Shoshin
Goccia di blu
25 aprile 2012, Parigi. Gleb Janovskij si esibisce al prestigioso teatro “Olympia”, il pubblico lo osanna con applausi fragorosi. In realtà Gleb è consapevole di aver commesso un errore di cui nessuno si è accorto. Durante il concerto il tremolo, per cui è conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, gli è venuto impreciso, quasi un gorgoglio sordo, la mano si è bloccata per una frazione di secondo, solo una frazione di secondo, poi il movimento è tornato fluido, veloce, come se non fosse niente di complicato. Gleb vola a Pietroburgo per girare un video, il suo vicino di posto lo riconosce, è lo scrittore Sergej Nesterov. Gleb lo ascolta distrattamente, di lui ha letto poco. Nesterov si fa coraggio e gli propone di scrivere un libro su di lui, ma non come quelli già pubblicati centrati sull’uomo di spettacolo, un libro che parli dell’uomo Gleb Janovskij. Gleb esegue in automatico il tremolo sul bracciolo del sedile e la mente vola a quaranta anni prima, a Kiev, insieme a suo padre che gli batteva il tempo per testare il suo orecchio musicale. Gleb lo racconta a Sergej, e decide all’istante che gli farà scrivere il libro. È il 1971, la vigilia del suo primo giorno di scuola, il piccolo Gleb sente i rumori della città, lo scampanellare dei tram, ma non riesce a ripetere il ritmo delle mani del padre, la melodia del canto nella voce paterna...
Brisbane, quarto romanzo di Evgenij Vodolazkin, prende il titolo dalla capitale dello stato del Queensland in Australia, città che per la mamma di Gleb Janovskij, il protagonista della storia, ha un suono magico e diventa una sorta di Eldorado. La narrazione si sviluppa su due piani temporali, Vodolazkin alterna il racconto del presente del musicista all’apice della sua carriera che scopre i primi segni del Parkinson e la sua infanzia a Kiev ripercorsa per la realizzazione di una biografia curata dallo scrittore Sergej Nesterov. I personaggi sono tratteggiati con grande cura e vividezza, gli eventi sono coinvolgenti, non mancano sorprese e tensione emotiva, ma è il suono delle parole, l’intonazione linguistica, la musica il filo conduttore principale di tutto il romanzo; aspetto che sarà stata una grande sfida per il traduttore, Leonardo Marcello Pignataro, che tuttavia si è dimostrato all’altezza della prova. Il pensiero stesso del protagonista si manifesta con raffigurazioni musicali, i suoni sono parte preponderante del ritmo narrativo, descrivono i sentimenti, danno voce alle emozioni. I silenzi e le parole sono disposti all’interno delle pagine come su un pentagramma, in cui le persone sono le chiavi che determinano il tono del racconto e le alterazioni delle relazioni. Inevitabili i richiami alla storia dell’Unione Sovietica, Ucraina, Russia, Germania, puntuali le citazioni, più o meno velate
tratte dalla letteratura russa. Evgenij Vodolazkin, uno degli autori contemporanei più letti in Russia e nel mondo, in maniera magistrale ha realizzato un romanzo “palindromo”, una sorta di narrazione bifronte, che può suggerire al lettore più significati, doppi, diversi o identici, non importa, Vodolazkin è riuscito, comunque, a creare un movimento sonoro, melodioso, armonioso, che risuonerà a lungo nell’anima e nel cuore.
russiaintranslation.com
Sono state scritte molte recensioni su questo libro
intenso e bello come il primo romanzo Lauro,di cui non ebbi il tempo di lasciare qui nel forum i miei pensieri.
Di questo libro mi resterà attaccato al cuore il suo ritmo,
i salti temporali che non danno fastidio,perché offrono al lettore la possibilità di guardare al presente e volgere lo sguardo al passato.
La memoria di un uomo deve essere uno scrigno aperto.
Nulla del passato diventa inutile,tutto è necessario.
Soprattutto quando si diventa vecchi o malati.Andiamo a cercare nel tempo le cose che ci hanno accompagnato.
La polifonia della vita per me è questo proprio.
E Eugenij Vodolazkin ha saputo davvero raccontare con musicale delicatezza tutto questo.
Resterò per molto tempo legata alla figura della piccola Vera.
Al suo tornento,alla sua malattia lenita soltanto dal potere della musica .
Vera che si spegne troppo presto,in un giorno lungo e grigio della sua giovane vita,portandosi nel cuore il sogno di un nuovo concerto con il suo papà Gleb.
Ho pensato alla mia vita ,a quanto la musica sia stata presente nei racconti di mia madre,al ricordo dei miei nonni ,che nella musica sono restati con me, immortali.
Ho provato un grande nodo nella gola,che forse sarebbe rimasto intrappolato chissà dove,se non avessi letto questo libro.
Brisbane, quarto romanzo di Evgenij Vodolazkin, prende il titolo dalla capitale dello stato del Queensland in Australia, città che per la mamma di Gleb Janovskij, il protagonista della storia, ha un suono magico e diventa una sorta di Eldorado. La narrazione si sviluppa su due piani temporali, Vodolazkin alterna il racconto del presente del musicista all’apice della sua carriera che scopre i primi segni del Parkinson e la sua infanzia a Kiev ripercorsa per la realizzazione di una biografia curata dallo scrittore Sergej Nesterov. I personaggi sono tratteggiati con grande cura e vividezza, gli eventi sono coinvolgenti, non mancano sorprese e tensione emotiva, ma è il suono delle parole, l’intonazione linguistica, la musica il filo conduttore principale di tutto il romanzo; aspetto che sarà stata una grande sfida per il traduttore, Leonardo Marcello Pignataro, che tuttavia si è dimostrato all’altezza della prova. Il pensiero stesso del protagonista si manifesta con raffigurazioni musicali, i suoni sono parte preponderante del ritmo narrativo, descrivono i sentimenti, danno voce alle emozioni. I silenzi e le parole sono disposti all’interno delle pagine come su un pentagramma, in cui le persone sono le chiavi che determinano il tono del racconto e le alterazioni delle relazioni. Inevitabili i richiami alla storia dell’Unione Sovietica, Ucraina, Russia, Germania, puntuali le citazioni, più o meno velate
tratte dalla letteratura russa. Evgenij Vodolazkin, uno degli autori contemporanei più letti in Russia e nel mondo, in maniera magistrale ha realizzato un romanzo “palindromo”, una sorta di narrazione bifronte, che può suggerire al lettore più significati, doppi, diversi o identici, non importa, Vodolazkin è riuscito, comunque, a creare un movimento sonoro, melodioso, armonioso, che risuonerà a lungo nell’anima e nel cuore.
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Nulla del passato diventa inutile,tutto è necessario.
Soprattutto quando si diventa vecchi o malati.Andiamo a cercare nel tempo le cose che ci hanno accompagnato.
La polifonia della vita per me è questo proprio.
E Eugenij Vodolazkin ha saputo davvero raccontare con musicale delicatezza tutto questo.
Resterò per molto tempo legata alla figura della piccola Vera.
Al suo tornento,alla sua malattia lenita soltanto dal potere della musica .
Vera che si spegne troppo presto,in un giorno lungo e grigio della sua giovane vita,portandosi nel cuore il sogno di un nuovo concerto con il suo papà Gleb.
Ho pensato alla mia vita ,a quanto la musica sia stata presente nei racconti di mia madre,al ricordo dei miei nonni ,che nella musica sono restati con me, immortali.
Ho provato un grande nodo nella gola,che forse sarebbe rimasto intrappolato chissà dove,se non avessi letto questo libro.