299° MG - Giardino, cenere di Danilo Kis

Shoshin

Goccia di blu
Riprendo stasera.
Io vorrei dedicare molto
più tempo ai libri che scelgo.
Non ci riesco sempre.
Non sono più una buona lettrice.
 

MonicaSo

Well-known member
Pretendi troppo da te stessa.

Dove siete arrivate?
Io credo al momento in cui il padre viene deportato... dico "credo" perché l'unico riferimento è il pigiama a righe che la moglie mette in valigia...
 
Ultima modifica:

Shoshin

Goccia di blu
"Sento mia madre girare il macinino dei semi di papavero e avverto un profumo di vaniglia e di semi di papavero che viene dalla cucina e non ho più dubbi, perché il fatto che si preparino questi dolci vuol dire appunto che stiamo per partire. Allora mi alzo in fretta e vado in cucina ad aiutare mia madre e a grattare con un cucchiaino lo strato di ripieno rimasto in fondo alla casseruola..."

Quando la scrittura racconta i propri pensieri sedimentati nel cuore è capace
di trasmettere immagini con una precisione disarmante.
Questo scrittore mi riporterà a casa.
Lo sento,ne sono sicura.
Ne ho bisogno.
Ho bisogno di ritornare.
Qui dove sono ho un poco paura.
Più del solito.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Procedo pian piano. Sono arrivata a Julija, da cui - come tutti gli adolescenti - il protagonista è ossessionato.
Purtroppo non riesco ad entrare dentro questo libro, sto facendo fatica, pur riconoscendo il valore della scrittura.
 

Shoshin

Goccia di blu
Ho iniziato il libro da un paio di giorni e procedo spedita, devo dire che mi sta piacendo molto: Lo stile sembra intricato, ma in realtà riesco ad avanzare agilmente nella lettura, come attraverso un bosco che sembra impentrabile, ma poi ci si accorge che non ostacola affatto chi ci si voglia addentrare.
Prima di iniziare con commenti più specifici, vorrei condividere la storia del libro in sè.
Io avevo uno zio che da sempre ha lavorato nell'editoria. E' stato direttore editoriale per anni di grandi case editrici, Garzanti, Einaudi, Rizzoli, Baldini e Castoldi, facendo pubblicare migliaia di libri, viaggiando in tutto il mondo. E' tornato a vivere a Firenze solo per la sua pensione una decina di annia fa, dopo aver vissuto per 50 anni a Milano.
E' morto tre anni fa, già in là con l'età. Dopo il suo ultimo trasloco, la sua libreria personale si era ridotta da 15000 a 8000 libri, perchè aveva già iniziato a disfarsene. Gli 8000 libri rimasti li ha donati alla biblioteca della mia città. E finalmente, dopo un paio di anni, sono stati catalogati e resi disponibili per il prestito. L'ho scoperto quasi casualmente quando ho cercato questo libro di Kis in biblioteca e ho scoperto che fa parte del fondo GELLI, che era il cognome di mio zio. In biblioteca poi mi hanno confermato questa cosa, dicendomi che fra l'altro molti libri sono rari e la biblioteca della mia città è l'unica ad averli nella rete di biblioteca di cui fa parte, per cui sono utili anche per il prestito interbibliotecario. Quando sono andata a prenderlo ho trovato gli scaffali dedicati a questo fondo con tutti i suoi libri.
E' stata una grande emozione. Mi giro e mi rigiro fra le mani il libro pensando che era di mio zio, a che cosa meravigliosa che la sua vita abbia dato un così bel frutto, libri, cultura messa a disposizione della comunità. Sarà strano riportarlo in biblioteca, ma sarà anche bello pensare che adesso chiunque può prenderlo in prestito.
Il viaggio dei libri...
Mi è venuta in mente
una storia .
Forse un giorno la racconterò.
Intanto ti ringrazio per avermi
donato un momento di grande
serenità.
🙂
 

Shoshin

Goccia di blu
"Dopo il ritorno a casa prima di addormentarmi lo sguardo mi cadde su questa macchina e forse per il lungo viaggio in treno e per tutte le impressioni sonore che erano rimaste nel mio udito mi parve che stesse funzionando sentivo il ronzio delle ruote e il morbido su e giù degli assi..."

Sono rimasta a lungo in silenzio.
Non saprei dire neppure se ero effettivamente seduta sul mio piccolo divano di casa...
Nel frattempo non sapevo come spiegare a me stessa che questa coincidenza letteraria mi aveva turbata per la sovrapposizione di questo piccolo brano con una circostanza fissa della mia vita.
Quando torno a casa mia a Napoli la prima cosa che vedo e tocco entrando nella mia vecchia cameretta di ragazza è la macchina da cucire Singer.
È stata messa li in un angolo.
Una volta occupava un suo spazio preciso in un'altra stanza.
La mia mamma la "apriva "la domenica e si sentiva il ritmo del suo lavorio in ogni parte della casa.
Dalle sue mani preziose e care venivano lavorati e creati vestitini,tutine,camicie per tutti noi.
Quel ticchettio soffuso e delicato rimasto cristallizzato nei miei ricordi,
ha ripreso a fluire come fosse tornato dal silenzio e dal vuoto che hanno accompagnato la sua perdita.
Una fitta di dolore mescolata alla dolcezza dei ricordi.

...
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
"Eccezionalmente sensibile ai paludamenti e alla messinscena delle funzioni religiose, al suono delle campane e al profumo dell’incenso, stavo in ginocchio insieme con gli altri ragazzi sulla soglia del paradiso, unito per un momento a loro, almeno in apparenza, e tuttavia separato, segnato da un marchio che mi bruciava la fronte, perché l’ultimo gradino - dall’inginocchiatoio alla sagrestia - non potrò mai superarlo; fin lì ci sono arrivato solo grazie al signor reverendo, che mi ha permesso di assistere alla solenne funzione della cresima, quando la nostra classe, come un gregge di pecore rognose, entrerà nel bagno divino, per uscirne lavata e candida, lasciando dietro di sé la massa dei suoi peccati come un cumulo di pus pestilenziale. Siedo, vinto dal terribile peso dei miei peccati, mi inginocchio sul cemento freddo, come un martire, come una pecora costipata, e il peccato d’invidia che io commetto vedendo i miei compagni uscire dalla sagrestia con il volto illuminato, con la pelle splendente e fresca sulle gote, come dopo una buona purga, sgocciola come vetriolo su questa mia anima costipata dai peccati. Solo la solennità del momento mi impedisce di gemere a gran voce e di trasformare la mia disperazione in una confessione pubblica davanti all’intero gregge, davanti ai miei compagni di scuola e ai loro genitori, per attrarre su di me l’attenzione e il compatimento di tutti e attribuirmi così la dovuta importanza. Ma al tempo stesso non ho il coraggio di mettere in mostra la mia rogna, che dà già all’occhio da sola.
Risuonano le solenni parole della liturgia - dall’Ad Deum al Gloria tibi - con il loro latino sublime e incomprensibile, intervallate dal silenzio compatto delle pause di due tempi, simili agli spazi bianchi tra i paragrafi; risuonano le parole sublimi accompagnate dalle sincopi del campanello d’argento tenuto dal chierichetto; si svolge il dialogo sacro - Kyrie eleison, Christe eleison - come rime divine a parole umane. E io sono inginocchiato sul pavimento di fronte alla navata, stordito fino alla vertigine dal profumo dell’incenso che, in questo convito universale dell’anima, evoca la pace dei boschi di conifere, l’odore dei pini e della resina. Davanti a me, al di sopra della navata, in alto, sopra le candele che crepitano tremolanti, il rosone risplende come un fuoco d’artificio variopinto, simile a una mano di carte che, dispiegata in circolo, mostra re, donne e fanti".

Ecco, in passato ho provato una sensazione simile a questa, tra i banchi di una chiesa. Ho provato il disagio descritto dal protagonista, mi sono sentita indegna, per un momento, di sedere in un luogo di purezza. Un momento, poi tutto si è ridimensionato.
 

Shoshin

Goccia di blu
Sono andata a cercare tra i miei appunti un articolo che ricordavo di avere conservato.

Lo scrittore Iosif Brodskij , Premio Nobel, nel suo discorso tenuto a Strasburgo nel 1991, dedicato a Kiš, affermò: «Le influenze di regola si arrendono dinanzi al talento, cioè, a confronto con lui sono un’altra musica." Tutti abbiamo letto Babel’, Borges e Schulz, ma Danilo Kiš ha scritto il libro Giardino, cenere e non noi".
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Lettura terminata. Credo di aver capito cosa non ha funzionato: in primis forse non era il momento per me di leggere questo libro, distratta com'ero in questi giorni; inoltre non amo i libri che non seguono una trama... è più forte di me, mi attraggono e poi mi fanno penare.
Su questo romanzo, nel 1987, Bruno Ventavoli efficacemente scriveva:
"Le due parole di questo titolo inconsueto sono le coordinate dell'intero spazio narrativo del romanzo. Da una parte il "giardino", l''hortus conclusus' dell'infanzia di Andreas Sam, fatto di idillici castelli e case che sembrano biblici Eden perduti. E dall'altra parte, la "cenere" di un mondo, quello a cavallo tra Ungheria e Jugoslavia, provinciale e contadino, monotono e ordinato, scomparso per sempre dopo la seconda guerra mondiale. Il romanzo è una lunga impressionistica sequenza di immagini, ricordi, profumi, un viaggio a ritroso nella memoria, dove l'unico vero eroe è il padre, Eduard Sam. Intellettuale fallito, ispettore delle ferrovie, cialtrone e panteista, ma soprattutto ebreo errante mitteleuropeo con la vocazione a stilare immense 'summae' librarie che annullino la distanza tra cielo e terra, questa figura favolosa di genitore appare e scompare nei ricordi del bambino portando con sé, le schegge della Storia, gli echi dell'olocausto e della seconda guerra mondiale, di eventi insensati e crudeli che rivelano la forza oscura e immanente della morte. Questo romanzo del '65, che compare in italiano dopo altre operi precedenti, ha consacrato Danilo Kis alla notorietà internazionale". (Da Ibs.it)
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Lascio qui di seguito la nota biografica di Lionello Costantini su Danilo Kis che conclude la mia edizione.

Danilo Kiš è nato il 22 febbraio 1935 a Subotica. Il padre, Eduard, veniva da famiglia ebraica ungherese, la madre, Milica Dragicevic, da famiglia montenegrina. Kiš trascorse parte dell’infanzia in Ungheria, vivendo la tragedia della guerra e delle persecuzioni contro gli ebrei: nel 1944, il padre fu deportato, con numerosi suoi parenti, ad Auschwitz, da dove non fece ritorno. Rientrata in patria nel 1947, la famiglia si stabilì dapprima a Cetinje, in Montenegro, dove Kiš fece gli studi secondari, e poi a Belgrado, dove si laureò nel 1958 in letteratura comparata.
Ha insegnato lingua e letteratura serbocroata nelle università di Strasburgo, Bordeaux e Lille. Negli ultimi anni è vissuto prevalentemente a Parigi.
I primi tentativi letterari di Danilo Kiš risalgono, secondo le sue stesse dichiarazioni, agli anni dell’infanzia, con poesie in lingua ungherese, e proseguono, nel corso degli studi secondari, sempre con poesie e con traduzioni da poeti ungheresi, russi e francesi. Questo interesse per la poesia, a lungo coltivato, farà di Kiš un eccellente traduttore di poeti, ma sarà la prosa il campo della sua vera affermazione di scrittore. L’esordio è del 1962 ed è un esordio fortunato. Riuniti in un volume unico, appaiono due brevi romanzi, Mansarda (La mansarda) e Psalam 44 (Salmo 44), che segnalano all’attenzione della critica e del pubblico il loro autore come un nuovo, promettente scrittore. Mansarda, che ha il sottotitolo di « poema satirico », presenta uno studente che, da un lato, vive le condizioni meschine dell’esistenza e, dall’altro, si lascia trasportare dalla fantasia in lontani mondi dal fascino esotico. Psalam 44 narra la visita che un’ebrea fa, dopo la guerra, al campo di concentramento da cui era scampata. Nei due romanzi si trovano, germinali, i temi centrali delle opere successive. Il romanzo seguente, Bašta, pepeo (Giardino, cenere, 1965) conferma la promessa dell’esordio e consacra definitivamente la fama dell’autore. A Baita, pepeo si affiancano il volume di racconti Rani jadi (Pene giovanili, 1969) e il romanzo Peicanik (Clessidra, 1972), a costituire una trilogia centrata sul personaggio del padre, Eduard Sam, visto in Baita, pepeo e in Ranì jadi attraverso il prisma della coscienza del figlio Andreas e presentato invece in forma diretta in Pešcanik. Seguono le raccolte di saggi, polemiche e interviste Po-etika (Po-etica, 1972) e Po-etika, knjiga druga (Po-etica, libro secondo, 1974). Nel 1976, esce un volume di sette racconti, Grobnica za Borisa Davidovica (Una tomba per Boris Davidovic) che, con il titolo di uno di essi, presenta un ciclo narrativo unitario (come è precisato dal sottotitolo: « Sette capitoli di una stessa storia ») dedicato al tema delle repressioni staliniane. L’opera costituisce un momento significativo, sia per l’aspetto tematico sia per quello formale, nell’evoluzione della narrativa di Kiš, che pur conserva un’ispirazione di fondo costante: il quadro della realtà si amplia superando le precedenti cornici biografiche e soggettive, lo slancio lirico viene raffrenato, la prosa si fa più oggettiva, quasi documentaria. Il libro, che in Jugoslavia ottiene un ambito premio letterario, riscuote ben presto un largo successo internazionale (in Italia è stato presentato, con il titolo di un altro racconto, I leoni meccanici, dall’editore Feltrinelli nel 1980), ma provoca in patria uno dei più discussi casi letterari del dopoguerra, con polemiche violente e ricorso ai tribunali. Agli attacchi, Kiš replica con Gas anatomije (Lezione di anatomia, 1978), una raccolta di saggi critici e polemici. Nel 1983, escono infine Homo poeticus - che ripropone testi di Po-etika e di Po-etika, knjiga druga, con l’aggiunta di saggi precedenti e successivi - e la raccolta di racconti Enciklopedija mrtvih (L’enciclopedia dei morti), cui viene assegnato, nel 1984, il prestigioso premio Ivo Andric.
Per completare la fisionomia letteraria di Danilo Kiš ricordiamo, oltre alla sua attività di traduttore di poeti francesi (Corneille, Lautréamont, Baudelaire, Verlaine, Prévert, Queneau), russi (Esenin, Cvetaeva), ungheresi (Ady, Radnóti, Attila József), quella di autore di drammi televisivi, raccolti nel volume Noc i magla (La notte e la nebbia, 1983).
 

francesca

Well-known member
Come dicevo, il libro mi è piaciuto molto anche se l'ho trovato un po' discontinuo, ma non so se questa è la parola giusta.
Mi sono piaciute molto le parti in cui Andi racconta la sua infanzia, il suo rapporto con la madre, la cotta per Julia e il suo modo alquanto singolare di conquistarla. Paradossalmente invece le parti relative alla storia del padre, quelle dove è il padre il protagonista, mi sono rimaste meno impresse e più difficili da seguire.
E' incredibile poi la scelta narrativa di lasciare nel vago la storia di soprusi, violenze e deportazione che Andi e la sua famiglia subiscono in tutto il racconto. Si intuisce che il padre è precettato per lavori forzati, che sono caduti in miseria, si intuisce che il mitico viaggio in calesse da un parente all'altro è una fuga dalle persecuzioni naziste, che il padre e molti dei suoi parenti sono deportati, ma tutto rimane sullo sfondo, l'unico filo rosso che lega tutte queste vicende sono i continui riferimenti alla fame che attanaglia Andi e tutta la sua famiglia.
Bellissima la lotta ingaggiata da Andy con la morte, il suo allenamento a cercare di ingannare il sonno come esercizio per farsi trovare preparato quando arriverà la sua ora.
Il padre sembra quasi un ospite scomodo nella storia, di quelli che non si può ignorare perchè sono troppo ingombranti e chiassosi, tanto che si prova quasi sollievo quando se ne vanno. Il libro si apre con Andy che parla del suo rapporto con la mamma, nella risonanza proustiana della paura di andare a letto e del bacio della buona notte e si chiude ancora con l'immagine di Andy e la mamma che ingannano la fame e la paura con ogni storia incantanta. Li lasciamo così, ancora non completamente liberati dalla figura del padre che anche con la sua assenza li tiene in scacco. Li lasciamo in attesa di giorni migliori.
Un libro davvero notevole, me ne sto rendendo conto adesso che ci ripenso nel cercare di mettere giù le mie impressioni. Come cerco di focalizzarne una, così tanti immagini, parole, frasi, personaggi, sensazioni emergono nella mia mente, da darmi l'impressione che solo se sapessi scrivere come l'autore riuscirei in parte a restituirne qualcuna.
 

francesca

Well-known member
"Dopo il ritorno a casa prima di addormentarmi lo sguardo mi cadde su questa macchina e forse per il lungo viaggio in treno e per tutte le impressioni sonore che erano rimaste nel mio udito mi parve che stesse funzionando sentivo il ronzio delle ruote e il morbido su e giù degli assi..."

Sono rimasta a lungo in silenzio.
Non saprei dire neppure se ero effettivamente seduta sul mio piccolo divano di casa...
Nel frattempo non sapevo come spiegare a me stessa che questa coincidenza letteraria mi aveva turbata per la sovrapposizione di questo piccolo brano con una circostanza fissa della mia vita.
Quando torno a casa mia a Napoli la prima cosa che vedo e tocco entrando nella mia vecchia cameretta di ragazza è la macchina da cucire Singer.
È stata messa li in un angolo.
Una volta occupava un suo spazio preciso in un'altra stanza.
La mia mamma la "apriva "la domenica e si sentiva il ritmo del suo lavorio in ogni parte della casa.
Dalle sue mani preziose e care venivano lavorati e creati vestitini,tutine,camicie per tutti noi.
Quel ticchettio soffuso e delicato rimasto cristallizzato nei miei ricordi,
ha ripreso a fluire come fosse tornato dal silenzio e dal vuoto che hanno accompagnato la sua perdita.
Una fitta di dolore mescolata alla dolcezza dei ricordi.

...
che cosa meravigliosa la lettura, che fa scaturire in noi queste sensazioni! Quale altra attività umana può creare un incanto simile? Forse la musica...ma la lettura è un processo più lento e denso, non accende lampi, illumina piano piano zone che non ricordavamo più della nostra anima e permette di mettere a fuoco molti più dettagli.
Che brava Shoshin, che hai condiviso questo angolo della tua con tanta poeticità, grazie.
 

Shoshin

Goccia di blu
"Perché io avevo ,già nell'infanzia, una ipersensibilità morbosa e la mia fantasia trasformava tutto in ricordo ,con una rapidità straordinaria: a volte era sufficiente un giorno ,un intervallo di poche ore ,un semplice cambiamento di luogo, perché un fatto quotidiano ,di cui non avevo avvertito la risonanza lirica finché ero presente ad esso, venisse di colpo circonfuso di un aureola luminosa, quella aureola di cui splendono solo i ricordi rimasti per lunghi anni nel forte fissatore dell'oblio lirico. In me, come ho detto, questo processo di galvanostegia*, che copre le cose e i volti di un sottile strato di doratura e di una patina di nobiltà, si svolgeva con una intensità morbosa, e la gita del giorno avanti, se qualche fatto ne mostrava la fine ,l'unicità, la irripetibilità, diventava per me, fin dall'indomani ,fonte di meditazione malinconiche e confuse..."


  1. *Tecnica elettrochimica basata sulla deposizione elettrolitica di uno strato sottile di un metallo su di un altro, a scopo di protezione o di ornamento; a seconda del metallo depositato è detta argentatura, cromatura, doratura, ecc.

Mi sono riconosciuta in questo passo del libro che sto leggendo con estrema lentezza,perché non voglio perdere nessun momento di esso.
Devo dire che nutro molta ammirazione per questo scrittore.
In alcuni passi del libro io ho ritrovato pezzi di vita descritti in modo tale ,da farmi procedere come in un sogno tattile.
Mi manca il passato questo è certo.
E ritrovarlo in un libro mi riempie di una strana sensazione di meraviglia mista a tristezza.
 

Shoshin

Goccia di blu


Un libro impegnativo.
Tra una vita e l'altra.
Tra prima e dopo.
Kis è uno scrittore
potente.
Allo stesso tempo
semina dubbi,insinua
domande nel cuore.
Devo lasciare che il
mio tempo scorra su
queste pagine a tratti
luminose,a tratti amare...
 
Alto