Grass, Gunter - Il tamburo di latta

fernycip

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Da IBS: Romanzo epocale, "Il tamburo di latta" compie cinquant'anni e conserva tutta la sua carica provocatoria. In modo umoristico e grottesco, narra la vicenda del protagonista Oskar Matzerath, il tamburino inseparabile dal suo tamburo e con una voce potentissima che manda in frantumi i vetri. Dal manicomio dove è rinchiuso Oskar rievoca la propria storia, indissolubilmente intrecciata alla storia tedesca della prima metà del Novecento. Scorrono così nel fiume del suo racconto immagini memorabili, a partire da fatti leggendari come il concepimento e la nascita della madre sotto le quattro gonne della nonna, passando per la sua venuta al mondo ricca di presagi, fino all'ascesa irresistibile del nazismo e al crollo della Germania. È stato nel giorno del suo terzo compleanno che Oskar, in odio alla famiglia, al padre, alla società ipocrita, ha deciso di non crescere più. Da quell'osservatorio particolare che è la città polacco-tedesca di Danzica e poi da Düsseldorf, grazie alla sua prospettiva anomala di nano, può guardare al mondo degli uomini dal basso e scorgerne così meglio le miserie e gli orrori, mentre la sua deformità si staglia contro la ripugnanza della normalità piccolo-borghese. Con occhi disincantati e spalancati sulla ferocia e violenza del mondo grida una rabbia che non risparmia la viltà e la corruzione di nessuno, neppure le proprie. Di questa pietra miliare della letteratura contemporanea viene ora proposta una nuova traduzione.

Libro abbastanza difficile da digerire sia per la lunghezza che per la complessità del linguaggio e del simbolismo utilizzato. Non adatto come lettura da ombrellone. Comunque molto significativo per l'aspra critica del nazismo e dell'ipocrisia umana in generale.
 

Frundsberg

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E' un libro che ho letto tempo fa, ma per me rimane la metafora della Notte più interessante e convincente mai scritta.
Grass è stato poi più franco solo quando ha dichiarato di essere stato nazista.
Disprezzo lui, ma consiglio vivamente il libro.
 

fernycip

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Certamente l'adesione di Grass al nazismo è da stigmatizzare, ma l'attenuante era la sua giovane età (credo 16 anni), che non gli poteva certo permettere di valutare correttamente il peso di quella decisione.
E poi ne "Il tamburo di latta" c'è un evidente ed aspra critica negativa dell'ideologia nazista, il che, a parer mio, denota una sorta di pentimento dell'autore, che, almeno in parte, lo riabilita.
 

bouvard

Well-known member
Il tamburo di latta è un romanzo ricco di simbologie, infatti Oskar, il protagonista, non è solo un bambino che all'età di tre anni decide di non crescere più, ma rappresenta soprattutto la Germania. Quella Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale e che proprio con il suo spirito di rivincita alimentò il nascente nazismo. Non a caso la crescita di Oskar riprenderà solo durante il funerale del padre, un nazista, ma sarà una crescita dolorosa che darà luogo ad una persona deforme (testa enorme, braccia sottili, e una gobba). La gobba di Oskar rappresenta il Peso della Storia con cui la Germania dovrà d'ora in poi fare sempre i conti per impedire che la cuoca nera della filastrocca, di cui Oskar ormai trentenne ha terrore nelle ultime pagine, possa riuscire a rapire i bambini, cioè solo facendosi carico delle sue responsabilità la Germania potrà impedire che un'altra tragedia simile possa ripetersi.
Il tamburo di latta è un libro che bisognerebbe leggere per imparare dai propri errori, non a caso un Grass diciassettenne si arruolò volontario nelle SS, mentre un Grass poco più che trentenne scrisse questo libro di condanna del nazismo.
A me e piaciuto soprattutto il capitolo Fede Speranza e Carità per il modo originale in cui è stato scritto, la stessa scena si ripete per tutto il capitolo, ogni volta è riscritta con qualche particolare in più e da un punto di vista diverso, come vedere una scena di un film, sempre la stessa ma con inquadrature diverse.
 

Grantenca

Well-known member
E' un libro che ho letto tempo fa, ma per me rimane la metafora della Notte più interessante e convincente mai scritta.
Grass è stato poi più franco solo quando ha dichiarato di essere stato nazista.
Disprezzo lui, ma consiglio vivamente il libro.

Anch'io l'ho letto molto tempo fa, e ritengo che sia una grande libro, pieno di metafore sulla vita ma anche lo specchio di una società nella quale lo scrittore è cresciuto e che descrive con gli occhi di un bambino ma le riflessioni di un adulto. Probabilmente è un capolavoro. Il fatto poi che lo scrittore abbia aderito al nazismo in età giovanile è forse da comprendere, proprio tenuto conto della società del tempo. (la grandissima maggioranza dei tedeschi era nazista!!!! anche se, conoscendo quello che si conosce oggi, non sembra possibile).
 

Spilla

Well-known member
Riporto il commento scritto per il MG:
Premetto: sono sempre più sicura di aver capito davvero poco!!! E' un libro che ho patito, se si può dire così, pur avendolo trovato affascinante (specie verso la fine) non sono riuscita davvero ad entrare nelle sue atmosfere e a farmi trascinare. L'ho trovato slegato e frammentario anche se certamente geniale nella sua costruzione. Passati un po' di giorni dalla conclusione, riesco a capire che non è il parto di una fervida fantasia, ma una costruzione matematica, un intreccio di simboli e metafore (delle quali ho capito ben poco) di estremo rigore intellettuale.
Credo di aver capito che Oskar rappresenta un popolo, forse quello della Germania orientale, privo di identità, incapace di costruirsene una propria, attratto dalla antica dimensione rurale (le gonne della nonna?) ma ormai fatalmente da essa escluso, determinato a non accettare padri, anzi a sterminarli metodicamente, salvo poi sentirsi orfano e privo di identità propria; un popolo che la Storia costringe a crescere, ma che rimane mezzo-uomo, deforme e incompiuto e genera come unico figlio... mah... il capitalismo (Kurt)? All'interno di questo disegno generale ci sono infiniti "dettagli" di cui mi sfugge le portata, penso a causa della mia ignoranza sulla storia particolare di quest'epoca e di questo popolo. E' affascinante la scena dell'"Osteria della cipolla" che mi pare prefiguri le odierne terapie di gruppo, senza nemmeno troppa ironia... Quanto alla parte conclusiva, con il ritrovamento del dito anulare ecc., per me rimane avvolta nel mistero!

Non chiedetemi se consiglierei o meno questa lettura, davvero non saprei rispondere...
 

elisa

Motherator
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dal mgdl

Io non ho affrontato il romanzo di Grass seguendone le metafore pur apprezzandole e assorbendole attraverso la lettura, cosa che credo sia giusto fare trattandosi di un romanzo, le note a margine le fanno i critici e non gli scrittori. Io ho seguito Oskar, nella sua crescita-non crescita, nelle sue molteplici esperienze, nel suo scrollarsi di dosso continuamente i condizionamenti e le consuetudini di una realtà che lui rifiuta sin dalla nascita. La metafora più grande è quella con la vita di tutti noi, possiamo accettare questa vita così come ci è stata data oppure possiamo rifiutarci di affrontarla rimanendo immaturi oppure reagiamo usando le armi che abbiamo comunicando il nostro stato d'animo, per Oskar il tamburo, per lo scrittore il romanzo, per ognuno di noi quello che meglio riesce ad esprimerlo. E' questo il nucleo profondo che ho colto nella storia, non lasciare che la storia stessa ti condizioni, ma usare qualsiasi cosa, anche la fantasia o l'estraniamento pur di dimostrare il proprio dissenso.
E' un romanzo profondo, inusuale, affascinante, che a ognuno può dare sensazioni diverse ma di certo non lascia assolutamente indifferenti.
 
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Jessamine

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La prima cosa che mi viene in mente, pensando a questo romanzo, è la densità.
Una lettura densissima, dove ogni riga è pregna di significato, di rimandi, di metafore, di psicologia e di storia. e chissà quant'altro. Personalmente, non credo di aver colto nemmeno un quarto di quello che Grass ha messo in questo romanzo, forse per mancanza di preparazione, nonn lo so. Però, impossibile negarlo, sono stata affascinata e trascinata da Oskar e dalla sua storia evocata a ritmo di tamburo.
Affascinata e trascinata, sì, forse qualche volta anche sopraffatta: non è stata una lettura semplice, senza dubbio, anzi credo sia uno dei romanzi che più mi hanno fatto riflettere.
Lo stile di Grass mi piace, l'ho trovato geniale, a tratti onirico, altrove quasi cinico, e nonostante le difficoltà che oggettivamente ho riscontrato nello star dietro all'enorme intreccio di trama e metafore, la sua narrazione è sempre riuscita a convincermi ad andare avanti, anche quando magari mi sentivo più disorientata.
Ciò che più mi ha colpito è stata, credo, la capacità di Oskar di giustificare ogni accadimento con una scelta, una decisione ponderata. Che questo sia qualcosa di consapevole o meno, Oskar sembra sempre controllare - spesso in maniera quasi grottesca - il suo universo: emblematico credo sia il suo affermare di essere volutamente caduto per arrestare la sua crescita ai tre anni. E, per quanto nella sua figura questo meccanismo sia naturalmene estremizzato, mi ha ricordato che in fondo l'essere umano non è tanto diverso, sempre alla ricerca di una giustificazione, di una spiegazione che gli permetta di non perdere il controllo sul suo mondo.
Comunque, per quanto poco io possa aver capito, sono felice di aver affrontato questa lettura (non sempre facile, lo ripeto). Mi ha colpito, molto anche, e credo che non dimenticherò molto in fretta Oskar e il suo tamburo.
 

ayuthaya

Moderator
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Le parole del Tamburo di latta sono gli aghi dell’agopuntura che scivolano nel corpo e cercano il male per distruggerlo. Entrano nei personaggi, negli abusi di potere, nelle vicende che governano il mondo e tutti i corpi vengono da essi infilzati, analizzati, interrogati. E il grottesco la fa da padrone e risponde agli interrogativi, alle debolezze, ai sospetti, alle diabolicità, ai soprusi, alle disuguaglianze. Il grottesco infilza la stanchezza fisica, morale, intellettuale, spirituale dell’umanità.” (dalla recensione di Enzo Schiavi)

Mentre cercavo un esordio per questo commento, fra i sinonimi di “grottesco” ho trovato – oltre a bizzarro, stravagante, caricaturale – anche brutto, deforme, mostruoso.
Deforme. Ecco qui: non è solo Oskar ad essere deforme (brutto no, mostruoso a volte sì e non fa nulla per nasconderlo), è l’intero romanzo ad esserlo. Un romanzo deforme che – sulla scia della tradizione picaresca e in un ambiguo rapporto di imitazione/stravolgimento del romanzo di formazione tedesco* – piega, altera la forma tradizionale e, attraverso quest’aberrazione, si offre di interpretare la realtà sotto una luce diversa. É quello che fa Oskar quando, ormai è inutile ripeterlo, sceglie di diventare un outsider arrestando volutamente la propria crescita in segno di rifiuto, di difesa e allo stesso tempo di forza nei confronti della società che lo circonda; tant’è vero che egli fin dall’inizio si autodefinisce un “eroe”, riconosce la propria superiorità intellettuale e, seguendo gli insegnamenti del suo “maestro” Bibra, si pone non come spettatore, bensì come protagonista della tribuna della vita. Un paradosso, se pensiamo al contesto politico-ideologico nel quale è ambientata la vicenda, l’ascesa del nazismo: calcare il palco non nelle vesti di un superuomo, ma di una creatura reietta dalla società, che proprio in virtù della sua marginalità ha il privilegio di smascherare le ipocrisie dei benpensanti, di contemplare la bassezza della natura umana e decidere di non farne parte.

É per questo che ho un debole per i romanzi che io, esagerando, amo definire “folli”. Quelli in cui l’assurdità, l’eccesso non sono fini a se stessi, ma diventano l’unico strumento possibile per essere ancora più realisti, ancora più “chirurgici”... perchè in questi casi solo trascendendo la “normale” soglia della verosimiglianza riusciamo a catturare e a restituire gli aspetti più torbidi della realtà (penso, per citarne alcuni, a Il teatro di Sabbath di Roth, Mentre morivo di Faulkner, Perturbamento di Bernhard, Viaggio al termine della notte di Cèline, Il maestro e Margherita di Bulgakov...)
Credo che sia inutile insistere sulla complessità stilistica e simbolica di quest’opera (il nanismo prima e la deformità poi, il tamburo, la voce vetricida, il rapporto coi propri padri, il senso di colpa, ecc.). Basti sapere che ogni fase della vita Oskar, ogni sua scelta, ogni suo atteggiamento, giusto o sbagliato, condivisibile o no, si porta dietro un significato profondo, senza tuttavia tradire mai la vocazione letteraria del romanzo. Questo per dire che, per quanto denso di contenuti, Il tamburo di latta costituisce uno di quei rari casi in cui forma, anzi, de-formità e sostanza si integrano perfettamente, al punto di dare l’impressione che non vi è nulla di “troppo” e nulla di “non abbastanza” : che tutto, insomma, non poteva essere che così.

Un’ultima parola la spendo, anche in riferimento a quanto scritto da Jessamine, sul valore delle scelte di volta in volta compiute da Oskar. É vero che a ognuna di esse è offerta in qualche modo una “giustificazione” (caso emblematico: Oskar decide di smettere di crescere, e per questo cade nella botola lasciata inavvertitamente aperta dal padre/non padre Matzerath, cogliendo così anche l’occasione per dare ad altri, oltre che a se stesso, una valida ragione per odiarlo), ma è anche vero che tale giustificazione è piuttosto un pretesto offerto a questi “altri”, che ne hanno bisogno molto più di lui.

Sin dall’inizio mi era chiaro: gli adulti non ti comprenderanno , se non ti vedranno crescere più in modo visibile (e, già qui, una bella “frecciata” alla gente comune, incapace di cogliere una “grandezza” che non sia meramente fisica) ti considereranno un tardone, trascineranno te e il loro denaro da cento medici e, se non la tua guarigione, vorranno almeno una spiegazione della tua malattia. Per ridurre al minimo sopportabile la noia dei consulti dovevo dunque fornire, ancor prima che il medico si pronunciasse, una ragione plausibile dell’arresto della mia crescita.

In questa presa di coscienza della necessità dell’uomo di trovare a tutti i costi una spiegazione, si nasconde secondo me un grandissimo messaggio che ci fa tornare alle considerazioni iniziali sul grottesco e sulla deformità. Non è Oskar che ha bisogno dei propri stratagemmi, è il resto del mondo che li pretende: incapace com’è, come siamo, di accettare la realtà così come si presenta – con le sue brutture e mostruosità, coi suoi eccessi e i suoi assurdi – ma incapaci anche di accettare le forme bizzarre di una protesta, di un uscire fuori dal coro che sveli e denunci queste stesse assurdità, meglio ingannarci e farci credere che una spiegazione, per quanto fasulla, sia sempre possibile e lasciare il privilegio di contemplare la verità ai pochi “grandi” che lo meritano davvero.

Un capolavoro che vale la propria fama e l’impegno (non la fatica) che ci vuole per portarlo a termine.
5/5



* Consiglio vivamente a tutti gli interessati la lettura di questo breve saggio di Alessandro Costazza: Oskar Matzerath e le stratificazioni di senso di un personaggiowww.ledonline.it/acme/allegati/Acme-09-II-05-Costazza.pdf
Semplice, chiaro e molto interessante; spiega bene quello che io neanche ho voluto sfiorare su alcune delle simbologie interne al romanzo e sul rapporto che ha quest’ultimo con il romanzo picaresco e quello di formazione. Merita.
 
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malafi

Well-known member
Ho terminato il Tamburo di Latta al mio ritmo di 10 pagine al giorno, che in questo libro più che mai mal si addicono a favorirne una piena comprensione.
Sarà stato questa lettura spezzettata, forse, ma ho fatto davvero fatica non tanto a leggerlo, quanto a capirne i significati più reconditi.
La lettura non mi ha affaticato perché, salvo alcune parti che ho trovato tremendamente noiose (le prime 50 pagine e l’inizio del terzo libro) è un romanzo talmente arguto, surreale e, per certi versi, imprevedibile e bizzarro che a suo modo ti attira e ti tiene lì attaccato. Imprevedibile, arguto e persin geniale in alcune sue rappresentazioni.
Quel che invece non ho apprezzato (forse perché non l’ho ben compresa contestualmente alla lettura) è la metafora che sta dietro al suo personaggio, alle sue vicende ed alle sue scelte.
In parte non ho (o meglio, non ho conservato) le conoscenze storiche per decodificare al volo queste metafore, in parte non ho posto abbastanza attenzione al testo, forse anche a causa della lettura spezzettata fatta in orario notturno.
Non è che non ami i libri ‘difficili’: è che, tra questi, prediligo quelli che ti conducono durante la lettura nei meandri di ragionamenti arguti, seppur complessi, ma ivi compiutamente rappresentati, e non quelli che presuppongono conoscenze pregresse senza le quali il testo risulta incomprensibile o comprensibile solo in superficie.
Io in questo caso ho avuto bisogno di una decodifica (ottimo il testo postato da Ayu in questo senso).
Ma se ho bisogno di una decodifica, allora non è il libro che fa per me.
Poi però c’è un altro modo di leggere i libro, che è quello che ho scelto io: al diavolo i simbolismi e le metafore e godiamoci il romanzo nel suo fluire, perché come già detto la sua bizzarria ed arguzia lo rende molto attraente.
 

gamine2612

Together for ever
Ho deciso di cimentarmi nella lettura del tamburo di latta spinta dalla curiosità per l’autore e per l’assegnazione del Nobel per la letteratura.
Stile unico e particolare,ironico e grottesco allo stesso tempo nonché storico.
La storia del piccolo Oskar, un ribelle,che decide,all'età di tre anni,di non crescere più,perché egli non desidera entrare a far parte del mondo degli adulti.
Oskar non è un comune ribelle, ma un individualista,egoista,talvolta meschino,che pensa solo a sé stesso.
Il rifiuto di Oskar non consiste nel rigettare le idee naziste,ma nel disgusto che egli prova per la misera vita condotta dagli adulti, i preconcetti e l’ ipocrisia(il suo odio è rivolto soprattutto al padre,Alfred). Dunque Oskar non cresce più fisicamente,ma il suo intelletto si sviluppa ,attraverso lo studio di due dei suoi personaggi preferiti (il Goethe e il Rasputin),ciò gli permette di criticare fortemente la società ,ma senza conseguenze, perché anche all'età di venti anni viene considerato un bamboccio.
Ci sono passaggi particolarmente significativi e grotteschi che mi hanno colpito: la scena del pescatore che pesca anguille nel porto di Danzica utilizzando la testa di un cavallo;la battaglia all’ufficio postale di Danzica; l'entrata nella sua vita di Maria ed il suo primo approccio con la fisicità e molti altri.
Oskar che cerca essere poi autonomo facendo diversi lavori: posa come modello (lui nella sua deforme nanità) fa l’incisore di lapidi ed infine suona in un complesso jazz. Bellissima l’atmosfera della Cantina delle Cipolle.
Tutto il romanzo narrato da Oskar stesso che si trova rinchiuso in ospedale psichiatrico.
Infine nonostante la complessità e la varietà degli stili è sicuramente un romanzo che suggerirei a tutti, prima o poi nella vita di affrontare.
 
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Zingaro di Macondo

The black sheep member
Credo che Gunter Grass fosse un po’ matto. E credo che Oskar, il protagonista di questo libro, fosse espressione di qualcosa che ronzava dentro la testa dell’autore. Oskar è un ragazzino autistico. O forse ha semplicemente problemi di comunicazione. Questo disagio, più o meno grave, viene trasposto dall’autore in una forma decostruita, tanto di moda all’epoca dello scritto, quanto perfettamente riuscita in questo romanzo.

Che non è semplice. Il tamburo di latta non è una lettura da spiaggia, anche se ancora non ho capito a fondo cosa si intenda con questa espressione. Diciamo che è un libro difficile, che esige tutta la concentrazione del lettore. Non dimentichiamoci che è scritto da un matto che ci parla delle gesta di un matto.

In fondo in fondo Oskar con il suo tamburo, suo unico mezzo di espressione, fa solo del gran casino. E sembra anche un po’ capriccioso. Quando qualcuno o qualcosa non gli sta a genio, comincia a stamburare a casaccio. E non credo che ne esca gran melodia. Piuttosto un fracasso fastidioso. Vedo che molti critici hanno trovato qualche senso recondito nella storpiatura musicale di Oskar. A me facevano solo male le orecchie e mi dovevo bere un bicchiere di vino per tranquillizzarmi.

Inserito nel contesto tedesco dell’ascesa hitleriana, Oskar assiste alle grandi adunate, momento topico per eccellenza in cui l’individualità si scioglie all’interno della massa. Non esiste la persona, esiste solo la gente. E Oskar stambura in modo ossessivo solo per fare qualcosa di diverso. Vorrebbe stare dall’altra parte del palco, suona a caso, conscio che non può essere peggio di ciò che sente urlare dagli altoparlanti.

Gesù è l’unico che, ad un certo punto, esce dal dipinto di una Chiesa e prende il tamburo di Oskar per suonare con lui, quando ad una richiesta precedente il Cristo aveva rifiutato il mezzo e non voleva saperne di farsi carne. Oskar si arrabbia con Dio, con la religione, con la società, con le masse e cerca una via alternativa che non è poi tanto più insensata di altre.

Votato 4/5
 
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