Non mi trovo granché con l’intervento proposto in merito alla Madonna dei pellegrini da D prima e ripreso da Luisa poi, che mi appaiono entrambi, -come dire?-, un po’ troppo polarizzati da una sensibilità di chiave moderna.
La ragione della differenza di lettura, credo stia nel vedere o meno la stanchezza di quello sguardo, lo sguardo di Maria appunto, commentato nei post che ho citato. Stanchezza che io, con tutta la buona volontà invece, non riesco davvero a vedere, non nei termini indicati almeno. Ad ulteriore riprova di come la grande arte sia capace di toccare ed intercettare la più svariata gamma di sguardi.
E quindi, orba di tale appoggio oculare, dove poggi la matrice di lettura proposta non saprei.
Non nella dottrina certamente, dove al momento dell’Annunciazione il si di Maria è assolutamente libero e non subìto, la Madonna è celebrata esattamente per questo: il prototipo della libertà umana senza la quale Dio non può nulla. Il vertice dell’ortodossia quindi.
Non nell’opera, a parer mio almeno, che tristezza o metafisica sopportazione e fatica in quello sguardo, e me la son andata a riguardare attentamente, non vedo. Vedo invece uno dei miglior Merisi (mi è sempre piaciuto moltissimo questo quadro) in quella che è una delle sue precipue caratteristiche pittoriche: l’assoluta mancanza di qualsivoglia elemento ideale o idealizzante. Vedo una concretissima ed umanissima donna, che porta il “peso” di un altrettanto umano bimbo in braccio, come qualsiasi madre per così dire “completamente umana” ed altresì concretissimi pellegrini: quasi si vede in quei piedi (spettacolo!) la strada che hanno percorso.
Vi ho sempre visto anche io elementi di metamorfosi invece, ma diametralmente opposti a quelli di D ed asiul. Nelle aureole appunto, che sono lì non per accennato accidente, ma esattamente ad indicare che loro, proprio loro, umanissime e concretissime persone non sono più esattamente solo persone, o meglio sono delle persone in qualche modo “cambiate” pur nel loro concretissimo permanere, dalla presenza immanente del divino nelle loro vite. Immagine e possibilità al contempo di una possibilità, appunto, per ogni singolo e concretissimo uomo.
Anche questo, il tema dell’incarnazione, il cristianesimo come una questione di carne, “Verbum caro factum est”, molto ma molto in linea con il cuore della dottrina cattolica. L’opera dunque a mio parere, finanche nella costruzione, il bambino benedicente, i pellegrini adoranti, trasuda ortodossia da ogni pennellata. Quasi un manifesto teologico. Incluso il succoso aneddoto che vuole che il volto della Madonna sia quello di tal Maddalena Antognetti, detta Lena, al tempo notissima prostituta con la quale il Merisi ebbe una relazione, citazione della evangelicissima Maria Maddalena, non solo per il casuale accidente di omonimia, ma per il ruolo e la ratio che il personaggio della Maddalena ricopre nei vangeli.
Del resto Caravaggio, sebbene di parte pauperista, linea al tempo sostenuta sostanzialmente dai francescani, era assolutamente allineato al pensiero, al potere ed alla cultura dominanti nei suoi anni, come la quasi totalità dei grandi artisti del tempo, vuoi per convinzioni personali, vuoi per prosaiche ragioni di committenza.
A maggior riprova, anche questo, che la grande arte è assolutamente invariante all’esser allineati o ribelli, morali o immorali, o quant’altro. La grande arte, semplicemente “è”.
PS uff...mi è rivenuto fuori uno dei miei post lunghissimi... scusate... :boh: