Bertola, Stefania - Le cure della casa

estersable88

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Membro dello Staff
Tutti la chiamano Lilli e il suo sogno segreto, incomprensibile agli occhi del marito e della madre, è fare la casalinga. Ora che la sua colf si è licenziata potrà finalmente dedicarsi a esplorare a fondo i misteri delle faccende domestiche. Perché gli aspirabriciole non aspirano né le briciole né nient'altro? Cosa si nasconde nella Jungla Nera del frigorifero? A queste e altre domande Lilli cerca di rispondere in un quaderno destinato alla figlia. Ma c'è una domanda a cui non riesce a trovare la risposta: dov'è finita la sua amica delle elementari, la bambina con cui aveva condiviso l'organizzazione domestica dei Cicciobello? Noemi sembra scomparsa nel nulla, e Lilli s'improvvisa detective con l'aiuto di vecchie compagne, contesse, giornalisti e altri alleati estemporanei. Un romanzo magnetico, con tanto d'istruzioni per l'uso (della casa e della vita).
«A noi due, casa. Siamo sole, adesso. Una di fronte all'altra, come Gary Cooper e quell'altro in "Mezzogiorno di fuoco".»
Lilli ha quarantotto anni, ha appena perso il lavoro ma per fortuna zia Mariangela le ha lasciato un'insperata fonte di reddito. Quale momento migliore per realizzare il sogno inconfessabile di dedicarsi anima e corpo alle cure della casa? Il marito Francesco non si capacita, l'amica Cecilia alza le spalle, la figlia Iris ride, la madre inorridisce, ma Lilli osserva beata se stessa pulire la cucina, ammucchiare spugnette multicolori, inventare definitive sistemazioni di quel mondo a parte e sempre provvisorio che è la dispensa. E perché tutto questo sapere ballerino non vada perduto, annota su un quaderno i consigli pratici da tramandare alla figlia in forma di schede. Come evitare che gli spaghetti una volta aperti scappino da tutte le parti? Per quale arcano motivo nel cambio di stagione dell'armadio è indispensabile la naftalina? Perché le pattine sono improvvisamente scomparse dalla circolazione? Lilli, però, ha anche un marito con un progetto pericoloso, una figlia che da un giorno all'altro minaccia di abbandonare gli studi per darsi all'uncinetto, un'amica che rischia di diventare madre di tre figli complicati. Ma soprattutto non fa che chiedersi: dov'è finita Noemi? La sua compagna delle elementari che le ha fatto scoprire le meraviglie della Maglieria Magica sembra scomparsa senza lasciare traccia. Ma Lilli è un osso duro e non si dà per vinta: la troverà. Perché è una casalinga guerriera, e tutti se ne accorgeranno.


"Le cure della casa" è il mio primo incontro con Stefania Bertola e credo proprio che non sarà l'ultimo. È un libro leggero, scanzonato, che però mi ha dato da pensare… ed in particolare ciò che più mi ha fatto riflettere e che mi porta a consigliarlo è la serie di domande che mi ha scatenato la reazione di familiari ed amici alla scelta casalinga di Lilli. Domande che possono tranquillamente sintetizzarsi in un bel "Ma perché?". Perché, mi sono chiesta, una donna che ne abbia le possibilità non può scientemente e consapevolmente decidere di non voler più lavorare? Perché non deve sentirsi libera di occuparsi amorevolmente e finanche maniacalmente della casa? Perché, mi sono chiesta, se non ha vincoli di sorta, non può persino decidere di sparire dalla circolazione, di non farsi trovare, di non dare più conto a nessuno della sua vita? Perché no? Perché viene presa per pazza o liquidata con il classico "è solo una fase" o peggio, considerata una fallita? Certo, c'è tutto un validissimo discorso sulle conquiste fatte dalle donne negli ultimi cinquant'anni, che le hanno portate a diventare manager, imprenditrici, politiche, donne in carriera ed insieme – qualora lo vogliano – mogli, compagne, madri. Discorso che – ripeto – è e rimane validissimo… ma quand'è che noi donne conquisteremo la libertà di poter scegliere davvero come vivere la nostra vita? Agli uomini vengono forse avanzate le stesse critiche? Se una donna come Lilli, giovane, intelligente, che ha sempre lavorato ma ora il lavoro l'ha perso, decide di non volerne più cercare un altro, perché viene malvista? Ha il suo sostentamento economico, non trascura la famiglia, non toglie nulla a nessuno, è felice così… perché non può? Domande che, probabilmente non hanno risposta, ma che comunque mi sono posta e spero inducano ad una riflessione. Tornando al libro, mi è piaciuta molto la scrittura di Stefania Bertola che, con tono colloquiale e familiare, ha dato voce ad una protagonista della porta accanto, moderna ma anche un po' nostalgica, un filino folle e un tantino naif, una tipa simpatica alle prese con la vita di tutti i giorni, la famiglia, la spesa, le pulizie di casa, i figli all'università e le tante piccole beghe sentimentali sue e di chi le sta intorno. Una donna che, all'inizio per puro divertimento, si butta a capofitto in un'avventura, nulla di rocambolesco, ma una cosa che tanti di noi sogniamo di fare ma non ci risolviamo a fare mai. Una bella lettura leggera in cui ritrovarsi e su cui riflettere. Consigliato.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
… ma quand'è che noi donne conquisteremo la libertà di poter scegliere davvero come vivere la nostra vita? Agli uomini vengono forse avanzate le stesse critiche?
Rispondendo alla domanda:

In occidente, molte donne hanno già la possibilità di scegliere cosa fare.
Infatti è normale e comune che una donna sia professoressa, operaia, architetto, centralinista, casalinga e/o madre a tempo pieno o part-time. (Ovviamente, un conto è avere la libertà di scegliere e un'altra cosa è riuscirci)
Che la cosa poi sia piacevole, dipende, perchè al colloquio di lavoro rischia di sentirsi domandare ma lei è madre? intende diventarlo? e quante ore al giorno? non è che comprometterà il lavoro di squadra, vero?

Sempre in occidente, molto raramente, un uomo ha la stessa possibilità di scegliere cosa fare.
Infatti si dà per scontato che un uomo sia professore, operaio, architetto, centralinista...e padre ma solo dopo il lavoro, straordinario compreso.
Che la cosa poi sia piacevole, dipende, perchè al colloquio di lavoro non si prenderà nemmeno in considerazione che quando nasceranno i tuoi figli prenderai più del minimissimo sindacale (nel mio caso fu zero giorni, dovetti prendermi ferie), non 1 mese, 3 mesi, la paternità, l'allattamento... si dà per scontato che una volta nato non chiederai un part-time perchè vuoi vederlo crescere...perchè in quel caso sei bruciato, esattamente come tua moglie.

L'unica differenza è che se una donna rinuncia alla carriera per i figli, riceve +/- comprensione, forse anche dai suoi suoceri.
Se invece lo fa l'uomo, be' i suoceri si mettono come minimo a urlare e lei potrebbe pure chiedere il divorzio.

Concludendo: pur dispiacendomi per il fatto che alle donne non venga concessa la massima libertà di scelta, faccio notare che spesso agli uomini non ci viene nemmeno posta la domanda, il che è ancora più costrittivo.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Rispondendo alla domanda:

In occidente, molte donne hanno già la possibilità di scegliere cosa fare.
Infatti è normale e comune che una donna sia professoressa, operaia, architetto, centralinista, casalinga e/o madre a tempo pieno o part-time. (Ovviamente, un conto è avere la libertà di scegliere e un'altra cosa è riuscirci)
Che la cosa poi sia piacevole, dipende, perchè al colloquio di lavoro rischia di sentirsi domandare ma lei è madre? intende diventarlo? e quante ore al giorno? non è che comprometterà il lavoro di squadra, vero?

Sempre in occidente, molto raramente, un uomo ha la stessa possibilità di scegliere cosa fare.
Infatti si dà per scontato che un uomo sia professore, operaio, architetto, centralinista...e padre ma solo dopo il lavoro, straordinario compreso.
Che la cosa poi sia piacevole, dipende, perchè al colloquio di lavoro non si prenderà nemmeno in considerazione che quando nasceranno i tuoi figli prenderai più del minimissimo sindacale (nel mio caso fu zero giorni, dovetti prendermi ferie), non 1 mese, 3 mesi, la paternità, l'allattamento... si dà per scontato che una volta nato non chiederai un part-time perchè vuoi vederlo crescere...perchè in quel caso sei bruciato, esattamente come tua moglie.

L'unica differenza è che se una donna rinuncia alla carriera per i figli, riceve +/- comprensione, forse anche dai suoi suoceri.
Se invece lo fa l'uomo, be' i suoceri si mettono come minimo a urlare e lei potrebbe pure chiedere il divorzio.

Concludendo: pur dispiacendomi per il fatto che alle donne non venga concessa la massima libertà di scelta, faccio notare che spesso agli uomini non ci viene nemmeno posta la domanda, il che è ancora più costrittivo.
Carcarlo, il tuo post mi fa pensare... direi che nel complesso concordo e, assolutamente, non mi sento di darti torto. C'è qualcosa di dissonante in quello che scrivi, ma non riesco ad individuare cosa sia.
In generale, comunque, sono sempre stata convinta che chiunque - uomo, donna, non importa - debba avere la possibilità di scegliere, in tutti gli ambiti. Riuscirci, come dici tu, è un'altra cosa, ma l'importante è che a nessuno venga negata la scelta. Perciò mi fa specie la situazione riportata nel libro, laddove una donna perde il lavoro e decide di non cercarne un altro per dedicarsi alla casa... e viene additata dalla famiglia come una specie di folle fallita frustrata. Non è una scelta che io, personalmente, farei, ma voglio e pretendo che altri possano farla serenamente. Detto questo, sull'"alle donne" possiamo discutere, perché mi rendo conto che dal punto di vista lavorativo-contributivo si è creato un pericoloso vuoto di tutela nei confronti dei padri.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
C'è qualcosa di dissonante in quello che scrivi, ma non riesco ad individuare cosa sia.
Sicuro!
La dissonanza sta nel fatto che il libro e quindi il post iniziale, tratta il problema della perdita del lavoro da parte della madre come un problema delle medesime e come un privilegio dei padri, e perciò ho risposto facendo notare che il problema c'è ma non è proprio un privilegio nostro.

Il discorso smette di dissonare nel momento in cui si capisce che il problema che le madri debbano rinunciare al lavoro, non è un problema delle donne che mette in condizione privilegiata gli uomini, ma un problema della Famiglia (e in seguito per l'economia nazionale) che può essere risolto solo con l'appoggio di asili nido e scuole da elementari a medie aperte 24h/24, 7g/7.
Asili come quello di ns figlia (08:00 - 16:00 con giustificazione di lavoro, se no 08:30 - 15:30) e scuole elementari 08:00 - 13:00 servono solo a figli di dipendenti comunali; per tutti gli altri creano più problemi di quelli che risolvono.
Diversamente, soprattutto chi viaggia o fa i turni, non può avere figli o ne deve demandare le cure al partner che resta incastrata/o.

E' una mazzata anche per l'economia nazionale perchè il mondo del lavoro perde il 50% delle figure professionali, mentre le famiglie perdono il 50% dei loro incassi!

Mi rendo conto conto che qualcuno può insorgere ricordandoci che asili e scuole non sono un posteggio.
Se però madri e padri perdiamo il lavoro, non guadagniamo, non paghiamo le tasse, poi loro faranno i posteggiatori con contratto a termine come è accaduto prima del covid e di Conte.

Per correttezza, ricordiamo che la prima bella mazzata al tempo pieno fu assestato dall'indimenticabile mariastella gelmini: non ricordo scioperi delle insegnanti solidali con le mamme nè proteste dei collettivi femministi.

Comunque, riassumendo: quando mia moglie dovette passare a un contratto part-time e poi dovette lasciare anche quello, mentre io privilegiato giravo per l'Africa, nelle fabbriche e mi facevo le notti in autostrada, la cosa venne vissuta come un problema famigliare, che è quello che è.
Poi venne anche risolto perchè si mise a lavorare con me, che se aspettavamo gli asili e le scuole....
Mi dispiace per coloro che non possono organizzarsi altrettanto bene, però, per favore, smettiamola di vederlo come un privilegio di noi maschi... 😉
 
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