Dittature e cultura

fabiog

New member
Vorrei sentire un vostro parere sul seguente argomento:quanto ritenete che l'uso che molte dittature fanno di certi artisti(siano essi scrittori,musicisti,filosofi etc.)possa influire sul futuro stesso di questi artisti?
Mi spiego meglio: prendiamo esempio dall'uso che il nazionalsocialismo ha fatto di Nietsche o Wagner,questi sono stati spesso considerati come precursori del nazismo Nietzsche per il suo concetto di superuomo e Wagner per le sue musiche spesso usate ingiustamente durante le manifestazioni del partito ciò,penso,abbia influenzato a lungo il gudizio su questi personaggi.
 

Vladimir

New member
Secondo me dipende da dittature e dal concetto di cultura che era nella classe dominante e dal lascito che questi totalitarismi hanno lasciato. Ti faccio un controesempio: durante gli anni 20, in URSS, ci fu un fermento culturale grandioso. Tutti presi dall'entusiasmo derivante dall'impegno rivoluzionario grandi poeti come Majakovskij o Esenin, pittori come Chagall o Kandinskij, architetti come Tatlin o Fomin, si misero loro stessi al servizio del potere per diffondere e rafforzare l'ideologia rivoluzionaria tramite le loro opere. Ora, credo che neanche il più fervente liberista possa negare il valore culturale di questi personaggi. Ripeto secondo me dipende molto da come sono stati usati dalle dittature e come queste ideologie (lascia perdere poi come sono state tradotte in pratica) hanno influenzato la storia. Non so se riesco a spiegarmi.
 

fabiog

New member
Secondo me dipende da dittature e dal concetto di cultura che era nella classe dominante e dal lascito che questi totalitarismi hanno lasciato. Ti faccio un controesempio: durante gli anni 20, in URSS, ci fu un fermento culturale grandioso. Tutti presi dall'entusiasmo derivante dall'impegno rivoluzionario grandi poeti come Majakovskij o Esenin, pittori come Chagall o Kandinskij, architetti come Tatlin o Fomin, si misero loro stessi al servizio del potere per diffondere e rafforzare l'ideologia rivoluzionaria tramite le loro opere. Ora, credo che neanche il più fervente liberista possa negare il valore culturale di questi personaggi. Ripeto secondo me dipende molto da come sono stati usati dalle dittature e come queste ideologie (lascia perdere poi come sono state tradotte in pratica) hanno influenzato la storia. Non so se riesco a spiegarmi.

Ti sei spiegato benissimo. Purtroppo le dittature possono rovinare la forza di un artista,penso anche che un peso importante lo hanno le persone che arrivano dopo queste dittature,dopo quindi la loro sconfitta.Faccio un esempio tratto da un episodio alla fine della 2 guerra mondiale:nella Germania precedente all'ascesa di Hitler il più grande direttore d'orchesta era Furtwangler,quest'ultimo all'avvento del nazionalsocialismo è rimasto al suo posto ed è stato considerato dall'elite nazista come il direttore di riferimento del partito senza che quest'ultimo non solo non si fosse mai iscritto ,ma rifiutò sempre di fare il saluto all'inizio dei suoi concerti.Ebbene al termine della guerra,nel pieno della ricostruzione e dei processi di Norimberga,Furtwangler subì un piccolo processo in cui fù praticamente rovinato pubblicamente escluso dai principali circuiti oncertistici per rientrarci solo qualche anno dopo e morire nel 54.Ora capisco che il gioco dei vincitori e vinti è parte del gioco politico e storico trovo però amaro che a pagarne sia la cultura che ne pensi?
 

lillo

Remember
A mio parere, i due concetti dittatura e cultura sono antiteci; perchè la prima vede nella cultura solo la possibilità di autocelebrazione, certo non approva una visione di cultura libera da ogni legame ideologico, unicamente espressione dell'ingegno umano. Credo che sia molto interessante rivedere la polemica sulla funzione della cultura, che si accese tra Vittorini e Togliatti.
Diverso è il concetto che una dittatura possa utilizzare filosofi, scrittori e musicisti per avvalorare le proprie posizioni ideologiche; l'esempio di Nietzsche lo vedo molto calzante nel senso di strumentalizzazione a tali fini.
Per quanto riguarda il discorso di Vladimir su i grandi autori ed artisti nell'URSS degli anni 20, credo che non si possa parlare di dittatura in senso stretto nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione di ottobre, quando una grande utopia filosofica si andava storicamente realizzando e quindi sicuramente grande stimolo per la creazione di nuovi modi di espressione artisitica. Durante il periodo che va dagli anni 30 fino al XX congresso del PCUS (quello delle grandi purghe staliniste) la cultura fu appunto repressa e molti intellettuali si ritrovarono nei Gulag.
 

Mizar

Alfaheimr
Secondo me dipende da dittature e dal concetto di cultura che era nella classe dominante e dal lascito che questi totalitarismi hanno lasciato. Ti faccio un controesempio: durante gli anni 20, in URSS, ci fu un fermento culturale grandioso. Tutti presi dall'entusiasmo derivante dall'impegno rivoluzionario grandi poeti come Majakovskij o Esenin, pittori come Chagall o Kandinskij, architetti come Tatlin o Fomin, si misero loro stessi al servizio del potere per diffondere e rafforzare l'ideologia rivoluzionaria tramite le loro opere. Ora, credo che neanche il più fervente liberista possa negare il valore culturale di questi personaggi. Ripeto secondo me dipende molto da come sono stati usati dalle dittature e come queste ideologie (lascia perdere poi come sono state tradotte in pratica) hanno influenzato la storia. Non so se riesco a spiegarmi.
Vero. Stesso dicasi per i territori sottoposti a nzismo e fascismo con i vari D'Annunzio, Malaparte, Heidegger (per non parlare dei compositori).
Quindi si parla di allineati e non.
Stesso discorso per la dittatura comunista in Russia, come lei sottolinea. Da ricordare le prese per i fondelli a Stalin ed al Partito di Shostakovich.

Mi spiego
L'emotivismo ed il fervore culturale iniziale, insomma, sono tipici e si attestano ovunque (Germania, Italia e Russia). Sono nell'ordine delle cose. Ma...insomma, dopo un pò quasi tutti si resero conto che qualcosa non andava. Dopo l'eccitazione (tutta emotiva) iniziale, viene il tempo della riflessione.
Non è una ideologia a produrre opere - sono gli uomini. Gli uomini con i loro fervori - gli uomini con i loro dubbi.

In tal senso è incredibile notare come esattamente da e sul quel sentimento di opposizione intercesso si fondino grandi opere ("il tuo dovere è giubilare!"...). Paradigmatici, divengono così, anche il caso di Marai e di Stravinsky per il comunismo.

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... quando una grande utopia filosofica si andava storicamente realizzando e quindi sicuramente grande stimolo per la creazione di nuovi modi di espressione artisitica. Durante il periodo che va dagli anni 30 fino al XX congresso del PCUS (quello delle grandi purghe staliniste) la cultura fu appunto repressa e molti intellettuali si ritrovarono nei Gulag.
Ecco, appunto. Si dia il tempo ali aguzzini di affinare le loro armi...
Come dicevo, ci vuole del tempo per "rendersi conto"*




*si pensi che ancor oggi in molti paiono non essersi ancora "resi conto" di molte cose.
 

Mizar

Alfaheimr
.Ebbene al termine della guerra,nel pieno della ricostruzione e dei processi di Norimberga,Furtwangler subì un piccolo processo in cui fù praticamente rovinato pubblicamente escluso dai principali circuiti oncertistici per rientrarci solo qualche anno dopo e morire nel 54.Ora capisco che il gioco dei vincitori e vinti è parte del gioco politico e storico trovo però amaro che a pagarne sia la cultura che ne pensi?
Anche questo è un esempio importante.
Il povero sesso-dipendente si Furth. non aveva alcuna colpa. Era solo un carpo espiatorio. La sua vicenda la dice davvero lunga sui rapporti tra vinti e vincitori e sulle assurde modalità con cui si gestirono i processi in Germania nel dopoguerra.




Verrebbe da chiedere perchè non si siano interessati a Karajan che aveva la tessera di partito sia austriaca che tedesca (in modo da non lasciare dubbi alcuni).
 

El_tipo

Surrealistic member
Vorrei sentire un vostro parere sul seguente argomento:quanto ritenete che l'uso che molte dittature fanno di certi artisti(siano essi scrittori,musicisti,filosofi etc.)possa influire sul futuro stesso di questi artisti?
Mi spiego meglio: prendiamo esempio dall'uso che il nazionalsocialismo ha fatto di Nietsche o Wagner,questi sono stati spesso considerati come precursori del nazismo Nietzsche per il suo concetto di superuomo e Wagner per le sue musiche spesso usate ingiustamente durante le manifestazioni del partito ciò,penso,abbia influenzato a lungo il gudizio su questi personaggi.

Beh, dagli interventi seguenti al tuo è chiaro che non sia chiaro :D quale sia il centro della discussione.
Stiamo parlando della strumentazione politica di alcuni artisti, oppure del contributo che alcuni artisti hanno dato alla formazione di una idea?
E'palese che gli esempi di Nietsche o Wagner non possono essere paragonati a quelli di Majakovskij o Kandinskij.
I primi infatti sono stati precedenti alla formazione dell'ideologia totalitaria; per alcuni critici essi ne sono stati i padri fondatori, per altri invece sono stati una mera strumentalizzazione.
I secondi invece sono state parte integrante dei un sentimento collettivo, che va a ricercare le proprie basi in sentimenti di profonda frustrazione.

E' ovvio che nel primo caso il giudizio possa essere influenzato o addirittura stravolto dagli eventi a cui gli artisti sono legati. Questo ha contribuito sicuramente alla travisazione di alcuni messaggi; travisazione a cui forse si riferiva fabiog nel suo intervento.
Nel secondo caso invece, non si può parlare di influenza nè tantomeno di giudizio. Il progetto artista-ideologia si è sviluppato di pari passo, come dice Mizar, è stato il fervore degli uomini a produrre l'arte.
A produrre l'arte, ma anche la dittatura. Sono le facce della stessa medaglia, dello sesso sentimento, dello stesso risentimento.
 

Vladimir

New member
A mio parere, i due concetti dittatura e cultura sono antiteci; perchè la prima vede nella cultura solo la possibilità di autocelebrazione, certo non approva una visione di cultura libera da ogni legame ideologico, unicamente espressione dell'ingegno umano. Credo che sia molto interessante rivedere la polemica sulla funzione della cultura, che si accese tra Vittorini e Togliatti.
Diverso è il concetto che una dittatura possa utilizzare filosofi, scrittori e musicisti per avvalorare le proprie posizioni ideologiche; l'esempio di Nietzsche lo vedo molto calzante nel senso di strumentalizzazione a tali fini.
Per quanto riguarda il discorso di Vladimir su i grandi autori ed artisti nell'URSS degli anni 20, credo che non si possa parlare di dittatura in senso stretto nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione di ottobre, quando una grande utopia filosofica si andava storicamente realizzando e quindi sicuramente grande stimolo per la creazione di nuovi modi di espressione artisitica. Durante il periodo che va dagli anni 30 fino al XX congresso del PCUS (quello delle grandi purghe staliniste) la cultura fu appunto repressa e molti intellettuali si ritrovarono nei Gulag.

Gli anni 20 sono stati anni di un fervore intellettuale straordinario. Non solo grazie agli artisti, ma soprattutto grazie al governo sovietico. Intellettuali straordinari come Lenin o Lunacharskij (grandissimo commissario all'istruzione) erano consapevoli che la libertà culturale avrebbe senz'altro rinforzato il potere dei soviet sia all'interno, sia all'estero. Questo è dimostrato dal fatto che fino al 1925, anche Bulgakov ha potuto pubblicare taglienti satire del regime. Non solo: il gruppo dei Fratelli di Serapione, guidato da umoristi come Zoscenko, Nikitin e Ivanov, pubblicavano feroci derisioni delle utopie comuniste. Inoltre si sviluppò anche la grande critica formalista che avrebbe segnato indelebilmente la "scienza" della letteratura del XX secolo. Purtroppo la cultura ufficiale dell'URSS non è arrivata solo al XX congresso (sebbene Chruscev avesse allentato molto la censura), ma al tempo della perestrojka (ricostruzione). Negli anni '70 i dissidenti erano internati in manicomio. Gli anni 90 sono stati gli anni della grande anarchia, ognuno faceva quel che voleva. Oggidì, con Putin, la stretta sulla cultura fa nuovamente sentire. Io comunque
 

Mizar

Alfaheimr
Gli anni 20 sono stati anni di un fervore intellettuale straordinario. Non solo grazie agli artisti, ma soprattutto grazie al governo sovietico. Intellettuali straordinari come Lenin o Lunacharskij (grandissimo commissario all'istruzione) erano consapevoli che la libertà culturale avrebbe senz'altro rinforzato il potere dei soviet sia all'interno, sia all'estero. Questo è dimostrato dal fatto che fino al 1925, anche Bulgakov ha potuto pubblicare taglienti satire del regime. Non solo: il gruppo dei Fratelli di Serapione, guidato da umoristi come Zoscenko, Nikitin e Ivanov, pubblicavano feroci derisioni delle utopie comuniste. Inoltre si sviluppò anche la grande critica formalista che avrebbe segnato indelebilmente la "scienza" della letteratura del XX secolo.
E' vero ciò che dice ma vorrei aggiungere alcune specifiche.
Si potrà ritenere Lenin un intellettuale straordinario - opinabile opinione (se Lenin è straordinario...Dante, Goethe, Proust, Mahler, Stravinsky sarebbero Dio) - ma non si dimentichino le sue poco divertenti scelte politiche. Egli ha il merito di aver inventato uno "stile operativo " a suo modo tutto innovativo ed originale. Stile che ha avuto grandi estimatori ed epigoni nei tempi moderni in paesi quali Cina e Corea Nord, Etiopia e Mozambico.
Mi chiedo quando abbia influito il suo essere "intellettuale" in ciò...
Per il resto, come dicevo, vi fu il tempo in cui questa grandissima dittatura carburava e preparava i suoi strumenti. Non a caso il nome del Lunacharskij non era e non è (incredibile!) affatto ben accetto su labbra russe (andare per credere). Questo la dice lunga.
Inutile poi ricordare quanti artisti si siano ricreduti grossomodo dopo il '30 circa la reale natura del mostro sovietico. Come a dire: c'è chi se ne avvede prima; chi dopo.

Purtroppo la cultura ufficiale dell'URSS non è arrivata solo al XX congresso (sebbene Chruscev avesse allentato molto la censura), ma al tempo della perestrojka (ricostruzione). Negli anni '70 i dissidenti erano internati in manicomio. Gli anni 90 sono stati gli anni della grande anarchia, ognuno faceva quel che voleva. Oggidì, con Putin, la stretta sulla cultura fa nuovamente sentire. Io comunque
E lo può dire forte !
Ci resta la flebile e forse inutile considerazione sulla "efficacia" in termini di ingegneria del potere (direbbe qualcuno...) di simili regimi.
Una considerazione meno inutile riguarderebbe invece coloro che ancora sognano che in determinati modi e partendo da determinate premesse si possa costruire qualcosa di "buono"...un pò come in quei melliflui quadri di Chagall. Ma questa è altra storia:wink:
 

Vladimir

New member
E' vero ciò che dice ma vorrei aggiungere alcune specifiche.
Si potrà ritenere Lenin un intellettuale straordinario - opinabile opinione (se Lenin è straordinario...Dante, Goethe, Proust, Mahler, Stravinsky sarebbero Dio) - ma non si dimentichino le sue poco divertenti scelte politiche. Egli ha il merito di aver inventato uno "stile operativo " a suo modo tutto innovativo ed originale. Stile che ha avuto grandi estimatori ed epigoni nei tempi moderni in paesi quali Cina e Corea Nord, Etiopia e Mozambico.
Mi chiedo quando abbia influito il suo essere "intellettuale" in ciò...
Per il resto, come dicevo, vi fu il tempo in cui questa grandissima dittatura carburava e preparava i suoi strumenti. Non a caso il nome del Lunacharskij non era e non è (incredibile!) affatto ben accetto su labbra russe (andare per credere). Questo la dice lunga.
Inutile poi ricordare quanti artisti si siano ricreduti grossomodo dopo il '30 circa la reale natura del mostro sovietico. Come a dire: c'è chi se ne avvede prima; chi dopo.


E lo può dire forte !
Ci resta la flebile e forse inutile considerazione sulla "efficacia" in termini di ingegneria del potere (direbbe qualcuno...) di simili regimi.
Una considerazione meno inutile riguarderebbe invece coloro che ancora sognano che in determinati modi e partendo da determinate premesse si possa costruire qualcosa di "buono"...un pò come in quei melliflui quadri di Chagall. Ma questa è altra storia:wink:

Lenin ha saputo leggere la realtà russa come pochi. Oltre che un teorico politco, è stato un critico letterario anche piuttosto acuto. Il problema è che in italiano poche opere sono state tradotte (la collezione completa in russo è 35 volumi). Per quanto riguarda il modus operandi, faceva una rivoluzione, non era al te delle 5 con le amiche della canasta. Tutte le rivoluzioni devono risolversi nel sangue e nella cancellazione fisica della vecchia classe dirigente, altrimenti non sono rivoluzioni, non sono niente. Louis Antoine de Saint Juste diceva: "Il modo migliore per scavarsi la fossa da soli, è fare le rivoluzioni a metà." Lenin aggiunse: "Quando si fa un'insurrezione, bisogna mettersi bene in testa di andare fino in fondo." Di rivolgimenti direi che loro se ne intendono ;)
Personalmente quando in Russia ho fatto il nome di Lunacharskij nessuno me ne ha parlato male, né fra i miei professori all'università, né fra i miei conoscenti russi. Anzi, lui è visto come un esponente, assieme a Lenin e Trockij, di quel bolscevismo che, una volta finita la guerra civile e stabilizzata l'economia, avrebbe potuto portare davvero qualcosa di buono. Comunque, secondo la mia esperienza personale, la maggior parte dei russi dell'URSS ne parla bene. Il sistema totalitario in Russia sempre c'è stato, e sempre ci sarà. La ragione è molto semplice: è impossibile tenere unito un paese che conta oltre 220 nazionalità diverse se non con determinati sistemi, se ognuno potesse dire la sua sarebbe il caos. E se anche si decidessi di sciogliere la federazione e concedere a tutti l'indipendenza, molte di queste nazionalità rimarrebbero comunque legate strettamente dal punto di vista economico, tecnologico e militare all'etnia slava (vedi casi dei paesi ex URSS che economicamente e tecnologicamente, dipendo per buona parte da Mosca).
 

Mizar

Alfaheimr
Lenin ha saputo leggere la realtà russa come pochi. Oltre che un teorico politco, è stato un critico letterario anche piuttosto acuto. Il problema è che in italiano poche opere sono state tradotte (la collezione completa in russo è 35 volumi). Per quanto riguarda il modus operandi, faceva una rivoluzione, non era al te delle 5 con le amiche della canasta. Tutte le rivoluzioni devono risolversi nel sangue e nella cancellazione fisica della vecchia classe dirigente, altrimenti non sono rivoluzioni, non sono niente. Louis Antoine de Saint Juste diceva: "Il modo migliore per scavarsi la fossa da soli, è fare le rivoluzioni a metà." Lenin aggiunse: "Quando si fa un'insurrezione, bisogna mettersi bene in testa di andare fino in fondo." Di rivolgimenti direi che loro se ne intendono ;)
Non mi riferivo a questo.
Parlavo della popolazione civile. E della sua deprecabile fine.
Insomma, ci son modi e modi. Diciamo che lui ha scelto il peggiore ed anche uno dei più tristemente silenziosi: tra le desolate lande de sud delle sue terre.
La fame.

Personalmente quando in Russia ho fatto il nome di Lunacharskij nessuno me ne ha parlato male, né fra i miei professori all'università, né fra i miei conoscenti russi. Anzi, lui è visto come un esponente, assieme a Lenin e Trockij, di quel bolscevismo che, una volta finita la guerra civile e stabilizzata l'economia, avrebbe potuto portare davvero qualcosa di buono. Comunque, secondo la mia esperienza personale, la maggior parte dei russi dell'URSS ne parla bene.
Beato lei. A me è succeso il contrario. Almeno in ambito "diplomatico".

Il sistema totalitario in Russia sempre c'è stato, e sempre ci sarà. La ragione è molto semplice: è impossibile tenere unito un paese che conta oltre 220 nazionalità diverse se non con determinati sistemi, se ognuno potesse dire la sua sarebbe il caos. E se anche si decidessi di sciogliere la federazione e concedere a tutti l'indipendenza, molte di queste nazionalità rimarrebbero comunque legate strettamente dal punto di vista economico, tecnologico e militare all'etnia slava (vedi casi dei paesi ex URSS che economicamente e tecnologicamente, dipendo per buona parte da Mosca).
Questo, da un puno di vista di ingegneria politico-strutturale, è totalmente falso. Non sono io a dirlo ma ingegeri politici e costituzionalisti. Anche l'Impero Romano per anni (non sempre) ha funzionato performando garanzie (anche di mera esistenza fisica) molto maggiori del mostro sovietico.
Lo scrive implicitamente anche lei: "se anche si decidessi di sciogliere la federazione e concedere a tutti l'indipendenza, molte di queste nazionalità rimarrebbero comunque legate strettamente dal punto di vista economico, tecnologi"
E se succedesse...magari sarebbe una conquista democratica (almeno sarebbe una delle possibili vie). Il "legame" è dovuto a variabili storiche, etnografiche, sociali, e politiche. Tra l'altro oggi l'intero mondo 'occidentale' è avviluppato da legami militari economici e tecnologici (e da creandi legami di atro genere [spec. sociali], come gli strutturalisti insegnano...).
ll probleba demografico è nella più carina delle risposte, uno specchietto per allodole; specchieto che mal (molto molto mal:mrgreen:) cela gravi defcit demcratici poco giustificabili se non con scelte politiche a-ed-in-democratiche.
Il probleme in politica (leggi in...si spera...democrazia) è quello di saper gestire il "legame" appunto che lega i consociati di una Land (ogni riferimento a Carl Schmitt è puramente voluto).
Ed in politica non vi è mai una sola soluzione.
 
Vorrei sentire un vostro parere sul seguente argomento:quanto ritenete che l'uso che molte dittature fanno di certi artisti(siano essi scrittori,musicisti,filosofi etc.)possa influire sul futuro stesso di questi artisti?
Mi spiego meglio: prendiamo esempio dall'uso che il nazionalsocialismo ha fatto di Nietsche o Wagner,questi sono stati spesso considerati come precursori del nazismo Nietzsche per il suo concetto di superuomo e Wagner per le sue musiche spesso usate ingiustamente durante le manifestazioni del partito ciò,penso,abbia influenzato a lungo il gudizio su questi personaggi.

Io penso che il giudizio su tali uomini di cultura, possa essere negativo nel breve periodo, ma se hanno apportato qualcosa di nuovo, originale, che non sia solamente essere cantori o ideologi del regime, la storia gli renderà giustizia.
E' successo per Nietsche e Wagner, in Italia è successo per Gentile. Considerato uno dei maggiori responsabili del fascismo dai partigiani, già con la morte la sua figura e opera inizia a vivere svincolata dal regime di cui faceva parte. Oggi ci si ricorda di Gentile come di uno dei più grandi filosofi del novecento al pari di Croce, non come di colui che scrisse il manifesto degli intellettuali fascisti.
 

Mizar

Alfaheimr
Io penso che il giudizio su tali uomini di cultura, possa essere negativo nel breve periodo, ma se hanno apportato qualcosa di nuovo, originale, che non sia solamente essere cantori o ideologi del regime, la storia gli renderà giustizia.
E' successo per Nietsche e Wagner, in Italia è successo per Gentile. Considerato uno dei maggiori responsabili del fascismo dai partigiani, già con la morte la sua figura e opera inizia a vivere svincolata dal regime di cui faceva parte. Oggi ci si ricorda di Gentile come di uno dei più grandi filosofi del novecento al pari di Croce, non come di colui che scrisse il manifesto degli intellettuali fascisti.
Esattamente. Questo vale anche per alcuni scrittori e per moltissimi compositori.
 

Gigi85

New member
Vorrei sentire un vostro parere sul seguente argomento:quanto ritenete che l'uso che molte dittature fanno di certi artisti(siano essi scrittori,musicisti,filosofi etc.)possa influire sul futuro stesso di questi artisti?
Mi spiego meglio: prendiamo esempio dall'uso che il nazionalsocialismo ha fatto di Nietsche o Wagner,questi sono stati spesso considerati come precursori del nazismo Nietzsche per il suo concetto di superuomo e Wagner per le sue musiche spesso usate ingiustamente durante le manifestazioni del partito ciò,penso,abbia influenzato a lungo il gudizio su questi personaggi.

Penso che politica e cultura debbano stare separate (nel senso buon del termine) il più possibile; purtroppo gli esempi che hai menzionato sono tristissimi, il "proto-nazismo" di Nietzsche è stato considerato un punto fermo in Italia fino agli anni '60, il discorso è che la politica con la sua influenza porta il più delle volte disgrazie; non nego che anche il mondo della cultura sia fatto di meschinità e rivalità, ma con la politica questo raggiunge il culmine ergo le strumentalizzazioni sono inevitabili (sempre per una questione - meschina per l'appunto - di potere). Per non parlare dell'uso di alcuni validi scrittori fatto ancora oggi da alcune frange, incapaci di contestualizzare una determinata figura nel suo contesto. Ormai la separazione destra/sinistra non ha quasi più senso, ci sono autori (Pasolini, Carl Schmitt) validi per ogni lettore dotato di sufficiente apertura mentale.
 
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