Moravia, Alberto - Gli indifferenti

elisa

Motherator
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Primo romanzo di Alberto Moravia, scritto tra il 1925 e il 1928, "Gli indifferenti" è un dramma borghese che mette in scena due giorni della vita di una famiglia composta da una vedova, con i due figli ventenni più l'amante della madre. Quel che i figli vedono, vale a dire che l'uomo è un avventuriero che sfrutta la madre per il suo bieco interesse, la donna non vuol sapere, accecata dalla passione amorosa e dalla gelosia.
I cinque, riuniti all'ora di cena, ripetono una recita sempre uguale di ipocrisia e monotonia, di noia
Solo il figlio maschio vorrebbe reagire ma è sopraffatto dalla sua indifferenza.

Secondo me un capolavoro!
 
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zolla

New member
elisa cara mi hai tolto le parole di bocca...un romanzo fantastico!
 
Entrò Carla...invece Carla a me ha aperto un mondo di cui conoscevo solo l'abbozzo, splendido Moravia, la cosa che più mi ha stupito al di fuori del romanzo stesso che è unico è stata la precocità di Moravia stesso, ha cominciato a pensare a: "Gli indifferenti" a nove anni.
 
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elena

aunt member
incredibile pensare che questo vero e proprio capolavoro sia stata la prima opera di Moravia! Stupendo!!!!!
 

Kriss

blonde member
Primo romanzo di Alberto Moravia, scritto tra il 1925 e il 1928, "Gli indifferenti" è un dramma borghese che mette in scena due giorni della vita di una famiglia composta da una vedova, con i due figli ventenni più l'amante della madre. Quel che i figli vedono, vale a dire che l'uomo è un avventuriero che sfrutta la madre per il suo bieco interesse, la donna non vuol sapere, accecata dalla passione amorosa e dalla gelosia.
I cinque, riuniti all'ora di cena, ripetono una recita sempre uguale di ipocrisia e monotonia, di noia
Solo il figlio maschio vorrebbe reagire ma è sopraffatto dalla sua indifferenza.

Secondo me un capolavoro!

Concordo pienamente. Letto in 4 giorni. Un libro che fa riflettere.

Consigliatissimo.
 

magialibri

New member
Gli indifferenti

Un libro letto quando avevo vent'anni.
E da allora ho amato Moravia.
Cosa dire? Soltanto che è un capolavoro, uno dei cinque libri da consigliare a tutti i lettori.

LETTORE ENZO
 
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maurizio mos

New member
Primo romanzo di Alberto Moravia, scritto tra il 1925 e il 1928, "Gli indifferenti" è un dramma borghese che mette in scena due giorni della vita di una famiglia composta da una vedova, con i due figli ventenni più l'amante della madre. Quel che i figli vedono, vale a dire che l'uomo è un avventuriero che sfrutta la madre per il suo bieco interesse, la donna non vuol sapere, accecata dalla passione amorosa e dalla gelosia.
I cinque, riuniti all'ora di cena, ripetono una recita sempre uguale di ipocrisia e monotonia, di noia
Solo il figlio maschio vorrebbe reagire ma è sopraffatto dalla sua indifferenza.

Secondo me un capolavoro!


Credo di poter azzardare l'ipotesi che si possa andare più in là: non è solo un dramma borghese riferito all'economia e ai personaggi della storia, ma è il nostro dramma, il primo accenno italiano del romanzo esistenzialista. L'indifferenza del sistema sociale oltre che delle persone, l'indifferenza della consuetudine di vita, l'indifferenza di chi si è scavato il suo angolino nella vita e ha paura di lasciarlo, meglio, non vuol lasciarlo perché non solo ciò implica scelte, esporsi, pensare, ma perché pian piano si è disabituato a pensare.
 

Holly Golightly

New member
Mi sono pentita amaramente di averlo lasciato per anni in libreria e di non averlo letto prima.
Con una narrazione asciutta, quasi sterile, Moravia crea un vero teatro, su uno scenario piatto e anonimo ("indifferente", verrebbe da dire), si muovono cinque personaggi, tutti e cinque caratterizzati magistralmente. Michele, poi, credo sia forse quello più complesso, ma insieme il più "bello", quasi un inetto sveviano, del tutto indifferente alla sua inettitudine (o, magari, inetto perché del tutto indifferente).
Si tratta di un libro complesso, in cui tanti degli elementi a cui si è abituati vengono meno: non vi è nessun paesaggio, le ambientazioni sono appena accennate, il contesto storico è totalmente ignorato. Resta soltanto la borghesia con tutto il suo insieme di dubbi, contraddizioni, meschinità. La critica alla società borghese, poi, è un argomento così inflazionato da essere diventato banale, ma quella di Moravia è forse la più bella che io abbia letto.
È curioso il contrasto generazionale: i tre personaggi adulti sono i più perduti. Uno è un calcolatore meschino, un uomo donnaiolo eppure un uomo d'affari senza scrupoli. Le due donne, invece, sono quasi due caricature: una prova ancora a farsi amare come una ragazzina, quando le sue "voglie" contrastano con un corpo ormai grasso e brutto, mentre la madre è esasperante nella sua gelosia, totalmente cieca alla verità che le sta davanti.
E poi ci sono i due protagonisti, che non trovano fra loro alcuna sintonia, non c'è avvicinamento nella loro totale indifferenza. Carla prova a far parte, annoiata e senza sentir niente, di quel mondo di meschinità, di piccolezze e di bassezze a cui i tre "adulti" già appartengono. Michele, che è invece, il personaggio forse più memorabile del libro, è l'unico a vedere la nuda verità, e rimane si sforza disperatamente di fare qualcosa, di lasciarsi coinvolgere, ma niente, gli è tutto completamente indifferente.
Le battute finali del libro sono bellissime. La parte più bella, forse, è quando Michele cerca un barlume di umanità e lo trova solo in una grottesca prostituta che piange, ed è forse una delle critiche più belle mai mosse a una società falsa, a un teatrino (e veramente, il libro è un teatro a tutti gli effetti).

Per me, uno dei libri più belli del '900 italiano.
 

Jessamine

Well-known member
Attenzione, possibili spoiler

Leggo Moravia per la prima volta, e lo faccio partendo proprio dal suo primo romanzo. Non è stata una scelta deliberata, ammetto di essermi affidata un po' al caso, di essermi buttata, ma sono contenta che le cose siano andate così. Leggo il primo Moravia (primo in tutti i sensi) a ventidue anni, e ventidue anni aveva lui quando scrisse questo romanzo: certo la cosa non mi lascia indifferente (è un gioco di parole non voluto, lo giuro), perché i miei ventidue anni mi sembrano così piccoli, così insignificanti al confronto... ma torniamo a noi.
Torniamo a questo dramma borghese, dove dramma mi sembra proprio il termine più adatto: leggendo questo romanzo ho avuto le stesse sensazioni che ho quando assisto ad un dramma a teatro, puntando tutta la mia attenzione su una scena con pochi ambienti fissi, sempre quelli, a malapena caratterizzati (la villa, una strada bagnata dalla pioggia costante, la casa di Lisa, la casa di Leo) e una manciata di attori pronti a tirare avanti tutto lo spettacolo da soli, senza bisogno di comparse, senza spalle. Infatti gli unici personaggi presentati da Moravia sono proprio loro, Carla e Michele, la madre (appellata quasi sempre così, raramente detta Mariagrazia, quasi fosse solo un personaggio, un ruolo), Leo e Lisa. Qualcun altro è nominato di sfuggita, ma non compare mai attivamente, mai in prima persona, non ci sono altre voci al di fuori di queste cinque. La madre, i figli, l'amante, l'amica. Ruoli che si intrecciano e si confondono. La madre che è quasi sempre appellata attraverso il suo ruolo genitoriale, ma che di materno non ha nulla, una donna fatta di capricci, gelosie e atteggiamenti infantili. L'amante, Leo , che è amante della madre ed era stato amante dell'amica e si appresta ad adoperarsi a diventare amante della figlia, senza aver provato amore per nessuna di queste figure. La figlia, Carla, disperata e non rassegnata a vivere la sua vita sempre uguale, sempre monotona, che s'è lasciata trascinare dall'esistenza per ventiquattro anni senza opporsi a nulla, abbandonata, che cerca di trovare una "nuova vita" concedendosi all'amante di sua madre, senza interesse, senza passione. E l'amica, Lisa, abbandonata dal marito, abbandonata dall'amante, che suscita le inutili gelosie della sua amica Mariagrazia e cerca di trovare affetto e calore fra le braccia di Michele, troppo giovane e indifferente per curarsi davvero di lei. E infine, c'è lui, Michele. Il personaggio forse più controverso, il più lucido e al tempo stesso il più incapace di spezzare tutta la finzione in cui la sua famiglia è avvolta. Michele è un personaggio in cui è facile specchiarsi, un uomo debole e indifferente, che affronta la sua vita covando rancori e sofferenze, senza avere però la forza di incanalarli contro gli oggetti che ha davanti. Michele sente ogni passione, razionalmente conosce perfettamente ogni emozione, ogni reazione che da lui ci si aspetterebbe, e si sforza con struggente impegno di aderirvi, di incarnarli, come un perfetto attore. Eppure non sente nulla, nulla lo riesce a colpire davvero, la vita la pensa e non è capace di viverla restando, irrimediabilmente, indifferente.
Un romanzo crudo, freddo per certi versi, narrato con una prosa estremamente precisa ma asciutta, che nonostante tutto però permette di sentire sulla propria pelle i piccoli, immensi dolori di questi personaggi che nonostante la complessità delle loro relazioni restano sostanzialmente soli, incapaci di comunicare davvero anche solo il più piccolo sentimento, irrimediabilmente chiusi nei propri drammi, nelle proprie preoccupazioni, nelle proprie individualità. E questo muro, questa totale assenza di una qualsiasi forma di empatia in un primo momento sembra rimbalzare sul lettore, che si sente messo all'angolo, solamente spettatore. Eppure, in qualche modo, questo essere solo spettatori di emozioni paralizzate finisce col trascinare e travolgere inevitabilmente, perché forse un po' di questa indifferenza la conosciamo anche noi, la riconosciamo anche come nostra. E non sono sicura sia un processo piacevole riconoscere così bene i drammi di Carla e Michele e la madre.
Un grande romanzo che mi ha convinta dai primi capitoli a voler leggere altro di Moravia.
 

amneris

New member
Personalmente uno di quei libri che quando lo leggi ti chiedi perchè non l'hai fatto prima. Letto da grande, prima opera per me di Moravia... ora ho voglia di leggere tutto. Bellissimo. Sulla maestria nel descrivere personaggi e loro flussi di coscienza, sulla loro indifferenza e vuoto di esistenza che diventano palpabili grazie alle parole...avete detto già voi.
 
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