McCarthy, Cormac - Meridiano di sangue

fabiog

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Siamo al confine tra Stati Uniti e Messico nel 1850, un ragazzo appena quattordicenne abbandona la casa e si aggrega ad una banda di cacciatori di scalpi comandata dal giudice Holden un predicatoe e filosofo dei deserti che trascina con sè un gruppo di spostati e reietti. Per il ragazzo sarà la sua iniziazione alle spietate leggi del West e della vita.
Un romanzo grandioso in cui sembra sempre di essere sul confine del soprannaturale, la banda di cacciatori si muove in un mondo di violenza e sangue, l'idea che il libro trasmette è quello di un gruppo di persone già morte e che non sanno di esserlo che si muovono in uno dei possibili inferni.
La figura del giudice è maestosa, le pagine in cui viene raccontato come il giudice si è aggregato al gruppo sono splendide per potenza di linguaggio e descrizione, ma è tutto il libro che funziona perfettamente con magnifiche descrizioni della natura e spietate scene di violenza.
 

alessandra

Lunatic Mod
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Questo libro ha suscitato in me sensazioni contrastanti. Il fatto che il genere non mi faccia impazzire e che io non ami particolarmente le descrizioni dei paesaggi naturali ha fatto sì che la lettura, malgrado l'abbia portata a termine con relativa velocità, mi abbia un po' annoiato. E lo so che è stupido sentirsi in colpa perché non abbiamo apprezzato a dovere un romanzo, ma può capitare anche questo quando si riconosce che il libro merita un rispetto molto superiore a quello che gli abbiamo concesso.
E' la storia di un ragazzino che cova dentro di sé rabbia e violenza e, scappato di casa, si imbatte in un gruppo di cacciatori di scalpi, a cui si unisce. Ed è lì, nella Frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti, che scopre un mondo turpe e spietato che a lui tuttavia è congeniale, un mondo che oggi sembra surreale, dove conta solo uccidere e vincere. I personaggi del gruppo sono, ciascuno a suo modo, sbandati e fuori di testa, ma colui che rimane impresso è il giudice: un uomo dall'aspetto di un "bambino smisurato" subdolamente crudele, colto e amante del filosofeggiare, un uomo che il ragazzino (di cui non viene mai pronunciato il nome) teme e a suo modo odia subendone però profondamente il fascino, un personaggio che sembra rappresentare qualcosa di grande come un dio anomalo, un demonio o la forza del male che il ragazzo si accinge a compiere. Tutto ciò affascina soprattutto se, come in questo caso, è espresso con una scrittura magistrale, lirica, partecipe, viva, attenta alle metafore e ai dettagli ma allo stesso tempo intima e spontanea. Nella descrizione delle scene, anche delle più brutali - che sono parecchie, avviso per gli stomaci deboli - prende vita un paesaggio talvolta desertico, talvolta innevato, ma sempre in certo modo arido oltre che suggestivo, come se anche lo sfondo volesse comunicare che per gli uomini non c'è speranza. A essere obiettivi, il romanzo nel suo genere è davvero molto bello e McCarthy è uno scrittore come pochi.
 
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