Personaggi

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Ho letto Sei personaggi in cerca d'autore (Luigi Pirandello) circa 15 anni fa.
E' stata l'opera di teatro più bella che ho letto e sicuramente rientra tra i Top Five delle mia biblioteca.
E' un'opera che contiene vari argomenti, uno dentro all'altro, come se fossero matriosche.
Uno degli argomenti più belli è la contrapposizione tra Personaggi e Attori, infatti, tra i protagonisti dell'opera, ci sono sei attori che devono interpretare sei personaggi, e tutti e dodici convivono nell'opera.
Trovo che l'idea sia geniale, così come sia azzeccata la distinzione tra gli uni e gli altri.

E' una cosa che ha continuato a frullarmi nella testa per anni e da parecchi mesi volevo scriverne ma non ne ho mai avuto il tempo.
Volevo parlare di Personaggi veramente esistiti, di persone vive o defunte, che ho incontrato, conosciuto bene, e che penso avrebbero meritato far parte di un bel romanzo.
Alcuni erano dei veri eroi della vita, altri meno, altri delle deiezioni, ma non importa: erano senz'altro personaggi.
Adesso che è natale un po' di tempo ce l'ho, perciò ne approfitto e apro la discussione.
Ma la chiudo anche qui perchè mi metto a scrivere a proposito del primo personaggio, e sperando di finire in tempo utile, posterò prima di andare a dormire.

Poi ce ne saranno altri.
Se ne avete conosciuto anche voi, scrivete pure.

PS: non so se questa discussione sta meglio qui o in Amici o altrove; decidano i Moderatori.
Io però la preferisco qui, perchè se i Personaggi di cui parlerò non appartengono alla letteratura, è perchè gli scrittori hanno perso un'occasione d'oro, non per colpa loro.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Una casetta piccola così…

Nel 2000 sono andato a lavorare a Torino, ho comprato Secondamano, ho spulciato la sezione Affittasi e cercato casa più o meno a est della città, ho telefonato, fatto qualche domanda e poi mi sono recato a vedere l’alloggio.
La casa era un appartamento a piano terra dove mi spettava il bagno, la camera e il cucinino; l’altra camera, ai padroni di casa; tutto in nero e niente problemi.
OK, e ho pagato.
La trattativa l’ho fatta col Figlio (circa 40 anni, io ne avevo 30) ma i padroni erano i suoi genitori (Giuseppe e Giovanna), che vivevano al piano di sopra.

Io volevo farmi tanto gli affari miei, perciò quando uscivo la mattina presto, se incontravo qualcuno dicevo buongiorno, e quando rientravo la sera tardi, se incontravo qualcuno, dicevo buonasera.
Poi una sera, adesso non ricordo bene, succede qualcosa, mi preoccupo, e invece di farmi i fatti miei, suono al campanello; non risponde nessuno, mi preoccupo ancora di più e chiamo il Figlio, ma si chiarisce tutto.
Io non me n’ero accorto, ma questo mio preoccuparmi per loro, li aveva colpiti.
Insomma, che ogni volta che ci incontriamo, oltre al buongiorno e al buonasera ci scappa qualche altra parola e instauriamo rapporti di vicinato, che in breve diventa un venga a cena da noi, e intorno al tavolo iniziano a raccontare.

Giuseppe e Giovanna sono la coppia di tipici meridionali che spesso ho conosciuto e ritrovato in ogni città del nord dove sono vissuto: Torino, Milano, Pavia, Padova, Verona, Genova…
Lui era arrivato negli anni 50 con la valigia di cartone e una volta trovato un lavoro e un tetto (che non significa casa), era venuta su anche lei.
Lui aveva lavorato tutta la vita in una fabbrica di nonsocosa, poi la sera usciva e andava a fare nonsocosaltro, mentre la domenica andava da nonsochi.
Lei invece lavorava per una ditta di pulizie che aveva l’appalto in un grande ospedale (questo me lo ricordo) e dopo 20 anni scoprì che non le avevano pagato i contributi, la sera faceva le pulizie nel condominio in cui viveva e poi badava ai figli (2 maschi) e alla casa, che non vuol dire fare la casalinga interfacciata con mille e un elettrodomestici meccatronici, bensì:
• fare i vestiti per tutti, così come le tende, le tovaglie, le lenzuola…
• far da mangiare, ovvero fare le salsicce (la salama, come dice lei), il capocollo, la ricotta, la pasta, il pane, il vino, la grappa, la ricotta, la marmellata, la gelatina, i barattoloni di minestra, la frutta secca, i fichi secchi, le castagne, le noci, la salsa, il sugo…
• gli stracci con la roba vecchia;
• il sapone… sì, perché lei faceva anche il sapone
di tutto insomma.
Mi ricordo che una volta che mangiavo a quattro palmenti tutta roba che aveva fatto lei (tranne le forchette), le dissi scherzando ma lei è proprio una no global, e lei una no che?
Insomma, che nella vita devono aver lavorato più loro che l’orologio, e risparmiato tutto.
Tutto perché mettevano tutto in banca, e quando ci furono i soldi si comprarono casa a Torino, così poterono risparmiare ancora di più, e allora comprarsi la casa al paese per quando un giorno sarebbero tornati, e poi un’altra casa da affittare dove stavo io.
Con gente così, il miracolo italiano avrebbero potuto farlo anche gli americani.
Finita questa razza però – guarda caso! - miracoli non ne abbiamo fatto più
I figli a scuola. Punto. Senza discussioni. Uno ragioniere e l’altro geometra. Uno in una ditta grande dove pur non avendo raccomandazioni ha fatto carriera, e l’altro in proprio che è diventato ricco.

Devono essere stati degli ottimi genitori, senza sapere cos'era un pediatra, un logopedista o un pedagogo; ottimi genitori a base di esempi di amore, dedizione, lavoro e risparmio.

L’appartamentino di Giuseppe e Giovanna sembra arredato da un architetto indeciso tra il reparto Roccocò di Mercatone Zeta e gli anni 60, nel dubbio, tutto è stato foderato di centrini.
Io quando vedo un centrino, solo che per la polvere che c’hanno dentro, mi viene l’asma.
A casa loro no, perché tutto è pulito come la sala operatoria del dottor Kildare.

Una sera torno dal lavoro e mi trovo che sul tavolo c’era un piatto coperto con un altro piatto: sollevo quello di sopra e mi trovo gli spaghetti al pomodoro, basilico e un peperoncino; la carne; la verdura al forno; un pezzettino di formaggio; il loro pane e una bottiglia di vino.
Da quel giorno fu sempre così, fino a quando dissi basta…e andai a cena sempre da loro, ma siccome dovevo sentirmi di casa, allora pretendevo apparecchiare e sparecchiare e dare una mano in cucina, e lei ma no, ma no, lei è ingegnere, e poi invitava le amiche per presentar loro l’ingegnere che mangiava da loro.

Una volta salgo su e trovo Giuseppe col volto ustionato.
- Ma cosa è successo?
- Ero in garage che facevo la marmellata quando è scoppiata la bombola del gas perciò mi hanno portato al pronto soccorso.

….
Guardo Giovanna che mi conferma l’accaduto.
Insomma che un po’ di confidenza l’avevo perciò dico che quando esplode la bombola viene giù il palazzo, magari tutto no ma la facciata sì, e arrivano i pompieri e la polizia e… mi sembrava tutto tranquillo.
Allora si guardano negli occhi e mi dicono be’ a lei che è di famiglia possiamo dirlo ma non lo dica a nessuno. Mentre facevamo la grappa è scoppiato l’alambicco.
- E allora dica che è scoppiata una pentola a pressione…
- Eh sì, l’Antonio che era al pronto soccorso è del nostro paese e l’ha curato senza fare domande…


Insomma, fu come essere adottato.
La sera, se suo figlio non poteva passare a trovarli, mi chiamava e lo rassicuravo.

Poi lasciai Torino e anche loro, ma promisi che avrei tenuto i contatti, e così fu, infatti quando lasciai Milano e mi misi a girare l’Italia, quando capitavo a Torino, passavo a trovarli, e allora aprivano tutti i barattoli.
Ricordo la salama sotto sugna, la purmonella affumicata sott’olio, il pecorino, il capocollo, il caciocavallo (quello vero), le olive col finocchio, il peperoncino anche nel caffelatte, il vino leggero che facevano in casa, la grappa alla buccia d’arancia e una cosa che non so come si chiama o se ha un nome: facevano cuocere le cotenne di maiale nello strutto, con pepe e tanto alloro, poi mettevano il tutto nei barattoli, e quando rassodava, tiravano fuori sto rotolo di cotenna grassa fritta nel grasso conservato sotto strutto e lo facevano a fettine sottili e lo mettevano sul pane: una delizia, delicato come il burro ma profumato come un arbusto, roba che per molto meno, un angiologo ti condanna alla pena di morte!

Anni dopo mi invitarono per il festeggiamento dei 50 anni del loro matrimonio: eravamo solo i parenti stretti e il sottoscritto, d’altronde era come se mi avessero adottato, no?
Tornai anni dopo per far conoscere loro mia moglie, cenammo l’impossibile e il giorno dopo andammo al salone del libro di Torino.
All’ora di pranzo aprimmo il pacchetto che ci avevano preparato: due panini di salame sott’olio. Solo che ogni salame era intero e il pane era il loro, abbastanza duro e spesso uno spanna. Non avendo le mascelle di due ippopotami, li mettemmo via e andammo al bar: la coda arrivava fino a Vercelli perciò tornammo ai ns panini, che anche se poco manovrabili, erano squisiti. Sento ancora il gusto finocchio.

Adesso li ho chiamati per gli auguri e Giuseppe sta male, perciò domani andiamo a trovarli, anche perché voglio fargli conoscere mio figlio: spero che crescendo rimanga in lui il loro ricordo, perché man mano che crescerà, gliene parlerò spesso.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Altri personaggi?
Io volevo scrivere qualcosa sui miei prof del Liceo e delle scuole medie, ma devo trovare l'ispirazione :wink:.
 

Raniero Toscano

Lettore dell'estremo sud
Grazie Carcarlo, ti confesso che stavano per venirmi le lacrime, queste sono alcune delle cose belle che capitano nella vita.
 

darida

Well-known member
che bello leggerti Carcarlo :D

io avevo un blog "gattoaldo" che ho perso...sono una gattara inaffidabile, anche nella versione digitale...

avevo pubblicato, tra le altre cose, anche i "racconti del quartiere" dedicati a vari personaggi legati alla mia infanzia e allo...stravagante :wink: quartiere popolare dove sono cresciuta, alla periferia di Milano, sprofondato per alcuni mesi nel nebiun di allora quello che si tagliava con il coltello, non la robetta di adesso
tutti i personaggi titolati rigorosamente con l'articolo davanti (alla maniera nordica) :mrgreen:
"Il Dante" una pasta di pane di ladro di quartiere -morto da molti anni- era il primo ad aprire le danze

Sono quasi certa che prima o poi ritroverò la copia cartacea che per sicurezza avevo stampato...

mi piacerebbe farvene leggere alcuni come li avevo scritti allora, poco più di 10 anni fa, (sapete che amo la sintesi, non ci mettereste molto :wink:)
sarebbe un riscontro anche per me, non che sia già al momento dell'oblio, ma il tempo cambia le cose, modifica i ricordi (?) volevo verificare...:wink:

to be continued, forse
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Alla fine siamo andati a trovarli e hanno conosciuto mio figlio.
Lei era triste perchè Lui, anche se scherzava, arrancava malaccio.
Dopo capodanno è peggiorato, è stato ricoverato e poi mandato a casa.
Da oggi non c'è più.
Però resta il suo ricordo che coltiverò per sempre.
Martedì andrò a Torino per stringermi alla mia seconda Famiglia.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Un uomo che non mi ha insegnato nulla ma da cui ho imparato tanto (I)

Allora:
1. per descrivere Piero non basta Pirandello, ci vuole come minimo Dosto;
2. natale è finito da un pezzo perciò per scrivere quanto sotto ho dovuto fare circa 20 start & stop;
3. il risultato non merita nemmeno la sufficienza ma o posto così oppure si fa natale di nuovo.

Quando ci si siede a tavola, Piero racconta che è nato 55 anni fa (55 anni che ritiene di non dimostrare, e infatti prima di dirtelo ti domanda: ma quanti anni mi darebbe?) in una famiglia dell’alta borghesia veneta.
Il Padre era in società con gli zii e possedeva la quota di maggioranza di una società distributrice per il Veneto di un noto marchio tedesco, e quella di minoranza di un paio di fabbriche manifatturiere dello stesso settore merceologico.

Quando siamo in aeroporto aspettando l’imbarco, Piero racconta che ha anche un fratello, Mino, di due anni minore, ma non ne vuol parlare, e anche se non ne vuol parlare e nessuno gli ha chiesto nulla, ne continua a parlare con disprezzo dicendo che non ne vuol parlare.

A colazione Piero racconta che non è stato un buon studente (anzi, nei suoi discorsi dimostra insofferenza per la scuola e disprezzo per i professori), e finisce per diplomarsi in ragioneria per il rotto della cuffia.
Viceversa racconta con foga di come si dava da fare nella ditta paterna dove si dimostrava particolarmente combattivo, tenace e brillante, molto più del fratello, quasi quanto il padre, e a volte anche di più, e in ragione della sua bravura pretendeva i suoi spazi, e perciò discuteva con gli zii che non capivano nulla, lo disprezzavano e invidiavano.

Dopo il brindisi, Piero racconta che aveva successo con le ragazze, molto più di suo fratello che invece era goffo, ma salta altre sì alla vista che guardandosi allo specchio non abbia realizzato di non essere proprio un Adone: è parecchio più basso della media (e infatti porta i tacchi rialzati), la corporatura è medio-piccola e teme che un domani possa venirgli un po’ di gobba come al padre e agli zii, il viso è grassottello, gli occhi sporgenti e vispi, il naso piccolo all'insù come se fosse un maiale col naso fine - da tartufi direi - e i capelli iniziano a diradarsi fin dalla giovane età.
Cosa intendesse per successo con le donne non è chiaro, perché possiamo fare tutti i discorsi del mondo ma la bellezza conta (soprattutto se punti a quelle bellissime), e in sua mancanza è bene avere un carattere dolce e simpatico, e in mancanza di tutto ciò, insomma… qualcosa non mi quadra.

Finiti definitivamente gli studi, chiede a suo padre un anno sabbatico.
Sabbatico per cosa? domanda lui, o studi o lavori.
Allora Piero racconta che gli piaceva lavorare, ma voleva anche viaggiare, vedere il mondo e cercare un posto dove - questo si capisce, non c’è bisogno che ti dica anche questo - sentirsi affascinante, perciò insiste e insiste.
Alla fine il padre cede e come regalo per la maturità gli offre il viaggio premio ricevuto dalla rappresentata tedesca: due settimane in un resort da sogno nelle Filippine.
Piero parte inseguendo il suo sogno, che appena atterra si avvera: infatti le ragazze di Manila cascano ai suoi piedi, così s’innamora di una del posto e finite le due settimane, invece di rincasare, resta.
Per un po’ il padre gli manda soldi, ma poi si stufa e gli spedisce un biglietto di ritorno chiuso ed è costretto a partire, ma prima, racconta che promette alla ragazza amore eterno.
L’anno dopo infatti ritorna e trascorre con lei un mese.
L’anno successivo ritorna ancora ma lei è con un altro turista, perciò si fidanza con la sorella dell’amica di lei, e allora capisce che le donne orientali sono molto meglio di quelle italiane brave solo a fare i capricci e a farlo soffrire tanto.

In macchina ti racconta che torna di nuovo in oriente, ma stavolta attratto dalle geishe va in Giappone, dove finalmente riceve l’illuminazione della sua vita: e se invece di vendere un prodotto tedesco ne vendessi uno giapponese?
Torna a casa e ne parla col padre, il fratello e gli zii, e racconta come tutti gli dessero del matto perché a metà degli anni 80 i prodotti giapponesi erano ancora sconosciuti e carissimi: a chi avrebbero potuto interessare?
Ma non si scoraggia, va in Giappone e compra un container di merce, lo porta in Italia e lo vende subito tre volte! Perciò torna e ne prende ancora e ancora.
Dopo la riunione racconta di come gli zii gli diano del matto, gli blocchino la firma sul conto corrente, di come litighi con tutti e vada avanti per la sua strada di prodotti e donne giapponesi, fino a quando fonda la sua società, il suo marchio (Fuji-vulcan o qualcosa del genere…), e va per conto suo verso la strada del successo, il successo di colui che ha capito che per far soldi non bisogna offrire quello che offrono gli altri, ma qualcosa di nuovo, e lui è un apripista nato.

Ti racconta come se sentisse il ricordo di un lontano fastidio, che a un certo punto il padre lo incoraggia, così come incoraggia pure Mino, (il fratello minore) che lo copia, ma malamente, (d'altronde non ha mai capito nulla!) e infatti fallisce.
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Un uomo da cui... (II)

Racconta con gioia che le donne giapponesi sono più belle delle filippine, anche più cortesi, ma anche più capricciose, perciò si guarda in giro scoprendo e apprezzando anche quelle di altri paesi, fino a quando scopre la Cina dove può farsi fare i prodotti a un prezzo che è la metà, un quarto, un ottavo, un sedicesimo… di quello giapponese, ma sempre con lo stesso marchio col vulcano.
Anzi, racconta la sua grande scoperta, la chiave di volta della vita, che comprando a meno può rivendere a meno e perciò può vendere molto di più, ottenendo prezzi d’acquisto ancora inferiori da girare ai clienti aumentando le vendite, e alla fine far cadere il mercato – come le donne - ai suoi piedi… ma non solo (e qui viene il bello!), che i cinesi peggio li tratti e più sono gentili e abbassano i prezzi, e allora gli compra ancora di più…
E in Italia invece? Solo problemi, difficoltà e noie.
I fornitori italiani sono come le donne italiane, invece i fornitori cinesi sono come le donne cinesi.
E la Qualità?
Quella cinese non è come quella giapponese, e infatti la rete di rappresentanti (che ci mettono la faccia) si lamenta, ma lui li licenzia e a vendere manda solo donne, donne italiane, perché siccome loro sì che sono capaci a valorizzarsi e a vendersi, saranno capaci a valorizzare e a vendere meglio un prodotto che di buono ha solo il prezzo.
E la merce spesso torna indietro, ma non importa, perché al cliente risponde sempre con la stessa solfa: accetto la garanzia senza fiatare se mi fai un ordine di un valore pari al doppio dell’ultimo ordine che hai fatto, e siccome sono i tempi della crescita e dell’inflazione, va bene a tutti scambiare note di credito con prodotti da mettere a magazzino e rivendere.

Anche se ci sono i clienti, racconta che sono gli anni in cui si sposa, con una brasiliana, anche loro diverse dalle italiane.
Ti dice che fa il favore al padre di salvare il fratello che è fallito di nuovo, comprandogli la ditta e chiudendola il giorno dopo.
Sorride soddisfatto anche con gli occhi, quasi dovesse piangere come un coccodrillo durante l’ultimo boccone, quando ti dice a che età ha iniziato a guadagnare più del padre o degli zii ai quali le due aziende manifatturiere andavano male.

La sua unica fonte di preoccupazione dell’epoca (anni 90), sono un incipiente calvizie e i dipendenti italiani, tutti svogliati, malaticci, capricciosi e protetti dal sindacato.
Ma piano piano fa arrivare in Italia i parenti di lei, e poi gli amici dei parenti, che assume al posto degli operai italiani.
Le slave invece, vanno bene in ufficio, anzi ancora meglio alle vendite, perché siccome sanno valorizzarsi e vendersi quanto le italiane se non di più, di riflesso sapranno valorizzare e vendere ancora meglio anche il prodotto, no?
E anche se non lo dice, capisci che le può pagare meno, farle lavorare di più e se urla e le insulta non attaccano subito a piangere come le italiane.
Ogni tanto impazziscono e litigano tra loro, ma poco male: basta mandarne via una e sostituirla con una nuova che siccome si deve adeguare alle altre, servirà ad allentare la tensione, e se non ci riesce, via dopo due settimane.
Ne è sicuro perché ha visto in un documentario che quando nel branco arriva uno nuovo vanno tutti d’accordo perché si coalizzano per martirizzare l’ultimo arrivato.

Intanto diventa padre di una bambina: peccato perché avrebbe voluto un maschio.
Ci riprova ma va male di nuovo.
Anzi, va male proprio, perché la brasiliana non digerisce né di essere trattata come uno straccio (anche se in una reggia), né tantomeno il viaggio annuale del marito (da solo) nelle Filippine, Cina, Malesia, Tailandia… che arriva a durare anche due mesi di seguito: litigano, si parla di divorzio e alimenti.
Lui minaccia di far sparire tutto, ma lei dice che non le interessa: tanto prima o poi andrà tutto alle figlie.
Lo dici tu dice lui, se torno in Italia con una filippina che mi sforna 3 figli, le nostre due figlie, cioè tu, prenderai la legittima che in questo caso diventa meno del 50% .
Questo ovviamente non te lo racconta lui, ma si viene a sapere e comunque era facile da immaginare, se non scontato.

La legge cambia permettendo alle imprese di licenziare senza giusta causa se hanno meno di 15 dipendenti: lui ne ha molti di più, perciò apre due nuove ditte dove trasferisce tutti gli operai brasiliani e un po’ di impiegate slave, e a quel punto può licenziare gli italiani rimasti, proporre ai sudamericani di passare a una cooperativa o essere licenziati, e poi appaltare il lavoro di manovalanza alla cooperativa che spreme come un limone, che tanto spreme i brasiliani e tutto torna.
I capelli sono sempre più radi, anche perché p sempre più nervoso e irascibile, perciò senza nemmeno rendersene conto, se li strappa.

Intanto la moglie rimugina e rimugina fino a quando una notte lo prende di sorpresa e si fa mettere incinta: sarà la terza figlia.
Adesso se vuoi che io rimanga con meno del 50%, la tua filippina dovrà fare almeno 4 figli. Avanti, ti ci voglio vedere con 7 figlie!
Lui – magari c’è stato un bicchiere di troppo - racconta come va su tutte le furie e per farla finita ed evitare che succeda di nuovo, si fa sterilizzare, ma prima dell’operazione fa congelare il suo ultimo seme in una banca apposita.
E’ nervoso e prende una pastiglia.

La ditta cresce e cresce, non solo in Italia ma in tutta Europa e anche nel resto del mondo, e più cresce e più può spremere i cinesi, che abbassano i prezzi permettendogli di comprare di più e così via, ma ciò non lo calma, anzi lo rende ancora più nervoso e prende due pastiglie.
Così dovrebbe essere dice lui mostrando alle slave il filmato di una delle fabbriche dei suoi fornitori cinesi, tutto pulito, tutto ordinato, tutti in silenzio, tutti che lavorano, nessuno che protesta, e alla sera quando finiscono il turno ti ringraziano perché gli hai dato lavoro, gli hai dato da mangiare. Una pausa, un roipnol, e poi riprende calmo Ein volk, ein reich, ein fuhrer… eh potrebbe essere così anche in Italia e invece abbiamo preferito gli americani.

In un momento di tristezza ti racconta di quando qualche anno fa la figlia più grande lascia l’università che tanto non serve a nulla ed entra in azienda al posto di una slava licenziata apposta, e diventa subito responsabile dell’export, mentre il suo fidanzato che ripara computer, diventa il vice delle vendite nel mercato italiano, ma nel giro di poco tempo anche loro iniziano a fare le spese degli sbalzi di umore dovuti al dosaggio sempre diverso di valium.
Comunque è di famiglia, perciò pure lei è abituata a comandare, quindi visita i clienti esteri, ci litiga, li perde e torna a casa dicendo che sono dei cretini che non capiscono nulla.
Lui mal sopporta la tensione creata dal futuro suocero che quel giorno ha dimenticato il cibergil a casa.
Lei per dimostrare che non è da meno del padre, organizza una fiera in Australia totalmente inutile e il padre va su tutte le furie e smette di prendere il tavor perché lo seda troppo e poi finisce che lì dentro ognuno fa quello che vuole.
Il ragazzo non ce la fa più e chiede al suocero di abbandonare le vendite per dedicarsi ai PC aziendali, goccia che fa traboccare il vaso e che gli procura il licenziamento in tronco.
Allora lei sclera e da le dimissioni e lasciano l’azienda in sotto organico, tant’è che mandano un rumeno alla fiera di Sidney (tanto ormai avevano pagato!) e saltano la biennale di Parigi che è la più importante a livello mondiale.
Il padrone (come si autodefinisce), si fa mezzo tubetto di quelle giapponesi, e in un momento di calma va a trovare il suo sperma ma allora scopre che al posto del criogenista c’è un parrucchiere per signore e che i suoi spermatozoi hanno traslocato a Palermo dove se ne perde la traccia per sempre.

Il quel momento arrivo io che pur essendo un esterno a partita IVA, prendo il posto della figlia diventando responsabile dell’export ma senza potere decisionale, ovvero: prima Piero (che ormai è pelato come una palla da bigliardo) si imbottisce di prozac perciò delega alle Area Manager slave; poi passa l’effetto perciò mi tocca cancellare l’input che mi avevano dato, e inserire quello del padrone, al quale intanto è spuntata una riga perfettamente lineare trasversale di capelli; ma poi devo resettare tutto perché a seguito di una telefonata al commercialista ha cambiato idea, e infine, a seguito dell’ultima stampata delle vendite di metà mese, sbotta, dice che l’abbiamo fatto sbagliare, che non è vero, che deve andare nel suo ufficio e che licenzierà il responsabile (di cosa non è chiaro, ma è il meno) e le righe di capelli sono diventate due; a quel punto guardo le Area manager e domando be', cosa devo fare?
Ah, non chiederlo a noi! e a quel punto è chiara la mia figura professionale di responsabile senza potere decisionale.

Per un po’ le cose vanno anche bene, ma poi anche il mercato dei paesi dell’Est rallenta, i loro magazzini sono pieni, così come quelli dei loro clienti, perciò cercano di rendere la merce e il modo migliore e non pagarti le ultime due fatture che gli hai mandato, così ci litighi (che è la prima cosa che fa lui, che conta già tre righe di capelli..), così cade nella trappola di non avere più ordini, né pagamenti ma solo resi. A quel punto, ovviamente, a seconda del momento è colpa mia o di un’area manager.
Quando finalmente se ne va a farsi il suo fottuto tour di un mese in Asia (con quattro righe di capelli), mi sembra di entrare nelle terme.
Ma prima o poi torna (le righe di capelli ormai sono cinque e da lì in poi non le conterò nemmeno più!), e bello carico: infatti se da una parte è pieno di quell’energia che solo il maltrattamento di una decina di fornitori cinesi seguiti da altrettanti sconti e aumenti degli ordini può dargli, dall’altra c’è la frustrazione che gli ordini continuano a non arrivare, il che è un doppio problema perché lui aveva chiesto sconti in cambio di ordini più ingenti, adesso la merce arriverà e non si saprà dove metterla!
E allora cosa vi pago a fare?
Se da una parte le geishe e le tailandesi l’hanno massaggiato come un vitello di Kobe, adesso sua moglie gliene fa passare di tutti i colori arrivando a nascondergli il seropram.
Meno male che si è fatto fare un lavaggio del sangue, se no non ce la farebbe mica…e non è uno scherzo, se lo fa fare tutti gli anni, sangue fresco, là, nelle cliniche private di lusso, si offre anche questo servizio, altro che il furgoncino dell’AVIS per i bambini emofilici nostrani. Te lo dice strabuzzando gli occhi e ride.

Dopo un anno e mezzo la figlia e il genero tornano in azienda per un mese, poi vengono spostati a Dubai dove stanno un altro mese, poi tornano in Italia, litigano di nuovo col padre-padrone e spariscono per seconda volta.
La moglie chiede e ottiene il divorzio e lui va a vivere da solo senza nessuno che lo innervosisca e ogni due settimane va a Parigi a rilassarsi.
Insomma che grazie ai nuovi prezzi da lui ottenuti e girati ai clienti, gli ordini ripartono, d'altronde, se non c’era lui come avremmo fatto?
Ma tempo due o tre mesi vengono fuori reclami (insomma: la qualità spesso è proporzionale al prezzo, soprattutto in Cina) , reclami e reclami dei clienti: containers della ns principale linea di prodotto tornano indietro e gli ordini vengono cancellati, al punto che tre containers di merce vengono mandati direttamente in fonderia.
A quel punto lui non regge e si fa una bella botta di ciprales e per un paio di settimane se ne sta a casa.
Cosa si fa?
Ci pensa quel leccaculo di Gerardo (in teoria Responsabile del Marketing ma nella pratica nulla, come tutti gli altri) che è talmente cretino da organizzare una riunione plenaria a cui dobbiamo partecipare tutti tranne l’unico che comanda.
Parole, parole, parole fino a quando mi scoccio e domando ma non potremmo controllare la qualità del prodotto quando entra? O meglio ancora prima di farlo partire dalla Cina?
Allora lui sorride bonario, guarda me, guarda gli altri, mi sembra di essere a catechismo e dopo aver inspirato e piegato leggermente il viso verso la sua sinistra, ci spiega che non è possibile perché un dipendente minimo ti costa 30.000€/anno e ciò inciderebbe sul margine
Scusa Gerardo domando con lo sguardo basso, ma tu sai quanto fatturiamo con quella linea di prodotto di cui non vogliamo controllare la qualità per non incidere sul prezzo?
Il sorriso gli è sparito, non sembra più un prete bonario, e stupito dice serenamente di no.
Per prima cosa evito di dirgli che un responsabile di marketing non può non sapere quanto fattura la principale linea di prodotto della ditta e la sua incidenza sul fatturato totale, ma pazienza, e glielo dico io: 18.000.000€. Mettere un dipendente che quando apriamo i containers fa controlli a campione dicendoci se possiamo accettare la merce e spedirla ai clienti, oppure rifiutarla e chiedere i danni ai fornitori, inciderà per lo 0,16% sul fatturato. Io credo sia meglio investire quei soldi e mantenere il fatturato piuttosto che risparmiarli e perderlo, e di conseguenza trascinare verso il basso anche gli altri prodotti. Tu no?
Insomma che inizia la rampicata sugli specchi, il brusio generale e dopo dieci minuti di chiacchiericcio torniamo tutti al lavoro.
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Un uomo.... ma dai, ma stiamo scherzando? Insomma, parte III

Torna il castigamatti e siccome il fatturato scende, prima striglia e insulta tutti i dipendenti, e poi passa ai clienti: prima offre la carota proponendo una promozione con sconti da paura in cambio di ordini mostruosi, ma nessuno accetta e gli ordini continuano a calare; perciò passa al bastone: aumento di prezzi a tutti, così imparate chi sono!
E allora viene il bello: le vendite crollano proprio.
D'altronde era inevitabile: se il prezzo era la sua arma, una volta che fa l’aumento spropositato è come se la rivolgesse contro di se.
Ma perché i clienti storici, quelli più grossi avevano smesso di comprare? Semplice! Innanzi tutto nel 2013 la Cina non è più una novità per nessuno e ci vanno anche i clienti stessi, e poi perché per i prodotti che non si comprano in Cina perché le quantità richieste sono troppo piccole, allora ci si affida a fornitori che, anche se più cari, non solo danno un’assistenza tecnica ma proprio perché non stracciano i prezzi difendono l’immagine del proprio marchio.
E’ troppo: ci vogliono dei capri espiatori.
Per prima cosa si prende di mira Tizio, che ha un handicap, perciò ogni volta che passa viene fuori che lui, Piero, per legge deve mantenere anche gli handicappati.
Poi è il turno di Caio, che di colpo non è più bravo a fare nulla, perciò va controllato e ogni volta che fa qualcosa (ad esempio prendere una risma di carta) deve annotarlo in un foglio e alla fine del giorno fare una relazione di tutto ciò che ha fatto e subire un processo.
Sempronia sale le scale e chiede l’aumento che le viene negato, perché oltretutto è la più giovane, inesperta e ultima arrivata. Sì però dice lei i miei mercati sono gli unici che crescono anche se sono i più difficili .
Non importa, la risposta era e rimane NO.
Sempronia aspetta ancora due mesi, risale su, discute di nuovo, è di nuovo no, perciò da le dimissioni e se ne va.
Assumono Deborah che prende il posto di Sempronia e caso strano, i suoi mercati tempo due mesi iniziano a scendere come gli altri, allora cercano Sempronia e le chiedono di tornare, ovviamente sempre al minimo sindacale, ma lei si rifiuta.
Caio viene licenziato e assumono Samantah.
A maggio c’è la fiera di Milano e vedo che non mi chiamano e chiedo lumi: ma lei fa l’export o l’Italia?
L’export.
E allora cosa vuole?
Gli altri anni ho partecipato, anche perché vengono a trovarci clienti di tutto ilo mondo…

Dall’altra parte della cornetta silenzio assoluto, come se meritassi di sentirmi l’astronauta di 2001 Odissea nello Spazio, oppure era lui che faceva l’astronauta (dopo un altro roipnol).
Poco male, vado alla fiera di Milano con un’altra azienda, lì incontro i clienti della Fujinonsocosa e li porto al loro stand dove provo a discutere dei programmi commerciali dell’anno in corso…apriti cielo!
Ma come mi ero permesso di andare alla fiera per un’altra azienda anche se non concorrente?
Ovvio no? Sono un libero professionista del settore e se non ci vado con te ci vado con un altro.
Niente, è la fine. Cattiverìe su cattiverie, mesi di lavoro non pagati, lite, prendo i soldi e ci mandiamo reciprocamente a quel paese.

In quei giorni la figlia e il genero erano tornati in azienda e nessuno capiva quale dovesse essere la loro funzione, ma un mese dopo diventa chiara:
A. Lei diventa l’amministratrice delegata dell’azienda e responsabile diretta dell’export;
B. Il genero, direttore commerciale e responsabile diretto per l’Italia,
C. Lui ha preso la nazionalità di Singapore e vi ci si trasferisce a vivere con una serie di obiettivi ben precisi:
1. Invece di comprare in Cina, portare in Italia pagare dazi e trasporto, riesportare in giro per il mondo pagando altri trasporti e dazi e infine le tasse in Italia, decide che è meglio comprare in Cina da Singapore e spedire direttamente al cliente finale pagando solo le tasse a Singapore che sono molto più basse, senza dazi e spese di magazzino e dipendenti.
2. Finalmente stare solo, senza dipendenti che creano solo problemi
3. Circondarsi di orientali in kimono che dicono sempre e solo sayonara grande bwana bianco.

A questo punto bisogna aprire nuovi mercati extra UE e il Nord Africa lo attira: inizialmente aveva spedito me in Libia appena finita la guerra ed era stato un fiasco (per colpa mia, ovviamente); adesso punta all’Algeria e ci spedisce Samantah (21 anni) e Deborah (23), che all’inizio dicono un sì striminzito, ma che alla fine diventa un no secco e chiaro del marito di una e del padre dell’altra.
Dopo una settimana da le dimissioni una e dopo un mese l’altra e io perdo finalmente le tracce di quella gabbia di matti.

Scusate, avrei voluto scrivere meglio.
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
L'Ing. Atene

Ne venivo da una ditta dove le possibilità erano 4: uno, essere un raccomandato; due, leccare i culi dei raccomandati sperando che te ne dessero un po’; 3, iscriverti al sindacato e non fare più nulla; 4, piantarti davanti alla macchinetta del caffè, berne 124 al giorno e non fare niente aspettando di diventare una statua di caffeina. Modestia a parte, non mi meritavo l’umiliazione di restare a vedere gli abitanti di Sodoma e Gomorra incineriti dal Signore, perciò perciò iniziai a guardarmi in giro.

La faccio breve, salto 8 pagine e arrivo al primo colloquio presso la XYZ: mi intervistava l’Ing. Fer, e siccome prendo la sufficienza, una settimana dopo faccio il colloquio con l’Ing. Atene.
L’ing Atene era un uomo arricciato dietro a due occhiali che sembravano il fondo di una damigiana, era talmente miope da non vedersi il naso.
Mi dispiace per la brutalità della descrizione, ma era talmente evidente che era la prima cosa che notavi in lui, e soprattutto l’unica per almeno 5 minuti.
Poi notavi anche che il nodo della cravatta gliel’aveva fatto il boia, che completamente ubriaco, si era dimenticato di stringerlo.
Dopo un po’, ti accorgevi che doveva tenere le camicie insieme alla sua raccolta di termiti del Serengheti, perché il colletto era tutto mangiucchiato e spuntava l’anima di plastica; poi vedevi che i polsini facevano da cuccia ai criceti, perché erano messi ancora peggio.
Insomma, che dopo un po’ capivi che lui mica ti vedeva, ti si immaginava e basta, ti parlava, ti faceva domande, tu iniziavi a rispondere, arrivavi alla seconda preposizione, lui ti interrompeva, ti faceva una seconda domanda, rispondevi, ti interrompeva, te ne faceva una terza, capivi che eri in scacco matto, ti arrampicavi sugli specchi, allora attaccava con una quarta che… insomma, un polpo mentale, e siccome non avevo più nulla da dire e nemmeno da pensare, lo osservavo, e guardavo i suoi capelli che sembravano accuratamente acconciati da Taras Bulba.

Va via e torna l’Ing. Fer che mi domanda, così, a bruciapelo, cosa ne penso dell’Ing. Atene.
Io allora cerco di svicolare con un banale <<non mi piace esprimere giudizi>>,
e lui << sì ma mi dica cosa ne pensa >>,
<< sa, la prima impressione è sempre da scartare..>>
<< certo, ma se dovesse esprimersi…>,
<< lo eviterei in attesa di farmi un’idea in un altro contesto…>>
<< ovvio, ma limitandoci a questo…>>
<< eh, cavolo, ho capito, c’hai il coltello dalla parte del manico >> pensavo io, << ma basta! >> e allora do una risposta democristiana ma con un po’ di humor britannico, e serenamente me ne esco con << sicuramente abbiamo tanto in comune: ci serviamo dallo stesso stilista >> e allora lui sorride e passiamo a parlare di lavoro e mi rilasso pure io.
Insomma, che poi faccio il colloquio con l’amministratore delegato, col capo del personale e mi assumono << perché anche se non so nulla di marketing >> quello sarebbe stata la mia divisione, << avevo esperienza di officia, ero un buon meccanico, conoscevo il prodotto, ed era quello che loro volevano, A insegnarmi a fare marketing c’avrebbero pensato loro >>

Infatti il primo giorno di lavoro entro direttamente nell’ufficio dell’ing. Atene: apro la porta, faccio un passo, mi guardo intorno e sulla destra trovo una montagna (ovvero un cono di tre metri di diametro e uno di altezza) di fogli ammucchiati lì: era il suo archivio. Poi c’era un tavolino e due sedie che sembravano quelli della prof. che anni prima mi aveva dato inutilmente ripetizioni di latino, ci sediamo, lui prende una bic sputata dai ratti, un foglio a quadretti e mi spiega cos’è il ricarico, e poi il margine e infine mi chiede che rapporto c’è tra i due, e io appassionato di matematica, azzecco in pieno!
Insomma, che inizio il mio nuovo lavoro, e lui mi insegna e io imparo.
Una volta era raffreddato e davanti a tutti si soffia il naso: il fazzoletto era quello di Calimero coi bordini rosa tutti smangiucchiati dalla lavatrice, e tutti a ridere e a parlargli dietro (onestamente, io no).

Io seguivo una linea di prodotti di cui ero un ottimo tecnico ma avevo tutto da imparare per quel che riguardava il marketing, perciò ci complementavano; un giorno arrivano i ns principale fornitori tedeschi, il capo mi chiama, vado da lui, << dai che dobbiamo andare>> e mentre lo dice ficca la mano nella montagna di cartacce, ne prende una a caso e andiamo nella sala conferenze.
I ns fornitori erano di una mutinazionale fantozziana con una sfilza di direttori tutti oltre i 190 cm e i 150 Kg, delle trottole che avrebbero abbattuto un vespasiano al primo colpo; per carità, anche noi avevamo la ns cavalleria di ing. e dott. ma per stazza e garrese, non era nemmeno paragonabile.
Insomma che il ns amministratore delegato gonfia il petto e suona la tromba, ma dopo il mi di petto riesce a strappare appena un 1,5% di bonus e un 1% di contributo marketing, al che attaccano i tedeschi con un coro dei nibelunghi da far tremare i muri e inizia una discussione dove parlano solo loro, e concludono la partita per 7 a 0, nel senso che dicono che ci sarà il 7% di aumento e basta.
Punto.
Silenzio.
Ognuno che s’ingoiava la propria saliva.
La mia ne sapeva d’aceto perche veramente non sapevo cosa dire pur trattandosi del mio prodotto.
Insomma, era come se stessero correndo intorno al campo con la Coppa dei Campioni e noi lì con una girella scaduta di consolazione.
Allora l’ing. Atene che per tutto il tempo era stato zitto (circa 90 minuti), tira fuori il foglio pescato a caso nella sua discarica personale di Fabriano, un pezzo di carta straccia che sembrava quello unto e bisunto della focaccia con le cipolle, persino una muggine si sarebbe schifata di finirci dentro, e umilmente gliela porge, e in perfetto tedesco (a detta dell’.ing Fer che era svizzero e quindi di madrelingua tedesca) gli ricorda che durante la fiera di Stoccarda, quando portarono le aragoste, questi gli aveva assicurato che per tutto l’anno venturo non ci sarebbero stati aumenti, e che glielo aveva firmato.
FIRMATO.
L’ing. Atene aveva preso un pezzo di tovaglia di carta lercia, lo aveva strappato, c’aveva scritto il promemoria, e a quello lì, bello imbenzinato di pilsen, glielo aveva fatto FIRMARE.
FIR-MA-RE.
Insomma: aumento 0, bonus e contributo 2,5%, applicato a 10.000.000 di €/anno erano 250.000€ in più che si prendevano e 700.000€ in meno che si davano.
Allora, l’ing. Atene tornò ad arricciarsi dietro ai suoi occhiali blindati come il vetro di una banca, si chiuse come un paguro, come un riccio in letargo, e credo che si godette i suoi polsini smangiati, il suo colletto disfatto, la sua camicia fuori dalle brache, il fazzoletto di Calimero, gli occhiali da pizzicagnolo… come un bambino si può godere le sue scarpe nuove.
L’ing. Atene fece un solo appunto e fu al sottoscritto: <<la prossima volta si porti dietro carta e penna.>>
Da allora mi porto sempre carta e penna, anche al gabinetto.

Nella mia vita ho conosciuto 3 persone con un intelligenza particolare: l’ing. Atene era una di queste. Non importa quale mossa tu stessi per fare: lui le aveva già considerate tutte e per ognuna di esse, aveva in serbo una contromossa a cui tu avresti potuto rispondere in un modo solo e perciò a quel punto, sapendo in anticipo la tua mossa, lui ti aveva già in pugno.
Aveva un’intelligenza particolare.
E’ stato il mio primo e unico superiore che mi ha insegnato qualcosa spiegandomela; dagli altri invece, ho imparato dai loro errori o dalla loro malattia; ho imparato lo stesso ma non posso esser loro grato! Da Lui invece sì.
Era anche una persona onesta e giusta.
Una volta ebbi anche un avanzamento e aumento (consistente).

Poi per motivi miei andai via, ma professionalmente lasciai là il mio cuore.

L’Amm. Delegato era uno in gamba ma non valeva un terzo dell’ing. Atene, e infatti erano in guerra.
L’Amm. Del. cercò di ostracizzarlo e lui per vendetta riuscì a mettere d’accordo i soci di un gruppo d’acquisto (di quelli VERI), e a convincerli a comprare l’azienda, a licenziare l’amministratore delegato e mettere lui al suo posto.
Poi però venne licenziato lui, perché era diventato ingombrante, ma si è rifatto, non c’è da preoccuparsi, e al suo posto c’è l’ing. Fer, che negli anni è diventato mio amico e tutti gli anni viene con la famiglia a casa mia e ci facciamo una mangiata luculliana, i bambini giocano insieme, io racconto del colloquio di lavoro con domanda trabocchetto e ridiamo.
Ridiamo ma sono tornato a lavorare per loro e vendo per oltre… ma questo non fa parte della storia.
Il punto non sono i soldi (che sono molto importanti); il punto è aver conosciuto qualcuno con un’intelligenza più, una persona da cui ho imparato anche e soprattutto perché mi ha insegnato, alla quale sarò sempre grato e di cui parlerò a mio figlio quando sarà più grande spiegandogli che proprio perché il modo in cui ci si presenta è la prima impressione che si da di se, proprio perché giudichiamo le persone dagli occhiali e dal colletto mangiucchiato… ebbene, alcune di queste persone, mentre ridi del loro fazzoletto di Calimero, ti fa una rettoscopia che nemmeno te la immagini. Ecco, io a mio figlio voglio insegnare che di gente splendida che poi si perde nell’aeroporto di Parma ce n’è fin troppa, non è il caso di mettersi in competizione con loro: meglio passar per scemi, far loro il culo, portare a casa il grano e volersi bene.

Scusate il francesismo di cui sopra, ma quando torni a Bonn che invece di avere in saccoccia 700.000€ ne hai sborsati 250.000, (e parlo di 15 anni fai), il culo ti brucia eccome, e quando l'intelligenza di una persona brucia come un campo di peperoncini, merita tanto di cappello.
 
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Zingaro di Macondo

The black sheep member
Bellissimo 3d e complimenti perchè scrivi molto bene.

Io vorrei parlare del mio amico Angelo, che non c'è più. Aveva 80 anni quando io ne avevo 8 e mi ha fatto amare i libri.
 

ila78

Well-known member
Precisando che non è detto che uno che si presenta con la camicia in ordine e non mangiucchiata dai topi sia per questo scemo, ti faccio i complimenti anch'io per il bel racconto e per il thread interessante.

A me piacerebbe parlare della maestra Emilia della mia scuola elementare. Insegnava italiano. Se sono qui con la mia passione per i libri è grazie a lei. Non l'ho mai più rivista ma ne ho un ricordo indelebile. :D
 

ariano geta

New member
Se dovessi parlare in modo esteso di Mister Peppino ci vorrebbero pagine e pagine.
Lo chiamano "Mister" perché ha vissuto tanti anni in Inghilterra dove faceva il parrucchiere. Ha superato gli ottanta anni ma ne dimostra poco più di sessanta, se parliamo di spirito e lucidità mentale è praticamente un trentenne.
Lui fece il gande balzo a diciotto anni, negli anni sessanta, stufo dell'Italia che stava crescendo economicamente ma era ancora arretrata in fatto di permissivismo.
É un commediante nato: fa morire dal ridere ogni volta che racconta di quando, sedicenne, andava al cinema con la ragazza e si dovevano portare dietro il fratellino di lei che faceva da "guardiano", ed era incorruttibile, maledetto!
"Ti compro i popcorn!"
"Non ci provare, se vi baciate o gli metti le mani sulle spalle durante il film lo dico a papà"
"Ti compro due pacchetti di popcorn!"
"Non ci provare!"
E allora, ma sì, vaffanculo all'Italia provinciale e bacchettona dei primi anni '60dove tutti, finalmente, si fanno la lavatrice e la macchina ma la testa è ancora ferma agli anni '20. Via a Londra, la Londra delle minigonne, della musica dei Beatles, delle ragazze che rientrano tardi la sera e vanno a letto col fidanzato senza che i genitori abbiano nulla da ridire.
Dovreste sentirlo come racconta il "paradiso" che fu l'Inghilterra per un giovane della provincia italiana come lui.
Poi venne il '68, le cose cambiarono anche in Italia, ma lui ormai aveva la sua vita lì in terra Albione: ha imparato a giocare a golf, a frequentare i pub, ad essere sposato e intanto intrattenere avventure extraconiugali senza neppure nasconderle troppo...
Lui sì che è un personaggio. Quando ho letto "Zorba il greco" ho pensato a lui.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Angelo P.

Angelo è il mio migliore amico.

Dicono che su internet ci sia tutto, ma io, Angelo , non l’ho mai trovato. C’è molto su Napoleone e molto altro su Einstein, ma di Angelo nemmeno una riga. Eppure lui è il più importante di tutti.

Faceva il muratore finchè a 60 anni gli venne qualcosa di improvviso al cervello, tipo un ictus o una cosa del genere. Da allora non fece più niente, non era più capace di alzare le cose da terra e non ragionava correttamente. Io ancora dovevo nascere quando Angelo era una specie di pianta con un cuore dentro.

Poi riprese lentamente coscienza e cominciò a fare ciò che non aveva mai fatto prima: leggere libri. Ne prese uno in mano perché voleva riparare il suo cervello come aveva riparato le case degli altri. Era una cosa che andava fatta, così gli avevano detto, e lui, abituato a prendere ordini nei cantieri, obbedì anche quella volta.

Io venivo al mondo più o meno a quel tempo, cioè quado Angelo smise di leggere per dovere e cominciò a farlo per piacere. Me lo ricordo seduto in cortile, con un libro sempre diverso in mano.

Nato agli inizi del secolo scorso non sapeva nemmeno leggere bene, perché c’era tanto altro da fare, sempre troppo, e non c’era tempo da perdere.

Angelo era ignorante, ma molto, molto intelligente.

Mi ricordo di quando
avevo 6 anni e facevo la prima elementare (che Angelo non aveva fatto), io sì che ero stupido. Gli saltavo continuamente sulle ginocchia e lui, che era buono, mi prendeva tra le braccia spostando il libro senza smettere di leggere.

Un giorno gli presi il libro dalle mani e glielo buttai a terra, perché volevo le sue attenzioni solo per me. Si alzò zoppicando, lo raccolse da terra e mi lesse "Cuore", che non è un gran libro, ma fu il mio primo in assoluto.

Ovviamente Angelo morì poco dopo, ma io sono ancora lì sulle sue ginocchia e sento la sua voce, perchè
so dove trovarlo. E se su internet non c’è, tanto peggio per internet.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Devo trovare in po' di tempo per leggere i vostri racconti e magari per postarne qualcuno dei miei... ripasserò a breve :wink:
 

ila78

Well-known member
Dopo tutto questo "miele" e prima di deliziarvi con il racconto della maestra Emilia ho pensato di scrivere qualcosa su un personaggio negativo.:D

La "migliore" amica

Non so se vi è mai capitato di vedere gruppi di ragazzine apparentemente amiche e inseparabili di cui però una è il "fulcro" del gruppo e le altre le ruotano attorno come misere e insignificanti "lune" che vivono della sua luce riflessa.
Ecco questo eravamo io e E. (non mi va di mettere il suo nome per intero) tra i 14 e i 19 anni.
Per farvela breve E. era tutto quello che io NON ero: carina, spigliata, disinvolta, sempre con la battuta pronta. Io ero "l'altra" quella dei "Ah, ma ci sei anche tu?" Ah, ma ti sei portata anche lei? Che ppalleee" :W
E aveva i vestiti all'ultimo grido (le stava bene tutto ovviamente) i capelli sempre perfetti. Io ero un sacco di patate pelle e ossa con un cespuglio informe in testa.
Lei con questa cosa ci ha giocato per anni, mi trascinava ovunque ben sapendo che in qualunque situazione lei sarebbe emersa in tutto il suo splendore e io sarei rimasta nell'ombra.
Lei aveva uno stuolo di ragazzi ai suoi piedi ma appena facevo lo sbaglio di confidarle che mi piaceva qualcuno (amore non corrisposto e silenzioso ovviamente) lei in due nanosecondi aveva il numero del tizio e era la sua migliore amica (oppure ci usciva direttamente lei, se il tipo incontrava i suoi gusti) e se io protestavo lei diceva "Ila ma non gli piacevi, me l'ha detto lui, non avevi nessuna possibilità". :W:W
Questo è andato avanti finché durante una vacanza estiva (insieme io e lei) io ho incontrato quello che sarebbe diventato il mio primo ragazzo, lui non è un adone ma a me piace da matti (e sto zitta).
Lui ci prova con lei (ça va sans dire) lei lo rifiuta (E' orrendo!!!") una sera in discoteca lei sta facendo la scema con tutti i ragazzi del gruppo di lui, io sono in disparte (ça va sans dire parte seconda). Lui si avvicina e mi dice una cosa tipo "Ti sta bene quel vestito" e poi "Certo che la tua amica è carina ma a cervello zero". A me non pare vero che lui abbia notato ME e iniziamo a parlare, e da cosa nasce cosa, ci siamo messi insieme dopo pochi giorni. Lei ci ha provato con lui poco dopo che ci eravamo messi insieme. :OO Lui l'ha respinta in malo modo, dopodiché è sparita dalla mia esistenza fino a che non sono stata mollata dal tipo in questione e avevo il cuore a pezzi; si è ripresentata alla mia porta sfoderando il suo anello di fidanzamento nuovo di zecca (ora è sposata e ha 2 figli).
Io l'ho eliminata dalla mia vita da un pezzo. E nel frattempo la ragazzina con il cespuglio di capelli in testa ha lasciato il posto alla Ila che sono adesso; ogni volta che la incrocio (abitiamo ancora a qualche isolato di distanza) cerco in ogni modo si evitarla ma un giorno un negozio in centromi ha preso alle spalle, lei insieme a suo marito, io con Andre.
"Ilaaaaaaaaa!!! Ciaaaaaooo!!! Quanto tempo...e blablablabla...." Io rispondo a monosillabi.
Andre appena si è allontanata mi fa "Ma chi è quella cretina?". :mrgreen:
E. ha perso tutto il suo appeal. :mrgreen:
 
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