Visconti, Luchino - Morte a Venezia

elisa

Motherator
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Il film è tratto dal breve romanzo di Thomas Mann, La morte a Venezia, e narra la passione dell'angosciato musicista Gustav von Aschenbach per un biondo adolescente polacco, Tadzio, passione silenziosa che si consuma sullo sfondo di una Venezia ammorbata dal colera, tenuto nascosto dalle autorità per non compromettere il turismo.
Il film è una riflessione profonda su chi è l'artista rispetto al suo essere uomo, sulla passione che distrugge, sulla morte e la vecchiaia, sulla bellezza e la decadenza fisica.
Un film struggente con un grande Dirk Bogarde che man mano che il film si avvicina al finale diventa sempre più grottesco, un'ambientazione di grande effetto e che si ispira alla pittura impressionista. Una grande opera di autore.
 

Mizar

Alfaheimr
Io apprezzo il Dirky Dirky ma non questo bruttissimo film. Non rende onore né all'interprete né all'immenso regista. In linea complessiva, il messaggio di Mann è pretermesso o travisato.
Brutta anche la colonna sonora, con il famoso Adagietto.
 

elisa

Motherator
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E' uno dei film più personali di Visconti, quello in cui si mette in gioco da grande autore, forse si può apprezzare con gli anni, anzi sicuramente lo si apprezza con gli anni, la scena finale del disfacimento del trucco del protagonista è di una verità disarmante.
 

lillo

Remember
E' uno dei pochi film che ogni tanto torno a guardare per la bellezza e la drammaticità di alcune scene..... daccordo con Mizar quando dice che il messaggio di Mann è stato travisato; a mio parere Visconti da grande del cinema qual era non si poteva limitare ad una semplice trasposizione del grande Mann.
Ho trovato questa bellissima recensione del grande Gian Luigi Rondi pubblicata nel 1971.... ecco il link

http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=77072
 

elisa

Motherator
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mi trovo molto d'accordo con l'analisi circostanziata di Rondi, anche io amo molto questa pellicola sia per i suoi difficili contenuti etici e simbolici sia per l'aspetto formale e tecnico, artistico e cinematografico. Non oso immaginare un'opera del genere trasposta da un regista di oggi, Visconti aveva la sensibilità, la cultura e l'arte, secondo me, molto vicine a quelle di Mann.
 

Mizar

Alfaheimr
E' uno dei pochi film che ogni tanto torno a guardare per la bellezza e la drammaticità di alcune scene..... daccordo con Mizar quando dice che il messaggio di Mann è stato travisato; a mio parere Visconti da grande del cinema qual era non si poteva limitare ad una semplice trasposizione del grande Mann.

E' vero. Nessun regista (che voglia esser artista) può permetterselo. Quasi sempre il Nostro ha centrato il bersaglio di una ricostruzione, ricolorazione, resurrezione in altra forma di eventi, vite ed opere*
Ma v'è una differenza non di poco tra reinterpretazione (o rilettura o riscrittura o "citazione") e travisamento. Questa volta non c'ha azZeccato proprio, secondo me: ha letteralmente sbagliato il tiro. Credo ciò sia dovuto alla grande affinità - affinità quasi biologica, al limite del feticismo ontologico - di Luchino con Mann: come a dire che l'amore eccessivo porta a non scorger più confini, a confondere i contorni.
Salvo solo il finale: ottime la regia e la recitazione, in un tutt'uno finalmente non travisante (a parte la musica).

*In questo senso una buona idea del lavoro - idea non sfruttata efficacemente - è quella di "trasformare" il protagonista da scrittore in musicista. Di qui la quasi evidente citazione a Mahler ed ai suoi languori. Ironico notare come Luchino Der Grosse ricorra precisamente al peggior Gustav: quello onanista e vanitoso della peggior Quinta. Quando si dice: i segni...
 

elisa

Motherator
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per chi ama Visconti trovo che questo lavoro parli molto di lui, in Tadzio c'è tanto: l'anelito alla bellezza assoluta, alla sensualità e desiderio represso, alla giovinezza, alla famiglia perduta, all'impossibilità di rendere armonioso l'ideale con il reale, la decadenza del corpo, le ambiguità della sessualità. La bellezza di Tadzio è a dir poco miracolosa.
 

Gian

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è assolutamernte un bel film, anche se un pò pesante, il protagonista come avete detto è bravissimo, la fotografia del grande maestro Pasqualino De Santis è suggestiva, ci sono molte belle immagini, è un film molto riflessivo, oltre che per lo spettatore, per il regista stesso....

Comunque io sono del parere che i film debbano solo trarre spunto dal libro, per poi distaccarsene il più possibile, sennò dove sta il lavoro dell'autore???
Questo per sommi capi, è logico che ci sono molte eccezioni valide...
 

elisa

Motherator
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hai fatto bene a citare De Santis per questo film, ma io aggiungerei anche il costumista Piero Tosi, che fu allievo di Ottone Rosai, lo scenografo Ferdinando Scarfiotti, pluripremiato poi per L'ultimo imperatore ed il montaggio di Ruggiero Mastroianni, fratello di Marcello. Con questo livello tecnico ed artistico il film non poteva che avere grande impatto visivo.
 
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