Hesse, Hermann - La canzone della morte di Abele

fabiog

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Sull'erba Abele giace spento,
Caino il fratello è fuggito.
Viene un uccello, tuffa il becco
nel sangue e fugge inorridito.

L'uccello per il mondo batte l'ale
con volo pavido; la voce stride
e senza fine intona un gran lamento
sul bello Abele e il suo dolor mortale,
sul torbido Caino e il suo tormento
e sulla propria giovanile età.
Tra poco il dardo di Caino si sferra,
il quale liti spande e morte e guerra
in tutte le capanne e le città,
si crea nemici e poi li atterra,
loro e se stesso esecra, offende,
e persegue per vie diritte e torte,
finchè la grande notte non discende
ed egli stesso si darà la morte.

L'uccello fugge; dal suo becco tinto
di sangue stride il lagno sopra il mondo.
Lo ode Caino, l'ode Abele estinto,
migliaia l'odono quaggiù nel fondo;
ma diecimila e più retta non danno,
non ne voglion saper del trucidato,
nè di Caino, del suo grave affanno,
nè delle piaghe e del sangue versato,
nè della guerra combattuta ieri
che ora essi leggono nei novellieri.
Per loro - sazi, in festa ed allegrezza, e grezzi e forti -
non c'è Caino, Abele e pianti e morti :
per lor la guerra è " tempo di grandezza ".

Quando il querulo uccello passa e gracchia,
pessimista lo chiamano e cornacchia.
Forti si sentono, fanno i gradassi
e gli lanciano sassi,
finchè sparendo ammutolisce.
O fanno musica per non udirlo :
la mesta voce sua li infastidisce.

Con la goccia di sangue sopra il becco
qua e là vola l'uccello, ed i suoi lai
pel morto Abele non finiscon mai.
 
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