De Palma, Brian - Carlito's way

risus

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Il ritratto del malavitoso portoricano Carlos Brigante (Carlito o Charly) nella Harlem ispanica di metà anni '70.
Grande trafficante di droga e mito vero e proprio, Carlito riesce ad uscire di prigione dopo aver scontato solo 5 dei 30 anni della sua condanna -grazie ad un cavillo escogitato dal suo amico/avvocato (Sean Penn)- e tenta di rifarsi una vita il più possibile onesta...
ma il suo passato, i suoi vecchi amici e soci tornano ad affacciarsi ancora troppo frequentemente fino a condurlo ad un tragico epilogo...:cry:

Il film si apre con Carlito già morente che, attraverso i suoi ultimi pensieri, accompagna lo spettatore in un lungo flash-back che ripercorre tutta la sua nuova vita, quella dopo il carcere, con i suoi nuovi interessi, i suoi nuovi affari, il suo nuovo amore...
...e la pellicola si chiude ancora con i pensieri del protagonista, ricongiungendosi circolarmente alla scena iniziale... artificio che colpisce nel segno...
Grandissimo Al Pacino, piacevolissima sorpresa quella di uno Sean Penn giovanissimo e quasi irriconoscibile:mrgreen:
Film-cult che appassiona e tiene incollati allo schermo... e rimane indelebile nella mente di chi lo guarda per scene quali quella finale alla stazione:paura:

TUNZZZTUNZZZ
 

Masetto

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<< Carlito’s Way è un film vecchissimo illuminato dalla maestria di un grande cineasta. E vecchissimo perché la storia di Carlito Brigante è l’antica, classica storia dell’ineluttabilità del destino: Carlito è un ex gangster che vuole uscire dal giro, che cerca di rifarsi una vita nella legalità e con la sua donna, e che della sua vita di prima - prima di una condanna a trent’anni che il suo avvocato con un cavillo è riuscito a far ridurre a cinque - conserva solo il codice d’onore e il senso della lealtà alle amicizie.
Due cose pericolosissime in un mondo che, nei pochi anni in cui Carlito è rimasto fuori dal gioco (più o meno i primi anni settanta), cambia radicalmente e si snatura rispetto al suo stesso sistema e alle sue regole. Nonostante possa suscitare qualche dubbio la voce narrante di Carlito, sin dall’inizio sappiamo perfettamente dove e come la storia andrà a finire: in questo mondo non esiste happy ending.
Anche se segue topos per topos e situazione per situazione la convenzione tragica del genere, di originale il film di De Palma ha però l’ambientazione nella mafia portoricana di East Harlem, che Torres, lui stesso ispanoamericano, conosce di prima mano, così come il mondo dei tribunali penali di New York. E il film è anche un denuncia del confine sempre più sottile tra la legalità e l’illegalità, e del delirio di onnipotenza degli avvocati, incarnato qui da un odioso e bravo Sean Penn, cocainomane, sovraeccitato e moralmente opaco, l’ambiguo amico di Carlito, il rapporto cardine su cui l’ex gangster che sogna il paradiso con Penelope Ann Miller misura le sue doppie e complicate lealtà.
[...] De Palma a colpi di stile riesce a farsi ammirare anche con un film visto e rivisto. Più della magistrale chase finale nella Grand Central Station di New York, basterebbe uno qualsiasi dei piani sequenza che il regista organizza con estrema naturalezza e maestria all’interno del night-club gestito da Carlito, quasi inavvertibili tanto si sviluppano con perfetta scioltezza. Nel complesso, resta però un sapore di delusione. A quando un film di De Palma che sposi la genialità della sua cinepresa a qualcosa che non appartenga al déjà vu hollywoodiano? >> Irene Bignardi
 
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