Ferrante, Elena - Storia del nuovo cognome

Jessamine

Well-known member
TRAMA
«Capii che ero arrivata fin là piena di superbia e mi resi conto che – in buona fede certo, con affetto – avevo fatto tutto quel viaggio soprattutto per mostrarle ciò che lei aveva perso e ciò che io avevo vinto. Lei naturalmente se ne era accorta fin dal momento in cui le ero comparsa davanti e ora stava reagendo spiegandomi di fatto che non avevo vinto niente, che al mondo non c'era alcunché da vincere, che la sua vita era piena di avventure diverse e scriteriate proprio quanto la mia, e che il tempo semplicemente scivolava via senza alcun senso, ed era bello solo vedersi ogni tanto per sentire il suono folle del cervello dell'una echeggiare dentro il suono folle del cervello dell'altra». Ecco*Storia del nuovo cognome, secondo romanzo del ciclo dell'Amica geniale


COMMENTO:
Avete presente quando prendete l'influenza, per un paio di giorni state davvero male, poi però migliorate abbastanza da poter leggere, ma non così tanto da sentirvi in colpa se passate altri due giorni senza muovervi dal divano? Ecco, ho letto questo romanzo in due giorni così, non sentendomi abbastanza bene per fare altro (né per leggere qualcosa di più complesso, come il povero Amos Oz, che è rimasto dimenticato sul comodino). "Storia del nuovo cognome" è un romanzo che si presta ad una lettura immersiva, non è troppo complesso, non richiede pause per riflettere su concetti complicati o implicazioni di sorta e si fa leggere per mera curiosità nei confronti della trama. Non credo avrei potuto leggerlo in un momento migliore, eppure il piacere che ho ricavato da questa lettura è stato veramente pochino.
Ritroviamo Lenù e Lila ormai diciassettenni, ritroviamo l'atmosfera soffocante e malsana, piena di violenza, del non meglio identificato rione popolare napoletano, ritroviamo le piccole meschinità che avevamo imparato a conoscere ne "L'amica geniale", meschinità che con la crescita dei protagonisti si allargano e si ampliano a loro volta.*
Torna anche un sistema sociale e di rapporti umani raccapricciante: lo so, c'è veridicità in tutto questo, la Ferrante non parla di niente di nuovo, ma qui la violenza e la chiusura mentale raggiungono dei livelli che mi hanno turbata quasi fisicamente. Non c'è empatia, non c'è amore, non c'èun briciolo di luce in questo secondo volume: ogni rapporto umano sembra naufragare nell'odio, nella meschinità, nell'invidia, nella violenza. Le mogli vengono riempite di botte, gli amici traditi, i genitori disprezzati, i figli accusati d'essere la causa di ogni problema dei genitori, gli innamorati diventano solo il caldo conforto di poche ore. C'è un pessimismo, una cupezza di fondo, una totale sfiducia nei confronti dei rapporti umani che mi ha tolto il fiato: ignoranza e odio sono pericolosissimi, è vero, ma possibile che non resti nemmeno la più piccola scintilla di luce? Possibile che anche la mente più brillante debba oscurarsi dietro una cattiveria infinita, inconscia, totalmente annegata nell'invidia e nella negatività? Possibile che anche lo studio non porti mai a nessun passo avanti, possibile che sia solo un mezzo per sfuggire ad una situazione estranea, senza però portare ad alcun miglioramento di sentimenti? Non so, questa visione mi ha angosciata moltissimo.
La storia del nuovo cognome di Lila è una storia di odio e violenza, una storia che era nata come storia d'invidie fra ragazzini, e che ora diventa storia d'odio fra adulti cresciuti troppo in fretta. Quello che è certo è che non si tratta, in alcun modo, di una storia d'amicizia. Lila e Lenù non sono amiche, Lila e Lenù condividono un'ossessione colma di rivalità e competizione e invidia, Lila e Lenù sono specchi e conforti, sono l'immagine in cui le due donne possono specchiarsi, riconoscersi e costruirsi. C'è forse anche dell'affetto, ma è talmente nascosto sotto le ceneri di un'invidia e costante senso di inadeguatezza, che è quasi impossibile scorgerlo. Tutto ciò che Elena fa, lo fa pensando a Lila, ma in modo contorto, malsano: Lila lo ha già fatto, Lila non lo può più fare, Lila lo farebbe meglio, Lila l'ha fatto con motivazioni diverse. Dal canto suo, Lila è un personaggio che sta sfuggendo di mano all'autrice, sempre più sopra le righe, sempre meno verosimile: la sua intelligenza, la sua energia vitale sta raggiungendo i picchi più alti, e già c'è qualcosa di grottesco. Eppure, tutto il suo cervello, tutta la sua forza non bastano mai, non sono mai sufficienti per permetterle di lasciarsi il rione alle spalle, e allora ogni suo gesto diventa un disperato tentativo di sopravvivenza. Ma c'è qualcosa di terribile nella sua sopravvivenza: Lila sembra sapere di non poter sfuggire al baratro, e così la sua strategia è quella di cercare di non permettere a nessuno di stare meglio di lei, di afferrare a tradimento i piedi di chi sembra essere qualche passo più avanti, per trascinarlo indietro. Che posto può esserci per l'amicizia fra due persone così impegnate a prendersi le misure per non apparire mai inferiori l'una all'altra?*

A tutto ciò si sovrappongono vicenducole sentimentali spicciole, dai toni che mi hanno pericolosamente ricordato quelli di una telenovelas qualsiasi: Lila è talmente intelligente e piena di un'energia indicibile che ogni essere umano di sesso maschile non può che gettare le armi davanti a lei e crollare inerme, innamorato alla follia; Elena è la ragazza semplice che si crede bruttina e inadeguata e non troppo intelligente, ma che riesce comunque in imprese enormi e riesce ad attirare l'attenzione degli uomini più importanti della situazione. Era davvero necessario calcare così tanto la mano?*
Chissà, forse con la prossima influenza avrò bisogno di nuovo di immergermi in una storia leggera legge ra, e deciderò di immergermi di nuovo nel grottesco di Elena Ferrante, ma per il momento credo davvero di averne avuto abbastanza di Lila e Lenù.
 

isola74

Lonely member
L'impressione avuta dal primo volume non è scomparsa...
Il libro è scritto in maniera fluida, si fa leggere velocemente (oltre 400 pagine in quasi una settimana), però c'è sempre qualcosa che disturba...
L'amica geniale non è geniale per niente, mi sembra una persona che fa tutto bene (e ci riesce) solo per vincere una gara, senza davvero crederci, senza metterci passione. Mi è proprio antipatica:BLABLA
.......e il libro mi sembra scritto benissimo come se fosse un esercizio, un tema, senza troppa anima....:boh:
Veedremo se dovrò ricredermi!
 

Kira990

New member
La storia del nuovo cognome di Lila è una storia di odio e violenza, una storia che era nata come storia d'invidie fra ragazzini, e che ora diventa storia d'odio fra adulti cresciuti troppo in fretta. Quello che è certo è che non si tratta, in alcun modo, di una storia d'amicizia. Lila e Lenù non sono amiche, Lila e Lenù condividono un'ossessione colma di rivalità e competizione e invidia, Lila e Lenù sono specchi e conforti, sono l'immagine in cui le due donne possono specchiarsi, riconoscersi e costruirsi. C'è forse anche dell'affetto, ma è talmente nascosto sotto le ceneri di un'invidia e costante senso di inadeguatezza, che è quasi impossibile scorgerlo.

Direi che hai centrato perfettamente il punto. Lenù e Lila non sono amiche e mai lo saranno.
Giriamo intorno a questa amicizia da due libri e ci si girerà intorno anche nei prossimi libri, ma quello che questi libri lasciano è molto amaro in bocca, nessun sentimento positivo e un pensiero di fondo: e quindi? Dove vogliamo arrivare alla fine di questa storia? Io non l'ho capito
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Non mi soffermo sulla negatività dei personaggi e dell'ambiente descritto in questa saga, l'avete già fatto fin troppo bene, però penso che paradossalmente la bellezza di questi libri - a parte la scrittura tagliente e incisiva, che riesce a raccontare con facilità gli stati d'animo più disparati - stia proprio in questo. Lenù/l'autrice parla in prima persona, e descrive con naturalezza anche i suoi sentimenti più scomodi allo stesso modo in cui racconta le cattive azioni altrui (soprattutto di Lila), senza concedere sconti a se stessa. La maggior parte dei personaggi, e soprattutto le protagoniste, sono non solo negativi, ma addirittura squallidi, eppure così veri da essere spesso disturbanti poiché mettono il lettore, con parole ben scelte, di fronte ai propri sentimenti più nascosti, quelli che mai si ammetterebbero neppure con se stessi.
Lina e Lenù sono amiche? Non lo so, ho letto tutta la quadrilogia ma non sono riuscita a dare una risposta a questa domanda. Uno smisurato affetto viscerale basta a creare un'amicizia, seppur contrastato da sentimenti così malsani?
L'autrice sposta continuamente, e forse con abilità (voluta?), l'antipatia del lettore ora verso Lila, ora verso Lenù, lasciandolo sperduto e confuso.
Devo dire che, parlando di questo libro in particolare, dapprincipio mi ha annoiato, ma poi sono arrivate le pagine di Ischia, e lì lo sperdimento e il dolore di Lenù sono stati raccontati così bene che per me sono sufficienti per rendere il romanzo notevole.
 

Eve

Member
Contro le mie aspettative ho trovato questo libro (e in parte già anche il primo della saga) davvero poco coinvolgente. La trama, se fosse stata dipanata in uno spazio più ristretto, a tratti potrebbe essere stata anche carina, però non è abbastanza consistente da reggere le quasi 500 pagine del volume: si ripete, si perde e, a mio avviso, finisce per annoiare il lettore. Peccato perché avrebbe anche un bel linguaggio, ma alla fine l'impressione che mi è rimasta è stata quella di aver letto un bell'esercizio di scrittura piuttosto che un romanzo appassionante.
 
Alto