Lascio qui di seguito la nota biografica di Lionello Costantini su Danilo Kis che conclude la mia edizione.
Danilo Kiš è nato il 22 febbraio 1935 a Subotica. Il padre, Eduard, veniva da famiglia ebraica ungherese, la madre, Milica Dragicevic, da famiglia montenegrina. Kiš trascorse parte dell’infanzia in Ungheria, vivendo la tragedia della guerra e delle persecuzioni contro gli ebrei: nel 1944, il padre fu deportato, con numerosi suoi parenti, ad Auschwitz, da dove non fece ritorno. Rientrata in patria nel 1947, la famiglia si stabilì dapprima a Cetinje, in Montenegro, dove Kiš fece gli studi secondari, e poi a Belgrado, dove si laureò nel 1958 in letteratura comparata.
Ha insegnato lingua e letteratura serbocroata nelle università di Strasburgo, Bordeaux e Lille. Negli ultimi anni è vissuto prevalentemente a Parigi.
I primi tentativi letterari di Danilo Kiš risalgono, secondo le sue stesse dichiarazioni, agli anni dell’infanzia, con poesie in lingua ungherese, e proseguono, nel corso degli studi secondari, sempre con poesie e con traduzioni da poeti ungheresi, russi e francesi. Questo interesse per la poesia, a lungo coltivato, farà di Kiš un eccellente traduttore di poeti, ma sarà la prosa il campo della sua vera affermazione di scrittore. L’esordio è del 1962 ed è un esordio fortunato. Riuniti in un volume unico, appaiono due brevi romanzi, Mansarda (La mansarda) e Psalam 44 (Salmo 44), che segnalano all’attenzione della critica e del pubblico il loro autore come un nuovo, promettente scrittore. Mansarda, che ha il sottotitolo di « poema satirico », presenta uno studente che, da un lato, vive le condizioni meschine dell’esistenza e, dall’altro, si lascia trasportare dalla fantasia in lontani mondi dal fascino esotico. Psalam 44 narra la visita che un’ebrea fa, dopo la guerra, al campo di concentramento da cui era scampata. Nei due romanzi si trovano, germinali, i temi centrali delle opere successive. Il romanzo seguente, Bašta, pepeo (Giardino, cenere, 1965) conferma la promessa dell’esordio e consacra definitivamente la fama dell’autore. A Baita, pepeo si affiancano il volume di racconti Rani jadi (Pene giovanili, 1969) e il romanzo Peicanik (Clessidra, 1972), a costituire una trilogia centrata sul personaggio del padre, Eduard Sam, visto in Baita, pepeo e in Ranì jadi attraverso il prisma della coscienza del figlio Andreas e presentato invece in forma diretta in Pešcanik. Seguono le raccolte di saggi, polemiche e interviste Po-etika (Po-etica, 1972) e Po-etika, knjiga druga (Po-etica, libro secondo, 1974). Nel 1976, esce un volume di sette racconti, Grobnica za Borisa Davidovica (Una tomba per Boris Davidovic) che, con il titolo di uno di essi, presenta un ciclo narrativo unitario (come è precisato dal sottotitolo: « Sette capitoli di una stessa storia ») dedicato al tema delle repressioni staliniane. L’opera costituisce un momento significativo, sia per l’aspetto tematico sia per quello formale, nell’evoluzione della narrativa di Kiš, che pur conserva un’ispirazione di fondo costante: il quadro della realtà si amplia superando le precedenti cornici biografiche e soggettive, lo slancio lirico viene raffrenato, la prosa si fa più oggettiva, quasi documentaria. Il libro, che in Jugoslavia ottiene un ambito premio letterario, riscuote ben presto un largo successo internazionale (in Italia è stato presentato, con il titolo di un altro racconto, I leoni meccanici, dall’editore Feltrinelli nel 1980), ma provoca in patria uno dei più discussi casi letterari del dopoguerra, con polemiche violente e ricorso ai tribunali. Agli attacchi, Kiš replica con Gas anatomije (Lezione di anatomia, 1978), una raccolta di saggi critici e polemici. Nel 1983, escono infine Homo poeticus - che ripropone testi di Po-etika e di Po-etika, knjiga druga, con l’aggiunta di saggi precedenti e successivi - e la raccolta di racconti Enciklopedija mrtvih (L’enciclopedia dei morti), cui viene assegnato, nel 1984, il prestigioso premio Ivo Andric.
Per completare la fisionomia letteraria di Danilo Kiš ricordiamo, oltre alla sua attività di traduttore di poeti francesi (Corneille, Lautréamont, Baudelaire, Verlaine, Prévert, Queneau), russi (Esenin, Cvetaeva), ungheresi (Ady, Radnóti, Attila József), quella di autore di drammi televisivi, raccolti nel volume Noc i magla (La notte e la nebbia, 1983).