Manzini, Antonio - La mala erba

estersable88

dreamer member
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Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell'ordine dell'universo. Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall'alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti. Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l'amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare. La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest'apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell'oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l'immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.

Si può vincere la sopraffazione? Si può cambiare il corso di una vita che sembra andare sempre e solo storta? Si può trovare il modo di emergere da un luogo che pare voglia soffocare ogni ambizione, ogni futuro? Sì, si può, imparando a difendersi, e a farlo da soli, perché nessuno lo farà per noi. È questo che, ad un certo punto della sua giovane vita, capisce Samanta, la protagonista dell'ultimo romanzo di Antonio Manzini. Samanta ha diciassette anni e vive a Colle San Martino, un paesino di trecento anime nella dimenticata provincia italiana. Samanta dopo il liceo vorrebbe studiare veterinaria a Perugia, ma a scuola non è una cima (pur essendo intelligente), viene da una famiglia poverissima e per giunta da qualche giorno ha un tarlo che la tormenta e rischia di pregiudicare completamente i suoi sogni di emancipazione. Inutile: tutto, a Colle San Martino, sembra remare contro di lei, come se una catena invisibile la trattenesse al giogo… e allora come fare? Con l'aiuto dell'inseparabile amica Nadia, Samanta ne prova tanti di modi per sfuggire al suo destino… ma nessuno sembra funzionare, anzi le cose paiono andare sempre peggio per lei e la sua disgraziata famiglia. Finché non si tocca il fondo. E una volta toccato il fondo, si sa, si può solo risalire… in un modo o nell'altro. E la storia di Samanta, inevitabilmente, si interseca a quella di altri abitanti del paesino, in modi talvolta fortuiti, talaltra deliberati, ma troppo spesso negativi. Perché il paese è così: come dice uno dei personaggi del romanzo, non dà niente gratis e si può star certi che quel che dà oggi se lo riprenderà domani, per giunta con gli interessi. In questo romanzo Manzini narra le vicende di un piccolo borgo della provincia italiana, là dove, più che in ogni altro luogo, le storie si scrutano, le vite si intrecciano, i destini si influenzano e si cambiano vicendevolmente; là, dove più che in ogni altro posto, è necessario avere – o creare – e preservare con forza la propria identità. "La mala erba" è un romanzo bellissimo, cupo, realista; la trama è plausibile – a parte un finale un po' troppo fantasioso che stride un po' con il resto della storia – e personaggi credibili e difficili da dimenticare. Sebbene l'abbia visto etichettato da più parti come giallo, io non lo definirei tale, e neppure noir: è una storia che va al di là delle categorizzazioni e che si legge agevolmente con curiosità e quel pizzico di fascinazione che danno sempre le storie oscure e misteriose. Da leggere se amate la buona narrativa italiana, i romanzi che parlano di piccole realtà, che descrivono situazioni claustrofobiche e non disdegnano il mistero. Consigliato.
 

alessandra

Lunatic Mod
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A mio parere questo libro, purtroppo, manca del tratto ironico che caratterizza la serie di Rocco Schiavone della quale, invece, conserva i tratti cupi e la tendenza al politicamente scorretto e al cinismo (mi riferisco soprattutto al modo in cui viene descritto il personaggio di Mariuccio), per me aspetti positivi che sottolineano la voce dell'autore. La durezza della vita in un piccolissimo e squallido paese governato dalla malavita è resa benissimo, Manzini scrive bene e buona parte dei personaggi è credibile, fino alle ultime pagine, troppo movimentate e poco realistiche, che secondo me "storpiano" un po' il romanzo.
 

MonicaSo

Well-known member
Un libro "cattivo" (d'altra parte il titolo è chiaro)... alla fine si rimane senza speranza e con un'unica certezza: la cupidigia è nell'animo di tutti, nessuno escluso (ma io non condivido la tesi).
 
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