Boll, Heinrich - Diario d'Irlanda

Grantenca

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E’ il risultato di qualche mese di vacanza dell’autore, insieme alla sua famiglia, in Irlanda, patria d’origine dei genitori dell’autore, poi trasferitisi in Germania. E’ una serie di quadretti dai quali traspare l’amore e l'ammmirazione, direi, dell’autore per questa terra. Ne analizza l’ambiente, la geografia, la storia, le abitudini, usi e costumi, e anche il carattere delle persone . Un popolo di stretta osservanza cattolica, che ha per abituale compagnia le difficoltà economiche, un popolo di emigranti e che pur tuttavia, vive decorosamente, beve il miglior tè, dell’ottima birra e del buon wisky, e, dove non manca mai il riscaldamento, a base di torba, nelle fredde ed umide serate. Afferma inoltre l’autore, che questo paese ha la minor incidenza di suicidi nel mondo in rapporto alla popolazione. Nomina, non a caso, le glorie irlandesi delle quali visita anche le tombe (Yeats e Swift) e incidentalmente Joyce, non a caso letterati e commediografi e qui probabilmente indulge ad un piccolo autoincensamento dal momento che anche lui è un letterato importante (vezzo comunque del tutto giustificabile) , come Dante con Virgilio. Il libro è molto interessante e naturalmente scritto benissimo. I quadretti sono tutti interessanti e due su tutti mi sono piaciuti un po’ di più (Arrivo 1 e i piedi più belli del mondo). Che dire poi, di questo autore del quale ho letto le opere più note e che finora non mi ha mai deluso? Cercherò, in futuro, all’occasione, di leggere anche opere meno note perché penso sia un autore europeo tra i più grandi del 900.
 
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francesca

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Boll in questo suo diario di Irlanda racconta il suo soggiorno nel paese regalandoci una vera e propria chicca.

Una lettura piacevolissima, scandita da capitoli ognuno dei quali ci mostra uno spaccato diverso della cultura e della società Irlandese; ecco quindi che in alcuni capitoli ci imbattiamo nella concezione del tempo degli Irlandesi, inteso sia come condizioni metereologiche (nell’eterna domanda: quando pioverà?) che come misura dello scorrere della vita che si incaglia nell’eterne 10.30 a cui sono fermi gli orologi dei pub; in altri viene approfondito il senso irlandese per il denaro, racchiuso nel quaderno “nero” del credito che Boll riceve arrivato a destinazione, con tante pagine bianche, simbolo di un paese che vive la povertà comunque con fatalismo; fino alla religione, con la formula “Buon Gesù abbi pietà di lei, di lui” con cui si sottolinea la lettura dei necrologi sul giornale.

Boll riesce a rendere a pieno l’anima di un paese intriso di fatalismo e magia, così come è zuppo di acqua e incerto fra il grigio del cielo e il verde brillante delle sue colline. Con poeticità, utilizzando una prosa lineare e semplice senza indulgere in poeticismi svolazzanti e intervallato con sprazzi ironici sempre delicati, descrive gli aspetti anche più dolorosi di questo Paese, trasmettendo il suo entusiasmo per questo incontro-scontro fra la sua anima tedesca e quella irlandese e manifestando sempre un profondo rispetto per la cultura “altra”.

Lettura consigliata a chi ama l’Irlanda come me e anche a chi non la conosce: un bel modo per iniziare ad innamorarsene.

Francesca
 
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