza (e chissà quelle di quanti altri ragazzini e ragazzine) si è nutrita di questo mito dell’anticonformismo, e credo che sia giusto così. Per un giovane è sano, è salutare volersi distinguere dalla massa... ed è altrettanto sano quanto inevitabile che prima o poi questo mito si scontri con la realtà della vita adulta, una vita che nel 99% dei casi sarà costretta a venire a patti con la “normalità”: un lavoro che magari non realizza tutte le nostre potenzialità e che ci lascia a male pena il tempo di respirare, i bambini che riempiono di gioie e soddisfazioni, ma che (spesso) esauriscono tutte le poche ernergie rimaste, una vita di coppia che non è proprio quella che abbiamo sognato al momento di scambiarci promesse di amore eterno. Se non si è capaci di superare questa fase, la consapevolezza dei propri limiti e della propria sana mediocrità, si resta ragazzini immaturi. Ed è qui che iniziano i veri problemi.
Frank e April non sono mai cresciuti. L’incapacità di superare l’insuccesso dell’esordio della compagnia teatrale è emblematico... April sembra avere la vocazione della vera attrice ma proprio per questo il suo fallimento sarà ancora più cocente. Quando, qualche giorno e un violento litigio dopo la sera prima, April accoglie Frank completamente riappacificata, il suo discorso per certi versi è di una lucidità spaventosa, ma la conseguenza di questa consapevolezza è il primo passo verso un nuovo miraggio: l’Europa, promessa di libertà, di auto-realizzazione, di successo. Una vita che si sposta da Revolutionary road a Parigi è incubatrice di nuove promesse e in definitiva di nuove illusioni. E questa volta il “risveglio” sarà molto più drammatico. La verità verrà a galla pronunciata per bocca di un “pazzo”: il figlio della coppia perbene e dai modi ineccepibili, che si è ribellato – lui sì, fino in fondo, fino alle estreme conseguenze – al sistema, colui il quale non possiede i filtri della convenienza, delle “buone maniere”. É lui a sputare in faccia a Frank ed April la loro meschinità, che in fin dei conti potrebbe non essere altro che umana debolezza, se solo venisse accettata. Ma i Wheeler non ne sono capaci: è più facile sentirsi avvinti dal proprio “complesso di superiorità” , è più facile assumere il ruolo degli sdegnosi, che riconoscere e accettare la propria integrazione nell’ordine costituito.
Un romanzo che offre sprazzi di umorismo quasi esilarante (Frank che, nei momenti cruciali, si scrive mentalmente il “copione” da recitare la sera a sua moglie...) e quindi, per contrasto, risulta ancora più crudo, più amaro, più tragico alla resa dei conti. Una scrittura avvincente e assolutamente sobria, un autore da cui mi aspettavo molto e che non mi ha deluso.
Prossima opera: Undici solitudini (io che fatico così tanto con i racconti...).
 
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estersable88

dreamer member
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Ho appena terminato questa lettura entusiasmante, un romanzo su cui vorrei impiegare un fiume di parole, ma ho difficoltà, assurdamente, a mettere in fila i concetti che ho in testa. È una sensazione strana, quella lasciatami da questo libro: è la sensazione di aver letto qualcosa che conoscevo già, non perché la trama sia prevedibile, tutt'altro. È, probabilmente, una delle letture più realistiche in cui mi sia imbattuta, di quel realismo lucido, percettibile, trasognato. La vediamo, la follia, la vediamo arrivare silenziosa come uno spettro e accomodarsi a suo agio nella graziosa villetta dei Weeler; la vediamo dividere la tavola e il letto con Frank e April, insinuarsi nei loro discorsi, nei silenzi prolungati, negli sbalzi d'umore sempre più frequenti. Il discostarsi, ora dell'uno, ora dell'altra, dalle consuete abitudini, dalla monotonia quotidiana, potrebbe far sì che la scambiamo per ribellione, per desiderio di evadere, per voglia di cambiare vita. E di fondo c'è, in Frank ma soprattutto in April Weeler, un'insoddisfazione che la rode dall'interno, una necessità di cambiare, distaccarsi, allontanarsi, isolarsi dalla casa, dai figli, dal marito, dalla vita, da se stessa. Ed è proprio per questi sentimenti che, dopo una sfuriata apparentemente assurda su una pièce teatrale andata male, April propone, come mezzo di riappacificazione, la partenza per l'Europa. Un piano sconclusionato e destinato a fallire, ma che Frank finisce per accettare. È per questo desiderio di rivalsa che in fondo anima entrambi, che i due coniugi provano a ricomporre i pezzi ogni volta più minuscoli di un'unità coniugale e familiare troppe volte andata in frantumi. Sono giovani, intelligenti, insicuri, instabili, orgogliosi… si amano? Chi lo sa? Loro di sicuro non lo sanno.
Richard Yates è, a giudicare da ciò che leggo in questo romanzo, un narratore straordinario: riesce ad unire in un equilibrio perfetto la leggerezza di un pomeriggio tra amici e la cupa angoscia di una catastrofe imminente, inducendo in noi un costante stato di allerta, non permettendoci mai di abbassare la guardia… e lo fa con una tale naturalezza che davvero ci si aspetta quasi già ciò che avverrà. In revolutionary road Yates tratta con apparente semplicità temi molto complessi quali la follia in varie sue forme, l'amore, la famiglia, il lavoro, l'importanza del denaro… tutti temi che, negli anni in cui è ambientato e scritto questo romanzo avevano un'importanza cruciale, ma che ancora oggi sono per certi versi fondamentali. Un libro corposo, ma appassionante. Consigliato.
 
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