Ringrazio
@MaxCogre per l'interessante spunto di riflessione. Mi piacerebbe qui solo provare a fare delle puntualizzazioni, sperando di non risultare pedante, perché penso forse aiutano a completare il discorso di partenza. La prima è la distinzione tra "individuo" e persona"; tutte le persone sono individui, ma non tutti gli individui sono persone. Per essere individui è sufficiente essere "non-divisi", delle unità, avere qualcosa che tiene unite le nostre parti e ci distingue dal resto del mondo. Anche un sasso è un individuo, ma non è una persona, perché anche se ha un sua "unità" interna, una sostanzialità, non è dotato di ragione. La persona è individuo, ma razionale, cioè individuo che si pone il problema di valutare la sua azione sulla base di princìpi, logici ed etici, a cui dare un valore universale, cioè che reputiamo dovrebbero valere per ogni circostanza e per ogni altra persona, e questo ci porta alla necessità di aprirci alle relazioni con gli altri. L'idea di persona unisce la spinta centripeta, individualista, e quella centrifuga nel rapporto con l'altro, sociale. Noi siamo persone, quindi sia l'individualismo esasperato che il collettivismo che omologa e appiattisce tutto sono visioni che vanno contro la nostra natura, anzi in un certo senso i due errori, apparentemente opposti, partono dallo stesso presupposto, cioè il fatto che siamo individui e basta. Due fotocopie, due prodotti in serie, sono due individui distinti, perché separati dallo spazio, ma mancano di qualcosa che invece ci appartiene come persone, cioè l'unicità qualitativa, il fatto di avere una nota che ci rende unici e irripetibili. L'individualismo non prende in considerazione questa cosa e il collettivismo la schiaccia nella pretesa di scacchiare tutti i bisogni, diversi da persona a persona, sulla base di una pianificazione sociale. I sistemi collettivistici non sono quelli in cui l'uomo perde la sua individualità, come si crede comunemente, ma proprio quelli in cui le persone si trattano solo come individui.
Per questo non amo mai i discorsi in cui si fa collegamento tra analisi dei sistemi sociali e relazioni umane, nel senso che a volte sembra quasi che le seconde debbano dipendere dalle prime, cioè cadere in dei discorsi passatisti e nostalgici in cui si rimpiangono i tempi in cui le persone erano NECESSITATE per sopravvivere a convivere fra loro, di contro al "troppo" benessere che ci rende individualisti. Io invece penso non ci sia niente da rimpiangere di quelle epoche, e che le relazioni veramente sane sono quelle perseguite spontaneamente, per piacere, non per necessità materiale. Le relazioni umane che finiscono perché le persone stanno sufficientemente bene da non aver bisogno le une delle altre, non erano vere relazioni già in partenza, e non ci abbiamo perso nulla. Non spetta alla politica, e nemmeno alla "società" o all'economia, favorire le amicizie, la socialità è un bisogno naturale che a prescindere dal contesto sociale in cui si vive, sarà sempre un'esigenza, perseguita in forme magari diverse, ma sempre incancellabile.
Poi andrebbe anche distinta la solitudine dall'isolamento. La solitudine è una cosa buona, è quello spazio "tutto per sé" in cui avere la tranquillità e il tempo per rielaborare interiormente gli stimoli e le esperienze vissute nel rapporto con gli altri e col mondo esterno, senza per questo che la solitudine escluda il fatto che, quando si abbia voglia di compagnia, ci sia sempre la possibilità concreta di trovarla. Invece l'isolamento, quello sì, insostenibile umanamente, è quando non solo si è soli, ma anche impossibilitati, anche volendo, a coltivare relazioni, Io sono un introverso solitario, ma sono anche fondamentali anche i momenti di interazione sociale, e non c'è nessuna contraddizione tra le due cose, Anzi, trovo che l'amore per la solitudine sia una conditio sine qua non per avere relazioni sane: se si sta bene da soli, allora ci si può permettere di selezionare le compagnie, scegliendo le persone che possono davvero dare qualcosa in più oltre le cose belle della solitudine, mentre se non si sta bene in solitudine, cioè non si sta bene con se stessi, allora finiremmo sempre ad attaccarci a relazioni non adatte a noi, che ci fanno del male, solo perseguite solo per paura della solitudine.