Lenin ha saputo leggere la realtà russa come pochi. Oltre che un teorico politco, è stato un critico letterario anche piuttosto acuto. Il problema è che in italiano poche opere sono state tradotte (la collezione completa in russo è 35 volumi). Per quanto riguarda il modus operandi, faceva una rivoluzione, non era al te delle 5 con le amiche della canasta. Tutte le rivoluzioni devono risolversi nel sangue e nella cancellazione fisica della vecchia classe dirigente, altrimenti non sono rivoluzioni, non sono niente. Louis Antoine de Saint Juste diceva: "Il modo migliore per scavarsi la fossa da soli, è fare le rivoluzioni a metà." Lenin aggiunse: "Quando si fa un'insurrezione, bisogna mettersi bene in testa di andare fino in fondo." Di rivolgimenti direi che loro se ne intendono
Non mi riferivo a questo.
Parlavo della popolazione civile. E della sua deprecabile fine.
Insomma, ci son modi e modi. Diciamo che lui ha scelto il peggiore ed anche uno dei più tristemente silenziosi: tra le desolate lande de sud delle sue terre.
La fame.
Personalmente quando in Russia ho fatto il nome di Lunacharskij nessuno me ne ha parlato male, né fra i miei professori all'università, né fra i miei conoscenti russi. Anzi, lui è visto come un esponente, assieme a Lenin e Trockij, di quel bolscevismo che, una volta finita la guerra civile e stabilizzata l'economia, avrebbe potuto portare davvero qualcosa di buono. Comunque, secondo la mia esperienza personale, la maggior parte dei russi dell'URSS ne parla bene.
Beato lei. A me è succeso il contrario. Almeno in ambito "diplomatico".
Il sistema totalitario in Russia sempre c'è stato, e sempre ci sarà. La ragione è molto semplice: è impossibile tenere unito un paese che conta oltre 220 nazionalità diverse se non con determinati sistemi, se ognuno potesse dire la sua sarebbe il caos. E se anche si decidessi di sciogliere la federazione e concedere a tutti l'indipendenza, molte di queste nazionalità rimarrebbero comunque legate strettamente dal punto di vista economico, tecnologico e militare all'etnia slava (vedi casi dei paesi ex URSS che economicamente e tecnologicamente, dipendo per buona parte da Mosca).
Questo, da un puno di vista di ingegneria politico-strutturale, è totalmente falso. Non sono io a dirlo ma ingegeri politici e costituzionalisti. Anche l'Impero Romano per anni (non sempre) ha funzionato performando garanzie (anche di mera esistenza fisica) molto maggiori del mostro sovietico.
Lo scrive implicitamente anche lei:
"se anche si decidessi di sciogliere la federazione e concedere a tutti l'indipendenza, molte di queste nazionalità rimarrebbero comunque legate strettamente dal punto di vista economico, tecnologi"
E se succedesse...magari sarebbe una conquista democratica (almeno sarebbe una delle possibili vie). Il "legame" è dovuto a variabili storiche, etnografiche, sociali, e politiche. Tra l'altro oggi l'intero mondo 'occidentale' è avviluppato da legami militari economici e tecnologici (e da creandi legami di atro genere [spec. sociali], come gli strutturalisti insegnano...).
ll probleba demografico è nella più carina delle risposte, uno specchietto per allodole; specchieto che mal (molto molto mal
) cela gravi defcit demcratici poco giustificabili se non con
scelte politiche a-ed-in-democratiche.
Il probleme in politica (leggi in...si spera...democrazia) è quello di
saper gestire il "legame" appunto che lega i consociati di una Land (ogni riferimento a Carl Schmitt è puramente voluto).
Ed in politica non vi è mai una sola soluzione.