Shalev, Zeruya - Una storia coniugale

estersable88

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“Non per litigare siamo venuti fin qui, per amare invece, per nutrire la vita del nostro amore esausto.”

Naama e Udi Newman hanno una vita familiare apparentemente idilliaca. Fanno parte l’una della vita dell’altro sin da bambini, le esistenze da sempre intrecciate, e ora sono sposati e hanno una bambina. Ma la tranquilla routine della famiglia viene sconvolta la mattina in cui Udi si sveglia e scopre di non riuscire a muovere le gambe. L’uomo, fino a quel momento perfettamente sano, impegnato in una movimentata attività di guida escursionistica, non è più in grado di alzarsi dal letto. I medici si mettono subito alla ricerca di una spiegazione organica, ma ben presto diventa chiaro che la paralisi è segno di qualcosa di meno tangibile e ben più insidioso. Il corpo di Udi è entrato in una sorta di “sciopero”, i sintomi iniziano a sommarsi, e Naama è costretta a fare i conti con ciò che non ha mai voluto vedere del proprio matrimonio. Nella ricerca delle origini di questo misterioso morbo emergeranno gelosia, paranoia, risentimento e ferite accumulate nel tempo, che minacciano di fare a pezzi il piccolo nucleo. Un romanzo ricco di profonde intuizioni, in cui l’immobilità fisica è una potente metafora della paralisi che può colpire un rapporto coniugale quando, dopo anni di impulsi dissimulati e parole taciute, marito e moglie finiscono per trasformarsi in due perfetti sconosciuti.

Cosa succede al nostro corpo quando accumuliamo tensioni, malumori, sentimenti negativi? Succede che questo reagisce facendoci provare dolore, malessere, perfino paralisi, quasi ad indurci ad uno stop forzato. È quel che sembra essere successo a Udi, il protagonista maschile di questo romanzo. E, a quanto pare, il problema che ha portato Udi all'immobilità, alla malattia, è sua moglie, Naama, con cui sta da quando entrambi erano preadolescenti e che ci racconta questa storia. Anche Naama, però, non è felice: cova dei risentimenti taciti, è sempre iper irritabile, sembra rifuggire dal marito, dalla casa, persino dalla figlia, Noga, che ama ma che sembra avere occhi solo per quel padre troppo assente. È questo il disastroso inizio di un declino altrettanto disastroso ed inarrestabile, quello che porta due persone che per anni, loro malgrado, hanno condiviso tutto, ad odiarsi e a non riuscire più nemmeno a stare nella stessa stanza. E che conseguenze avrà tutto questo sulla figlia? È ancora da vedere. Ecco cosa provoca il non detto: lacerazioni, distanze, piaghe purulente che, al minimo sfioramento, esplodono lordando tutto con nuova, caustica lava di livore e recriminazioni. E se, estremizzata e romanzata, questa fosse solo la proiezione letteraria di una realtà comune a molte coppie? Non sarebbe forse meglio fermarsi prima, interrogarsi, chiarire, persino allontanarsi ma in ogni caso liberarsi? Che sia forse questo il messaggio che vuole lasciarci Zeruya Shalev? Di sicuro dev'essercene uno, se ci sorbiamo una tale dose di tristezza, malessere e depressione! È bene chiarirlo subito: questo non è un romanzo da leggere quando si è giù di morale o depressi. Non ha niente di rassicurante, niente di allegro, nessun messaggio di speranza alla fine del tunnel… è solo buio. Leggerlo è come immergersi col capo in un pozzo sempre più profondo, sempre più nero. Decidete voi se intraprendere questo viaggio. Dal canto mio posso dire che attraversare questo tunnel non è necessariamente un'esperienza negativa… e magari a qualcuno servirà.
 
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