La prima parte, "Epilogo", si riferisce agli avvenimenti del 1938 anche se la pubblicazione porta la data del '57.
Qualche parola sul contesto.
Nel '38 in Russia ci fu un'ondata di feroce repressione sotto il comando del famigerato Nikolaj Ežov, Commissario del Popolo (cioè ministro, come diremmo noi) agli Interni, durante la dittatura di Stalin.
Furono più di 700.00 i cittadini fucilati nel 1938, e lo stesso figlio dell'Achmatova fu rinchiuso in carcere nell'ambito di quello che fu chiamato <<il Grande Terrore>>, un vero e proprio progetto di epurazione dell’intera società sovietica che avrebbe avuto termine solo dopo un anno di arresti, condanne e fucilazioni indiscriminate.
Il periodo di feroci repressioni però non si limitò all'anno del Grande Terrore, ma caratterizzò gli anni tra il 1929 e il 1956: in quel periodo il sistema carcerario sovietico “ospitò” circa diciotto milioni di detenuti, la collettivizzazione forzata delle campagne degli anni 1929-1932 causò la deportazione di sei milioni e mezzo di persone, e la carestia ucraina causò 3 milioni e mezzo di morti.
(Fonte
: https://www.unive.it/pag/fileadmin/...EP/numeri/n22/07_22__maggio2013-Dundovich.pdf)
In questo contesto, nel 1938, la poetessa si ritrova fuori dal carcere, donna fra le altre donne, a vivere l'angosciosa attesa di notizie del proprio figlio.
Ma dalle altre sofferenti lei riceve quasi una specie di investitura per far conoscere al mondo le atrocità che vengono commesse sul popolo, perché lei ha una voce che si farà sentire nei secoli a venire, la voce della poesia, che qui diventa un'arma potente, sublime e capace di dare anche una parvenza di consolazione.
Così Anna Achmatova ci tramanda il clima di quell'epoca, il parlare sussurrando, il torpore desolato e senza speranza, e infine quel sorriso che scivola non sul volto dell'altra donna, ma
su quello che una volta era stato il suo volto. Agghiacciante.
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In "epilogo" Anna ci dà una descrizione potente della manifestazione del dolore, e a noi che leggiamo sembra quasi di vedere quei volti stravolti da una sofferenza che cancella ogni traccia di umanità o bellezza, quei volti che alla fine diventano solo specchio di un'angoscia senza fine.
Credo che sia impossibile non pensare a sofferenze più attuali, ad angosce ancora non terminate, e all'inesauribile orrore della violenza e della guerra.
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