Nonostante il titolo, non si tratta di un racconto autobiografico.
Il protagonista, Misail, viene beffato ed allontanato sia dai suoi simili sia dalla gente del popolo e dai contadini che non riescono a capire la sua scelta di lavorare come manovale pur essendo di nobile famiglia. Ma la sua decisione è ammirevole, non vuole vivere alle spalle del padre/padrone e preferisce allontanarsi da lui pur affrontando tante difficoltà soprattutto economiche che però non gli pesano più di tanto perché considera il lavoro fisico superiore a quello statico e finto intellettuale che aveva prima.
Il re David portava un anello con l'iscrizione "Tutto passa" ma Misail dice che se avesse desiderio di farsi fare anche lui un anello farebbe scrivere "Nulla passa" perché secondo lui tutto lascia una traccia e anche il più piccolo passo ha significato per la nostra vita presente e futura ed io concordo con lui.
Posto questo stralcio sul progresso molto interessante:
«Dov'è dunque il pericolo?» domandai, «Il progresso consiste nell'amore, nell'adempimento delle leggi morali; se voi non opprimete nessuno, se non siete a carico di nessuno, quale altro progresso vi bisogna ancora?»
«Ma permettete!» disse ad un tratto Blàgovo con foga; «ma permettete! Se la lumaca si chiude nel suo guscio, s'occupa solo del proprio perfezionamento e si rannicchia nella legge morale, chiamate voi questo un progresso?»
«Perché parlate di rannicchiarsi?» dissi irritato. «Se voi non costringete il vostro prossimo a nutrirvi, a vestirvi, a darvi da bere, a difendervi, in questa vita che è tutta fondata sulla schiavitù, non è questo un progresso? A mio avviso, è il progresso più tangibile, forse il solo possibile e necessario all'umanità.»
«I limiti del progresso universale sono nell'infinito, ed è perfino strano, perdonatemi, parlare di un progresso possibile, limitato dai nostri bisogni o dalle nostre considerazioni passeggere.»
«Se i limiti del progresso sono nell'infinito, come voi dite, allora vuol dire che i suoi scopi sono indefiniti. È vivere e non sapere chiaramente perché si vive!»
«Sia! Ma questo «non sapere» è meno triste di quello che voi chiamate «sapere». Io salgo per una scala che si chiama, progresso, civiltà, cultura; salgo, salgo, non sapendo precisamente dove vado; ma in fondo è solamente a causa di questa scala meravigliosa che vale la pena di vivere. E voi, voi sapete perché vivete: perché gli uni non opprimano gli altri, perché l'artista e colui che trita i suoi colori abbiano lo stesso posto. Ma è qui il lato borghese, il lato grigio della vita; vivere per ciò solamente, non è disgustoso? Se certi insetti ne opprimono degli altri, che vadano al diavolo, che si divorino tra di loro! Non dobbiamo pensarci. Essi morranno in ogni caso e imputridiranno, li salviate o no dalla schiavitù. Bisogna pensare alla grande «incognita» che aspetta tutta l'umanità in un avvenire lontano.»
Il protagonista, Misail, viene beffato ed allontanato sia dai suoi simili sia dalla gente del popolo e dai contadini che non riescono a capire la sua scelta di lavorare come manovale pur essendo di nobile famiglia. Ma la sua decisione è ammirevole, non vuole vivere alle spalle del padre/padrone e preferisce allontanarsi da lui pur affrontando tante difficoltà soprattutto economiche che però non gli pesano più di tanto perché considera il lavoro fisico superiore a quello statico e finto intellettuale che aveva prima.
Il re David portava un anello con l'iscrizione "Tutto passa" ma Misail dice che se avesse desiderio di farsi fare anche lui un anello farebbe scrivere "Nulla passa" perché secondo lui tutto lascia una traccia e anche il più piccolo passo ha significato per la nostra vita presente e futura ed io concordo con lui.
Posto questo stralcio sul progresso molto interessante:
«Dov'è dunque il pericolo?» domandai, «Il progresso consiste nell'amore, nell'adempimento delle leggi morali; se voi non opprimete nessuno, se non siete a carico di nessuno, quale altro progresso vi bisogna ancora?»
«Ma permettete!» disse ad un tratto Blàgovo con foga; «ma permettete! Se la lumaca si chiude nel suo guscio, s'occupa solo del proprio perfezionamento e si rannicchia nella legge morale, chiamate voi questo un progresso?»
«Perché parlate di rannicchiarsi?» dissi irritato. «Se voi non costringete il vostro prossimo a nutrirvi, a vestirvi, a darvi da bere, a difendervi, in questa vita che è tutta fondata sulla schiavitù, non è questo un progresso? A mio avviso, è il progresso più tangibile, forse il solo possibile e necessario all'umanità.»
«I limiti del progresso universale sono nell'infinito, ed è perfino strano, perdonatemi, parlare di un progresso possibile, limitato dai nostri bisogni o dalle nostre considerazioni passeggere.»
«Se i limiti del progresso sono nell'infinito, come voi dite, allora vuol dire che i suoi scopi sono indefiniti. È vivere e non sapere chiaramente perché si vive!»
«Sia! Ma questo «non sapere» è meno triste di quello che voi chiamate «sapere». Io salgo per una scala che si chiama, progresso, civiltà, cultura; salgo, salgo, non sapendo precisamente dove vado; ma in fondo è solamente a causa di questa scala meravigliosa che vale la pena di vivere. E voi, voi sapete perché vivete: perché gli uni non opprimano gli altri, perché l'artista e colui che trita i suoi colori abbiano lo stesso posto. Ma è qui il lato borghese, il lato grigio della vita; vivere per ciò solamente, non è disgustoso? Se certi insetti ne opprimono degli altri, che vadano al diavolo, che si divorino tra di loro! Non dobbiamo pensarci. Essi morranno in ogni caso e imputridiranno, li salviate o no dalla schiavitù. Bisogna pensare alla grande «incognita» che aspetta tutta l'umanità in un avvenire lontano.»