Woolf, Virginia - Mrs. Dalloway

Il romanzo narra la giornata di Mrs. Dalloway e di altri personaggi che, a turno, si trovano sia sullo sfondo che sulla superficie della vicenda.

Clarissa Dalloway è una ricca signora cinquantenne che organizza un party in casa per la sera.

Nella prima parte del libro la roviamo a passeggio per le strade di Londra, tutta presa da ricordi della sua vecchia vita a Bourton, quando, in compagnia della vecchia zia e di tanti suoi amici, trascorreva le giornate in perfetta armonia.

La Woolf fa uso della tecnica del monologo interiore, i moments of being, per descrivere lo scenario. Un determinato oggetto contiene in sè il mistero di un qualsivoglia ricordo disperso nei meandri del nostro inconscio. In questo modo la teoria di Marcel Proust riguardo il potenziale magico che contengono in sè oggetti e situazioni,trova un nobile specchio nelle intenzioni della Woolf di esplicare al meglio la pratica dell'asserzione. Così il movimento ondeggiante di una foglia in uno dei tanti parchi londinesi, può ricordare a Clarissa la passione per la danza o le lunghe cavalcate a Bourton, e l'incontro mattutino con Hugh Withbread porta a bussare alla mente di Clarissa diversi ricordi riguardanti la sua giovinezza come il ricordo di Peter Walsh, suo corteggiatore a Bourton, l'uomo che aveva rifiutato per Mr. Dalloway (Richard Dalloway era di certo molto più ricco e di buone maniere rispetto a Peter). Ma il pensiero di Peter la accompagna quasi ogni giorno: per le strade mentre passeggia,ad una delle tante feste che organizza a sera in casa (e dio solo sa quanto Peter la giudicherebbe ridicola se solo la vedesse!).

Questo sottile gioco della Woolf - un flusso eterno di ricordi e realtà, passeggiata,ricordi e considerazioni, se, possibilità, domande, risposte, impossibilità della risposta - porta il romanzo a sfornare un flusso continuo di informazioni già dall'inizio.

Mano mano che andiamo avanti compaiono personaggi di cui non abbiamo mai sentito parlare; dei perfetti sconosciuti che la Woolf ci propina e presenta col massimo grado di semplicità,e con una sfumatura di non-chalance franco-sassone che tanto era in voga a inizio del Novecento a Londra.

La Woolf ci presenta tutta la sua società,quella borghese spicciola,la parte viscida di Londra,e quella nobile e reale a cui tende tutta la civiltà,i sobborghi poveri - quasi tralasciati,sullo sfondo - la gente infima, i colti, i belli e quelli brutti, orrendi e emarginati dalla società.

Perchè l'Inghilterra in fondo è snob,come Clarissa. Perchè Clarissa incarna in tutto e per tutto la società britannica d'inizio Novecento, tutti i difetti e pregi, e sono i suoi stessi amici e ammiratori ad accorgersi e a mal sopportare l'atteggiamento snob di Clarissa. Peter sa perfettamente che Clarissa è snob,ma ciò nonostante non riesce a smettere di amarla. E così pure Sally Seton sopporta le bizze dell'amica. Quello che provano i due è una sorta di amore patriottico inconscio verso l'Inghilterra, i suoi vizi e le sue creature - Clarissa - .

Clarissa è il perfetto prodotto dell'alta società inglese d'altrosecolo,e Peter è costretto a fuggirne, a tentare la fortuna nell'altrettanto britannica India (se l'Inghilterra è nobile e accoglie i nobili, l'India è la colonia povera che accoglie i "mercanti" in cerca di fortuna). Ma egli sa,in cuor suo,che fuggire dalla patria e dai prodotti sociali che tanto afferma di odiare della sua Inghilterra, è perfettamente inutile.

D'altro canto,la stessa Clarissa porta in sè una venatura di mistero. La malattia dalla quale è da poco uscita non viene mai affrontata in modo diretto dalla Woolf, anzi pare quasi celata, con ostinazione e vergogna. Sembra quasi che Virginia voglia trasferire in Clarissa tutta la frustazione che può sentire una donna bella e intelligente - tanto più d'alta società - in modo sottile,quasi nascosto. Eppure si sente tutto il dolore di quel mostro, quell'odio come un formicolio lungo la schiena; tutto il dolore della stessa Virginia Woolf - che nella realtà ha davvero tentato diverse volte il suicidio prima di riuscirci - e tutta la sua emancipata natura di donna. Si percepisce la frustante abnegazione di Clarissa in quel ruolo al di sotto delle proprie possibilità.

E qui nasce l'alter-ego fantastico - o reale, che dir si voglia - di Septimus. La Woolf fa trovare degno sfogo di se stessa, del proprio mostro, del proprio lato maschile, nella figura di Septimus.

Clarissa nasce da un continuo tendere alla perfezione di Virginia - un personaggio che non poteva andare sgualcito,un personaggio che doveva rimanere immacolato, pur con tutta la frustrazione che si portava dentro -, Septimus nasce dal diavolo interiore della Woolf.

Il libro si rompe - senza mai spezzarsi - in due parti, che hanno due figure centrali. I lunghi monologhi di Septimus, solo con se stesso, e i lunghi discorsi interiori, frastagliati di ricordi, della perfetta donna di mondo, Clarissa Dalloway.

Ed ecco Septimus Warren Smith: un ex soldato scampato alla guerra, amante delle arti, della letteratura, dell'Inghilterra, di Shakespeare. E la sua moglie italiana fantasma, tale Lucrezia Smith.

Smith, un cognome qualunque, lo dice la stessa Woolf. E quel Septimus,nome che cerca di ridare originalità al personaggio. Retaggi di tragedie shakespeariane dominano il contesto di Septimus: la follia amletiana pervade Septimus, e quasi a un punto tocca anche Lucrezia, quasi pervasa - come Ofelia - dalla solitudine del marito,quasi complice di quella solitudine che diventa finalmente dualità - prima dell'estremo gesto suicida di Septimus - .

Ma nel romanzo troviamo spesso anche l'inquietante amore per le donne che contraddistingueva tanto la Woolf.

Clarissa,la donna insospettabile di macchie, la donna di mondo, d'alta classe e società, non nasconde a se stessa di provare spesso attrazione per esponenti del proprio sesso.

Il rapporto ambiguo con Sally Seton pervade tutto il romanzo. Clarissa sembra eternamente affascinata da Sally, dal suo carattere ribelle, libertino, privo di regole; dal suo sangue francese, dai sigari che fumava a Bourton (cose che non si confacevano certo alle signore). Clarissa è affascinata da quel sentimento, come lo è la stessa Virginia, quel puro disinteressato amore. Ed è certa di aver provato l'ebbrezza di un amore puro insieme a Sally. E, tuttavia, perchè oggi la rifiuta? Perchè a quarant'anni non trova neanche più il tempo di andare a trovare Sally a Manchester? Solo perchè ha sposato un uomo di basso rango?

Attenta a non sfigurare di quel poco il ruolo aristocratico di Clarissa - ma senza mai farla apparire antipatica - la Woolf rende la giusta coerenza al personaggio, troppo snob e pieno di sè per cedere a un vecchio amore con una donna - cosa che, in cuor suo, non avrebbe mai ammesso - per una gita a Manchester in casa di gente meno nobile.

In fondo Clarissa sposa Richard Dalloway e non Peter Walsh! Richard è un uomo ricco, nobile,con una buona posizione,ed è anche affascinante e di buon spirito e carattere. Mentre Peter è un uomo alla mano, pieno di spirito, intelligente, ma amante del vizio,dei viaggi e delle donne, privo di ogni interesse per l'alta società londinese. Potrebbe passargli accanto il Primo Ministro e neanche se ne accorgerebbe! E Clarissa provava un odio irrefrenabile verso quel Peter! Non si capacita di Peter, del suo modo di fare e del suo atteggiamento critico. Come non si capacita della signora Kilman, la brutta insegnante di storia della figlia Elizabeth.

La Kilman incarna in pieno la figura della società ecclesiastica- religiosa in voga a Londra. La credenza, il mistico sentimento, la fiducia in Dio e nella Provvidenza, che tanto trovano inattuale e irreale sia la Woolf che il suo naturale contro-altare Clarissa. Ed Elizabeth è la sua figliola, quella che tanto avrebbe voluto libera dalle catene della religione, e che si trova invischiata nelle grinfie della Kilman. La Kilman è tutto ciò che di brutto rappresenta la natura umana, così come il dottor Holmes, quello che Septimus usa definire la natura umana in senso dispregiativo. Quello da cui la sua lucida follia vuole fuggire, il dottore dell'umanità, il primo nemico dell'uomo, quello che vuole salvarlo, ma che lo insegue. E così pure il pessimo dottor Bradshaw, il colto,amato e rispettato medico che consiglia a Lucrezia di internare Septimus. Tutti quei dottori che vogliono fare di lui un dolente umano rinchiuso in un manicomio rappresentano la castrazione della specie umana. Quella sorta di tarpatura delle ali della libertà che tanto ci insegue dalla nascita,la limitazione del raggio d'azione, la legge che insegue il ribelle - e l'artista - .

"Siamo tutti in carcere" mormorano Sally e Peter alla fine. Ed è proprio quello che vuol dare a intendere la Woolf.

Il carcere che Clarissa si è costruita, con la mascherata baldoria delle sue feste con l'alta società. Il cognome, la perdita d'identità, lei è diventata - o forse è sempre stata - la signora Dalloway. Come la stessa autrice che, perso il proprio cognome di Stephen col matrimonio, prende quello di Woolf. E proprio nel mezzo di questo grande carcere,nel mezzo della spietata festa che è costretta - ma nello stesso tempo è felice - di fare, la moglie del dottor Bradshaw annuncia a Clarissa la morte di un uomo. Un uomo,uno sconosciuto, forse un folle, è morto gettandosi dalla finestra. E Clarissa prova una specie di empatia, nessun tipo di dolore, nè compassione, ma solo riconoscimento di se stessa.E' quello il giusto culmine del romanzo,il punto di connessione tra la natura di Clarissa e la follia di Septimus. Il punto che li unisce in un orgasmo di felicità. Ed è anche il punto di più intensa gioia per Clarissa il sapere della morte del misterioso sconosciuto. Septimus muore per sfuggire il passato, la morte di Evans - l'amico caduto in guerra - e la natura umana, nelle vesti dei due medici. Muore proprio nel momento in cui aveva ristabilito quel minimo di contatto che lo legava a Rezia. E porta con sè il suo dolore,e l'eterno patire della morte.

Forse verrà ricordato da qualcuno - e certamente durante la festa il suo nome assume le sembianze di una presenza inquietante - forse verrà dimenticato poco dopo i funerali.



E' ben scritto, nessuna difficoltà nel seguire il flusso di coscienza del suo racconto e delle sue emozioni.Non c'è scrittrice inglese che io apprezzi di più. Anzi, la metto nella sezione autori!

Voi?l'avete letto? vi è piaciuto?
 
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elisa

Motherator
Membro dello Staff
mamma mia quanto hai scritto, hai detto tutto!
posso solo dire che mi è piaciuto molto e lo consiglio anche io.
 

cjale

New member
Non ho ancora letto niente di suo, ma mi è capitato di assistere ad uno spettacolo teatrale a lei dedicato, grazie al quale ho potuto scoprire questo gran personaggio che per l'epoca in cui visse, doveva certamente essere una donna straordinaria.
 

Sibyl_Vane

Fairy Member
Anche a me è piaciuto molto questo libro; l'ho letto in inglese all'università e devo dire che l'ho apprezzato ancora di più... ;)
Personalmente lo consiglio, ma trovo sia meglio che alcune cose vengano accompagnate da una spiegazione (tipo quella dei professori in classe :p) perchè altrimenti potrebbe risultare noioso (purtroppo più di una persona mi ha detto di non averlo apprezzato per questo motivo) ;)
 
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raffa17

Stephen King Fan Member
[...] Personalmente lo consiglio, ma trovo sia meglio che alcune cose vengano accompagnate da una spiegazione (tipo quella dei professori in classe :p) perchè altrimenti potrebbe risultare noioso (purtroppo più di una persona mi ha detto di non averlo apprezzato per questo motivo) ;)

Sono d'accordo, infatti io stesso l'ho trovato noioso, l'ho letto un po' di malavoglia. Magari proverò a rileggerlo fra qualche anno, o forse con la spiegazione del professore (professoressa per l'esattezza^^) mi interesserà di più.. chissà..
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
E' ben scritto, nessuna difficoltà nel seguire il flusso di coscienza del suo racconto e delle sue emozioni.Non c'è scrittrice inglese che io apprezzi di più. Anzi, la metto nella sezione autori!

Invece io sto trovando delle difficoltà.Ho letto appena una ventina di pagine e spero che più avanti vada meglio.
E' il primo romanzo della Woolf,ho deciso di leggerla in seguito ai suoi commenti positivi su Jane Austen,che io apprezzo molto.Pensavo infatti di trovare delle analogie tra le due scrittrici,invece non ho ritrovato qui lo stile della Austen,che è davvero scorrevole.
Ma prima di dare un giudizio definitivo voglio proseguire con la lettura o eventualmente passare ad un'altra opera della Woolf.
 

maria liliana

New member
woolf virginia -mrs.dalloway

Di Virginia Woolf apprezzo, tra l'altro, le descrizioni, la capacità di ritrarre il mondo , la natura, gli oggetti, in modo preciso, delicato e dettagliato: in una parola "perfetto"!"Lunghe strie di sole screziavano il suolo ai suoi piedi.Gli alberi ondeggiavano, brandivano spade.Noi ti diamo il benvenuto, sembrava dire il mondo; ti accettiamo.."
 

Hardrock

New member
La Woolf mi intriga, sono invogliato ad aquistarlo.. Ma e' vero ciò che si dice della Woolf riguardo le tante "assonanze" con Joyce?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Abbandonato un anno fa,l'ho ripreso dopo aver letto Una stanza tutta per sé.
E' stato infatti questo saggio a farmela apprezzare e a decidere di darle un'altra possibilità.
Ho trovato molte affinità con alcuni personaggi,tranne che con la protagonista che invece mik è apparsa (stranamente) frivola e superficiale...l'opposto della Woolf,secondo me.
Credo che l'autrice si sia rappresentata di più attraverso Septimus.
Inizialmente non avevo capito lo stile della Woolf,lo trovavo pesante e difficile da seguire,ma dalla pag 60 della mia edizione mi si è aperto un mondo,il suo mondo (che poi mi ha ricordato qualcosa del mio).
Ci sono state anche parti che ho sentito distanti,ma nel complesso sono stata soddisfatta di non aver gettato la spugna e di certo leggerò altre sue opere.

E' stato atroce,egli esclamò,atroce,atroce!
Tuttavia il sole splende lo stesso.Tuttavia,ci si rassegna.Tuttavia,i giorni si susseguono gli uni agli altri ed è la vita.

...stava dicendo fra sé e sé: è ingiusto;perché devo soffrire così?...No;non ce la faccio più,stava dicendo...

Venir angariata da quel malvagio tormentatore era il suo destino.Ma perché? Lei era come un uccellino che si ripara sotto una foglia,in una piccola concavità,e batte gli occhi al sole quando la foglia si muove;sussulta allo schiantarsi di un rametto.Lei era esposta;era circondata dagli alberi enormi,dalle grandi nuvole di un mondo indifferente;esposta;tormentata;e perché le toccava soffrire? Perché?

La vita in sé e per sé,ogni momento,ogni gocciola di vita,qui,in questo istante,adesso,sotto il sole può bastare.Anzi,è anche troppo.Una vita tutt'intera è troppo breve per estrarne,una volta acquisito quel potere,tutto quanto il sapore;per cavarne fuori ogni oncia di piacere,ogni sfumatura di significato.

Non si possono metter al mondo figli,in un mondo come questo.Non si può e non si deve perpetuare la sofferenza,né incrementare la razza di questi lussuriosi animali,che non hanno sentimenti duraturi,ma solo capricci,soltanto vane voglie,che li trascinano,or qua,or là.

Siccome era tanto infelice,da mesi e mesi ormai,Lucrezia dava un significato a tutte le cose che accadevano,a volte persino pensava che avrebbe dovuto fermare le persone per strada,se avevano un'aria gentile,buona,soltanto per dirgli : <<Sono infelice>>; e quella vecchia che cantava per strada << e se anche qualcuno ci vedesse,cos'importanog gli altri?>> le diede d'un tratto la certezza che tutto si sarebbe aggiustato.

Ognuno ha una dignità da conservare.Ha la propria solitudine.Persino fra moglie e marito un abisso. E bisogna averne rispetto,pensò Clarissa...Ché una non può rinunciarci lei stessa,né accettare la medesima rinuncia dal marito,controvoglia,senza perdere la propria indipendenza,il rispetto di sé-qualcosa,in fin dei conti,di impagabile.
 
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darida

Well-known member
Ammirazione per chi riesce a leggerla, a me Virginia le porte del suo mondo non le apre...non ci riesco proprio, mi annoia :boh: :)
 

Giammarco

New member
Pensavo che i rimasugli della lezione sulla Woolf del prof in V Liceo Scientifico mi bastassero, ma tre anni hanno cancellato un po' di cose e anche a me non risulta facile questo libro. Non è tanto la poca scorrevolezza o il seguire il flusso di coscienza, credo di avere qualche problema a cogliere tutti i suoi messaggi, mi sembra di scorgerne infiniti tra le righe, ma una lettura di semplice passione non basta a interpretarli correttamente tutti...
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
credo di avere qualche problema a cogliere tutti i suoi messaggi, mi sembra di scorgerne infiniti tra le righe, ma una lettura di semplice passione non basta a interpretarli correttamente tutti...

guarda, è un "problema" con cui mi sono scontrata spesso quando leggo un determinato tipo di libri...
Posso darti un consiglio però: cerca di abbandonarti alla lettura senza "intestardirti" troppo... Soprattutto in romanzi di qst genere, dove a farla da padrone è il flusso della coscienza che scorre libero da vincoli e da forme predefinite, la cosa più bella (e la più "riuscita" dal punto di vista della comprensione) è proprio lasciarsi trasportare da qst corrente...
Niente ti vieta -passati mesi, ancora meglio anni - di leggerlo una seconda volta, e stai certo che coglierai mille particolari che ti erano sfuggiti e proverai emozioni diversissime... :)
 

rabor

New member
Una lettura atipica, mi ha riportato un pò a " L'urlo e il furore " di Faukner. Poi leggo che quest'ultimo è stato proprio ispirato dalla Woolf. Il pathos angoscioso della follia, il quadro dell'alta società londinese, l'introspezione sentimentale di Clarissa e Peter, come molti non molto convinti delle scelte passate, le rappresentazioni efficaci, vivide, di quei personaggi che si ritrovano tutti nel finale senza epilogo. Uno stile geniale, con una capacità evocativa fantasiosa che finora ho notato solo talvolta in Céline. La struttura della narrazione mi ha talvolta affaticato con la drammaticità, ma anche incuriosito, facendomi percorrere tutta l'opera in cerca degli elementi che man mano hanno completato sia la vicenda che i suoi protagonisti.
 

velmez

Active member
primo libro che leggo della Woolf... ammetto di essere arrivata a metà libro prima di riuscire a ingranare... ma poi ci sono finita dentro in pieno e non mi è dispiaciuto affatto... vorrei leggere altro, magari con più calma (questo l'ho divorato in 2 giornate in spiaggia...)
 

SALLY

New member
E' il mio primo romanzo della Woolf, non ho trovato particolari difficoltà a leggere quel fluire di pensieri, ricordi, riflessioni...è come guardare un quadro impressionista, con tanti personaggi...chi chiacchera, chi passeggia, chi prende un the....tante persone, tante vite parallele ma collegate tra loro, i ricordi tornano prepotentemente nella mente di tutti, anche Clarissa rimugina sul suo passato, sulle proprie scelte, tra un vaso di fiori e un vestito da rammendare....sembra, a volte, scivolare su qualche pentimento...ma alla fine darà la sua festa, dove si ritroveranno tutti, quelli che hanno fatto parte del passato e quelli del presente, la festa sembra quasi la celebrazione della vita, del presente.Uno stile ricco e scorrevole...direi quasi rilassante!
 

velvet

Well-known member
Ricordi, pensieri e realtà si affiancano e si susseguono in questo libro che ci mostra una giornata dei due protagonisti, Clarissa e Septimus, ma anche momenti di tanti altri personaggi che si avvicendano sulla scena con i loro pensieri, la loro vita.
Clarissa e Septimus così diversi ma così simili nel lor mal di vivere al quale Septimus si arrende completamente e a cui invece Clarissa si oppone aggrappandosi alle sue certezze e alla sua vita di società.
La Woolf mi conferma la sua grandezza. Non mi ha entusiasmato al livello di Gita al faro, ma l'ho trovato molto bello.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Quando, al liceo, studiavo letteratura inglese, la mia professoressa diceva sempre che i romanzi della Woolf erano noti per il caratteristico "Stream of conshousness" – flusso di coscienza. Beh, eccone una chiara, lampante dimostrazione: qui la trama è debolissima, quasi inesistente, eppure la Woolf riesce comunque a raccontare lo svolgersi di una giornata ed a darci un'immagine chiara, seppur sommaria, delle vite dei protagonisti. Lo fa passando da un personaggio all'altro, da un pensiero all'altro, con estrema padronanza e, oserei dire, naturalezza. Il "problema" è nostro che dobbiamo seguirla, comprendere ciò che vuol trasmetterci, superare le nostre reticenze e lasciarci guidare, coinvolgere dal flusso, senza star troppo a pensare alla trama. Personalmente non credo d'esserci riuscita completamente: ho apprezzato il romanzo nel complesso, ne intuisco la profondità, ma non mi ci sono calata, non sono riuscita a decodificarlo come avrei voluto. Da qui la mia cautela nel consigliarlo: non è una lettura facile, anche se si è già letto altro della Woolf, però ritengo che sia un'esperienza di lettura da fare. Personalmente credo che lo rileggerò tra qualche tempo, forse tra qualche anno… sono certa che ne comprenderò meglio sfumature ed implicazioni.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
!! Contiene spoiler !!

Questa è stata per me una delle letture più difficili, anche se nell'insieme non mi ha deluso. La Woolf ha fatto un gran bel lavoro nell'uso del flusso di coscienza, dipingendo con le sue descrizioni il mondo visto da vari personaggi, fra cui anche la protagonista della storia, Clarissa.

La trama è quasi inesistente, la storia si svolge nell'arco di una sola giornata. Mentre all'inizio il punto di vista salta casualmente da un personaggio all'altro, a seconda di quello che l'autrice vuole descrivere, man mano che il romanzo prosegue i punti focali che emergono sono due: Septimus e Clarissa. Ma mentre Septimus lo vediamo attraverso i suoi stessi occhi (e quelli della sua malattia) oltre a quelli della moglie Lucrezia, Clarissa la vediamo soprattutto attraverso gli occhi delle persone che la conoscono. C'è poco nel romanzo che sia visto davvero dal suo punto di vista, senza filtri o opinioni esterne. Perché Clarissa Dalloway forse è un puzzle anche per sé stessa, e dietro il suo snobismo, le feste, gli invitati, si nasconde un grande e continuo senso di angoscia, una sofferenza e una incapacità di comunicare in modo aperto, senza indossare una maschera.

Anche lei come Septimus è malata, ma della sua malattia non sappiamo praticamente nulla. La sua mente (come quella dei suoi amici) torna continuamente al passato, mentre i loro rapporti reciproci sembrano essere molto diversi da quelli che erano un tempo. Tutti loro provano forse nostalgia per quei tempi ormai finiti. Ma mentre la loro vita sembra comunque stabile, Clarissa sente questo vuoto interiore che le rende ancora più pesanti gli anni che passano, e che forse la spinge a nascondersi dietro le feste e l'atteggiamento snob.

Il finale è un po' troppo aperto, vista l'assenza di una vera trama. L'autrice ha descritto diversi aspetti del mondo che circonda Clarissa, ma di lei ha tracciato solo uno schizzo, lasciando aperta la possibilità di un cambiamento ulteriore, o un punto di svolta, dopo la notizia del suicidio di Septimus.

Voto: 3,5 stelle su 5, perché sicuramente trasmette molto ma non mi invita a rileggerlo, e il finale aperto non ripaga l'impegno a seguire il continuo flusso di coscienza (che per altri invece potrebbe risultare più che scorrevole)
 
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