Il mio coronavirus
IL MIO CORONAVIRUS
Le scuole già da qualche settimana erano chiuse. Erano già state istituite le zone rosse di Codogno, in Lombardia e di Vo Euganeo in Veneto. Non c’era però grande allarmismo, le autorità sanitarie e politiche trasmettevano messaggi rassicuranti sulle conseguenze del virus…., si qualche anziano, purtroppo, ci avrebbe lascito le penne, ma erano anziani con diverse altre patologie…niente, insomma, che potesse riguardare qualcuno in buona salute.
I giorni passavano, di anziani con problemi di salute dovevano essercene però moltissimi perché i morti crescevano in maniera esponenziale (a pensarci bene dopo gli 80 anni non sono molti quelli che si possano vantare di essere sani come un pesce), ma dalle nostre parti tutto era tranquillo. Nessun caso, neanche per sbaglio! La mia vita, ordinaria e piatta (ma, spero, non sciatta), era rimasta immutata. La figlia qualche volta a pranzo, partite a carte o a biliardo con coetanei al centro di ritrovo, qualche film alla domenica, qualche libro in attesa di pranzo o cena, qualche incursione, rigorosamente con mia moglie, nei centri commerciali per cercare spesso quello che non si poteva trovare , qualche lavoretto nel mini – orto casalingo, e il piatto forte delle partite di calcio, esclusivamente nella sala televisione del centro, per l’infingardo, sottile piacere di far imbestialire i tifosi della squadra perdente.
Sto seguendo, in perfetto relax, verso le tre di un pomeriggio, una bella partita a stecca, quando una persona, di quelle sempre informate su tutto, entra nella sala, affermando che è stato trovato nel comune un primo contagiato al virus: si tratta del dentista………..; è un fulmine a ciel sereno, una notizia bomba, ma, oltretutto, è il mio dentista!. Dice che sono già stati contattati dalla A.S.L. i pazienti che negli ultimi otto giorni sono stati nel suo ambulatorio. Faccio mente locale e ricordo bene che ci sono stato anch’io dal dentista, 6 giorni prima! Un brivido mi percorre dalla radice dei pochi capelli alla punta dei piedi!. Saluto in fretta tutti e mi avvio verso casa.
Informo immediatamente del fatto mia moglie, sempre molto più presente di me nei momenti difficili, anche se però ancora nessuno dalla ASL mi ha cercato. Per avere la certezza dell’accaduto contatto telefonicamente lo studio dentistico, che mi conferma tutto, e chiedo quindi il motivo per il quale io non sono stato contattato dall’A.S.L. Mi rispondono che, probabilmente per errore, il mio nominativo non è stato segnalato! Mi lasciano il numero telefonico dell’Ufficio A.S.L. che li controlla e provo a chiamare. “L’operatore non è al momento disponibile ma resti in linea ecc…ecc…”.dice il telefono, una volta, due, tre ,quattro cinque volte nel giro di un paio d’ore ma solo musichetta (Mozart o Beethoven? Non ricordo bene) , non ci sono operatori disponibili!
Già abbastanza agitato decido di fare il numero della protezione civile che la televisione ripete almeno quattro cinque volte tutti i giorni. Mi rispondono, finalmente: caccia al tesoro, con il rinvio ai numeri 1,2,3,…: interrogatorio a tutto campo, dati anagrafici, motivo della telefonata, situazione familiare, stato di salute ecc…ecc. Alla fine di tutte queste informazioni mi dicono di contattare il mio medico di famiglia per le opportune disposizioni. Ma il mio medico di famiglia è in vacanza! Il sostituto non sa neanche chi sono. Sono perplesso sul da farsi e quindi, non sapendo cos’altro fare al momento, decido di contattare il presidente del circolo ricreativo per segnalargli la faccenda e, d’accordo tutti e due, in un attimo, decidiamo di chiudere immediatamente il locale. Una decisione epocale!
Un po’ scoraggiato e demoralizzato dalla piega degli eventi, telefono a mia figlia (prudentissima!) per impedirle di venire a trovarci e lei, per incoraggiarmi, mi rifila una serie di disposizioni di sicurezza, la più importante delle quali è quella di dormire con mia moglie in stanze separate. Devo riferire che, proprio alla fine dell’anno scorso, mia moglie ha subito un intervento chirurgico non banalissimo, che ha però superato brillantemente al di là delle più ottimistiche previsioni, ma alla luce di questi fatti, mi appare fragilissima, anche se, obbiettivamente, sta meglio di me. Ceno, per abitudine, ma senza appetito, guardo un po’ di televisione senza seguire il programma e vado a letto. Certo sintomi di malattia non ne ho, ma è una notte piena di fantasmi. A dormire non ci penso proprio, non vedo l’ora che arrivi il giorno dopo per contattare l’ A.S.L.
E così è. Trovo la persona giusta , mi sottopongono ad un interrogatorio di terzo grado, soprattutto sul mio stato di salute e sulla mia situazione familiare, ma anche sulla natura dell’intervento odontoiatrico (in verità ero andato dal dentista per un mal di denti e mi aveva ordinato una settimana di antibiotici, che stavo ultimando, ed ero stato nello studio poco più di un quarto d’ora). Non mi impediscono di uscire, ma solo di frequentare luoghi con assembramenti di persone, e mi prescrivono di misurarmi la temperatura al mattino e alla sera, oltre a seguire le regole sanitarie che oramai sono di prassi, e ogni giorno mi avrebbero contattato per monitorare la situazione, fino alla fine della quarantena, che sarebbe durata quattordici giorni, di cui sei già trascorsi.
Ora sono un po’ più tranquillo anche perché sto bene e mia moglie meglio di me. (Lei dorme tutta la notte, esattamente il contrario di quello che normalmente mi succede). Mi meraviglia però un po’ il fatto che per lei, dal momento che conviviamo, non abbiano previsto nessun controllo. Comincio quindi a pensare a tutte le persone con cui sono stato a stretto contatto in questi ultimi sei giorni, non sono state poche. Dopo qualche dubbio (magari le metto in allarme per niente!) penso però che hanno famiglia, moglie, figli, nipoti e decido, anche se non sono certo di fare la cosa giusta, di contattarli telefonicamente tutti. Mi ringraziano, magari a denti stretti, mi chiedono come sto e li rassicuro, ma in molte voci sento preoccupazione.
I giorni passano. Stiamo bene, l’A.S.L. ci contatta quotidianamente, ma ricevo anche un sacco di telefonate da chi ho contattato. Non ci sono mai state tante persone nella mia vita che si sono così puntualmente preoccupate della mia salute!
Il pomeriggio del quarto giorno (decimo quindi della quarantena) sento però uno strano malessere, poi qualche brivido di freddo e un forte mal di testa, qualche starnuto, inappetenza. Ecco il virus, ne sono certo! Non dico nulla a mia moglie, che sta bene, per non rovinarle la nottata, mantengo con la massima attenzione le distanze, ceno velocemente e, con la scusa che mi sento un po’ stanco vado subito nella mia stanza da letto, non c’è nemmeno bisogno di controllare la temperatura che certamente è alterata. E’ una notte lunghissima, naturalmente senza prendere sonno, e penso a mille cose, anche al fatto che potevo andare dal dentista una settimana prima, qualche avvisaglia c’era già, ma, si sa, la poltrona del dentista è ancora oggi una delle meno ambite. Ho però le idee chiare. Domattina chiamerò l’ASL, mi verranno a prendere in ambulanza per portarmi all’ospedale adibito a cura del virus, che non è molto lontano dalla mia abitazione, senza così che nessun mio familiare abbia contatti con me, il che potrebbe essere molto pericoloso. Alle sette del mattino, come tutti i giorni, faccio il controllo della temperatura: 36,2 gradi! Immediatamente la metà dei miei sintomi di malessere spariscono, mi alzo, faccio colazione anche con un certo appetito, un bel sospiro di sollievo: si torna alla normalità, seppur a scartamento ridotto. Così piano piano termina la quarantena, senza però un’altra sorpresa, che nulla ha a che fare però con le mie sensazioni di quei giorni. Un conoscente, di quelli che avevo avvertito del mio “contatto” con il contagiato mi telefona, come quasi tutti i giorni e mi chiede naturalmente come sto, gli rispondo “bene, come sempre”, un attimo di silenzio poi “ma dove sei? “gli rispondo, anche un po’ sorpreso “a casa, naturalmente, dove dovrei essere? Ma, dice, “ ieri in piazza correva la voce che eri ricoverato a Padova, grave, in terapia intensiva! Ah le voci di paese! Sono così venuto a conoscenza che, senza mai avere avuto una sola linea di febbre, venivo considerato, praticamente, defunto. Ora che potessi essere in terapia intensiva data la mia età, poteva anche essere credibile, ma perché all’ospedale di Padova quando nella mia provincia ci sono ben due ospedali che curano il Covid-19? Misteri del popolino. La prendo bene, comunque, perché dicono che queste cose allungano la vita. Intanto però si è già innescato il lockdown ed ora le restrizioni sono ancora superiori a prima.
Per un’altra decina dei giorni, in verità, non sto benissimo, sintomi strani di malesseri temporanei che però nulla hanno a che fare con quelli che, dicono, tipici del virus e che riesco a mascherare senza che nessuno se ne accorga. Tutto poi torna nella normalità, e affronto il lockdown diligentemente, seguendo tutte le istruzioni. Uscite di servizio rigorosamente suddivise con mia moglie, la figlia che fa di tutto perché restiamo sempre in casa. Mi adatto, certamente aiutato anche dall’età, forse meglio del previsto. Un po’ di giardinaggio (per la prima volta nella mia vita questa attività mi ha anche, seppur moderatamente, gratificato) qualche libro, ne ho letto anche uno che ho molto apprezzato, qualche partita di calcio dei vecchi tempi alla televisione, qualche telefonata, la conferenza della protezione civile delle ore 18.00, il teatrino delle dichiarazioni di politici e scienziati sul virus, e nelle belle giornate, un’oretta in giardino a godermi il sole e ad osservare le acrobazie delle lucertole tra le aiuole; così è passato il lockdown, senza, almeno apparenti, danni cerebrali.
Ora ci si può muovere liberamente, anche se è una libertà pesantemente condizionata dalla mascherina e dalla distanza fisica. E’ molto triste incrociare un conoscente ed essere restii, per prudenza di una parte o dell’altra, a scambiare due chiacchiere, come è penalizzante non poter stringere la mano o abbracciare una persona cara che non si vede da un po’ di tempo. Dico la verità: preferirei la normalità assoluta pur consapevole di qualche rischio. Capisco però le autorità; chi è stato scottato dall’acqua bollente teme anche l’acqua tiepida. Io però ho già cominciato a giocare qualche partita a biliardo seppur, rigorosamente, mascherato; giocare a carte non si può!
In questo vortice di sensazioni ed emozioni del tutto nuove perché dovute ad una causa che nessuno di noi aveva mai conosciuto, un fatto mi ha soprattutto colpito: in nessun momento, nemmeno ora, ho mai pensato seriamente alle conseguenze che il virus poteva avere sulla mia persona, che, statisticamente, potrebbero anche essere piuttosto rilevanti. Ho solamente pensato alle conseguenze sulle persone che, seppur involontariamente, avrei potuto infettare: A mia moglie, soprattutto, ma anche a mia figlia che era stata in nostra compagnia in quei giorni, nonché agli amici e conoscenti che avevo frequentato. Per uno che non ha mai affrontato i pericoli con spavalderia, anzi ha sempre cercato di evitarli e, se non era possibile, almeno di aggirarli, uno che ha smesso di fumare (ah, che piacere mi recava il fumo!) solamente per paura del cancro ai polmoni, e che quando passava a miglior vita uno della sua generazione, che quasi sempre conosceva abitando in un piccolo centro, il primo pensiero che faceva non era il compianto per il defunto ma “ a me non può sempre andar bene!” Uno che quando aveva un po’ di tosse per quattro cinque giorni di seguito pensava subito ” questo è l’inizio del calvario”, uno così, non proprio ipocondriaco forse, ma insomma…., come può non aver paura del virus? Forse è stanchezza esistenziale? la vita mi è venuta a noia? Penso proprio di no.
Certo non sono immune da qualche piccolo contrattempo fisico ed anche mentale (la memoria….) abbastanza normali (dicono) per la mia età, anche i piaceri della tavola sono “contingentati”, il notturno riposo ristoratore molto spesso si trasforma in una dura lotta con Morfeo che, generalmente, mi vede sconfitto, ci sono poi anche le “cosiddette” giornate “no”. Tutto vero, senza dubbio, ma è sufficiente che per un attimo pensi al mio percorso di vita e mi guardi semplicemente intorno perché mi renda conto di essere stato, almeno fino ad ora, un uomo molto fortunato, un grande beneficiato dalla sorte.
Cosa allora mi ha infuso questo “coraggio”? Mi sono convinto che il fatto non dipenda da me, ma sia molto probabilmente determinato dalla perfezione biologica della natura umana. Dopo una certa età, ad ogni anno che passa e quindi, inevitabilmente, ci si avvicina al passaggio della linea invisibile oltre la quale non c’è più ritorno, la naturale paura dell’evento fatale diminuisce. Sembra un controsenso, ma mi sono convinto che non può essere altro che così. Se fosse il contrario la terza età sarebbe un inferno, invece vi posso garantire che, in una situazione di normalità, è ancora vita degna.
Dicono che “andrà tutto bene”: lo spero vivamente.
Lunga vita ai frequentatori di questo social elitario e alle loro famiglie!
06/06/2020