Hosseini, Khaled - E l'eco rispose

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari. Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare. Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c'è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all'isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l'una per l'altra. Seguendo i suoi personaggi e le ramificazioni delle loro vite e delle loro scelte, la storia si snoda in un quadro sempre più ampio e carico di emozioni da cui il lettore resta totalmente catturato. Un grande romanzo che si inserisce perfettamente nel solco già tracciato dai suoi romanzi precedenti, Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli.


Dopo il meraviglioso Mille splendidi soli, non credevo che Hosseini sarebbe riuscito a ripetersi a livelli così alti e a confermare ancora una volta un talento indubbio soprattutto per quanto attiene la rappresentazione dell'universo femminile. E' un romanzo intenso, commovente, con diverse storyline e altrettanti personaggi che si intrecciano tra loro, anche a distanza di generazioni. La parte che mi ha convinto di più è quella ambientata in Afghanistan rispetto a quelle in USA, Grecia e Francia: forse perché Khaled infonde inevitabilmente una parte di sé nella narrazione, che in quei capitoli si fa più pregna, più intimistica, come se le pagine trasudassero la sofferenza che lui stesso ha esperito. Quando invece deve spaziare in locations non "sue" (nonostante una puntuale rappresentazione delle abitudini, costumi, usanze greci, francesi e americani) si avverte l'inevitabile distacco emotivo dello scrittore onnisciente, che non può metterci l'anima mentre scrive, ecco.
Tra i personaggi che animano questa bellissima storia di amore, amicizia, sacrificio e rinuncia, voglio accennare di sfuggita a quello che mi è rimasto nel cuore: Nabi, l'autista e cuoco tuttofare. Mi ha fatto commuovere la scelta di vita che fa nel momento in cui scopre la verità sul suo datore di lavoro; mi hanno fatto venire i brividi la dedizione, l'abnegazione, la decisione consapevole di annullare se stesso. Non posso dire di più per non spoilerare.
Memorabili restano anche alcune figure femminili, non tanto quelle anticonformiste e intimamente ribelli come Nila e la madre di Talia, quanto quelle profondamente umane come Talia stessa e la madre del chirurgo Varvaris. Capaci di trasformare il dolore e la sofferenza in forze motrici positive e costruttive, di rimboccarsi le maniche e lottare quotidianamente potendo contare l'una sull'altra. Il rapporto tra queste due donne mi ha fatto venire la pelle d'oca: con dolorosa consapevolezza il medico si rende conto che è stato sin dall'inizio più forte, più profondo del suo rapporto con la madre.
Lo stile di Hosseini è sempre cristallino e scorrevole. L'unico appunto che posso fare è sull'(ab)uso delle metafore, che a volte ho trovato insistente, e sull'assenza di qualche nota a corredo dei termini in farsi, che non avrebbe stonato.
Insomma, una terza grande prova da parte di un autore che ormai è una garanzia.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Gli altri due mi sono piaciuti molto...dopo questa bella recensione metto in wishlist :D
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Possibili spoiler

Ancora una volta Hosseini dimostra una grande forza narrativa e una sensibilità straordinaria nel cogliere ogni sfumatura all'interno di ogni singolo evento descritto, riuscendo a guardare con occhio attento e lucido la vita dal punto di vista di ciascuno dei suoi personaggi e scavando nei meandri dell'animo umano con una semplicità talmente candida da colpire il lettore quasi brutalmente. Tante storie si intrecciano all'interno di questo romanzo, alcune non vitali ai fini dello sviluppo della storia principale, ma allo stesso tempo non potrei mai dire "quella storia stona" perché tutto, in questo libro, mi ha insegnato qualcosa. Ad esempio le vicende del medico e di Thalia, già citate da Germano, potrebbero essere evitate ai fini della trama, ma sono contenta di averle lette perché così ho conosciuto Thalia e il suo enorme coraggio, la madre del medico e la sua umanità.
Come ne Il cacciatore di aquiloni, il rimorso e il senso di colpa segnano prepotentemente la vita dei personaggi, in questo caso quella di Nali ma anche quella di colei che diventerà poi la matrigna dei due bambini (non voglio spoilerare troppo).
Sono d'accordo con Germano sul fatto che le parti ambientate nei villaggi dell'Afghanistan possiedono una magia irripetibile. Stupenda la storia iniziale di Abdullah e Pari, ma anche quella delle due sorelle e la descrizione del loro rapporto, segnato dalla gelosia e poi dalla tragedia, che sfocia nel sacrificio dettato da un senso di giustizia e da un amore senza confini.
Alla fine, come nello stile dell'autore, il cerchio si chiude. Senza troppo rumore, con delicatezza e realismo.
Fosse per me, lo racconterei tutto, ma è meglio che lo leggiate :mrgreen:
Bellissimo! :)
 

nitina

New member
Dopo aver letto gli altri due, dai quali ero rimasta molto colpita non solo per la trama e i temi trattati, ma anche per la maestria nel raccontare: devo sinceramente confessare la mia leggera delusione quando ho finito questo "E l'eco rispose". Certo non nego che il modo di scrivere continua a piacermi tanto, ma non ho trovato in questa terza opera la stessa verve che c'era nelle precedenti due.
L'intreccio è molto ben fatto, la struttura del romanzo non è affatto banale. L'Afghanistan di sfondo alla storia, con il sorvolare anche altre città: New York, Parigi... mi ha dato di certo qualcosa in più. Resta l'amarezza della consapevolezza che ci siano tuttora nel mondo situazioni tragiche, incredibilmente compatibili con il nostro definirci "uomini" e non "bestie". I riferimenti alla guerra infinita, alle devastanti storie che scavano le vite di persone innocenti...lasciano l'amaro in bocca e per quanto mi riguarda anche un certo senso di rabbia acre.
Il mio non può essere un commento negativo, probabilmente se avessi letto questo libro per primo avrei comunque deciso di proseguire a leggere altro di Hosseini.
Credo sia in ogni caso un libro da non perdere, una storia che contiene tante storie da assaporare.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
non so... mi aspettavo di più

Visti i precedenti due capolavori, questo terzo libro di Hosseini mi è sembrato meno bello. Intendiamoci, stiamo parlando comunque di alti livelli narrativi e le qualità di Hosseini come scrittore sono indiscutibili; tuttavia questo libro mi è sembrato troppo frammentato, nel tempo, ma soprattutto nello spazio. Hosseini dimostra una notevole padronanza dei luoghi che descrive e riesce a calare i personaggi al loro interno in modo perfetto. Ma nel complesso il romanzo può sembrare un po scoordinato, troppo ramificato rispetto alla storia principale. Resta indubbiamente un buon libro, da leggere d'inverno, davanti a una buona tazza di tè bollente!
 
A

Adelina

Guest
Ho appena votato questo libro e mi è dispiaciuto dare solo 3 su 5. Hosseini mi piace molto come scrittore, ma questa volta non mi ha convinta fino in fondo.
Forse troppi personaggi, troppi intrecci... l'inizio è stato interessante, così come la fine, è la parte centrale che non mi ha coinvolta al 100%. Il finale mi ha strappato qualche lacrima.

Vi lascio alcune frasi che mi hanno colpita.

“Quando mi sentivo sola sussurravo il suo nome, il nostro nome, e, trattenendo il respiro aspettavo un’eco, certa che un giorno avrebbe risposto.”

"Entrare nella casa della mia infanzia mi disorienta un po’, è come leggere la fine di un romanzo iniziato tanto tempo fa e poi abbandonato. "

"Non so cosa significhi questa piuma, non ne conosco la storia. Ma so che significa che Abdullah ha continuato a pensarmi in tutti questi anni, a ricordarsi di me"

Se vi capita leggete " I cieli di Kabul" che raggruppa un insieme di interviste fatte allo scrittore.
 

MadLuke

New member
I dolori e gli smarrimenti della vita alla fine si riannodano

Il terzo avvincente romanzo di questo autore, che mentre narra con estrema maestria le tortuose vie del cuore degli uomini, in ogni sua opera ci concede il lusso di apprendere qualcosa di più sulla storia del popolo afghano e della sua società, tanto poco conosciuta quanto fondamentale nella storia degli ultimi decenni dell'Occidente.
Come negli altri due suoi romanzi, la storia si dipana a partire da un evento certamente tragico eppure apparentemente trascurabile per i più. La sua abilità invece sta nel mostrare al lettore con estrema chiarezza, dandogli l'impressione di essere sempre presente lungo tutta la storia che si snoda lungo un itinerario di avvenimenti ed emozioni di cinquant'anni, dall'Afghanistan alla California, come le emozioni e i sentimenti forgino le vite nostre e di chi ci sta vicino.
Ciò che per me rende davvero prezioso il libro, e il saper mostrare come anche i momenti di dolore più incomprensibile, lo smarrimento che talvolta coglie gli uomini e le donne nei momenti più impensati, la desolazione senza fine... In qualche modo alla fine si ricomponga, non necessariamente per il meglio, talvolta anzi in maniera finanche più dolorosa di come fosse iniziata, a volte invece concedendo un poco di meritata pace dell'anima, ma pur sempre rendendo ragione di un'intera vita, con tutti i travagli che questa sempre comporta. E allora di taluni "perché!?" urlati in preda alla disperazione è concesso di avere risposta, perché alla fine "l'eco rispose".

Per una storia per certi versi simile, ancorché con atmosfere e personaggi completamente diversi, credo sia interessante leggere "Il senso di una fine" di Julian Barnes. Il raffronto che ne esce trovo sia molto interessante.
 

Nerst

enjoy member
Bel libro, assai diverso da quelli precedenti, dove la storia riguardava i protagonisti più da vicino. Qui invece ci sono intrecci che sembrano raccogliere più vicende senza approfondirle in fondo. Triste e malinconico, ma comunque vale la pena di leggerlo.
 

kikko

free member
Anche a me la parte che mi è pioaciuta di più è quella ambientata in Afghanistan, e i personaggi in quelle pagine sono quelli che mi hanno coinvolto di più, gli altri non mi hanno particolarmente colpito. Rimane comunque un libro che consiglierei :)
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Un libro molto bello e commovente in alcune parti, estremamente interessante in altre, ma secondo me prolisso e poco approfondito nell'analisi dei caratteri e delle motivazioni in altre parti.
Sembra quasi un concerto dove, alle parti più prettamente orchestrali, belle e significative ma senza momenti di spicco, si alternino degli stupendi "a solo" che mettono a nudo l'animo dei diversi solisti, protagonisti di alcuni capitoli particolarmente riusciti. Alcuni di questi mi sono rimasti impressi fortemente come, nel quinto capitolo, il personaggio di Idris che per me è una delle figure meglio delineate ad approfondite dell'intero romanzo.

Idris è un giovane medico di origine afgana. Vive agiatamente in California, ma è tornato per breve tempo in Afghanistan. Venuto a conoscenza della atroce vicenda di una ragazzina, Roshi, ferita e deturpata dallo zio, si lega a lei con immensa compassione e intenso affetto. Decide così, e ne fa solenne promessa alla fanciulla, di dedicarsi anima e corpo alla missione di trovare i fondi per farla operare in America per guarirla dall'orrenda ferita.
Una volta tornato in California, però, a poco a poco il ricordo della commozione svanisce e l'uomo si arrende di fronte alle difficoltà del compito che si è assunto. E questo è umano. Ma la descrizione che Hosseini ci offre di tutto il processo mentale del giovane medico ci fa entrare nel vivo dei suoi sentimenti, dei suoi slanci e infine anche della sua vergogna e del suo senso di colpa, rendendolo un personaggio tragico nel suo consapevole tradimento, che è soprattutto tradimento della parte migliore di sé.
Ecco uno stralcio.
<<Nell'ultimo mese Roshi è diventata qualcosa di astratto per lui come un personaggio letterario. Il loro rapporto si è sfilacciato. L'inaspettata intimità che si era creata all'ospedale, così urgente e acuta, si è usurata, diventando qualcosa di insignificante. Quell'esperienza ha perso il suo fascino. (...)
Adesso la distanza tra lui e la ragazza sembra immensa, infinita, incommensurabile, e la promessa che ha fatto un errore incauto, avventato, un'interpretazione terribilmente sbagliata dei suoi poteri, della sua volontà e dl suo carattere.
Lui non è all'altezza. Molto semplice.
Nelle ultime due settimane ha ricevuto altre tre mail di Amra.
(la volontaria che si occupa della ragazza, nota di chi scrive).
Ha letto la prima ma non ha risposto. Ha eliminato le altre due senza leggerle.>>
*

(continua)
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Un' altra figura particolarmente approfondita dall'autore è, nel settimo capitolo, il giovane Adel.
E' un adolescente figlio di uno dei "Signori della guerra" che vive in una casa-fortezza-prigione dorata e adora il padre, credendolo un uomo potente ma giusto e caritatevole.
Poiché è pur sempre un ragazzo ama sgattaiolare dalla villa, facendola in barba alle guardie del corpo del genitore armate di kalashnikov. Conoscerà così un altro ragazzo, uno straccioncello che vive nella realtà misera e crudele del mondo vero, e inizierà a conoscere un diverso modo di vivere, lacero e orgoglioso, affamato ma carico di dignità.
Per un po' di tempo Adel riuscirà a tenere insieme le due visioni del mondo, la sua, dorata, e quella dell'amico, disperata, ma quando il potere intriso di violenza e la crudeltà del padre gli appariranno evidenti dovrà affrontare il crollo del proprio universo infantile e a poco a poco ricostruire una visione più amara della vita, di se stesso e della propria famiglia.

<<La gente imparava a convivere con le cose più impensabili. E così avrebbe fatto lui. Questa era la sua vita. Questa era sua madre. Questo era suo padre. E questo era lui, anche se non ne era stato sempre consapevole. Sapeva che non avrebbe più amato suo padre come in passato, quando dormiva felice rannicchiato nel porto sicuro delle sue forti braccia. Questo sarebbe stato impensabile, ora.
Ma avrebbe nuovamente imparato ad amarlo, anche se in modo diverso, più complicato, più contorto.
Adel sentiva che stava oltrepassando con un balzo la propria infanzia. Ben presto sarebbe stato adulto, e allora non ci sarebbe stato modo di tornare indietro, perché l'essere adulto era qualcosa di simile a ciò che suo padre una volta aveva detto dell'essere un eroe di guerra.
Quando si diventa eroe, si muore eroe.>>
*

Ho evidenziato queste due figure perché mi hanno emozionata più delle altre, ma queste come tante altre nel libro portano in sé una caratteristica comune che chiamerei accettazione, a volte saggezza, altre volte ancora fiducia ma che sempre, come una piuma colorata, come una piuma esile e delicata, come una piuma indistruttibile, ha il nome di speranza.
 
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