269° MG - La donna da mangiare di Margaret Atwood

qweedy

Well-known member
Finito!

«La superficie su cui lavorate (preferibilmente marmo),
gli utensili, gli ingredienti e le vostre dita devono
essere freddi per tutta la durata dell’operazione…»
(Ricetta della pasta sfoglia in I.S. Rombauer e M.R. Becker, The Joy of Cooking).

L'ho finito, ma posto solo l'inizio perché non voglio dire nulla, se non che il finale mi è piaciuto molto.

Ho letto che la Atwood ha lavorato in un ufficio per qualche anno, perciò per la descrizione del lavoro d'ufficio e delle colleghe ha sicuramente attinto alla sua esperienza.
In questo romanzo ha raccontato come sempre il mondo femminile, e i diversi modi di essere donna, ma con una certa leggerezza e ironia. Anch'io mi sono identificata molto con Marian, con la donna che cerca di compiacere tutti e che rischia così di venire mangiata. Non è facile cercare di rimettere se stesse al primo posto, quando si è abituate a mettersi sempre all'ultimo per soddisfare i desideri di tutti.

"Ho scritto “La donna da mangiare” fra la primavera e l’estate del 1965 su quaderni sgraffignati alla University of British Columbia, dove, per gli otto mesi precedenti, avevo insegnato lettere alle matricole. La scena che dà il titolo al libro risale a un anno prima; l’avevo ideata, ricordo, guardando la vetrina di un negozio di dolciumi, piena di maiali di marzapane."

Ringrazio Ondine per questa lettura, che ho apprezzato tanto. Forse per chi non ha mai letto la Atwood il primo libro da cui partire dovrebbe essere "Il racconto dell'ancella", il più celebrato.
 

francesca

Well-known member
Capitolo 22

La cena nell'appartamento di Duncan è stata una scena surreale, davvero non sono riuscita a capirla molto.
Continuo a leggere con piacere e anche con una velocità per me inusuale, ma inizio a ravvisare qualche difettuccio.
La limitazione maggiore che ho individuato arrivata a questo punto è la mancanza di una reale caratterizzazione dei personaggi ad eccezione della protagonista.
Il che nella prima parte, quando la narrazione era in prima persona, non mi ha colpita, perché mi sembrava normale che Mariam raccontasse i personaggi in relazione a sé e ai suoi pensieri.
In questa seconda parte, passando alla terza persona, trovo riduttivo non sapere cosa pensano davvero gli altri. E' come se Mariam forse un personaggio tridimensionali circondata da figure bidimensionali, che ruotano tutte intorno a lei, con caratterizzazioni minime e poco approfondite.

Riguardo alle descrizioni che mi piacciono molto, nel mio risvolto di copertina c'è una frase tratta da un articolo di critica letteraria sul Times che mi sembra renda benissimo il mio apprezzamento per questo stile:
"Atwood è una maga nel trasformare il particolare in universale"
Il libro è pieno di piccoli particolari, di minuzie, ma non è mai pesante o prolisso; riesce a coinvolgerti totalmente, a ricreare ambienti, fatti e sensazioni in un modo molto originale: non solo ti sembra di vivere ciò che è raccontato, ma ti senti toccato nel profondo perché anche se non esattamente in quel modo, percepisci di aver avuto le stesse esperienze. Da qui la loro universalità.

Francesca
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Capitolo 25

E' vero francesca la cena nell'appartamento tra Marian, Duncan, Trevor e Fish è proprio surreale, forse un pò troppo per me.
Non c'è comunicazione, ognuno è concentrato unicamente su se stesso e anche i discorsi sono monologhi (Fish l'ho trovato pesante anche se mi è piaciuto il riferimento a Beatrix Potter), Trevor si preoccupa di fare bella figura con i piatti ma non fa neanche una domanda a Marian, Marian parla a monosillabi pensando solamente a come fare per non mangiare carne (il fatto che lanci i pezzi di carne a Duncan è proprio brutto), Duncan che è perso nei suoi pensieri. Secondo me questa scena serve a far capire il bisogno di evasione e di leggerezza di Marian, una scena dove le regole comportamentali vengono ribaltate e serve anche a far capire il fatto che Duncan è l'unico con cui Marian riesce ad essere se stessa e a cui confida il suo problema col cibo, quindi è un momento importante della storia. Sono curiosa di sapere cosa succederà al party, prevedo qualcosa di assolutamente sorprendente. Anche io trovo i personaggi un pò troppo stereotipati, il personaggio veramente complesso è solo Marian.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
«La superficie su cui lavorate (preferibilmente marmo),
gli utensili, gli ingredienti e le vostre dita devono
essere freddi per tutta la durata dell’operazione…»
(Ricetta della pasta sfoglia in I.S. Rombauer e M.R. Becker, The Joy of Cooking).

L'ho finito, ma posto solo l'inizio perché non voglio dire nulla, se non che il finale mi è piaciuto molto.

Ho letto che la Atwood ha lavorato in un ufficio per qualche anno, perciò per la descrizione del lavoro d'ufficio e delle colleghe ha sicuramente attinto alla sua esperienza.
In questo romanzo ha raccontato come sempre il mondo femminile, e i diversi modi di essere donna, ma con una certa leggerezza e ironia. Anch'io mi sono identificata molto con Marian, con la donna che cerca di compiacere tutti e che rischia così di venire mangiata. Non è facile cercare di rimettere se stesse al primo posto, quando si è abituate a mettersi sempre all'ultimo per soddisfare i desideri di tutti.

"Ho scritto “La donna da mangiare” fra la primavera e l’estate del 1965 su quaderni sgraffignati alla University of British Columbia, dove, per gli otto mesi precedenti, avevo insegnato lettere alle matricole. La scena che dà il titolo al libro risale a un anno prima; l’avevo ideata, ricordo, guardando la vetrina di un negozio di dolciumi, piena di maiali di marzapane."

Ringrazio Ondine per questa lettura, che ho apprezzato tanto. Forse per chi non ha mai letto la Atwood il primo libro da cui partire dovrebbe essere "Il racconto dell'ancella", il più celebrato.

Io ho ricevuto l'illuminazione con Occhio di gatto. Il racconto dell'ancella l'ho letto più tardi e se devo essere sincera non so se mi avrebbe fatto innamorare della Atwood come gli altri suoi romanzi. Per cui credo che tu abbia cominciato bene :)
 

qweedy

Well-known member
Io ho ricevuto l'illuminazione con Occhio di gatto. Il racconto dell'ancella l'ho letto più tardi e se devo essere sincera non so se mi avrebbe fatto innamorare della Atwood come gli altri suoi romanzi. Per cui credo che tu abbia cominciato bene :)

"Occhio di gatto" non lo conosco, lo metto in lista!
"Il racconto dell'ancella" è stato il primo che ho letto, e l'originalità dell'idea mi ha colpito molto. Mi riferisco all'inizio, all'ambientazione, alla situazione (Difred: questo tipo di nome penso che non lo dimenticherò mai, mi dà i brividi!), e poi i distopici mi attirano sempre molto.
Ho notato che spesso il primo libro che leggo di un autore per me rimane una pietra miliare, rappresenta la "folgorazione" e finisce che consiglio di partire da lì. Ma ovviamente non è detto che sia così per tutti.

In realtà ai libri della Atwood, che pure mi incuriosiscono molto, non ho mai dato la votazione massima in Piccola Biblioteca. Amo molto Margaret Atwood, ma rimango sempre un poco delusa dai suoi romanzi, come se sfiorassero l'eccelso, ma manca sempre qualcosa per raggiungerlo. O almeno questa è la mia sensazione.
 

qweedy

Well-known member
E' vero francesca la cena nell'appartamento tra Marian, Duncan, Trevor e Fish è proprio surreale, forse un pò troppo per me.
Non c'è comunicazione, ognuno è concentrato unicamente su se stesso e anche i discorsi sono monologhi (Fish l'ho trovato pesante anche se mi è piaciuto il riferimento a Beatrix Potter), Trevor si preoccupa di fare bella figura con i piatti ma non fa neanche una domanda a Marian, Marian parla a monosillabi pensando solamente a come fare per non mangiare carne (il fatto che lanci i pezzi di carne a Duncan è proprio brutto), Duncan che è perso nei suoi pensieri. Secondo me questa scena serve a far capire il bisogno di evasione e di leggerezza di Marian, una scena dove le regole comportamentali vengono ribaltate e serve anche a far capire il fatto che Duncan è l'unico con cui Marian riesce ad essere se stessa e a cui confida il suo problema col cibo, quindi è un momento importante della storia. Sono curiosa di sapere cosa succederà al party, prevedo qualcosa di assolutamente sorprendente. Anche io trovo i personaggi un pò troppo stereotipati, il personaggio veramente complesso è solo Marian.

E' vero, la cena nell'appartamento di Duncan è surreale, così come sono piuttosto inverosimili i due coinquilini di Duncan, Trevor e Fish. Secondo me in tutto il romanzo c'è una vena ironica, paradossale, assurda, come se l'autrice avesse voluto dilatare il limite fino all'irreale.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Terminato

L'ultimo capitolo spiega tutto.
Il personaggio di Duncan mi ricorda una persona che conobbi anni fa, sembrava gli scivolasse tutto ma in realtà il suo era solamente un atteggiamento difensivo.
Ha un pò la sindrome da crocerossina questa Marian, questo mi ha irritato un pò, forse perché mi ci sono rivista.
Ainsley e Fischer non so, epilogo alquanto improbabile.
Sono perplessa, fino ad un certo punto il racconto mi sembrava credibile, poi si è perso un pò, come se non sapesse da che parte andare.
 

francesca

Well-known member
Finito

Ho finito da qualche giorno.
Mah, anch'io sono perplessa.
Intanto comunque è una lettura che mi è piaciuta, ho trovato lo stile piacevolissimo.
E' la storia in sé che mi lascia un po' perplessa.
Il finale è vero, spiega tutto, ma sembra un po' appiccicato lì: cioè nel libro non ho avvertito un'evoluzione nella storia che mi ha portato a questa conclusione.
Riconosco che è un finale plausibile perché non pretende di farci credere che Mariam cambierà e riuscirà a determinarsi come veramente si sente di essere. Mariam è arrivata ad una certa consapevolezza, ma non è sufficiente, è solo uno stadio del suo processo di riscatto personale.
Duncan come personaggio alla fine è venuto fuori e mi è sembrato ben caratterizzato, gli altri sono rimasti molto sullo sfondo, tutti al servizio della storia della protagonista. Ed è anche forse per questo non sono del tutto convinta.
Però è vero che la Atwood scrive meravigliosamente e il libro è scivolato via, senza mai un momento di stanca o di noia.

Adesso vado a rivedere le copertine e alla luce del finale che in effetti dà un senso preciso al titolo, cerco di decidere quale secondo me rende meglio questo senso.

Grazie Ondine e Qweedy per questa lettura insieme, ho apprezzato molto i vostri commenti, hanno reso questa esperienza ancora più ricca e profonda.

Francesca
 

francesca

Well-known member
Ecco la copertina che alla fine mi sembra più rappresentativa del libro:
https://moly.hu/system/covers/big/co...jpg?1412625954

Perchè mi sono immaginata esattamente così il dolce a forma di donna che Mariam realizza per darla in pasto a Peter.
Anche se ammetto che quella della mia edizione è sicuramente più moderna e significativa:
https://img.ibs.it/images/9788833314907_0_0_551_75.jpg

A proposito di Peter: ho un collega olandese che si chiama così, con cui lavoro diverse ore al giorno e che quindi conosco molto bene. Durante tutta la lettura il Peter dell'Atwood mi si è sovrapposto al mio Peter reale, perchè è un tipo proprio come il personaggio. Metodico, poco flessibile, preciso. Lo ho avuto in mente dall'inizio alla fine :)

Ondine, Qweedy, alla fine la vostra copertina qual è?

Francesca
 

qweedy

Well-known member
La mia copertina preferita è quella attuale, con le due ragazze di spalle, le due Mariam.
Però mi piace abbastanza anche quella dell'edizione inglese, con il vestito da sposa bianco.

51Lfd2u64wL._SX316_BO1,204,203,200_.jpg
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Ho letto che questo romanzo diventerà presto una serie tv, proprio come successe per "L'altra Grace".
 
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