Oz, Amos - Una storia di amore e di tenebra

pigreco

Mathematician Member
Ho cominciato da poco questo romanzo di Amos Oz, il primo che leggo di questo autore. Vi riporto una breve recensione (non mia):

Amore e tenebra sono due delle forze che agiscono in questo libro,un'autobiografia in forma di romanzo, un'opera letteraria che comprende leorigini della famiglia di Oz, la storia della sua infanzia e giovinezza aGerusalemme e poi nel kibbutz di Hulda, l'esistenza tragica dei suoi genitori,e una descrizione epica della Gerusalemme di quegli anni, di Tel Aviv che ne èil contrasto, della vita in kibbutz, negli anni trenta, quaranta e cinquanta.La narrazione si muove avanti e indietro nel tempo, ricostruendo in 120 annidi storia familiare una saga che vede protagonisti quattro generazioni disognatori, uomini d'affari falliti e poeti egocentrici, riformatori del mondo,impenitenti donnaioli e pecore nere.

Visto che le prime 80 pagine le ho trovate un po' "ostiche" ma che ovunque io legga trovo solo pareri iper positivi per questo romanzo-biografia, vorrei sapere anche un parere di coloro che frequentano il forum!
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Ero convinta che ci fosse già questo romanzo qui nella piccola biblioteca :?.
L'ho letto quando è uscito,quindi,credo,almeno 6 anni fa.Non ricordo come sia stato l'approccio con le prime pagine,ma ricordo che quando lo finii ne restai favorevolmente colpita.
Le storie di famiglia mi sono sempre piaciute,in più qui c'è anche quella della nascita dello stato d'Israele.
Una lettura coinvolgente ed emozionante che è allo stesso tempo un romanzo autobiografico e una narrazione socio-politica.
E' stato il primo libro che ho letto di quest'autore,il secondo è stato Non dire notte,ma ho intenzione di approfondire la sua conoscenza appena mi riuscirà di farlo.
Come i suoi colleghi,Yehoshua e Grossman,anche Oz,è favorevole a risolvere il conflitto arabo-israeliano e a far ritornare la Pace tra i due popoli.
 

ayuthaya

Moderator
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Io l'ho lasciato momentaneamente a neanche un centinaio di pagine dall'inizio... vabbè che l'ho iniziato in un momento in cui ero parecchio stressata e facevo un po' di fatica a stare dietro a una struttura narrativa di qst tipo... sono sicura che con lo stato d'animo giusto mi piacerà molto.
una curiosità: andando avanti il "ritmo" cambia o ha lo stesso andamento (descrittivo, minuzioso) che ha nelle prime pagine?
e dire che difficilmente trovo un libro ostico...
 

pigreco

Mathematician Member
Io l'ho lasciato momentaneamente a neanche un centinaio di pagine dall'inizio... vabbè che l'ho iniziato in un momento in cui ero parecchio stressata e facevo un po' di fatica a stare dietro a una struttura narrativa di qst tipo... sono sicura che con lo stato d'animo giusto mi piacerà molto.
una curiosità: andando avanti il "ritmo" cambia o ha lo stesso andamento (descrittivo, minuzioso) che ha nelle prime pagine?
e dire che difficilmente trovo un libro ostico...

Diciamo che (sono quasi a pagina 200, circa un terzo del libro) lo stile continua ad essere più o meno lo stesso, però ci si comincia ad interessare alle vicende della famiglia di Amos Oz, si comincia ad entrare in quel modo di narrare molto particolare e le pagine cominciano a scorrere un po' più rapide... Tra qualche giorno ti dico come va ;-)
 

pigreco

Mathematician Member
Libro denso, ogni pagina ha un alto peso specifico spesso a scapito della scorrevolezza. Non è certo una lettura leggera ma non c'è dubbio che giunti al termine si percepisce la grandezza di questo romanzo/biografia/saga. Leggendo alcuni passi sembra di rivivere le avventure (e disavventure) dell'autore, di partecipare al suo dolore immenso (preferisco non approfondire il tema specifico per non rovinare la lettura a nessuno), un dolore elaborato per la prima volta in forma scritta. Mi sento in difficoltà a dare un giudizio complessivo a questo libro e lo consiglierei solo conoscendo molto bene la persona interessata.
 

velmez

Active member
L'ho appena iniziato...
in effetti la densità delle pagine mi spaventa un po'... ma poi ci sono frasi come questa...

Vigeva da noi una legge ferrea, quella di non comprare nulla da fuori, nulla d’importazione: per quanto possibile si attingeva alla produzione interna. Ma quando si andava al negozio del signor Auster, all’angolo fra via Ovadia e via Amos, bisognava comunque scegliere fra il formaggio del kibbutz, prodotto dalla Tenuva - la centrale del latte - e quello arabo: il formaggio arabo del villaggio vicino, Lifta, era da considerarsi un prodotto d’importazione o locale? Questione complessa. A dire il vero, il formaggio arabo era appena appena più conveniente. Ma a comprare il formaggio arabo un poco si tradiva il sionismo: da qualche parte, in un kibbutz o una cooperativa agricola, nella valle di Iezreel o fra le alture di Galilea, c’era una pioniera dalla vita dura, che forse con una lacrima negli occhi aveva incartato per noi quel formaggio ebraico - allora come avremmo potuto voltarle la schiena comprando formaggio straniero? La mano non sarebbe tremata? D’altro canto, a mettere al bando il prodotto dei nostri vicini arabi non avremmo fatto che acuire ed eternare l’odio fra i due popoli. E il sangue che ancora si sarebbe versato, purtroppo, sarebbe rimasto sulla nostra coscienza.

:sbav:
 

velmez

Active member
Finito!
che dire, un libro denso. Una vita intera raccontata in modo frammentario, con molte influenze dall'esterno, ricordi falsati dal passare del tempo, intromissioni storiche, riflessioni personali..
Si racconta la storia di un bambino (devo dire in modo molto lucido, seppur siano passati 50 anni...) di una famiglia (e qui la maestria dell'autore sta nello svelare a poco a poco, nel dare informazioni per gradi e nel calcare la mano sulle ossessioni dei personaggi, magari anche ingigantite dal tempo) e di un popolo (un popolo maledetto, perseguitato, ma pieno di contraddizioni, sensi di colpa e rivendicazioni):

Dentro il nostro minuscolo alloggio s'infiltrava continuamente la metà sfortunata del genere umano: i bambini affamati in India, per colpa dei quali dovevo finire sempre tutto quel che mi mettevano nel piatto. Gli immigrati clandestini, sopravvissuti all'inferno hitleriano e come se ciò non bastasse cacciati dagli inglese nei campi di baracche a Cipro. Gli orfani che ancora vagavano vestiti di stracci fra le foreste innevate dell'Europa distrutta. Papà restava sino alle due di notte a lavorare alla sua scrivania, cavandosi gli occhi sotto la luce anemica dei suoi venticinque watt, perchè non era giusto usare una lampadina più potente: i pionieri in kibbutz su in Galilea, le notte sotto le tende, componevano poemi e trattati filosofici sotto al fioco lume di una candela che tremolava al vento, poteva forse ignorarli? Fate come Rothschild, una luminaria da quaranta watt? Che cosa avrebbero detto i vicini, vedendo un'illuminazione da galà? E così, trovava logico cavarsi gli occhi per non offendere gli altri. [...] E a dire la verità a volte invidiavo un poco quei bambini affamati in India, che nessuno mai costringeva a finire quel che c'era nel piatto.


Se non ti restano più lacrime per piangere, non piangere. Ridi [nonna Schlomit]
 

estersable88

dreamer member
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Questa è, tecnicamente, un'autobiografia: racconta la vita di Amos Oz e la storia della sua famiglia. Definirla "autobiografia", però, sarebbe a dir poco riduttivo: Una storia d'amore e di tenebra è romanzo storico, saga familiare, saggio, ricettacolo di conoscenza e riflessioni profonde che da sole varrebbero le oltre seicento pagine di racconto. Un intero libro pieno di ricordi d'infanzia, memoria storica e familiare, racconto di una città – Gerusalemme -, di un popolo – quello ebreo -, splendente e pieno di contraddizioni. In queste pagine non troviamo solo l'Amos Oz bambino, figlio di genitori non ricchi ma traboccanti di cultura; troviamo qui la storia umana e sociale di un popolo che ha dovuto adattarsi e reinventarsi senza mai perdere la propria fierezza ed identità. E troviamo qui le radici di un conflitto, quello fra Israele e Palestina, fra ebrei ed arabi, nato una notte del 1947 – quando fu decisa la nascita dello stato ebraico – ed arrivato fino ad oggi con la sua scia di morti, insensatezze e incomprensioni.
Questo non è un libro facile perché non è lineare: ogni informazione va assemblata alle precedenti e tenuta da parte per un quadro complessivo che arriverà pian piano. Non è un libro che si fa leggere senza difficoltà, ma regala perle di rara bellezza e permette di capire qualcosa in più di una pagina triste e controversa della storia del Novecento, di questa terra promessa e da tanti conquistata, di popoli orgogliosi e gloriosi e di persone umili e grandi. Da leggere, nonostante la mole.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Piccolissima premessa: avevo iniziato questo libro e poi messo da parte non perchè non mi piacesse (anzi), ma perchè mi ero resa conto che richiedeva un’attenzione che in quel momento evidentemente non ero in grado di offrire. Nel frattempo mi è capitato di leggere altre due opere di questo autore, di cui una sola mi ha convinto. Eppure... eppure sentivo che quanto Amos Oz aveva da darmi era racchiuso tutto in questo titolo quasi epico: Una storia di amore e di tenebra.

Avevo letto che alcuni autori nascono per scrivere una sola grande opera... Non che le altre non siano valide, ma è come se tutto il resto fosse funzionale e complementare al messaggio trasmesso nel capolavoro per il quale hanno dedicato la vita. Questo è sicuramente il caso di Amos Oz e il romanzo di cui stiamo parlando. Ancora di più in quanto Una storia di amore e di tenebra è letteralmente, o piuttosto letterariamente, la sua vita, la sua storia. E la storia della sua famiglia, a partire dai suoi avi; la storia del grande ritorno del popolo ebraico dall’Europa sempre più antisemita alla Terra Promessa; la storia delle paure, speranze, ambizioni, delusioni di chi si è lasciato tutto alle spalle per inseguire un sogno confuso, spesso astratto; la storia della nascita dello stato di Israele; la storia della consapevolezza di Amos nei confronti di tutti questi eventi, pubblici e privati; la storia del suo dramma personale.

È difficile commentare questo romanzo straordinario, denso, ricchissimo, scendendo nei dettagli... Per quanto non sempre sia di facile lettura (proprio per questo continuo e voluto mescolarsi, ripetersi, intrecciarsi, accennare per poi riprendere e poi riprendere ancora, ogni volta a un livello più profondo...) si sente che, nella molteplicità di tutti questi aspetti e temi, vi sono coerenza, unitarietà e una ragione d’essere profonda. E questa è la ricerca, da parte dello scrittore, della propria identità di individuo prima e di cittadino israeliano poi, in un momento storico in cui questi due "livelli" si sovrappongono per la prima volta, generando non pochi conflitti, non solo bellici ma anche interiori. E generazionali. Riporto un brano che mi ha colpito molto:
Si materializzava dunque, per via miracolosa, quell’aspirazione (sapientemente rimossa) comune all’ethos sionista e al bambini che ero: che morissero (riferito a tutti gli adulti). Perchè erano così diasporici. Soffocanti. Perchè loro erano la generazione del deserto. Sempre pieni di pretese e di lezioni da impartire, mai che ti lasciassero respirare. Solo quando saranno morti, noi potremo finalmente dimostrare loro come, senza di loro, possiamo fare tutto quello che vogliamo: tutto quello che loro vogliono che noi facciamo, esattamente tutto quello che si aspettano da noi, tutto realizzeremo al meglio (...) ma senza di loro: perchè il nuovo popolo ebraico deve necessariamente staccarsi da loro.
Un punto di vista previlegiato dunque (il nostro!), che ci permette di cogliere il dramma nel dramma e cioè la responsabilità, da parte dei coetanei di Oz ovvero la prima generazione nata in terra di Israele, di realizzare un’aspirazione millenaria all’interno di un contesto politico estremamente ostico e precario.

Aggiungo solo qualche altro elemento che mi ha affascinato in questo libro, anche se, ripeto, sono tutti talmente intrecciati che è quasi un delitto cercare di isolarli. Innanzitutto, la capacità dell’autore di raccontare episodi della propria infanzia in modo talmente accattivante e vivace da offrire a ognuno di essi (se si provasse a farlo) la dignità di un racconto a sè stante... Due fra tutti: l’arrivo di nonna Shlomit a Gerusalemme e la sua battaglia contro i microbi che l’ha portata alla morte, e il tentativo (fallito) di realizzare un orto nel giardino di casa da parte del piccolo Amos e del suo papà. Allo stesso modo, straordinaria è la capacità dello scrittore di tratteggiare il carattere dei suoi avi, tale da renderli non solo estremamente pittoreschi, ma quasi degli “eroi” (anche qui due fra tutti: nonno Alexander e “pape”).
Infine (ma sono io costringermi a smettere), l’occasione straordinaria che ci è offerta di approfondire un pezzo di Storia troppo noto e per questo forse troppo poco conosciuto, soprattutto dal punto di vista sociale e culturale; penso soprattutto a personaggi di elevatissimo valore intellettuale e artistico, tutti vicini alla famiglia Klausner se non membri della stessa: fra i primi, il premio Nobel Agnon e la poetessa Zelda Schneerson, fra i secondi, naturalmente, lo zio Joseph, ma anche il padre stesso di Amos, uomo di profonda erudizione. La galleria di personaggi è infinita e straordinariamente variopinta, tanto più che (l’ho scoperto in questa occasione) proprio nel momento storico descritto da Oz, a ridosso della costituzione dello stato di Israele, vi erano “più professori che allievi” e il livello di istruzione e cultura era talmente alto da determinare una vera e propria svalutazione...

Insomma... non credo ci sia altro da aggiungere, un romanzo assolutamente da leggere.
 
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elisa

Motherator
Membro dello Staff
Ci ho messo un mese perché non di facilissima lettura con tante digressioni storiche, politiche, filosofiche, letterarie ma di grande soddisfazione perché l'autore ti porta dentro casa e dentro gli avvenimenti della sua vita che sono tutt'altro che semplici, anzi drammatici per lo più. Ti sembra di conoscerlo come un amico o un parente con cui hai una consuetudine di frequentazione, Oz ha l'arte del descrivere con molta precisione e colore gli avvenimenti. Bello e consigliato ai più.
 

francesca

Well-known member
Un vero capolavoro, di quelli che danno l’impressione di uscire dal periodo storico in cui sono stati scritti o che narrano per entrare nell’universo dei libri senza tempo.
Nel racconto della vita della sua famiglia e della sua, Oz racconta la vita di tutto il suo popolo, senza risparmiargli e risparmiarsi critiche e senza evitare di metterne in luce le contraddizioni.
Prima fra tutte quelle della sua generazione, che cerca in tutti i modi di affrancarsi dalla pesantezza di una cultura infinita che è stata per secoli scacciata e perseguitata fino al sacrificio estremo dell’Olocausto che qui viene riportato senza nessun vittimismo o rancore. La generazione di Oz, quella dell’assedio di Gerusalemme nel conflitto arabo-israeliano del 1948 e dei Kibbutz sembra cercare una rottura con le generazioni passate, perché dopo la Shoa niente può essere come prima e i giovani ebrei che non l’hanno vissuta direttamente sentono di dover cercare una nuova strada per la propria affermazione.
Accanto a tutto ciò, alla vicenda di un popolo, c’è quella personale dello scrittore, anche quella tragicamente segnata dal suicidio della madre, un gesto incomprensibile e inspiegabile, che ha lasciato all’autore sensi di colpa personali, come la Shoa ha lasciato sensi di colpa a tutto il popolo degli ebrei sovrassuti, innescando un processo lento e doloroso per affermare il proprio diritto ad esserci.

Lo stile di Oz è così descrittivo, così incredibilmente avvolgente che non ci si sente mai estranei nelle sue pagine, anche nelle parti in cui i riferimenti alla sterminata cultura e difficile lingua ebraica la fanno da padroni rendendo ardua la lettura per chi come me ha scarse nozioni al riguardo. In credibile anche la capacità magistrale di Oz di mescolare nel suo stile punte di estrema poeticità con lampi fulminei di ironia.
Il capitolo in cui viene narrata la notte della nascita dello stato di Israele ha il respiro ampio di un pezzo di storia dell’umanità messa per scritto.

Si potrebbero seguire infiniti fili conduttori che si intrecciano in questo romanzo-bibliografia, tutti ugualmente interessanti, profondi e meritevoli di essere isolati e seguiti nel loro dipanarsi.
Ne voglio citare solo uno, che mi è sembrato molto significativo.
Parte dal capitolo in cui Oz racconta di quando il padre gli mostra l’incredibile possibilità di disposizione dei volumi, l’amore, la fantasia, la vita che già esistono nei libri come oggetto in sé, perfino al di là del contenuto. Questo amore si ritrova in molteplici altri passi della narrazione, nel racconto dell’autore del suo primo approccio alla lettura, nell’immagine della mamma rannicchiata su una sedia intenta alla lettura, nella descrizione del primo amore di bambino per la maestra Zelda.
I libri come oggetti, i libri come storie, i libri come compagni, i libri come oggetto d’amore: sono loro che sembrano reggere l’intera narrazione, le fondamenta della vita di tutti i personaggi che ne fanno parte. Fra i tanti meravigliosi e profondi messaggi di questo libro, da lettrice mi piace indugiare su questo.

Francesca
 
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