301° MG - Trilogia di New York di Paul Auster

ayuthaya

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Ieri io e Francesca abbiamo iniziato Trilogia di New York di Paul Auster, che abbiamo adottato entrambe per la Sfida!
Per quanto mi riguarda è il primo libro che leggo di questo autore ed era molto che rimandavo. Se non avessi tante cose da fare penso che non mi sarei scollata dalla lettura, la trama è davvero molto avvincente ed entra subito nel vivo!
 

ayuthaya

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Sto per finire il primo racconto, che è anche il più lungo. È molto difficile commentare senza spoilerare ma se non altro posso dire che mi sta tenendo incollata alle pagine. Mi è piaciuto molto lo stratagemma di aver inserito il Paul Auster come "personaggio" del libro, l'ho trovato molto pirandelliano.
 
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ayuthaya

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Finito. Lascia un po' di amaro in bocca, se non si cambia la prospettiva: non la soluzione di un caso, ma un viaggio introspettivo che, anziché "risolvere", crea una serie di incertezze, di dubbi, di domande.
Capisco ora che il mio approccio deve cambiare, se non voglio restare delusa...
 

francesca

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Eccomi sono più o meno al capitolo 11 del primo racconto.
Intanto inizio dalla mia esperienza con l'autore Paul Auster: di lui ho letto La musica del caso, Diario d'inverno e Nel paese delle cose perdute.
La musica del caso mi ha davvero folgorato, mi è piaciuto tantissimo, gli altri due un po' meno, soprattutto Nel paese delle cose perdute mi è sembrato un'occasione sprecata. Idea geniale, buon inizio, stile stupendo, che è una delle cose che adoro di questo autore, ma poi la trama si ingarbuglia, si inceppa, come se l'idea iniziale fosse stata abbandonata prima del suo compimento.

Ritento volentieri con questi tre racconti.
@Ayu, tu che hai già finito il primo, secondo te perchè si intitola "La città di vetro"? Per ora non riesco bene a capire il nesso con la trama.
Però mi sta piacendo, sopratutto i continui giochi di specchio fra i vari personaggi, il Peter Stillman padre che si specchia nel Peter Stillman figlio, Daniel Quinn che è anche Max Work , ma si finge Paul Auster fino ad incontrare il vero Paul Auster e il figlio Daniel Auster e la moglie Siri che gli ricondano suo figlio e sua moglie. Mi sembra un racconto complesso, che nasconde molto più di quello che dice, sopratutto con questa ossessione del Peter Stillman senior sulle parole e il loro reale significato.
 

MonicaSo

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Città di vetro io l'ho intesa semplicemente come sinonimo di New York... per via dei grattacieli pieni di finestre... troppo semplicistico?

Non è solo un racconto che parla di parole e del loro significato, si parla anche di identità personali perdute (questo continuo gioco di specchi che avete evidenziato)... in particolare il protagonista non è più chi dovrebbe essere in questo cambio continuo di nomi e identità.

In città di vetro c'è anche il figlio Daniel (è morto un anno fa circa) e la seconda moglie, Siri (che in realtà non è la mamma di Daniel). È un puzzle questo libro
 
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francesca

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Finito il primo racconto.
Mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca, come penso sia successo ad Ayuthaya.
Come se la fine-non fine, che ci può stare, non sia stata in realtà adeguatamente preparata e arrivi precipitosamente, sembra nella fretta di chiudere il racconto.
Fra l'altro che il narratore era a sua volta parte del racconto, a me non è stato chiaro fino a qualsi 2/3 del libro. Ma chi è questo narratore, amico dello scrittore di Paul Auster che lo accusa così pesantemente di non aver fatto abbastanza per Quinn? A parte chi è, che ruolo ha nella storia?
Questo primo racconto mi ha lasciato un po' perplessa, come se ci fossero dei punti nodali non adeguatamente svolti e approfonditi, a tal punto da sembrare buttati un po' a caso per arrivare alla conclusione.

@MonicaSo sì, la tua interpretazione sul titolo sembra la più sensata.
Però New York ha tantissimi nomignoli, "città di vetro", "grande mela", "la città che non dorme mai", "la città dei sogni" ecc...
Perchè quindi scegliere proprio "città di vetro"?
Forse per quello che dici tu, queste finestre che un po' permettono di vedere all'interno, ma il più delle volte invece sono specchi che confondo con mille rimandi?
Pensavo anche New York fosse più presente. C'è soprattutto nei nomi delle numerose vie che vengono citate negli interminabili pedinamenti e passeggiate di Quinn e di Stillman, ma tolto questo, gli eventi avrebbero potuto svolgersi ovunque.

Vediamo come va con il secondo.
 

MonicaSo

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Finito anche io il primo e concordo con Francesca sulla perplessità circa gli intenti dell'autore. Non sono sicura di aver capito bene ogni particolare.
Comunque procedo fiduciosa
 

ayuthaya

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Volevo chiedervelo. In questi ultimi due giorni ho avuto la testa altrove... cmq sto leggendo Fantasmi e non mi dispiace!
 

ayuthaya

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Sì, in effetti questo "gioco" fra i signori Black, Blue, White, Brown è davvero singolare... comincio a notare dei richiami fra un racconto e l'altro, come delle tematiche comuni, che sicuramente hanno a che fare anche con l'ambientazione newyorkese e il "passeggiare", ma riguardano ancora di più il significato dei nomi, anzi, l'atto stesso del nominare, il cercare di penetrare la "facciata" di un individuo estraneo, il gioco di specchi...
Quel che è certo è che non si tratta di vere "spy stories" ma lo spiare diventa un pretesto per guardare dentro se stessi e vedersi magari per la prima volta. I temi sono tutti molto interessanti, vediamo se in questo secondo racconto vengono lasciare aperte troppe questioni come nel primo.
 

francesca

Well-known member
Procedo anch'io con Fantasmi e mi trovo d'accordo in tutto quello che ha scritto ayuthaya. Questo secondo racconto mi sta piacendo di più per ora. E anch'io noto come in realtà la fase dello spiare gli altri diventi piuttosto un guardarsi dentro.
In questo secondo racconto, New York mi sembra un po' più presente, davvero carino l'inciso con gli aneddoti sulla costruzione del ponte di Brooklyng.
Anche per me all'inizio la faccenda dei nomi-colori era un po' spiazzante, ma adesso ho inquadrato abbastanza bene i personaggi. Mi chiedo se c'è un senso nell'associazione personaggio-colore. Di certo White è assolutamente neutro e "incolore", è sparito subito, non ha detto o fatto niente di memorabile e non se ne sa più nulla.
 

ayuthaya

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Ho appena finito il secondo racconto. Di sicuro mi è piaciuto più del primo, anche se mi ha lasciato non meno interrogativi. Avrei proprio bisogno di rifletterci su, mi rendo conto che non basta una lettura superficiale per cogliere il significato di queste storie. Magari ci torno per un commento più articolato.
 

MonicaSo

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Io invece ho un grande punto interrogativo sulla fronte... forse non ho capito bene cosa sto leggendo
 

ayuthaya

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Di sicuro abbiamo a che fare con qualcosa che si avvicina al surreale e al metafisico... non si possono leggere come storie realistiche.
 

francesca

Well-known member
Finito anch'io il secondo racconto e come ayuthaya mi è piaciuto molto più del primo.
Per lo meno ad un certo punto appare chiaro da dove viene il titolo:)
Rimane però l'impressione di non riuscire a cogliere del tutto i significati più profondi. Anche se mi sta venendo il dubbio che forse nemmeno ci sono significati più profondi, ma un esercizio di scrittura con cui l'autore si sta divertendo.
Nel secondo racconto ricompare per un breve momento Quinn, carino questo rimando da un racconto all'altro: però è proprio questo rimando che mi ha fatto venire il sospetto che forse non ci sono tutti questi significati reconditi che mi stanno sfuggendo, perchè Quinn viene appena nominato; sembra proprio un bagliore in un gioco di specchi che dipende soltando da che inclinazione dai allo specchio, ma non vuol dire niente di più.
 

ayuthaya

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Ho iniziato il terzo racconto e ha meno punti in comune con gli altri due, almeno fino a quando...
Anche io mi sono chiesta se tutte queste allusioni possano essere fini a se stesse. Diciamo che non penso che ognuna di esse abbia la sua "soluzione" ma non penso nemmeno che non abbia alcun significato... devo rifletterci su.
 
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