La bellezza dei fiumi

malafi

Well-known member
L'acqua è vita, l'acqua è lavoro. E non solo per l'agricoltura.

La mia città è lambita da un fiume importante (il Reno, fratello povero di quello ben più nobile che scorre a nord delle Alpi), ma troppo distante dal centro città per essere utilizzabile. Poi tanti piccoli torrentelli che scendono dalla collina con un corso brevissimo, capaci di ingrossarsi in pochi minuti con le piogge, ma ridotti a rigagnoli il più delle volte.

Fino all'invenzione delle macchine a vapore, l'unica energia che potesse fare funzionare gli opifici era quella dell'acqua per gravità.
E' del XII secolo la costruzione del Canale di Reno che, derivando l'acqua dal fiume e portandola in città con un canale ed un sistema di chiuse, alimentò da quel momento in poi gli opifici: in primis l'industria tessile, che fece di Bologna una città ricca, ma poi anche mulini, segherie, ecc...
Sempre del XII secolo un canale derivato invece dal fiume Savena, che lambisce la città dal lato opposto.

Immagino che anche nelle altre città della pianura Padana, più o meno in quell'epoca, sia accaduta la stessa cosa.
 

gamine2612

Together for ever
:) ricordo con piacere la mia crociera sul Nilo di tanti tanti anni fa, unica che ho fatto e che nonostante sia turisticizzata al massimo ha un gran fascino.
A Karnak sulla terrazza dell'hotel Cataract dove Agata Christie ha scritto il suo omonimo giallo ho bevuto un tea.:)
La gita sulla feluca quando non c'era un'alito di vento😅, povero il tipo che ha dovuto remare come un disperato.
I tramonti dal fiume con i banani sullo sfondo.
I villaggi lungo la riva con i mercati ed i mercanti.
Passare la chiusa di Esna, è veramente particolare dalla nave.
Un'esperienza che mi è piaciuta.
 

Pnin

Well-known member
Trovata ora sul web...

Dalla terra nasce l’acqua
dall’acqua nasce l’anima…
E’ fiume, è mare, è lago, stagno,
ghiaccio e quant’altro…. .
è dolce, salata, salmastra,
è luogo presso cui ci si ferma e
su cui si viaggia,
è piacere e paura,
nemica ed amica,
è confine ed infinito,
è cambiamento e immutabilità,
ricordo ed oblio.

ERACLITO
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Breve storia della pioggia in Liguria

La prima cosa che notarono i primi popoli indoeuropei che ebbero il privilegio di scavalcare l’Appennino lasciandosi dietro nebbia, bruma, galaverna e zanzare per scendere a mangiare la focaccia a Laigueglia, fu che pioveva di rado, ma quando poi lo faceva, una volta all’anno cadeva una quantità d’acqua pari al 78% delle precipitazioni annue.

I Liguri, popolo di origine celtico, nelle grotte del Monte Gazzo, lasciarono un incisione rupestre dove sopra ad un’enorme mezzaluna si contano 343 soli in fila, a volte interrotti da gocce di pioggia per un totale di 21, e poi una colonna verticale di 78 gocce.
Secondo gli archeologi, il significato dell’incisione è che in Liguria (rappresentata dalla mezzaluna), su 365 giorni, 343 sono di sole, 21 di pioggia e un altro di alluvione durante il quale cade il 78% della precipitazione annuale.

Plinio il Vecchio, durante il suo soggiorno a Spotorno, scrive che il tempo ligure è mite e tendenzialmente sereno, piove a volte quanto basta per andare a per funghi, ma che un giorno all’anno cade il 78% delle precipitazioni annue.

Ripetono lo stesso concetto Dante Alighieri, Cristoforo Colombo, Napoleone ai tempi della Repubblica Cispadana, Giuseppe Garibaldi, Gilberto Govi e Ruud Gullit quando giocava nella Sampdoria.

Fatto stupefacente, ogni anno, almeno mezza Liguria viene sorpresa a tradimento da una pioggia torrenziale che, nessuno l’avrebbe mai detto, rovescia una quantità d’acqua pari al 78% delle precipitazioni annue, a cui segue lo stupore del presidente della regione (che magari è nel carcere di Marassi così non si bagna), di quelli delle province, dei sindaci, dei vicesindaci, dai probiviri delle bocciofile e dei consiglieri condominiali tutti.
 

Pnin

Well-known member
Breve storia della pioggia in Liguria

La prima cosa che notarono i primi popoli indoeuropei che ebbero il privilegio di scavalcare l’Appennino lasciandosi dietro nebbia, bruma, galaverna e zanzare per scendere a mangiare la focaccia a Laigueglia, fu che pioveva di rado, ma quando poi lo faceva, una volta all’anno cadeva una quantità d’acqua pari al 78% delle precipitazioni annue.

I Liguri, popolo di origine celtico, nelle grotte del Monte Gazzo, lasciarono un incisione rupestre dove sopra ad un’enorme mezzaluna si contano 343 soli in fila, a volte interrotti da gocce di pioggia per un totale di 21, e poi una colonna verticale di 78 gocce.
Secondo gli archeologi, il significato dell’incisione è che in Liguria (rappresentata dalla mezzaluna), su 365 giorni, 343 sono di sole, 21 di pioggia e un altro di alluvione durante il quale cade il 78% della precipitazione annuale.

Plinio il Vecchio, durante il suo soggiorno a Spotorno, scrive che il tempo ligure è mite e tendenzialmente sereno, piove a volte quanto basta per andare a per funghi, ma che un giorno all’anno cade il 78% delle precipitazioni annue.

Ripetono lo stesso concetto Dante Alighieri, Cristoforo Colombo, Napoleone ai tempi della Repubblica Cispadana, Giuseppe Garibaldi, Gilberto Govi e Ruud Gullit quando giocava nella Sampdoria.

Fatto stupefacente, ogni anno, almeno mezza Liguria viene sorpresa a tradimento da una pioggia torrenziale che, nessuno l’avrebbe mai detto, rovescia una quantità d’acqua pari al 78% delle precipitazioni annue, a cui segue lo stupore del presidente della regione (che magari è nel carcere di Marassi così non si bagna), di quelli delle province, dei sindaci, dei vicesindaci, dai probiviri delle bocciofile e dei consiglieri condominiali tutti.
😲🤣👍
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Uno cerca un po’ di capire

Il Nilo è lungo 6.650km, ha una portata quasi costante di 1.065m3 al secondo, (cioè più di un milione di litri al secondo) e ha un bacino idrografico che è quasi mezza Africa.
Eppure, quasi 4000 anni fa, senza tante storie (diciamo anche che i sindacati non erano un granché!), venne scavato e reindirizzato collegando due mari.

Il Fiume Giallo è lungo 5.464km, ha una portata di 2.571m3 al secondo e si ciuccia l’acqua di mezza Asia, Himaiala compresa.
Il Fiume Azzurro, che i cinesi di 2.500 anni fa collegarono al Fiume Giallo, è lungo 6.300km e ha una portata di 30.170m3 al secondo, cioè...come il Fiume Giallo + il Nilo moltiplicato per 10!!!! Una cosa bestiale, fantozziana.
Eppure, un po’alla volta, sti due fiumi qui, con tanto ingegno e buona volontà, non dico siano stati domati e piegati alla virile volontà dell’uomo (che sono espressioni che lascio a D’Annunzio e ai vari fanatici come lui che poi non sapevano prendere un badile in mano), però sono stati collegati tra loro da una ragnatela di centinaia di canali e chiuse che risalivano persino le montagne.

Poi uno pensa ai sabei che cinquemila anni fa facevano le dighe in mezzo al deserto per trattenere l’acqua…con cosa, che magari non avevano nemmeno il bronzo? Con le palette di rame? Che lavori incredibili!

Torniamo un attimo alla Liguria di cui prima e scegliamo un fiume a caso come il Polcevera, il Bisagno, il Magra o, to’… prendiamo l’Entella.

L’Entella è un fiume che nasce alla confluenza di tre torrenti: il Lavagna, lungo 40km (da questo punto di vista paragonabile al Nilo), con una portata di 8 (sì: otto) metri cubici al secondo (e da quest’altro punto di vista, paragonabile al Fiume Azzurro), che passa da Neirone - quello della canzone - e prende l’acqua dal Caucaso di cui parlavo all’inizio della discussione; lo Sturla di Carasco che prende l’acqua dal monte Ramaceto esattamente come i fiumi cinesi dall’Himaiala, solo che è talmente insignificante che Wikipedia non ne indica né lunghezza né portata; e poi c’è l’impressionante Graveglia, anche lui di lunghezza talmente insignificante da non essere elencata ma dalla portata di 1,39m3 al secondo (notare bene quel 9 che sta per 90 litri, mentre altrove si parla di milioni di litri!), più o meno come una doccia intasata dal calcare.
Bene, da un punto di vista della retorica d'inizio secolo XX, l’Entella non feconda una beata cippa nemmeno se D’Annunzio e tutti gli altri vati futuristi ce la mettono tutta perché tutti gli orti e le serre sono abbandonati dal tempo che fu, al massimo gira intorno alla Coop e relativo posteggio, dà nome a una squadra di pallone che milita in serie C e sfocia tra Lavagna (a levante) e Chiavari (a ponente).

Ebbene, una volta all’anno ma tutti gli anni (tutti), quando a sorpresa arriva il 78% delle precipitazioni di tutto l’anno, i tre torrenti distruggono tutto, si portano via persino i ponti con la povera gente sopra, tracimano e, sempre a sorpresa, alle 17:45 in punto allaga Chiavari col sindaco e la giunta comunale che non se ne fanno una ragione.
I geologi, tutti gli anni, insieme agli ingegneri del territorio, gli architetti, i geometri, gli specialisti, i consulenti esterni, i ragionieri, i sociologi, gli psicologi, gli psichiatri, i sessuologi, i pranoterapisti e gli ufologi guidati da Antonella Clerici e Amadeus, cercano di capire le cause del problema, e tra queste le più gettonate sono:
1. non ci sono più le mezze stagioni;
2. l’uomo non rispetta la natura che alla fine si ribella;
3. è colpa degli ambientalisti che non lasciano pulire i fiumi.
4. i giovani non lasciano il posto a sedere agli anziani e alle donne incinte

A questo punto si cerca di trovare anche una o più soluzioni, che nell’ordine sono:
1. aspettiamo che la Provincia stanzi un miliardo di euro;
2. aspettiamo che la Regione stanzi dieci miliardi di euro;
3. aspettiamo che Roma stanzi cento miliardi di euro;
4. aspettiamo i Fondi UE di mille miliardi di euro…
… e intanto, all’improvviso, arriva un altro 78%.

C’è però sempre qualche esaltato che riesce a strappare il microfono all’inviata speciale in minigonna e stivali da pesca alla trota, che prima parte con un sonoro belin che la regia lascia andare, che tanto fa audience, e poi attacca con potreste anche scavare il letto del fiume e con tutte le pietre che tirate fuori alzare gli argini , ma viene tagliato perché non si può dare voce alla piazza violenta, altrimenti, dove andremmo a finire?

Intanto, la lingua di terra alta cinque metri che alla foce dell’Entella parte da Lavagna verso il largo intasando lo sbocco del fiume e consente di raggiungere agilmente la Corsica in bicicletta, resta lì in attesa che ci passi sopra Caligola a cavallo.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
La profezia

Come ai tempi della Pulzella di Orleans, nel Tigullio serpeggia passando sibillina di bocca in bocca una diceria secondo cui, un giorno, il faraone di Chiavari sposerà l'imperatrice di Lavagna, avranno un figlio maschio (Lavari) e una femmina (Chiagna), che si uniranno in matrimonio e dal loro sangue puro nascerà un nuovo condottiero che sposerà la figlia della Luna, e che questi riunirà sotto le sue ali un esercito di valorosi che muoverà unito e guidato dal Dio Sole su un carro di fuoco contro Sestri Levante e Riva Trigoso, le raderà al suolo, le ridurrà in ceneri e le cospargerà di sale, ne sterminerà i vecchi e i fanciulli mentre deporterà i giovani in catene sulle rive dell’Entella dove le femmine verranno cedute come schiave agli uomini del luogo per aumentare la popolazione locale ed evitare la sostituzione etnica, mentre i maschi saranno costretti a frustate a ripulire il fiume dalla sorgente alla foce, e coi detriti rimossi costruiranno morendo come mosche due grandi piramidi alla foce, una sulla riva di Lavagna dedicata al sole sorgente e quindi a Lavari, l’altra sul Chiavarese dedicata alla Luna calante e quindi a Chiagna.
Ripulito il fiume, ultimate le piramidi, alzato qualche obelisco circondato da menhirs, eretti un centinaio di moai in stile Isola di Pasqua che guardano la Corsica e gli alzano il dito medio a vedere chi è il più bruto dei due popoli, si sacrificheranno alcuni schiavi sull’altare per berne il sangue e mangiarne il cuore ancora pulsante e il fegato alla veneziana con tante cipolle, mentre i rimanenti verranno accecati e rinchiusi nelle piramidi a servire i loro padroni nell’aldilà, ma soprattutto, che era appunto l’obiettivo, quando pioverà l’acqua andrà diritta in mare che – belin! - non ci voleva poi tanto.
In compenso, gli schiavi sopravvissuti potranno diventare monoteisti, creare un nuovo genere musicale di successo e farsi crescere le treccine che diventeranno di moda.

Insigni semiologi dell’Enciclopedia Treccani e storici del calibro di Alessandro Barbero, analizzando questa profezia nata dal basso, credono di intravedere una possibile – più che probabile, perché non vorrebbero essere precipitosi nei loro giudizi - sfiducia nelle istituzioni, soprattutto democratiche, perché pare basti dare il diritto di voto alla gente che non si riesce nemmeno più a tenere l’acqua in un fiasco.

Non è possibile che cinquemila anni fa con quattro bastoni facevano quello che volevano e adesso non si riesce a combinare più niente!
Non è possibile che ci voglia sempre un faraone megalomane, un imperatore sanguinario, un satrapo folle o uno zar terribile per far funzionare quattro tecnici, l’amministrazione pubblica e un paio di ruspe!
Via! Non voglio fare del qualunquismo, ma ci sono venute proprio le mani di pastafrolla!!!
 

malafi

Well-known member
Vi racconto una storia vera, che non riguarda un fiume, ma che trae origine da un fiume. Quasi una storia da @Tanny :ROFLMAO:

Forse ricorderete che ad ottobre 2024 alcuni torrentelli (tipo quelli liguri) che scendono dai colli bolognesi, hanno rotto le tombature e sono esondati in alcuni punti della città.
Forse la peggiore delle esondazioni è avvenuta nei pressi dell'edificio dove sono i miei uffici.
L'acqua ha reso insicuro un terrapieno sul quale corre uno stradello che ora è interdetto, chiuso al traffico.
Occhio ora:
- lo stradello è privato ma ad uso pubblico (dunque è pubblico o privato???)
- lo stradello è di proprietà di due condomìni affiancati
- per uno di questi condomìni lo stradello è vitale perchè da l'accesso ai garage, mentre per l'altro non ha alcuna funzione, perchè i garage son altrove
- lo stradello, però, dà accesso ai garage di altri due condomìni che non sono proprietari dello stradello
- la manutenzione dei fiumi 'dovrebbe' essere della Regione
- però questo torrentello attraversa (tombato) la città

Insomma, chi dovrà sostenere le spese per ripristinare lo stradello (usato da X e proprietà di Y ma ad uso pubblico) rovinato dal fiume (la cui manutenzione spetterebbe all'ente H ma forse all'ente Q)?

Aspettiamo la prossima alluvione, dai .... spazza via tutto ed il problema è risolto :confused:
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Visto che siamo in Italia, dovrebbero dare la colpa ad uno a caso, possibilmente che non c'entri nulla, anzi, che non sia mai stato a Bologna.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Il Niger

Nel 1999 finii a Port Harcourt, amena e ridente località nel cuore del Biafra, nel sud della Nigeria.
Era un manicomio.
Avete presente quando uno ti dice me lo posso immaginare?
Ecco, no.
Se uno non c’è stato non se lo può immaginare perché furono due settimane a dir poco spaventose.
Il problema è che le parole sono diventate banali e se uno non sa cosa vuol dire avere paura di morire non capisce il senso di spaventoso, non capisce come si possano torcere le budella.
Tanto per farsi un’idea, il giorno che arrivai in azienda massacrarono di botte due intrusi e uno lo uccisero a bastonate.
Visto? Se non c’è stato non se lo può immaginare.

Della Nigeria ho solo ricordi orrendi, tranne che del Niger, il fiume che l’attraversa; forse perché non ci sono finito dentro, infatti ci sono dei parassiti che se fai la pipì nell’acqua ne approfittano per infilartisi dentro e divorarti le budella.

In casa faceva i lavori una ragazzina che ne veniva dalla foresta e un giorno riuscii a convincerla a portarmi al suo villaggio.
La macchina riuscì ad arrivare fino ad un certo punto, poi dovemmo proseguire a piedi lungo un sentiero che dopo qualche chilometro ci portò nel villaggio dei Flinstones, perché le case erano di mattoni di fango, i tetti di paglia ed eternit, tutto bello, pulito, ordinato e… nessun bianco ci aveva messo piede dagli anni cinquanta, perciò i bambini che non erano mai usciti da lì e non avevano mai visto un bianco, mi strisciavano l’indice contro gli avambracci e poi se li guardavano per vedere se erano rimasti sporchi di calcina!
La gente era gentilissima e ospitale e mi fecero fare un giro in una piroga scavata nel legno, come se fossi stato in Cuore di tenebra.
In un punto il fiume faceva tre anse: nella prima i bambini giocavano e le donne facevano il bucato; la seconda era il gabinetto degli uomini e la terza quella delle donne.
Non avevano mai visto un bianco, però nello spaccio avevano la Coca Cola e la Guinness.

Poi una volta riuscii a convincere un mio amico e un nostro collega del posto a prendere un gommone e andare al mare lungo il fiume: in linea retta erano circa trenta chilometri ma seguendo le anse furono molti di più, anche perché il timoniere, era chiaro, non seguiva la strada più breve, ma un’altra molto più a zig zag che probabilmente evitava la polizia.
Quando salimmo ci fu la possibilità di affittare un giubbotto salvagente ma rifiutai perché pensai che qualora ci fossimo capovolti sarebbe stato meglio nuotare agilmente a riva che fare da boa per tutti gli altri.
Ogni tanto ci fermavamo e sostavamo in qualche villaggio di capanne lungo il fiume. Una volta, mentre aspettavamo, ricordo una piroga con a bordo un uomo anziano e tre ragazze che si avvicinò ad una petroliera alla fonda, battè lo scafo con una pietra, si aprì uno sportello, spuntò una testa da una porticina, discussero un po’, e infine gettarono una cima e issarono una ragazza alla volta, poi lo sportello si chiuse e l’anziano se ne andò.
Insomma che dopo tre o quattro ore di periplo arrivammo al mare, a Coney Island, dove c’era una spiaggia indimenticabile e noi soltanto.
Attirammo l’attenzione dei locali che quando entravamo in acqua fino alle caviglie, urlavano come pazzi sharks! Sharks! fino a quando ci lasciammo guidare da loro in luogo sicuro, e cioè in un’ansa del fiume dove – oltre a non oso immaginare quali parassiti – c’erano gli ippopotami nani che facevano il bagnetto, nani sì ma pur sempre sui trecento chili, perciò tornai agli squali che mi infondevano più fiducia.

Un fiume che sembrava il fiume della vita (ecco, anche io ho fatto un po' di retorica!), un da capolavoro della letteratura ma che scorreva in mezzo alla follia.
Sono contento di averlo visto, di non averci fatto il bagno e serbarlo per sempre nei miei ricordi sperando che resti lì e non avere motivo di ravvivarli tornandoci.
 

malafi

Well-known member
Della Nigeria ho solo ricordi orrendi, tranne che del Niger, il fiume che l’attraversa; forse perché non ci sono finito dentro, infatti ci sono dei parassiti che se fai la pipì nell’acqua ne approfittano per infilartisi dentro e divorarti le budella.
Quando ho letto questo non ho potuto fare a meno di stringere le gambe 😄
 

Shoshin

Shikata ga nai
Stanotte cercherò di leggere tutti i vostri racconti di fiumi e acque...




Esiste in tutta la sua lunghezza il fiume
Šeksna,citato dallo scrittore Eugeny Vodolazkin nel suo libro Lauro.

"Nasce dal lago Bianco, nella parte occidentale dell'oblast' di Vologda, e scorre con direzione meridionale in una zona debolmente rilevata, formando spesso bacini lacustri di origine artificiale; all'altezza della cittadina omonima assume direzione occidentale fino alla foce, nel bacino di Rybinsk, formato dal Volga. Oltre alla cittadina omonima, un altro centro di notevole rilievo toccato dal fiume (in prossimità della foce) è Čerepovec.

La Šeksna è collegata, tramite un canale navigabile (canale della Dvina Settentrionale), al corso del fiume Suchona, ramo sorgentifero della Dvina Settentrionale, realizzando così un collegamento fra i bacini di due fra i principali fiumi della Russia europea.

Come tutti gli altri fiumi della zona, la Šeksna è gelata per periodi piuttosto lunghi che vanno, in media, da novembre ad aprile-inizio maggio."

Dal web
500px-Volga-basin.png
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
L’acqua che non dimenticherò

Il Tigris, che attraversavo due volte al giorno per andare e tornare da suola quando abitavo a Baghdad.
Immenso, placido, melmoso, con qualche barcone lì ancorato dove ho pescato qualche pesce gatto.
L’ho rivisto tanti anni dopo, in TV, quando ci pescavano i piloti americani che avevano bombardato la città e che la gente faceva a pezzi.

Il Reno, se ricordo bene, perchè avevo 18 anni, era la prima volta che mi allontanavo così tanto da casa per i fatti miei in tenda, entro in un campeggio, vado a montarla in riva al fiume che era largo come non ne avevo mai visto, armeggio con i picchetti, sento come un fruscio alle mie spalle e mi ritrovo una portacontainers che navigava placida verso il mare. Rimasi basito, sento ancora il vuoto in gola.

Il Niger, di cui ho raccontato sopra.

Nel 2000 fui più fortunato e dopo il fiume giordano che risaliva verso le montagne andando in discesa, mi spedirono in Brasile, a Sao Paulo, dove non resistetti, presi quella baracca di macchina che avevo e andai al confine con l’Argentina e il Paraguay a vedere le Cascate di Iguaçù, che hanno un salto di appena 40 metri ma una lunghezza di oltre un chilometro, il tutto immerso nella foresta, pieno di farfalle di ogni colore e scimmiette o quadrupedi ad esse simili.
Comunque nella vita, se uno è stato a Iguaçu, sa che c’è un prima e un dopo: e che dopo, se chiudi gli occhi e ti concentri, senti ancora il reboare della cascata.

Bellissima la foce del Tago a Lisbona (Tajo per gli spagnoli), anche se mi sembra un po’ una fregatura per i turisti perché non è possibile che un fiume che alla foce sarà largo un chilometro, qualche centinaio di chilometri prima sia un rivoletto…. o forse è la marea?
Ma allora che lo dicano e la smettano con le loro smargiassate che vogliono farci credere che la loro capitale sia sull’Orinoco!

Sempre in Portogallo, bellissimo scendere il Douro (Duero per gli spagnoli) in mezzo ai vigneti: inesqueciveil!

Nel 2012, a Belgrado, andai a visitare un cliente che aveva il magazzino proprio dove la Sava confluisce nel Danubio, fiume che ho rivisto a Budapest e poi in Romania, ormai pieno d’immondizia che è assolutamente inguardabile. Peccato.

Nel 2018, se ricordo bene, atterrai a Kiev sorvolando il Dnepr: mi dispiace ma non ce n’è per nessuno.
Lì il Po’ ce lo puoi mettere di traverso.
Uno spettacolo mondiale che solo un emiliano, esagerati come sono sempre, te lo può raccontare bene.

Il Nilo…eh insomma, delude un pochino.
Delude un pochino perché lungo com’è, a un certo punto è più l’acqua che dà che quella che prende e inizia a sembrare un vecchio serpente malandato.
E’ un peccato perché un fiume come questo dovrebbero tirarlo un po’ su.

Fregatura
Una volta ero nell’Ohio che facevo la spola tra Columbus e Akron e un bel giorno mi tocca accompagnare un collega all’aeroporto di Cleveland.
Butto l’occhio un po’ più in là e vedo il mare perciò appena il mio collega scende dalla macchina con le valigie, gli corro incontro, arrivo nei pressi di una spiaggia che sembrava la Romagna col mare calmo calmo.
Passeggio un po’ fino ad un ristorantino all’aperto che per specialità aveva le cozze.
Vai, pancia mia fatti capanna!
Mi portano un vassoio di cozze ricoperte di burro, besciamella, salsa rockefort, peperoni, pomodori, cubetti di prosciutto cotto, pancetta e non so cos’altro. Uno schifo inenarrabile.
Ma come fa la gente di mare a fare queste cose qui? – mi domandai e poi mi ricordai che quello non era il mare ma il Lago Erie, un lago grande come l’Adriatico, ma pur sempre un lago d’acqua dolce dove la gente è capace di fare quelle cose lì!

Ma i fiumi più esagerati li ho visti in Cina.
Lì tra larghezza, lunghezza, profondità, portata e quant’altro, è un’altra dimensione.
Shanghai si trova tra due fiumi: lo Yangtze che gli passa da sopra e il Qiantang da sotto.
La prima volta che vidi lo Yangtze, o forse meglio un suo canale, era il dicembre del 2019, una notte che ero sulla terrazza di un ristorante, da cui potei ammirare due petroliere incrociarsi beatamente tra le anse del fiume: rimasi basito.
Il Qiantang è un fiume che si perde in un estuario che attraversi in macchina passando su un ponte largo sì e no 25 o 30 chilometri, una cosa incommensurabile.
Lo Yangtze me lo sono ritrovato anche più a monte, a Chongqing, dove gli s’innesta lo Jialing, altro fiume colossale, perciò la città si sviluppa all’interno, all’intorno e all’esterno di questa Y ospitando qualcosa come 18 milioni di abitanti che solo a pensarci vengono i brividi.
Altra esagerazione della natura, la foce dello Zhujiang o fiume delle Perle, dove galleggiano Macao, Guangzhou (Canton) e Hong Kong: cioè, stiamo parlando di una foce che se stai da una parte non vedi l’altra, che si perde oltre l’orizzonte.

Insomma, le montagne, il mare o gli oceani sono impressionanti, ma anche i fiumi non scherzano e sanno lasciare un bel ricordo!
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Lungo la Neva a San Pietroburgo

- Signorina Natasha – disse Katerina lasciando andare la tendina della finestra – la carrozza del conte Vladimir è arrivata! –
- Come sto? – domandò Natasha facendo un giro su sé stessa.
- Splendida, come sempre – rispose Katerina felice per la sua padrona mentre le aggiustava i pizzi e i merletti del vestito e le porgeva l’ombrellino per riparare la sua pallida pelle dal sole.
- Il conte Vladimir è un uomo dell’alta società, colto, di scienza, ha studiato ingegneria all’Università di Hannover, non come quel villano del marchese Igor… - disse Natasha tra la speranza nel futuro e la rabbia del passato.
- Non ci pensi, non ci pensi più signorina. Dimentichi i brutti ricordi e pensi invece alla bella serata che le aspetta stasera. –
- Speriamo, speriamo – rispose Natasha e così dicendo uscì di casa.
Una volta sull’uscio trovò il conte Vladimir che la aspettava con un mazzo di fiori, le porse la mano per aiutarla a salire sulla carrozza, le chiuse lo sportello, fece il giro, salì anche lui, diede ordini al cocchiere e partirono.
- Ha fame signorina Natasha? – domandò gentile il conte.
- Non è proprio fame – rispose lei stando attenta a non adoperare quella parola, che in bocca a una signorina del suo lignaggio poteva stare male - ma un leggero languorino sì –
- Bene – rispose il conte – allora avrò il piacere di farle conoscere un nuovo ristorante che ha aperto sulla Neva, lungo il fiume –
- Volentieri – rispose la signorina.
Arrivati a destinazione scesero dalla carrozza e lei si sporse dal muretto per guardare il fiume.
- Bella la nostra Neva, vero? – domandò il conte.
- Splendida – rispose lei fissandolo con lo sguardo e gli occhi che le brillavano.
Entrarono nel locale.
Si sentiva la musica di un quartetto veneziano di violoncello, viola e violini,
Venne assegnato loro un tavolino con vista sui giardini e senza nemmeno bisogno di fare un cenno, dopo un po’ i camerieri iniziarono a servire lo champagne.
- Ce n’è di buono anche in Moldavia – disse brindando il conte – ma io bevo solo quello francese. D’altronde, perché accontentarsi di ciò che è buono quando si può avere il meglio dalla vita? –
La signorina, capita l’antifona, rispose sorridendo con lo sguardo.
Seguirono le ostriche, anche loro provenienti da Parigi, il caviale e poi il pesce: salmone dalla Siberia e lo storione del Volga; da bere, vodka della più fine.
Per dolce, una fantasia di dolcetti fatti da un giovane pasticcere svizzero nuovo in città, di cui aveva già sentito parlare.
- Facciamo due passi? – propose il conte.
- Volentieri – rispose la signorina.
- Ho visto che le piaceva il fiume –
- Oh signor conte, io adoro i fiumi! –
- Allora lo adoro anch’io – rispose il conte gonfiando il cuore della sua damigella.
Passeggiarono lungo il ponte in silenzio, come in attesa di un grande momento, e arrivanti nel mezzo, si fermarono su una sporgenza che faceva da terrazzino per gli innamorati.
Natasha trovò quel momento molto romantico, indimenticabile e attese le parole del conte come se stesse per leggere le poesie del suo caro Puskin.
- Lo vede che sulla superfice dell’acqua, nel suo scorrere, si creano come delle macchie? – disse lui.
- Sì – rispose lei elettrizzata dalle sue parole.
- Lo vede che le macchie si muovono insieme al resto dell’acqua? –
- Sì – rispose di nuove lei trepidante.
- Lo vede che le macchie non si deformano nemmeno durante il loro movimento? –
- Sì – rispose di nuovo lei, stavolta un po’ incerta su dove potesse andare a parare un discorso sulle macchie dell’acqua del fiume.
- E’ perché tutte le particelle dell’acqua si muovono con la stessa direzione, verso e velocità – spiegò il conte Vladimir - Quando un fluido si muove in queste condizioni si dice che ha un moto laminare, perché è come se l’acqua fosse divisa in strati, in lamine: quelle in alto scorrono più veloci mentre quelle più in basso stanno quasi ferme dovuto all’attrito col fondale. –
Ci fu come una pausa, ma poi il conte riprese – Venga! Corra! Che le faccio vedere una cosa – e nel dirlo ripercorsero il ponte all’indietro, verso la riva, con la signorina che titubava e provava a correre, ma non ne era capace perché non ricordava nemmeno più di averlo fatto dalla sua tenera infanzia.
- Guardi! – disse il conte giunto alla riva
- Cosa? – rispose lei ansando e turbata.
- Quella foglia –
- Quella foglia? –
- Sì – rispose lui.
- Ebbe’? –
- Lo vede che torna indietro? Che risale la corrente? –
- Sì, lo vedo. E allora? –
- Non le sembra strano che anche se la corrente va in giù, la foglia vada in su? –
- Sì, è strano – rispose lei per cortesia.
- Questo strano moto è detto turbolento ed è l’opposto di quello laminare: le particelle, invece di procedere tutte ordinate con stessa direzione, verso e velocità, si muovono in maniera caotica formando tanti mulinelli che possono risalire una corrente che li porta giù –
La signorina lo guardò basita.
- Dipende tutto dal numero di Reynolds – proseguì il conte – un indicatore che dipende dalla velocità e dalla viscosità del fluido che dà un’idea delle condizioni del moto – e così facendo, ripresero la passeggiata durante la quale le parlò dell’equazione di Bernoulli, del rapporto tra la velocità e la pressione, della spinta idrostatica e di una strana teoria che si stava facendo largo tra gli scienziati detta dello strato limite.
Ad un certo punto sentirono il rintocco delle campane di una vecchia chiesa, Natasha si fermò di scatto portandosi la mano alla bocca dallo spavento.
- E’ tardi? – domandò il conte.
- Terribilmente – rispose lei
- Dobbiamo tornare? –
- Sì presto, di corsa –
E poi, sulla carrozza – oddio, oddio, com’è tardi – ripetè lei quasi disperata.
- Non si preoccupi, in un attimo ci siamo – la consolò lui, che una volta arrivati, provò a scusarsi – mi dispiace, ma con lei il tempo vola via –
- Addio, addio conte – rispose lei mentre si dileguava a piccole passi e la serva le apriva la porta di casa.
- Buonasera signorina – domandò a mani giunte Katerina mentre le prendeva l’ombrellino e la borsetta – come è andata? Come è andata? -
- Guarda lasciamo perdere, dimentichiamo tutto per sempre e vedi di dire alla serva del marchese Igor che gli faccia capire al suo signore che può rifarsi vivo –
- Il marchese Igor? – domandò Katerina – ma l’altra volta aveva osato prenderle la mano? –
- Appunto, vediamo se la prossima volta le prende tutte e due! -


Dedicato alla Neva, a San Pietroburgo, che non dimenticherò mai
pur non essendoci mai stato :)
 

malafi

Well-known member
...e la bruttezza dei fiumi



Nutria fotografata ieri sulle rive della Moldova a Praga.
Si è avvicinata ad un tizio che stava guardando il telefono e. non se ne era accorto, gli ha fatto un grugnito come a dire 'pussa via da qui'.
Questo ha fatto un salto per aria e dice 'fuck, I thought It was a dog!'
In effetti, coda compresa, sarà stata lunga un metro.
 
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