Didion, Joan - L'anno del pensiero magico

qweedy

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"La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita. Il problema dell’autocommiserazione. Ecco le prime parole che scrissi dopo che accadde."

"È la sera del 30 dicembre 2003 quando John Gregory Dunne, sposato da quarant’anni con Joan Didion, muore all’improvviso. Da quella data inizia per la scrittrice l’anno del pensiero magico, in cui lutto e sogno sovrascrivono la vita, e l’impossibile addio all’uomo amato si trasforma lentamente in un profondo colloquio con la morte, durante il quale tutto viene riconsiderato: la malattia, la cecità della fortuna, le parole non dette dell’amore, l’essenza sfuggente e ingannevole della memoria, la consapevolezza di dover fare prima o poi i conti con la fine. Il pensiero magico disseziona la perdita, illude Joan Didion di poter fermare, per incanto o sortilegio, chi se ne è andato per sempre. Ma i ricordi che la legano a lui, chiusi in un abbraccio troppo stretto, tramutano in polvere.“

E' un romanzo introspettivo, di chi si interroga sulla perdita, sulla morte, sulla fine della normalità, ed è molto autobiografico. Narra le riflessioni di una persona razionale sul lutto, sull'elaborazione della perdita, e sulla fragilità umana. Joan Didion ha sempre cercato di trovare un lato positivo negli avvenimenti della sua vita, ma ora di fronte alla morte del marito e alla malattia della figlia non ci riesce, se non trovando rifugio nel pensiero magico, cioè nei ricordi e nell'irrazionalità.

Joan Didion è stata una delle esponenti più importanti del New Journalism, stile giornalistico nato tra gli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti che ha come caratteristica peculiare quella di narrare gli avvenimenti da un punto di vista personale, spesso con stile letterario.

"Il dolore risulta essere un posto che nessuno conosce finchè non ci arriva. So perchè ci sforziamo di impedire ai morti di morire: ci sforziamo di impedirglielo per tenerli con noi. So anche che, se dobbiamo continuare a vivere, viene il momento in cui dobbiamo abbandonarli, lasciarli andare, tenerceli così come sono, morti. Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli di quella mortalità anche quando la respingiamo, traditi proprio dalla nostra complessità, e così schizzati che quando piangiamo chi abbiamo perduto piangiamo anche, nel bene e nel male, noi stessi. Come eravamo, come non siamo più. Come un giorno non saremo affatto."
 
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