F. Kuang, Rebecca - Babel

Roberto89

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Oxford, 1836. La città delle guglie sognanti. Il centro di tutta la conoscenza e l'innovazione del mondo. Al suo cuore c'è Babel, il prestigioso Royal Institute of Translation dell'Università di Oxford. La torre da cui sgorga tutto il potere dell'impero. Rimasto orfano a Canton e portato in Inghilterra da un misterioso tutore, Robin Swift credeva che Babel fosse un paradiso. Fino a che non è diventata una prigione… Può uno studente lottare contro un impero?
 

Roberto89

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Sono un po' combattuto nel fare questa recensione, perché ho trovato sia aspetti positivi che negativi nel libro, ed è difficile dare un giudizio finale.

Nell'insieme il libro mi è piaciuto, l'idea di base (l'ambientazione storica e il sistema magico basato sulle lingue) è interessante e originale (almeno io finora non avevo letto nulla di simile). E il libro tratta temi interessanti, che l'autrice secondo me è riuscita a fondere benissimo con la trama e con i personaggi, così da non farli risultare pesanti o troppo evidenti. Riguardo alla storia e all'ambientazione (Oxford) invece non ne so abbastanza per poter giudicare quanto sia stata accurata, ma quel poco che so mi è sembrato scritto bene.

Del protagonista mi è piaciuta questa dicotomia bene-male che rende lui e i co-protagonisti non così prevedibili (almeno per me) e più interessanti, specie perché l'autrice spende la prima metà del libro soprattutto introducendo loro, l'ambientazione e il sistema magico.
In particolare del protagonista mi è piaciuto questo suo essere combattuto fra ciò che sente essere giusto e i vantaggi che Oxford gli offre e a cui non vuole rinunciare, perché sarebbe costretto a una vita misera. Peccato che poi gli eventi lo porteranno a una visione ben più stereotipata del mondo, che si rifletterà sulle sue scelte.
Però questa prima parte ha il difetto di essere un po' troppo lunga. A metà libro, anche se avevo un'idea di dove poteva essere diretto il conflitto, non c'erano molti indizi certi in quella direzione; la prima metà del libro è in buona parte un lungo prologo introduttivo, che però non si è rivelato troppo noioso grazie alla fusione nella trama di riflessioni e digressioni linguistiche. Forse l'autrice poteva tagliare un po' di pagine dedicate all'amicizia fra i quattro protagonisti e alle caratteristiche delle lingue da loro studiate, giusto per snellire un po' la narrazione e rendere più fluida la trama. D'altra parte è vero che ha dovuto narrare in modo fluido anni di studio e rendere plausibile l'amicizia fra i quattro, quindi è una scelta narrativa comprensibile.

Anche il sistema magico poteva essere più approfondito, anche se a discolpa dell'autrice mi sento di dire che non deve per forza esserci una gran quantità di magia per avere un fantasy. L'autrice spiega come e perché funziona la magia della combinazione delle lingue scritte sull'argento, e questo è tutto. Inoltre parliamo di un fantasy ambientato in un'epoca storica, e forse per questo l'autrice ha voluto lasciare buona parte del mondo uguale al nostro. Resta però il fatto che il lettore istintivamente si aspetta di più, specie quando il conflitto inizia ad evolversi. Personalmente mi sarei aspettato non tanto un sistema magico più complesso ma più "azione magica", l'uso cioè della magia diretto al conflitto fra protagonista e antagonista.

Sui personaggi, Ramy, Victoire e Letty sono leggermente "stereotipati" per avere un ruolo preciso nella storia, e questo emerge dalla loro amicizia.
A me è sembrato che l'autrice abbia voluto puntare sul senso di isolamento di questi ragazzi, che nonostante l'amicizia sono rimasti segnati nel loro modo di vedere il mono dalle esperienze vissute da bambini, e quindi da un lato l'amicizia li ha uniti, dall'altro quella loro visione "incompleta" del mondo è rimasta.
Invece gli antagonisti della storia, in particolare il professor Lovell, non hanno molto spessore. Quasi tutti quelli legati a Babel hanno una forma di pensiero che noi giudichiamo sbagliata, ma non si mettono mai in dubbio, non lasciano spazio al ragionamento. Ma anche qui, a discolpa dell'autrice, mi viene da dire che probabilmente in quel periodo molte persone erano davvero così riguardo a temi come il colonialismo e il razzismo, perciò lo considero non un difetto ma solo una piccola pecca. Magari potevano emergere dei lati positivi per rendere i personaggi meno bianco-nero.

Per riassumere, è stata una lettura piacevole, ma ha preso il volo solo dopo la prima metà. Mi è piaciuta molto l'idea di base, anche se per alcune cose mi aspettavo di più.
Il protagonista l'ho trovato interessante per via dei suoi dubbi morali, anche se l'evoluzione nella seconda metà lo porta a un repentino cambiamento che mi è sembrato un po' esagerato. O forse non troppo giustificato da come era stato descritto il personaggio nella prima parte del romanzo.

Voto: 3,5 stelle su 5 (7/10)
 
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