Kadare,Ismail - La città di pietra

Shoshin

Goccia di blu
Una città costruita totalmente in pietra, scoscesa e antica, arroccata sulla montagna. Una città strana, difficile da descrivere perché non somiglia a nulla. Un luogo in cui non è facile essere bambini ma, sotto le fredde pietre, la vita scorre tra antiche abitudini, misticismo e folklore. La Storia porta con sé le sue tragedie, il secondo conflitto mondiale, da cui il bambino protagonista riesce a difendersi come solo i bambini sanno fare. Affronta le fughe, i bombardamenti, la morte, i soldati che parlano lingue straniere e si contendono la città come fossero gioco e scoperta. Accompagnato da un’umanità varia e sorprendente, affronterà la vita e le stagioni fino a diventare uomo.
Ismail Kadare ci regala un romanzo in cui il mondo e la guerra sono visti con gli occhi e la fantasia di un bambino ma anche con l’acutezza e la forza della scrittura del più grande scrittore albanese contemporaneo.

L'infanzia ad Argirocastro dello scrittore Ismail Kadare è rimasta scolpita nella dura pietra grigia che solo ad un occhio disattento può parere inanimata.
Avvicinarsi a quelle pietre misurando la strada con i passi di un adulto è molto difficile.
Ma ritrovare in quelle pietre l'anima che è lo scrigno pieno dei ricordi,consente di ripercorrere un cammino a ritroso nel tempo,quando la vita aveva il sapore del principio delle cose, quando gli occhi puliti da ogni cattiveria,osservavano tutto come fosse una grande avventura,anche la guerra più crudele.
Mi è rimasto un senso di vuoto nel cuore.
Le pietre di Argirocastro sono diventate pesanti per me.Ci sono libri che fanno soffrire un poco .

Voglio lasciare qui un pezzetto di una recensione trovata sul web.
Siccome non riesco a scrivere molto su questo romanzo.

*Tuttavia Kadare nei suoi romanzi racconta la sua terra con tocchi di lieve poesia e a mio parere è molto adatto per il viaggiatore che si avvicina a questo mondo. In particolare questa Cronaca della città di pietra, che racconta la sua città di nascita, Gjirokastro. Direi che leggere il libro e passeggiare per le strade della città, sentire il rumore del selciato e guardarsi nella pietra delle sua case antiche è davvero coinvolgente. Anzi vi darei un suggerimento. Salite alla fortezza e, con il libro in mano, sedetevi sul bordo di un camminamento o dall'estremo delle mura.

Avrete sotto di voi la magica città e potrete rivivere il racconto del piccolo bambino che esorcizza la guerra, trasformando l'orrore in gioco e curiosità. Vedrete attraverso i suoi occhi le case di pietra, il mattatoio, le stradine ed i muri improvvisamente animarsi delle ombre di personaggi di un mondo che non esiste più, ma che lì è vissuto. Le ragazze immaginate, le straniere bellissime di quella casa in cui le finestre erano sempre chiuse, i soldati che si alternavano, italiani, greci, tedeschi, i compagni di giochi, l'infinito stuolo di donne, zie, nonne e bisnonne, con le loro manie, le loro superstizioni e i presagi funesti, le paure, le cose che si dicevano e che un bambino non riusciva a capire, ma interpretava a suo modo. Il nonno che gli passava i sigari e gli avrebbe insegnato il turco, la donna baffuta, i vecchi ai tavolini dei bar a bere raki. Crescerà il bambino, ma al suo ritorno ritroverà solo ombre di quel passato ormai perduto, ma fissato per l'eternità nella pietra della città fatata. Poi scendete voi lungo i selciati bianche e neri delle strade ripide e ritrovatene l'anima raccontata. Non sarà tempo perso...


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Le pietre della città di pietra.
 
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