Questo titolo, La solitudine dei numeri primi, è rimasto ai margini della mia curiosità per molti anni, sin da quando uscì nel 2008. Da allora ho avuto più volte la tentazione di leggerlo, ma poi – più o meno consapevolmente – gli ho preferito altro, anche altri libri di Giordano. A distanza di tredici anni dalla loro comparsa nel mondo, faccio la conoscenza di Alice e Mattia… due adolescenti troppo feriti dal mondo per volerne fare ancora parte, troppo attaccati alla vita – o forse annientati dai loro traumi – per andarsene davvero. Due anime spezzate che, senza averlo davvero cercato, hanno trovato l'incastro perfetto l'uno nell'altra. Alice e Mattia sono due diversi, lo sentono distintamente, lo sanno loro e lo sa il mondo che li circonda. Sono due corpi che saltano dall'infanzia all'adolescenza, all'età adulta in modo asincrono rispetto ai loro coetanei, ma perfettamente accordato ai loro tempi reciproci. Le loro vite si incontrano, si lacerano, si ritrovano per un doloroso momento e si separano ancora… Chi saprà mai quale sarebbe stato il loro destino se le cose, in varie fasi della loro vita, fossero andate diversamente? Due anime inquiete che, come i numeri primi, sono destinate a sfiorarsi con lo sguardo, ma a non incontrarsi mai davvero. E se il destino, una volta tanto, potesse cambiare con la forza della volontà?
Un libro intenso, delicato, fluido che si legge in poche ore e lascia dietro di sé quella scia dolceamara del "E se…". Una storia che, volendo guardarla in modo oggettivo, forse manca di un ulteriore livello di approfondimento, ma che in fondo va anche benissimo così… così che ognuno di noi possa avere lo spazio di immaginare quel dolore, di riflettere sulle mancanze, di imbastire - perché no? -il proprio finale. Lo consiglio? Sì… in definitiva, sì… proprio per la sua – forse solo apparente - incompiutezza.