Lungo la Neva a San Pietroburgo
- Signorina Natasha – disse Katerina lasciando andare la tendina della finestra – la carrozza del conte Vladimir è arrivata! –
- Come sto? – domandò Natasha facendo un giro su sé stessa.
- Splendida, come sempre – rispose Katerina felice per la sua padrona mentre le aggiustava i pizzi e i merletti del vestito e le porgeva l’ombrellino per riparare la sua pallida pelle dal sole.
- Il conte Vladimir è un uomo dell’alta società, colto, di scienza, ha studiato ingegneria all’Università di Hannover, non come quel villano del marchese Igor… - disse Natasha tra la speranza nel futuro e la rabbia del passato.
- Non ci pensi, non ci pensi più signorina. Dimentichi i brutti ricordi e pensi invece alla bella serata che le aspetta stasera. –
- Speriamo, speriamo – rispose Natasha e così dicendo uscì di casa.
Una volta sull’uscio trovò il conte Vladimir che la aspettava con un mazzo di fiori, le porse la mano per aiutarla a salire sulla carrozza, le chiuse lo sportello, fece il giro, salì anche lui, diede ordini al cocchiere e partirono.
- Ha fame signorina Natasha? – domandò gentile il conte.
- Non è proprio fame – rispose lei stando attenta a non adoperare quella parola, che in bocca a una signorina del suo lignaggio poteva stare male - ma un leggero languorino sì –
- Bene – rispose il conte – allora avrò il piacere di farle conoscere un nuovo ristorante che ha aperto sulla Neva, lungo il fiume –
- Volentieri – rispose la signorina.
Arrivati a destinazione scesero dalla carrozza e lei si sporse dal muretto per guardare il fiume.
- Bella la nostra Neva, vero? – domandò il conte.
- Splendida – rispose lei fissandolo con lo sguardo e gli occhi che le brillavano.
Entrarono nel locale.
Si sentiva la musica di un quartetto veneziano di violoncello, viola e violini,
Venne assegnato loro un tavolino con vista sui giardini e senza nemmeno bisogno di fare un cenno, dopo un po’ i camerieri iniziarono a servire lo champagne.
- Ce n’è di buono anche in Moldavia – disse brindando il conte – ma io bevo solo quello francese. D’altronde, perché accontentarsi di ciò che è buono quando si può avere il meglio dalla vita? –
La signorina, capita l’antifona, rispose sorridendo con lo sguardo.
Seguirono le ostriche, anche loro provenienti da Parigi, il caviale e poi il pesce: salmone dalla Siberia e lo storione del Volga; da bere, vodka della più fine.
Per dolce, una fantasia di dolcetti fatti da un giovane pasticcere svizzero nuovo in città, di cui aveva già sentito parlare.
- Facciamo due passi? – propose il conte.
- Volentieri – rispose la signorina.
- Ho visto che le piaceva il fiume –
- Oh signor conte, io adoro i fiumi! –
- Allora lo adoro anch’io – rispose il conte gonfiando il cuore della sua damigella.
Passeggiarono lungo il ponte in silenzio, come in attesa di un grande momento, e arrivanti nel mezzo, si fermarono su una sporgenza che faceva da terrazzino per gli innamorati.
Natasha trovò quel momento molto romantico, indimenticabile e attese le parole del conte come se stesse per leggere le poesie del suo caro Puskin.
- Lo vede che sulla superfice dell’acqua, nel suo scorrere, si creano come delle macchie? – disse lui.
- Sì – rispose lei elettrizzata dalle sue parole.
- Lo vede che le macchie si muovono insieme al resto dell’acqua? –
- Sì – rispose di nuove lei trepidante.
- Lo vede che le macchie non si deformano nemmeno durante il loro movimento? –
- Sì – rispose di nuovo lei, stavolta un po’ incerta su dove potesse andare a parare un discorso sulle macchie dell’acqua del fiume.
- E’ perché tutte le particelle dell’acqua si muovono con la stessa direzione, verso e velocità – spiegò il conte Vladimir - Quando un fluido si muove in queste condizioni si dice che ha un moto
laminare, perché è come se l’acqua fosse divisa in strati, in lamine: quelle in alto scorrono più veloci mentre quelle più in basso stanno quasi ferme dovuto all’attrito col fondale. –
Ci fu come una pausa, ma poi il conte riprese – Venga! Corra! Che le faccio vedere una cosa – e nel dirlo ripercorsero il ponte all’indietro, verso la riva, con la signorina che titubava e provava a correre, ma non ne era capace perché non ricordava nemmeno più di averlo fatto dalla sua tenera infanzia.
- Guardi! – disse il conte giunto alla riva
- Cosa? – rispose lei ansando e turbata.
- Quella foglia –
- Quella foglia? –
- Sì – rispose lui.
- Ebbe’? –
- Lo vede che torna indietro? Che risale la corrente? –
- Sì, lo vedo. E allora? –
- Non le sembra strano che anche se la corrente va in giù, la foglia vada in su? –
- Sì, è strano – rispose lei per cortesia.
- Questo strano moto è detto
turbolento ed è l’opposto di quello laminare: le particelle, invece di procedere tutte ordinate con stessa direzione, verso e velocità, si muovono in maniera caotica formando tanti mulinelli che possono risalire una corrente che li porta giù –
La signorina lo guardò basita.
- Dipende tutto dal numero di Reynolds – proseguì il conte – un indicatore che dipende dalla velocità e dalla viscosità del fluido che dà un’idea delle condizioni del moto – e così facendo, ripresero la passeggiata durante la quale le parlò dell’equazione di Bernoulli, del rapporto tra la velocità e la pressione, della spinta idrostatica e di una strana teoria che si stava facendo largo tra gli scienziati detta
dello strato limite.
Ad un certo punto sentirono il rintocco delle campane di una vecchia chiesa, Natasha si fermò di scatto portandosi la mano alla bocca dallo spavento.
- E’ tardi? – domandò il conte.
- Terribilmente – rispose lei
- Dobbiamo tornare? –
- Sì presto, di corsa –
E poi, sulla carrozza – oddio, oddio, com’è tardi – ripetè lei quasi disperata.
- Non si preoccupi, in un attimo ci siamo – la consolò lui, che una volta arrivati, provò a scusarsi – mi dispiace, ma con lei il tempo vola via –
- Addio, addio conte – rispose lei mentre si dileguava a piccole passi e la serva le apriva la porta di casa.
- Buonasera signorina – domandò a mani giunte Katerina mentre le prendeva l’ombrellino e la borsetta – come è andata? Come è andata? -
- Guarda lasciamo perdere, dimentichiamo tutto per sempre e vedi di dire alla serva del marchese Igor che gli faccia capire al suo signore che può rifarsi vivo –
- Il marchese Igor? – domandò Katerina – ma l’altra volta aveva osato prenderle la mano? –
- Appunto, vediamo se la prossima volta le prende tutte e due! -
Dedicato alla Neva, a San Pietroburgo, che non dimenticherò mai
pur non essendoci mai stato