Ho appena finito "La sposa giovane" di Alessandro Baricco.
E' stata dura arrivare fin in fondo, ci sono slittamenti narrativi in cui il libro diventa autobiografico, poi l'autore diventa narratore onnisciente, poi parla in prima persona al posto dei personaggi, poi introduce scene della propria vita che si fondono con la trama principale: insomma arditezze stilistiche che inizialmente infastidiscono perché sembra che B. dica al lettore "guarda quanto sono fico, ti porto sulle montagne russe e lo posso fare perché sono bravo".
A quel punto o abbandoni o decidi che vuoi vedere dove va a parare.
E alla fine trovi che non sta giocando a chi ce l'ha più grosso (il cervello), ma sta mettendo a nudo il proprio dramma personale nella glassa di una storia magica.
Oppure che sta tessendo un arazzo impalpabile e iridescente per avvolgere la proprio debolezza di uomo impaurito.
Allora ti lasci andare, segui il doppio binario della favola e quello del sottostante smarrimento di fronte alla malattia, e accogli entrambe le dimensioni.
Però questa volta mi ha davvero messa a dura prova, all'inizio mi veniva di pensare: "Ma chi ti credi di essere?"
Alla fine però mi ha commossa.
"Sono i corpi a dettare la vita - tutto il resto è una conseguenza".