Buzzati, Dino - Il deserto dei tartari

Meri

Viôt di viodi
Molto bello. Si vede lo scorrere del tempo e l'invecchiare del protagonista in una perenne attesa e nella totale monotonia.
Triste anche il primo ritorno a casa, niente apparteneva più al protagonista, neanche l'idea dell'amore.
 

malafi

Well-known member
Devo essere un caso più unico che raro. Quasi da museo. :paura:
Questo romanzo mi era piaciuto di più in prima lettura (credo ai tempi del liceo più che ai tempi dell'università) che non riletto ora in età matura.

Non che non ne abbia colto i significati, almeno credo, ma non è mai scattata alcuna chimica tra me e queste pagine.
Invece che immedesimarmi nell'inquietante attesa del tenente Drogo, ho provato una sorta di avversione e nervosismo verso questo personaggio quasi ignavo.
Avrei voluto scuoterlo, prenderlo per le spalle e scrollarlo con forza. Volere è anche un po' potere, gli avrei voluto dire.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Devo essere un caso più unico che raro. Quasi da museo. :paura:
Questo romanzo mi era piaciuto di più in prima lettura (credo ai tempi del liceo più che ai tempi dell'università) che non riletto ora in età matura.

Non che non ne abbia colto i significati, almeno credo, ma non è mai scattata alcuna chimica tra me e queste pagine.
Invece che immedesimarmi nell'inquietante attesa del tenente Drogo, ho provato una sorta di avversione e nervosismo verso questo personaggio quasi ignavo.
Avrei voluto scuoterlo, prenderlo per le spalle e scrollarlo con forza. Volere è anche un po' potere, gli avrei voluto dire.


Non ti sei mai trovato in una situazione simile?
 

gamine2612

Together for ever
Non è la storia di un semplice Tenente,è la storia di ogni uomo.Giorni che diventano mesi,mesi che diventano anni, anni che diventano decenni e decenni che diventano una vita.Questo libro è in grado di far scaturire una riflessione profondissima nel lettore,un senso di claustrofobia inquietante in cui la "gabbia" è la stessa esistenza.Una gabbia che ogni giorno si stringe sempre di più fino a schiacciarci e di fianco a noi quel dannato boia che è il tempo, questa clessidra che non concede favori a nessuno.Aspettare il colpo di fortuna che ti cambia la vita,quella botta di "culo" che puntualmente non arriverà mai e se arriverà non avrà più lo stesso sapore,avrà perso di significato.Con questo libro Buzzati ha toccato il cielo con un dito, ha superato se stesso.Consigliato a chiunque sappia leggere.

Per me il significato è molto in linea con questo commento. E' la storia della vita, di come ci può scivolare tra le dita tra speranze, dubbi ed illusioni.
Molto bello anche se l'epilogo è triste, comunque molto realistico.
Contentissima di averlo avuto tra le mani e quasi per caso.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Questo romanzo è del 1940.

Sono anni in cui l’attesa del mondo finisce e inizia la guerra, quella vera. Pare che Buzzati fosse affascinato dalla vita militare, dal suo rigore e dal suo senso di "utilità". Per alcuni anni lavorò alla cronaca locale del Corriere, un lavoro che non gli diede alcuna soddisfazione. Vedeva il tempo sgocciolargli tra le mani e pensava senza sosta se anche lui avrebbe finito la sua esistenza nell’aspettare la pensione, un posto migliore, una vita diversa.

Giovanni Drogo, l’alter ego dell’autore, è un uomo che aspetta. La sua è un’attesa paradossale, condita da dialoghi assurdi e situazioni tragicomiche, ma è anche un’attesa profondamente stoica. Perché sa benissimo che al termine della notte, oltre il deserto, al di là della fortezza non c’è nulla per cui valga la pena muoversi.

Votato 5/5
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Mi sono approcciata alla lettura pensando di non avere di fronte un romanzo classicamente inteso ma un monologo che l’autore fa a se stesso, come il racconto di un sogno.
Non c’è nulla di definito, non c’è un tempo, non c’è uno spazio, non c’è una storia, c’è un flusso di pensieri sottoforma di immagini e persone che diventano specchio dell’animo dell’autore.
La scrittura è apparentemente semplice, lineare ma complessa a livello di significati, si può rimanere abbagliati dalla descrizione fisica del deserto osservato al chiaro di luna, duranti i turni di guardia notturni, ma questa stessa bellezza allo stesso modo può gettarti nel panico più profondo pensando a tutto ciò che rappresenta simbolicamente.
La bellezza di queste pagine sta proprio in questa continua doppia lettura.
Senza quest’atmosfera di sogno la verità di fondo che si coglie può essere insopportabile.
Per me è stato un viaggio angosciante ma anche terapeutico, in fondo è in questo la forza della scrittura.
 

Trillo

Active member
Ho rimandato spesso la lettura di questo romanzo perché pensavo si trattasse di un libro pesante. Quando ho cominciato a leggerlo, invece, fin da subito mi sono dovuto ricredere, per via sia della scorrevolezza dello stile che della semplicità della storia. Il messaggio del romanzo, inoltre, è espresso in modo chiaro e forte, accennato già dalle prime pagine per poi diventare via via più martellante e angosciante: la vita è breve, il tempo fugge inarrestabile, ci sfugge dalle mani senza che ce ne accorgiamo, e non possiamo desertificarlo con la perenne attesa solitaria, assurda e vana di un evento improbabile che ci cambi la vita e il cui verificarsi è del tutto indipendente e scorrelato da ogni nostra minima azione ed influenza. Se non ci sforziamo di valorizzare il nostro tempo seminandolo con la vita e coltivandolo con le necessarie relazioni di cui si nutre, finiremo con l'essere soli, tristi, inutili a noi stessi e agli altri, vinti dal rimpianto di una vita sprecata, l'unica che ci è data. Giovanni Drogo, il protagonista del romanzo, è la vittima inconsapevole del tempo, così come della sua ingenuità, della sua inerzia e della sua incapacità di ribellarsi e prendere in mano la sua vita. Incaricato di prendere servizio presso la fortezza Bastiani, un decadente presidio militare sperduto fra il deserto e le montagne in un tratto di frontiera "morta", ormai privo di alcuna considerazione, Drogo dissolve la sua vita in questo luogo isolato, senza stabilire alcun legame saldo e lasciando al contempo appassire quelli già seminati nella sua vita in città, nella cieca e monotona ubbidienza dei doveri militari con l'insensata speranza che un attacco dei "tartari" da contrastare restituisca alla fortezza e ai suoi uomini la giusta importanza e una degna considerazione agli occhi degli altri, ripagandoli del tempo sprecato in esilio dal mondo e dalla vita. Ma quella che per molti è una pura e semplice illusione con cui dar senso alla loro temporanea permanenza alla fortezza da cui desiderano intimamente fuggire al più presto, diventa invece pericolosamente per Drogo una vera e propria ragione di vita, anche dopo aver capito di essere stato raggirato e lasciato al suo destino dai suoi superiori così come dai suoi colleghi ufficiali. Con il passare del tempo, infatti, diventa per Drogo sempre più difficile abbandonare le note e confortevoli abitudini della fortezza e riadattarsi ad una vita in città in cui si sente sempre più estraneo a tutto. L'illusione di un possibile attacco dei tartari da attendere e sventare rappresenta quindi un facile rifugio da una vita che Drogo è incapace di prendere in mano e affrontare... Ma intanto il tempo passa, e non si potrà tornare indietro... Fino a quando, all’improvviso, per citare una poesia di Montale, sarà:

"il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco.
[…]
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto."


Quel deserto considerato innocuo, immoto ed immobile, puro sfondo da cui invano si è atteso il cenno di vita di un attacco nemico, era in realtà esso stesso il nemico da fermare, e che celatamente ed irrimediabilmente ha compiuto alle spalle del protagonista l’avanzata nella sua vita lasciata così ad inaridirsi incontrollabilmente verso confini che si perdono nell’orizzonte del tempo.

Nonostante il messaggio del romanzo sia forte e penetrante nel suo vigoroso monito, devo però confessare con un certo rammarico che c'è qualcosa che mi ha lasciato insoddisfatto. Ho trovato il protagonista, Giovanni Drogo, privo di carattere e di personalità, sebbene credo che questo sia proprio un aspetto voluto dall'autore, creare cioè un personaggio cieco a se stesso e in balia del vento.
E la semplicità della narrazione che ho piacevolmente constatato fin dall'inizio, a lungo andare non mi ha conquistato, perché non l’ho trovata al servizio di intenti che andassero al di là di quello di trasmettere in modo chiaro e netto il messaggio del romanzo. In altre parole, la semplicità della scrittura non rappresenta ad esempio il riflesso di una trasposizione "linearizzata" di un groviglio di tormenti dell'animo, né funge da mezzo chiarificatore di una particolare complessità di pensiero, ma è unicamente un mezzo per comunicare a chiare lettere un ben preciso messaggio che per giunta è fin da subito svelato dal romanzo stesso.

O forse, più semplicemente, si tratta di ammettere che anch'io comincio ad avvertire che il tempo mi sta sfuggendo di mano, insieme alla terribile sensazione di essere sullo stesso binario del destino di Giovanni Drogo a cui non riuscirò mai a sfuggire, e che quindi non riesco a dire che mi sia piaciuto senza riserve un romanzo che mi ha posto dinanzi a queste sensazioni.
 

Grantenca

Well-known member
O forse, più semplicemente, si tratta di ammettere che anch'io comincio ad avvertire che il tempo mi sta sfuggendo di mano, insieme alla terribile sensazione di essere sullo stesso binario del destino di Giovanni Drogo a cui non riuscirò mai a sfuggire, e che quindi non riesco a dire che mi sia piaciuto senza riserve un romanzo che mi ha posto dinanzi a queste sensazioni.

Bellissima la tua recensione. La sensazione che hai avvertito alla fine del libro penso sia comune a molti altri lettori, perché il trascorrere del tempo è INESORABILE per tutti. Ciò non toglie che Buzzati abbia descritto questa tragedia che fa parte della vita di tutti noi in modo mirabile.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Quante ore, settimane, giorni, mesi, anni della nostra vita abbiamo passato in attesa? A volerlo quantificare, quanto tempo abbiamo trascorso nella speranza che accadesse qualcosa, qualcosa di epocale, nuovo, diverso che imprimesse ai nostri giorni quella svolta decisiva che tanto aspettavamo? E intanto il tempo è passato, è scivolato via inesorabile e noi siamo cresciuti, cambiati, magari invecchiati senza che quel qualcosa accadesse. È ciò che accade a Giovanni Drogo, il protagonista di questo bellissimo romanzo di Dino Buzzati: tenente nominato in servizio di prima nomina alla fortezza Bastiani, mentre vi si reca, Drogo scopre dal capitano Ortiz che quella dov'è stato destinato è tutt'altro che una fortezza ambita. Non è per nulla movimentata, è piccola e quasi morta, nessuno vuole venirci e tantomeno restarci. Così, un po' frustrato ma comunque impressionato dalla fortezza e soprattutto dal deserto a Nord, Drogo si propone di rimanerci quattro mesi, ma allo scadere dei quali decide di rimanere. Attende, come tutti gli altri, che dal Nord, dal deserto, arrivino i tartari, arrivi il nemico, scoppi la guerra, ci sia dell'attività. E attende, e attende, e intanto aumenta di grado, i comandi della fortezza si avvicendano come i soldati, ma i nemici non arrivano. E passa il tempo, passa tanto tempo, finché Drogo, ormai vecchio, si ammala. È proprio allora, dopo che li ha attesi per tanto tempo, che i nemici arrivano. Un libro scritto in modo magistrale,[SUB][/SUB] con una prosa scorrevolissima, fluida ed evocativa e con un finale davvero commovente. Un classico sul tempo, sull'attesa e sulla necessità di vivere la vita quando e come se ne ha la possibilità, al meglio possibile. Se ancora non l'avete letto, dovreste proprio recuperarlo.
 
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