282° MG - Paradiso e inferno di J. K. Stefánsson

ayuthaya

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Intanto apro la discussione! A leggere questo libro siamo io, Grantenca e francesca, e chiunque si voglia unire! A fra poco per i commenti!
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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@ayuthaya: siccome per ora siete solo in 3 sarà un mg, in caso poi diventiate 5 puoi rimodificare anche tu 😉.
Buona lettura!
 

francesca

Well-known member
Grazie Ayuthaya.
Iniziato e già assaggiata qualche pagina.
Per capirne il sapore, riporto un paio di frasi di questo inizio:
"Il mare da un lato, i monti dall'altro: ecco in pratica tutta la nostra storia. Le autorità e i commercianti regolano forse le nostre misere giornate, ma i monti e il mare regnano sulla nostra vita, sono il nostro destino, o per lo meno così la pensiamo qualche volta, e anche tu di sicuro ti sentiresti così se ti fosse svegliato e addormentato per decine di anni sotto le stesse montagne, se il tuo petto si fosse dilatato e contratto al respiro del mare sulle nostre barchette fragili come gusci di noci."

In una paese come l'Islanda mi sembra inevitabile che tutto sia schiacciato e dominato dal paesaggio e dalla Natura. Inquietante e affascinante.

Francesca
 

Grantenca

Well-known member
Primo impatto: Ho letto una trentina di pagine. La scrittura non è certamente banale, traspare dalla pagine l’asperità della costa a ridosso del mare, mentre, addirittura esce dalla pagine, la sensazione del freddo, del grande freddo umido di quei posti. C’è una cala dove si trova una costruzione con solaio dove si riuniscono prima della partenza per il mare i pescatori di una barca a remi. Sono sei, uno che è arrivato insieme ad un giovane ragazzo e legge libri, ama la poesia, e ricorda con nostalgia la sua bella amante. Il ragazzo sa leggere e scrivere, e scrive lettere per un altro, analfabeta, alla moglie di quest’ultimo. Mentre scrive si ha come l’impressione che quasi quasi si illuda, in certe frasi intime, di essere lui l’attore e non il tramite. Oltre all’analfabeta, che ha moglie e figli, ci sono il padrone della barca che vive lì con la moglie che si occupa di cucina e pulizie e che pensa in ogni attimo ad organizzare la pesca nel migliore dei modi e ci sono altri due, un gigante robustissimo e un altro di corporatura abbastanza minuta ma di grandissima forza ed energia.

Questi ultimi due sembra che passino il tempo libero in un osteria di un conglomerato abitativo a mezz’ora di distanza. Vivono e dormono tutti insieme nel solaio, che il caldo è prezioso, al piano terra ci sono tutti gli attrezzi da pesca e tutto il pescato accatastato e salato. Per ora non posso dire altro.
 

francesca

Well-known member
Grande riassunto Grantenca. Io sono arrivata alla notte della partenza dei sei per la pesca in mare aperto.
Ho notato che tutti hanno un nome tranne che quello che sa leggere e scrivere che si chiama semplicemente "il ragazzo".
Mi colpisce questa particolarità: perchè proprio lui non ha un nome?
D'altro canto meglio così, perchè i nomi sono proprio difficili da ricordare, non è chiaro come suonino.
Infine, concordo con Grantenca sul fatto che lo stile non è banale. E' molto poetico, quindi non proprio scorrevole, ma contribuisce sicuramente a trasmettere l'incanto e l'asprezza di questa isola del mondo.
 

ayuthaya

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Ho iniziato il capitolo IV. Dopo un inizio in cui facevo fatica a entrare nella storia (poche pagine, più che altro perché faccii fatica a immaginarmi i paesaggi), questa scrittura mi sta lasciando incantata. Non so perché ma mi ricorda Saramago nel suo modo di mescolare descrizioni della realtà a riflessioni sull'animo umano... Ancora meglio di quanto mi aspettassi.
Bellissima la parte sulle "parole"
 

Grantenca

Well-known member
E’ arrivata l’’ora della partenza per il mare che non può avvenire prima del suono di un corno he avviene alle 3 di notte. C’è un’altra baracca adiacente a quella dei nostri eroi, perfettamente uguale, ed è del fratello del padrone, che ha la sua barca ed il suo equipaggio. I due fratelli non si parlano da dieci anni. Gli odi familiari sono tremendi. La moglie del padrone guarda allontanarsi i pescatori, ma nonostante vent’anni di età di differenza non può negarsi i sogni nei confronti del bellissimo giovane, che legge poesie e non mastica tabacco, che è stata che è stato l’ultimo ad alzarsi e che saluta con una carezza. Il ragazzo (giustissima l’osservazione di Francesca che non viene mai chiamato per nome) ricorda i tempi felici della sua famiglia prima che il destino la disintegrasse. E’ un dolore fortissimo ma il ragazzo è talmente giovane che il desiderio di vita supera ogni ostacolo. Un ultima osservazione: i marinai non sanno nuotare! E’ vero, il mare è talmente freddo, che anche uno che sa nuotare potrebbe sopravvivere solo per qualche attimo in acqua, ma andiamo, in un paese civile saper nuotare dovrebbe essere obbligatorio per chi deve lavorare tutto il giorno su una scialuppa in mezzo al mare.
 

ayuthaya

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Ciao compagni! Dove siete? Io ho appena finito la prima parte...
Bardur è morto e quello che è accaduto è una triste occasione per riflettere non solo sul contrasto fra la vita e la morte, l'essere presente e il divenire passato, ma anche tra le ambizioni culturali e letterarie del giovanotto e la banalità di dimenticare una cerata che però significa vita. Senza che questo diventi un'accusa l'autore si sofferma a riflettere su come proprio le parole, che servono non a "sopravvivere" ma a "vivere" abbiano privato Bardur della sua esistenza terrena...
Lo stile continua a essere pura poesia. Mi chiedo se adesso non inizierà una sprta di viaggio di formazione per il ragazzo...
 
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Grantenca

Well-known member
Ho terminato il capitolo V. Certamente non è una scrittura rilassante. E’ incisiva, densa e corposa, e richiede la massima attenzione del lettore per poterne apprezzare le molteplici sfaccettature e la grande qualità. Prima la disgressione sulle molteplici funzioni della parole, poi questo concetto è messo in pratica dall’autore con la magnifica descrizione della pesca, della tempesta, della tragedia. Una prosa che ti coinvolge al massimo grado, che mi ha quasi dato l’impressione di essere anch’io su quella barca. Per quanto riguarda i personaggi “il ragazzo” ha dato una grande prova di carattere nel momento più difficile. Barur, l’amante della poesia ha perso la vita per una banale distrazione. Dobbiamo dare la colpa alla “poesia” o, come aveva detto lui al ragazzo, entrambi non erano fatti per questa vita, certamente affascinante e avventurosa, ma anche durissima e molto rischiosa ?
 

francesca

Well-known member
Ciao, anch'io ho finito la prima parte e sto iniziando la seconda.
Belle le pagine introduttive, con questo monologo corale dei morti che aspettano chissà cosa, soli, ma insieme perchè parlano al plurale, spaesati, che vagano nei dintorni della vita, ma non ancora e mai completamente separati da essa.
Quanta verità nella frase:
L'inferno è essere morti e rendersi conto che non hai avuto cura della vita quando ne avevi la possibilità
Credo che sia anche il più grande rimpianto che si può avere invecchiando.

Il libro mi piace e trovo che Stefansson riesca a immergerci davvero nella natura di questo ambiente, così potente e severa e che abbia una grande capacità descrittiva. La pagina in cui racconta dell'aroma del caffè che si sparge nella baracca era così ben scritta che mi sembrava di sentirne il profumo.
Però a volte avverto come un senso di fastidio per la densità poetica di questa prosa, perchè mi sembra un po' artificiosa.
Per esempio, le frasi:
"Il ragazzo non è mai salito così in alto, non è mai stato così vicino al cielo e allo stesso tempo non vi è mai stato così lontano"
"Arranca avanti, con fatica, abbandonato da tutti tranne che da Dio, e Dio non esiste".

Queste contrapposizioni che si incontrano spesso nella lettura, e che ribaltando il concetto immagino vogliano trasmettere una qualche verità mi affaticano e non sempre mi sembrano riuscite. Non sempre le capisco.

Procedo arrancando nella neve con il ragazzo.
 

francesca

Well-known member
Finito.
Leggendo i risvolti di copertina, si capisce chiaramente da dove venga lo stile dell'autore, che è passato alla narrativa dopo aver pubblicato 2 raccolte poetiche!
Lettura che mi è piaciuta, pur rimanendomi un po' di perplessità sullo stile un po' troppo enigmatico e di sicuro mutuato dalla passione per la poesia dell'autore.
Non mi è chiaro nemmeno chi sia veramente il narratore, si tratta di un "noi" presentato all'inizio che sembra unca coralità di persone che non sono più e che hanno come scopo lo strappare all'oblio persone ed eventi lontani, per arginare il consumarsi del loro ricordo, quasi mentre ingannano l'attesa di non si sa bene chi o cosa, forse un Dio che li venga a prendere e li salvi.
Sicuramente vuole essere un libro sul potere delle parole, parole che uccidono, che consolano, che ridanno vita, come dice Stefansson nell'introduzione, parole che sono squadre di soccorritori smarriti e dispersi, quasi in cerca di qualcuno da salvare.
Mentre però più volte nella lettura si presenta una qualche definizione di inferno, presentato quasi sempre come una qualche declinazione del rimpianto, non è chiaro cosa sia il paradiso.
Forse il profumo del caffè? Forse i branchi di merluzzi in fondo al mare? La poesia? Il raccontare storie mentre si aspetta?
 

ayuthaya

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A me mancano poche decine di pagine, in ogni caso faccio dopo qualche commento anche se non lo finisco!
 

Grantenca

Well-known member
Ho terminato il libro.

Devo dire che è un testo che si caratterizza soprattutto per la notevole qualità della scrittura, veramente affascinante e molto pregnante con gli argomenti trattati, anche se, in qualche punto, forse un po’ “compiaciuta” e forse “eccessiva” (per i miei gusti). Dividerei il libro in due parti: la prima parte termina con l’arrivo del “ragazzo” alla locanda. In questa parte del libro prevale la descrizione della natura, madre perché ti offre le risorse per la vita , ma ostica, immanente e crudele per la sua natura (rocce a strapiombo sul mare, freddo e gelo, mare infido) che ti da la sensazione di un latente e continuo pericolo . In questa parte prevale l’avventura, la forza e il coraggio degli uomini, il rischio, la tragedia. La seconda parte è un po’ più, come si può dire, filosofica. Parla della vita più in generale, con però una costante che c’è per tutto il testo: La forza e la saggezza delle donne, contrapposta alla fragilità degli uomini. La madre del “ragazzo” che pur in condizioni difficilissime è riuscita a regalare al figlio il grande dono della alfabetizzazione e ha cercato, fino all’ultimo respiro, di tenere unita la famiglia, la moglie del capobarca; La figlia del fratello del capobarca; la locandiera e la sua aiutante; la commessa del negozio che “adocchia” il ragazzo. Dall’altra parte i dubbi del capobarca, l’amante della poesia, impavido, grande protagonista, di aspetto affascinante, con una amante che ci si immagina bellissima e che ha grandi progetti per il futuro e, inoltre, si è occupato in prima persona di un orfano, quasi facendogli da secondo padre, ma che per una, non certo banale, disattenzione, ha dovuto soccombere alla natura; i due capitani, uno con un handicap fisico e l’altro con un male oscuro che cura con l’alcool, ambedue fragilissimi che solo la forza delle donne che si occupano di loro mantiene in vita. L’unico uomo che, alla fine, e proprio per la sua giovane età, alimenta una certa voglia di vivere è proprio il “ragazzo”, mai chiamato per nome probabilmente per la semplice ragione che, essendo in un età d crescita, non ha ancora una precisa identità, ma anche lui tornato alla vita con l’aiuto delle donne.

Questo giochino mi ha permesso di conoscere grandi autori che certamente non avrei mai conosciuto. Mi rattrista un po’ pensare ai moltissimi grandi scrittori che non potrò mai più conoscere. Avrei potuto leggere molto, molto di più, nel mio tempo libero. Ma è una constatazione inutile. Avevo un lavoro abbastanza impegnativo ma non ho mai vissuto per il lavoro. Probabilmente avevo bisogno di distrazioni “leggere” per mantenere un sufficiente equilibrio.
 

francesca

Well-known member
Grantenca che bel commento!!!
Non ci avevo pensato, ma hai proprio ragione! Le donne appaiono decisamente più forti, più pratiche, come se fossero davvero loro a tenere insieme la vita non solo dei loro uomini, ma della comunità in generale.

Anche il tuo ultimo commento sul rimpianto di non aver letto di più è in linea con questo libro, che in tanti punti parla del rimpianto.
Io ho letto abbastanza, ma ho lo stesso tuo rammarico, perchè avrei di sicuro potuto leggere di più.
Ma secondo me quando si hanno dei rimpianti, è un gran spreco stare a piangersi addosso sul rimpianto :)
Meglio pensare a cosa si può fare da lì in poi. Quindi sotto a leggere, Gran, avremo tante soddisfazioni!!!
 

ayuthaya

Moderator
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Finalmente ho finito anche io. Questo bel libro non meritava che in questi ultimi giorni lo trascinassi così, ma alla sera arrivo sempre stanchissima.
A me questa scrittura è piaciuta molto, solo in alcuni punti forse un po' eccessiva, non so voi ma mi ha ricordato tanto Saramago.
Sono d'accordo con francesca che il grande tema di questo libro sono le parole, oltre che i grandi confronti: vita e morte, inferno e paradiso (mi piace la tua interpretazione del secondo), sacro e profano... belle anche le considerazioni di grantenca sul valore delle donne, in un certo senso anche il maschile e femminile rappresentano un confronto esistenziale.
Spero di elaborare un commento un po' più ragionato, comunque sia è decisamente promosso. In alcuni punti senza sapere nulla dell'autore mi sembrava di leggere poesia in prosa, davvero emozionante.
 
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