Bruno, Giordano - Eroici furori

AL PROPRIO SPIRITO

Mons, licet innixum tellus radicibus altis
te capiat, tendi vertice in astra vales;
mens, cognata vocat summo de culmine rerum,
discrimen quo sis manibus atque Iovi.
Ne perdas hic iura tui, fundoque recumbens
impetitus tingas nigris Archerontis aquas:
at mage sublimeis tentes natura recessus,
nam, tangente Deo, fervidus ignis eris.


Monte, per quanto la terra ti imprigioni
tenendoti fisso sulle tue profonde radici,
ugualmente sai protendere la tua tua vetta fino agli astri.
Mente, dal culmine delle cose un’altra mente a te affine ti chiama
ad essere discrimine tra Giove e i Mani.
Non abbassarti fino a perdere la tua dignità,
non macchiarti con le acque del nero Acheronte che ti imprigiona,
ma la tua natura ti spinga a cercare luoghi più alti:
al tocco di Dio, infatti, diventerai fuoco ardente.



AL TEMPO

Lente senex, idemque celer, claudensque relaxans,
Anne bonum quis te dixerit, anne malum?
Largus es, esque tenax: quae munera porrigis, aufers;
Quique parens aderas, ipse peremptor ades;
Visceribusque educta tuis in viscera condis,
Tu cui prompta sinu carpere fauce licet.
Omnia cumque facis cumque omnia destruis, hinc te
Nonne bonum possem dicere, nonne malum?
Porro ubi tu diro rabidus frustraberis ictu,
Falce minax illo tendere parce manus,
Nulla ubi pressa Chaos atri vestigia parent
Ne videare bonus, ne videare malus.


Sei largo insieme e tenace ; i doni,che porgi, ritogli;quel che fai nascere uccidi, e quel che dal tuo ventre generi nel tuo ventre divori,tu cui è lecito consumar colle fauci il frutto del tuo seno.Tutto crei e tutto distruggi: non potrei dunque chiamarti un bene e chiamarti un male?Ma quando mi sorprenderai col rapido colpo mortale, colla minacciosa falce,lasciami tender le mani là dove non appar vestigio del nero Caos: così non apparirai buono,non apparirai malvagio.
O vecchio,lento e celere che chiudi e riapri.dovremo dirti un bene o un male?



DE L'AMORE

Amor, per cui tant'alto il ver discerno,
Ch'apre le porte di diamante e nere
Per gli occhi entra il mio nume; e per vedere
Nasce, vive, si nutre, ha regno eterno.
Fa scorger quant'ha il ciel terr'ed inferno,
Fa presente d'absenti effigie vere,
Repiglia forze, e, trando dritto, fere,
E impiaga sempre il cor, scuopre ogn'interno.
O dunque, volgo vile, al vero attendi,
Porgi l'orecchio al mio dir non fallace,
Apri, apri, se puoi, gli occhi, insano e bieco.
Fanciullo il credi, perché poco intendi;
Perché ratto ti cangi, ei par fugace;
Per esser orbo tu, lo chiami cieco.
Causa, principio ed uno sempiterno,
Onde l'esser, la vita, il moto pende,
E a lungo, a largo e profondo si stende
Quanto si dic'in ciel, terr'ed inferno;
Con senso, con raggion, con mente scerno
Ch'atto, misura e conto non comprende
Quel vigor, mole e numero, che tende
Oltr'ogn'inferior, mezzo e superno.
Cieco error, tempo avaro, ria fortuna,
Sord'invidia, vil rabbia, iniquo zelo,
Crudo cor, empio ingegno, strano ardire
Non bastaranno a farmi l'aria bruna,
Non mi porrann'avanti gli occhi il velo,
Non faran mai che il mio bel sol non mire

 
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